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UNA TRANQUILLA DOMENICA DI SANGUE
(alla Colonia felina di Montelepre)
“Ma chi l’avrà scritta questa storia?” chiede RALF.
“Il Capo, sospetto”, rispondo.
“Riconosci la calligrafia?” domanda PERONI.
“Stupido! E’ scritto al computer!” lo affetta ATTILA.
“L’ha scritto il computer? Però…” commenta il ritardato
tigrato.
“Silenzio!”
CAPITOLO 9
-Al consueto appuntamento mattutino per il caffè
Danilo chiede a Silvio: “Non ho ritrovato la mia valigetta con le viti e i
chiodi. E’ rimasta, per caso, su in Colonia?”
“Non l’ho vista ieri pomeriggio”, la risposta del
Capo.
“Eppure mi sembrava di averla portata, ieri…”
“Se l’hai lasciata là, ci sarà ancora: chi vuoi
che te la prenda?”
“Speriamo: è una cosa a cui tengo moltissimo.”
“Però te la dimentichi…”
“Che vorresti dire?”
Stanno quasi per litigare, come i bambini. Mi
metto tra loro cercando di consigliare, col pensiero, l’unica cosa logica da
fare: andare in Colonia e verificare se stia là.
Non so come ma riesco nella trasmissione
telepatica.
“Facciamo un salto in Colonia”, propone il Capo.
“Così controllo pure se fossero tornati i cani.”
Si sale tutti alla Colonia.
Appena i gatti li vedono arrivare cominciano
borbottii di scontento.
“Anche stamattina nun se dorme… nun se po’ campà
così!” protesta Corniola appena smontato dal turno di guardia.
Danilo entra dentro lo spiazzo del rifugio e
lancia sguardi verso la nuova recinzione.
Si paralizza quando nota una scia lucente di
rugiada mattutina, composta da viti piccole dorate, viti medie di acciaio,
chiodi a testa larga, dadi ottagonali e fiammanti bulloni testa 12.
“Ma che cazz…” fa in tempo a dire prima di
realizzare che la scia è il contenuto della sua preziosa cassetta.
Il Capo vede la pista di pezzi metallici e,
automaticamente, volge lo sguardo alla recinzione a valle.
“AHH! Maledetto!” grida quando scorge la cassetta
porta viti ridotta in mille pezzi.
Danilo ha quasi un mancamento.
“ODOACRE! Maledetto di un istrice!” continua ad
imprecare il Capo.
“Danilo… non te la prendere: la ricompro più bella
e più grande e… di metallo.”
Per raccogliere tutte le viti, i chiodi e i pezzi
di cassetta ci mettono mezz’ora.
Mezz’ora condita di moccoli e improperi verso il
visitatore notturno.
“Ecco: ieri la mazza, oggi la litania di
maledizioni… nun se po’ campà così”, commenta il solito insoddisfatto.
“Lo uccido. Lo uccido e lo faccio al forno!” si
sfoga Danilo.
“E’ protetto: non si può”, replica il Capo.
“Stanotte monto la guardia io alla Colonia, col
fucile.”
“Ehhh… per quattro viti! Quanti problemi! Andiamo
a farci un altro caffè a casa, dai.”
“Se continua così, Odoacre rischia più di Gagarin…”
mormoro a Littorina, “ditegli di darsi una calmata.”
“Sarà il caso”, aggiunge Orfeo. “Poi, il Capo non
ha ancora scoperto che s’è fregato anche la torcia e la ciotolina a forma di
gatto che usava per i cuccioli.
Sento un lieve rumore alle mie spalle e l’olfatto
mi dice che c’è una visita per me.
“Ciao Flash!” dico senza voltarmi.
Si avvicina l’ex rivale certosino e mi fa cenno di
seguirlo nel bosco.
“Missione compiuta”, conferma. “Ci ha pensato
Intrepido.”
“Cosa è successo ieri notte?” gli chiedo.
“E’ venuta la Polizia. Elettra mi ha raccontato
che hanno trovato la chiave in camera del nano e degli scarponcini in camera
del priore. Li hanno portati via tutti e due.”
“Arrestati?”
“Non lo so, ma ieri pomeriggio sono tornati al
convento. Erano incazzati neri.”
“Peccato…”
“Andiamoci piano con queste trovate”, consiglia,
“che, se ci scoprono, avvelenano tutti. E ne sarebbero capaci… lo sai.”
“Hai ragione”, replico; la replica più costosa
della mia vita.
Il tam-tam della notizia bomba arriva, ignoro per
quali misteriose e tortuose vie, anche a Casa Carpaneta.
“Arrestati? Tutti e due?” il Capo è sbigottito.
Corre in cantina e ne riemerge con una preziosa bottiglia di Moscato d’Asti.
“Bisogna festeggiare!” spiega a Susy. “Una notizia
così vale più di un terno al lotto!”
“Ma sempre ai soldi sta a pensare?” medito, prima
di fuggire via spaventato dal botto del tappo dello spumante.
Poi sento: “COME RILASCIATI? Chi hanno corrotto,
stavolta?” Il Capo allontana il calice di spumante e si fa pensieroso.
“Ma… perché li avrebbero arrestati?” domanda.
“Non lo so”, risponde Susy.
La sua curiosità è premiata il pomeriggio, alla
Colonia.
Mentre serve un prelibato primo a base di farfalline
e salsa di acciughe e arringa i gatti minacciando che, se Odoacre non la smetterà
con le sue scorribande notturne, sostituirà la recinzione con una rete alta a
maglie fitte così nessuno potrà più entrare o uscire, una voce lo rimprovera.
“Ma li lasci in pace questi gatti! Sono il
ritratto della libertà”, è il commissario Mezzetti.
“Buonasera! Di nuovo qua?”
“Solo un salutino. L’ultimo.”
“L’ultimo? Va in ferie?”
“Macché: prepensionamento. Mi hanno abbonato
l’ultimo mese per togliermi l’indagine dalle mani.”
Il Capo si fa serio: “Non capisco.”
“Ho fatto una leggerezza. L’ho fatta in buona
fede. E… detto tra noi, non credo neppure di essermi sbagliato. Ma…”
“Ma?” in coro, Silvio e tutti noi.
“Ma qualcuno la pensa in maniera differente. Ed
ora: eccomi qua a fare una salutare passeggiata sul luogo del delitto.”
“Cosa è successo?” chiede il Capo accendendosi una
sigaretta e facendo cadere a terra l’accendino, quello col gatto giallo
stilizzato. Mentre lancia una serie di colpi di tosse catarrosa il commissario
Mezzetti si china a raccoglierlo.
Fuma, fuma… coglione! penso tra me.
“E’ successo che, l’altra sera, il magistrato mi
ha firmato il mandato di perquisizione del convento. Sono venuto con i miei
agenti e abbiamo trovato quello che cercavamo.”
“Cioè?” ripete il coro.
“La chiave dei locali degli ex bagni nella camera
del frate biscazziere e un paio di scarponcini numero 44 con la suola Vibram,
sporchi di fango, in camera del Priore. Considerando la restituzione dei
duecentomila Euro ho ritenuto le prove sufficienti per l’arresto dei due. Ma mi
ero sbagliato.”
“Perché?”
“E’ intervenuto il Padre Vicario e ha dimostrato
di aver versato lui quei duecentomila Euro per rimettere parte dei debiti del
piccoletto, prelevandoli dalla cassa generale dei conventi. Volente o nolente
il magistrato ha dovuto firmare la scarcerazione dei due religiosi.”
“E la chiave e gli scarponi?”
“Da soli non costituiscono una prova valida;
nessuno può dimostrare che la chiave sia stata effettivamente utilizzata e gli
scarponi siano gli stessi che hanno lasciato le impronte sul pavimento degli ex
bagni.”
“Però hanno dichiarato il falso riguardo alla
chiave”, sottolinea il Capo.
“Il Priore ha detto che non ce l’aveva lui, il
piccoletto non è mai stato interrogato al proposito. Niente omissioni o
falsità. Ho condotto male l’indagine, e ora pago le conseguenze.”
“Beh… andare in pensione un mese prima non sarà un
grande dramma.”
“No. Ma l’orgoglio è ferito.”
“E ora: cosa succede?” chiede Silvio.
“Non lo so. L’indagine passa di mano e sicuramente
verrà archiviata al più presto per far dimenticare l’errore dell’arresto e
della perquisizione. Si sono sparati tra loro; è questo che conta. Nessuno ha
più la convenienza di sapere perché e percome o di cercare quello che manca.
Poi…”
“Poi?”
“C’è sempre quel particolare che non si può
raccontare. Tenga, questo è suo”. fa restituendogli l’accendino. “Simpatico”,
afferma, “e… singolare.”
“Grazie. Comunque non si abbatta e ci torni a
trovare qualche volta. Anche per fare una semplice passeggiata o quattro
chiacchiere.”
“I cani?” domanda il commissario.
“Nessuna notizia. A proposito…” il Capo gli
racconta dell’episodio del giorno prima col contadino armato.
“Quello passerà dei guai di sicuro”, replica il
commissario. “Girare armati e offendere le forze dell’ordine… sarà l’unico,
oltre me, che pagherà per questa storia.”
“Peccato: è una brava persona. Forse un po’
sprovveduto, ma bravo.”
Si salutano, come vecchi amici.
Il Capo torna alla sua auto con lo spirito
sollevato: non avrà più la Polizia tra i piedi. Poi, quando saliamo nella
Panda, lo vedo pensieroso.
Si piega e comincia a cercare qualcosa con la mano
sotto al suo sedile.
Ahia! penso tra me.
Mentre tasta tra l’imbottitura e l’intelaiatura
del sedile dice: “Ma quello stronzo come faceva ad avere la chiave dei locali
della Vecchia Colonia?”
Lo vedo scendere perplesso dall’auto e piegarsi
per controllare sotto al sedile.
“Non c’è più…” mormora tra i denti. “Tazza: hai
per caso visto la chiave che tenevo nascosta qua sotto?”
Faccio finta di non capire. D’altronde sono gli
umani che hanno scritto vocabolari per tradurre il nostro linguaggio, mica noi
per tradurre il loro!
“Mah…” conclude i suoi pensieri e lo vedo di nuovo
preoccupato.
A casa delega la distribuzione del pasto ai mici
della colonia casalinga a Susy mentre, armato di chiavi inglesi e cacciaviti,
smonta il sedile del conducente della sua Panda. Lo tira fuori dall’abitacolo e
comincia una meticolosa ispezione. Ispezione che continua dentro l’abitacolo e
sotto l’altro sedile.
“Mah…” osserva.
Finisce la serata sotto la luce artificiale delle
lampade del portico a smontare tutti i sedili dell’auto.
All’ora di cena desiste; della chiave nessuna
traccia.
Appoggia i sedili sotto il portico e si va a fare
la consueta doccia prima di placare i morsi della fame nervosa che gli è
montata.
“Non capisco”, dice a Susy, a tavola, “come lo
stronzetto avesse una copia della chiave dei locali della Colonia Vecchia.”
“L’avrà persa Lorella?” insinua Susy.
“Mmm… possibile. Quella va sempre di fretta. Ma
non me ne ha fatto cenno.”
“Già, così invece di litigare, come al solito,
facevi scoppiare la terza guerra mondiale!”
“E’ mica colpa mia se quella ha problemi!”
E’ risaputo che Silvio e Lorella non si
sopportano, anzi, ogni volta che si incontravano alla Colonia Vecchia, finiva
sempre con un litigio per le cose più banali. Il risultato è che Lorella ha
quasi smesso di venirci a trovare, e se ci viene sempre in orari che è sicura
di non incontrare il Capo.
Quanta pazienza ci vuole con gli umani… , la mia
riflessione.
“Comunque”, prosegue Silvio, “non riesco a trovare
la mia chiave.”
“Allora l’hai persa tu!”
“Impossibile! Come avrei fatto a perderla se
quella domenica l’ho utilizzata per chiedere la porta?”
“Forse l’hai persa dopo…”
“Impossibile! Ricordo di averla nascosta sotto il
sedile della Panda.”
“Allora è là.”
“Non c’è!”
“Cercala meglio, che quando nascondi le cose, poi,
non le ritrovi mai.”
“Non è vero.”
“Non è vero come il vecchio libretto di risparmio
che quando l’hai ritrovato ancora aveva il saldo in lire? Oppure come il
passaporto o i codici segreti del conto on-line?”
“La chiave era sotto il sedile”, conclude il Capo.
“Allora l’avrà presa Tazza per farti un dispetto!”
Mi si impunta in gola il bocconcino di pollo e
comincio a tossire come un tubercoloso in stadio avanzato mentre divento rosso,
ancora più di quanto sono, dalla vergogna.
“Tazza! Senti che tosse!” mi richiama il Capo.
“Sei pieno di vermi. Domani ci penso io…”
“NO! L’antivermi, NO!” lo supplico.
“E… la chiave come sarebbe finita in camera del
frate maledetto?” domanda ancora a Susy.
“Ah… questo è un mistero. Domani, con calma, la
ricerchi e… vedi di ricordarti di sverminare Tazzone.”
-Ti hanno sverminato, poi? chiede Spinello, un
vecchio gatto di casa Carpaneta, a cui è impossibile dare qualsiasi tipo di
medicina.
-No, mi sono salvato. Anzi: diversi di voi mi
hanno salvato, non so chi di preciso. La mattina successiva, finito di nutrire
i gatti e pulite le cassette igieniche, il Capo è andato per montare il sedile
del conducente nella Panda e si è sentito l’urlo belluino:
“AHHH!!! MALEDETTI!”
Qualcuno, nella notte, aveva pensato bene di
arrotare le unghie sul sedile. Il risultato erano una serie di squarci di tutte
le dimensioni. Non contento, il colpevole o forse qualcun altro, ci aveva fatto
anche una copiosa spruzzata di pipì. Risultato: la Panda rimaneva ferma in
attesa della pulizia e della riparazione del sedile. Salta l’appuntamento
mattutino con Danilo, ma l’amico viene lo stesso qua a casa e ascolta le ultime
notizie dalla voce del Capo.
“Ci sono troppi misteri”, il commento di Danilo.
RALF - Il Cucciolotto (obeso) della Colonia |
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