giovedì 31 dicembre 2015

DISCORSO DI FINE ANNO 2015






DIARIO DI BORDO





Gentili spettatori, amici, sostenitori e simpatizzanti siamo tutti riuniti, come di consueto, allo spiazzo accanto alla casetta della Colonia nel bosco per ascoltare il tradizionale discorso di fine anno del Capo in diretta streaming con tutta la Galassia.
Come ben sapete il Capo ama anticipare il suo discorso alle 11,00 di mattino per evitare sovrapposizioni con le amenità di altre personalità e perché poi se ne va a pranzo e a godersi il meritato pisolo.
Ma quest’anno c’è un clima nuovo su in Colonia; i recenti attentati terroristici hanno allertato le forze di sicurezza e i servizi segreti delle bestiole che solitamente vengono a nutrirsi alla nostra casetta.
Numerosi varchi elettronici dotati di metal detector, presi “in prestito” da INTREPIDO a Piazza San Pietro, sono stati allestiti nel bosco della Colonia e tutti gli invitati, anche se muniti di regolare pass, sono obbligati alle accurate procedure di controllo.
Battaglioni armati e in tenuta antisommossa di pecore del contadino pattugliano la zona rossa, impedendo l’accesso al perimetro a tutti i non invitati.
L’istrice ODOACRE, risvegliato dal suo letargo, controlla con le sue truppe anfibie la troscia sotto alla Colonia.
La cagnolina LILLA e HEIDI (detta PIPPA) della Reggia svolgono diligentemente il loro ruolo di cani anti esplosivi.
Tutto è, ovviamente, sotto controllo e i numerosi colleghi abitanti della Reggia sono già arrivati nel loro Apecar blindato, anche questo preso “in prestito” al contadino da INTREPIDO, e si sono sistemati ai loro posti assegnati alla destra del palco d’onore.
Il Capo è appena arrivato, scortato dai numerosi randagi della Colonia Fantasma che banchetta ogni notte con le nostre crocchette esterne e, per dare l’esempio e dimostrare a tutti che è uno di noi, si appresta a passare sotto al varco elettronico per il controllo della presenza di oggetti metallici, pericolosi o sospetti.
BIIIPPP!    BIIIPPP!
La faina di turno alla postazione provvede al controllo e relativo sequestro di: N°1 accendino Bic giallo, N°2 sospettissimi pacchetti di Winston Blu, N°1 cintura con fibbia metallica, N°1 paio di scarponcini Timberland con occhielli di materiale ignoto e, dopo lunga trattativa, al Capo è concesso di salire sul palco con le sue protesi dentarie.
Osserviamo il Capo visibilmente contrariato, non tanto per i piedi nudi, avvolti solo da putridi calzettoni di lana (bucati), bensì per la mancanza del metronomo che solitamente scandisce i tempi del suo discorso: è senza sigaretta e accendino.
Sale comunque sul palco tra l’ovazione dei presenti che zittisce con un gesto a mo’ di benedizione papale.
Si schiarisce la voce, manifestando la sua cronica bronchite da fumo e, con sguardo fiero e mento pronunciato, inizia il suo discorso di fine anno 2015.
- Tenete duro, ragazzi! Buon duemilaesedici!
Scende dal palco tra il tripudio di ali di folla felina festanti ed inneggianti all’Impero e alle nuove scatolette di paté recentemente adottate e si dirige velocemente verso il banco degli oggetti sequestrati.
Appena accesa la sua sigaretta lancia la nuova sfida del XIII anno di Fondazione della Colonia.
- Non si può campare così, senza sigarette. Distruggeremo l’ISIS!


POLVERE verifica che tutte le procedure di sicurezza vengano rispettate

mercoledì 30 dicembre 2015

ANNUNCI & DEDICHE

AMELIA

Si comunica che la piccola AMELIA è temporaneamente ricoverata alla Reggia per problemi all'occhio sinistro che le impediscono di svolgere la sua normale attività.

AMELIA nel suo compito di vedetta alla postazione Sud della Colonia

lunedì 28 dicembre 2015

STORIA DELLA COLONIA






TRE PER TRE!







L’invasione dei piccoli continuava senza sosta, in una settimana ne raccattammo altri sei; il Capo era prossimo al ricovero nell’ospedale psichiatrico.
Lo capimmo appena scoprì tre nuovi scriccioletti buttati dentro al nostro dormitorio senza troppi compimenti: prima impallidì, poi ringraziò il Signore (con il suo personalissimo modo di esprimersi, mezzo masticato tra i denti) infine li catturò tutti e tre senza rischiare falangi o dita intere. I tre nuovi erano piccoli ma decisamente socializzati.
La luce di allarme delle condizioni psichiche del Capo si accese appena li battezzò: BIM, BUM e BAM in memoria di una vecchio programma televisivo per bambini che era costretto a guardare con la sua piccola, ma che aveva lanciato un formidabile conduttore televisivo. Se i piccoli fossero stati due probabilmente li avrebbe chiamati Paolo e Bonolis.
BIM, BUM e BAM furono fortunatissimi, in quattro e quattr’otto trovarono casa, separatamente. Di loro non avemmo più notizie.
- Visto come si fa? – commentò il Capo appena affidato l’ultimo (BAM, uno dei due bianconeri).
Tempo di assaporare l’attimo di effimera gloria e soddisfazione per scoprire tre nuove sorprese nel giardinetto: tre fratellini di 12-15 settimane di vita, uno differente dall’altro.
Stavolta il Capo si impegnò di più (pur sempre ringraziando il Signore), almeno con i nomi: si affidò a nomi di civiltà oramai scomparse.
Gli etruschi BAST (similcertosino), ARIES (il bianconero che è ancora la migliore vedetta tra i gatti della Colonia) e la romana JULIA, una tricolore coccolona e per questo quasi subito adottata.
- Tre ne vanno, tre ne tornano… - il trito commento del Capo, oramai rassegnato ad accudire una Colonia cresciuta a dismisura.
Ma non sapeva ancora cosa ci aspettava il prossimo anno…

ARIES alla Colonia Vecchia - Maggio 2009

domenica 27 dicembre 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
7a puntata




- Neppure per Natale un poco di ferie? – si lamenta POLVERE mentre invito tutti sul Solarium per la classica lettura domenicale.
- Come mai siamo così pochi? – domando all’esigua platea.
- SAETTA e PRIMULA sono latitanti da tempo – risponde LITTORINA – Di CINQUINA, poi, sono un paio di mesi che non abbiamo notizie, ma sai com’è fatta… ORTICHINO è scappato stamattina sul buio insieme a BERETTA. AMELIA starà dormendo nella sua tana al vecchio ceppo di castagno. TOSCA la mattina non si presenta mai, CREMINO e WAFER so che sono in questura ché stanotte li ha beccati la Stradale ubriachi fradici che tentavano di rubare un monopattino fuori dalla discoteca.
- E PERONI? – domando.
- PERONI ha accompagnato l’Avvocato SERPOTTO dal giudice a trattare la cauzione.
- Siamo fritti, speriamo che arrestino anche loro due…

7
Non sono superstizioso ma con un curriculum del genere è meglio stare alla larga dalle Corone. Preferisco credere alle dicerie popolari e spendere dei soldi per comprare boschi in piedi piuttosto di finire risucchiato dalle disgrazie della Maledette. Pensiamo alla salute, e a farsi un’altra memorabile scopata mercoledì sera.
Sono i miei pensieri domenicali, mentre sono impegnato nella seconda consegna della giornata. Altri 60 quintali di legna si sono tramutati in lire, mentalmente sto facendo pure il calcolo di quanto denaro devo accantonare per raggiungere il mio prepensionamento. Anche nel pomeriggio devo lavorare, con la stanchezza accumulata venerdì ieri sono riuscito solo a preparare i due carichi da consegnare e devo ripristinare le scorte di legna tagliata. Pazienza.
Mercoledì sera siamo a cena da un mio cliente di Città, fa piacere mangiare una pizza cotta nel forno con la propria legna.
- Rilancio – dichiara Carla.
- Cosa?
- Le Corone.
- Non mi interessano, ti ho detto.
- Mi toglieresti una bella grana e intascheresti tre milioni di lire all’anno.
- Tre milioni?
- Piccolo incentivo dello Stato come rimborso spese. Tre milioni per venti anni sono sessanta milioni di lire.
Mangio più lentamente e comincio a pensarci sopra. Accantonando i tre milioni annui potrei pre pensionarmi alla scadenza della concessione.
- Inoltre non devi disboscare – continua – ma solo diradare. Non ti romperò le palle, a parte qualche foto per dimostrare i lavori. Tagli quello che ti pare e quando ti pare. Una volta assegnata la concessione la pratica si perderà in qualche buio archivio.
- E i soldi?
- Quello c’è il mandato bancario. Liquidano annualmente dopo aver ricevuto una relazione con qualche foto allegata.
- Vorrei pensarci sopra un poco.
- Sei noioso e di mentalità ristretta. Al contrario delle ferrovie ti offro soldi e materia prima senza porti scadenze o vincoli.
- Ci vorrei pensare lo stesso.
- Va bene. Faccio il fine settimana da amici a Roma. Quando torno, lunedì, vorrei una risposta.
- Vai a Roma?
- Tutte le strade portano là… - chiudendo il discorso.
Finita la cena, il proprietario-cliente ci fa il conto mentalmente, aggiunge un piccolo sconto e si dimentica di rilasciarci la ricevuta fiscale. Ne prendo nota nella mente; la prossima volta che gli porto un carico tolgo l’IVA, ventimila lire e mi faccio pagare in nero.
Si chiude pure la serata. La Bellona fa intendere di non aver nessuna voglia di concedersi, forse è una puerile forma di ritorsione al mio temporeggiare. Rimango deluso ma la accompagno lo stesso in una lunga passeggiata tra le vie commerciali di città.
A pranzo parlo della questione Corone a zia.
- Lascia perdere – consiglia - Quello è un posto di morte.
- Sì, è vero. ma c’è pure tanto da tagliare e non avrei vincoli.
- Prenditi un paio di aiutanti, allora. Non ci andare da solo.
- Mmm… lo sai come la penso con i dipendenti.
- Mica li devi assumere!
- Certo che li devo assumere! Che faccio? Mi porto dietro due extracomunitari in nero?
- Bravo.
- Non si può. Poi, a me piace lavorare da solo.
- Rinuncia.
- Ci penserò.
Chiedo pure il consiglio di Antonio, tornato dalle ferie, alla cena al Covo il venerdì sera.
- Che ti dico, Sorbo. All’occhio del tagliaboschi è sicuramente un buon affare. Pochi soldi, ma legna a volontà. Lo sai quanto sono vaste Le Corone? Magari, fossi in te, non ci andrei da solo. E’ comunque un lavoro da squadra. Una decina di uomini, un camion con il braccio e il ribaltabile, un paio di trattori e magari una ruspa per ripristinare i tratturi.
- Nient’altro? Messa così è più la spesa che l’impresa – rispondo.
- Sorbo, quello è un vitalizio.
- L’ho capito, ma non voglio noie con dipendenti e non mi posso permettere di acquistare altri mezzi oltre quelli che ho.
- Potresti fare il grande il balzo.
- Che balzo? Disboscare selvaggiamente per rivendere le stanghe a carichi a duemila lire al quintale? Mi metto a fare concorrenza ai macedoni? Già non corre buon sangue tra noi… No, Antonio, è meglio che io continui il mio lavoro minuto e a spaccarmi da solo la schiena nelle macchie.
- Contento tu… Che combiniamo dopo?
- Io penso di essere occupato – commento mentre osservo la solita popputa bionda ninfomane che scruta eventuali prede.
E, infatti, con lei finisco la serata rotolandomi dentro la mia Toyota in un groviglio di cosce, tette, indumenti che volano qua e là, ucciso da una raffica di pompini.
Torno a casa stanco e soddisfatto anche se mi sorprendo a convincermi che la Bellona ha molte marce in più.


CINQUINA - da lungo assente ingiustificata alla Colonia

mercoledì 23 dicembre 2015

CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe

CREMINO a palla!

ARRIVI & PARTENZE (Colonia)

TOSCA

Era da più di un mese che ci controllavamo a vicenda.
Lei sempre in fondo al sentiero della Colonia, a un passo dal varco della recinzione col campo del convento, io che passavo con la Panda per tornarmene a casa dopo aver sfamato ed accudito i randagioni della Colonia.
Ho subito pensato che fosse uno dei tanti gatti fantasma che la notte vengono a nutrirsi delle crocchette esterne alla casetta, questa magari un poco meno notturna, visto che aspettava con impazienza che me ne andassi.
Poi, come sempre succede, un giorno è arrivata in Colonia, entrando dal lato più nascosto: la curiosità di capire cosa stava succedendo e cosa facessi là aveva avuto il sopravvento. Ma la paura era stata ancora più forte; appena vistomi se n'è scappata via.
Per giorni le ho lasciato un piattino di paté appena fuori la recinzione della Colonia, nel punto dove era apparsa; i gatti sono schematici ed abitudinari.
Il giorno successivo il piattino era sempre vuoto, completamente ripulito, ma se fosse stata lei o altri fantasmi o i soliti voraci incontentabili della Colonia non lo potevo sapere. Quindi è spettato a me il primo passo, come sempre.
Un pomeriggio, al ritorno, mi sono fermato con l'auto in fondo al sentiero e, cogliendola alla sprovvista, le ho piazzato in un posto sicuro il piattino con una bustina di bocconcini.
Il giorno dopo pure.
Quello successivo lei era là ad aspettare che appoggiassi il suo pranzo/cena.
Poi un pomeriggio mi ha pure salutato e ringraziato con un timido "Miao!"
Era giunta l'ora di cambiare tattica. Per un giorno ho mancato il tacito appuntamento, pur facendo sentire inequivocabilmente la mia presenza.
Il pomeriggio successivo, quasi alla fine della distribuzione del pasto, è arrivata davanti alla casetta a mendicare del cibo, temendo che mancassi ancora l'appuntamento. 
Oggi si è presentata insieme agli altri e con gli altri, anche se un poco discostata (per mia scelta), ha mangiato.
A dire la verità pensavo fosse un maschio, vista la mole e la paura: infatti lo avevo battezzato FOSCO. Ma la classica palpata ai genitali ha messo in evidenza la mancanza di prove inconfutabili della sua mascolinità. E il successivo controllo a coda alta e attrezzato con occhiali ha confermato che la signora TOSCA è gatta a tutti gli effetti. 
Socievole, almeno con me, ma timorosa dell'orda dei randagi della casetta oggi, addì 23 dicembre 2015, la signora gatta TOSCA entra ufficialmente a far parte della Colonia felina protetta di Monte Malbe - Convento.
Benvenuta TOSCA!



sabato 19 dicembre 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
6a puntata





Ancora domenica… maledetta domenica!
Ognuno ha la croce domenicale: chi il pranzo in famiglia, chi il turno al lavoro, chi il pomeriggio di shopping selvaggio in affollatissimi centri commerciali, chi… la lettura sul tetto (pardon, Solarium) della casetta di un improponibile romanzo con la temperatura prossima allo zero. Fortuna siamo vaccinati!
Poi… pensandoci bene tra shopping, pranzi e altri riti la domenica va peggio agli umani.
- Avanti ragazzi! Tutti di sopra che si comincia la lettura!

6

Un’altra settimana di lavoro in attesa che giunga di nuovo venerdì. Con la Bellona non ci siamo sentiti né incontrati casualmente. Certo, che per incontrarmi casualmente devi seguire il rumore di una motosega nella macchia. Lavoro, e leggo.
Malgrado la stanchezza serale mi riesce sempre di leggere un capitolo del libro, che sto trovando interessante tanto da essere tentato di continuarne la lettura e rimandare il sonno. Però mi pongo il limite di spegnere la luce del comodino alle 23. Oramai sono quasi alla fine, un poco mi dispiace di abbandonare una lettura che ritengo piacevole ma, forse, il segreto dei libri è proprio questo: come un buon rosso ti deve lasciare una gradevole sensazione al palato dopo che lo hai terminato.
Penso spesso alla Bellona, soprattutto in termini sessuali e non vorrei che sabato sia stata la classica botta e via. Per scoprirlo dovrò aspettare pazientemente il venerdì al Covo.
La tavolata del venerdì del Covo è affollata. Siamo in sei, tutti rigorosamente maschietti e scapoli (o divorziati o vedovi). Poco prima che ci facciano sbaraccare arriva Carla. Prende un piccolo tavolo defilato e ci appoggia le due birre rosse e le patatine. Mi alzo e vado al suo tavolo tra le benedizioni dei compagni di cena.
- Ciao. E’ per me la birra?
- No, bevo per dimenticare sabato scorso.
Ci rimango male, lei se ne accorge e mi invita.
- Per chi vuoi che sia, tonto! Siediti che ti devo parlare.
Mi siedo timoroso, non so perché ma questa donna mi incute un misto di timore e paura. Forse è solo la differenza di età e il fatto che lei faccia vita di caserma.
- Hai finito il lavoro al convento? – chiede.
- Finito? Ci vado una mattina a settimana, ne avrò ancora per sei mesi. Ma il Priore l’aveva detto, ‘Coi tuoi tempi e metodi’. Poi… è un lavoro che non mi garba. Tutti i lavori che devo fare per restituire un favore non mi garbano, ma pazienza. Prima devo finire i lavori per le ferrovie, quelli sono contratti buoni! Ma hanno dei tempi stabiliti e non puoi sforare, paghi la penale.
- Cioè?
- Ho l’appalto per la pulizia della vegetazione arborea di un tratto di circa cinquanta chilometri che, considerando i due lati dei binari, diventano quasi cento chilometri. Pagano mezzo milione a chilometro e ti tieni la legna. Ma quando ti assegnano il pezzo da ripulire hai poco tempo disponibile per non intralciare il traffico ferroviario.
- Peccato.
- Cosa?
- Ho un affare tra le mani e avevo pensato a te.
- Spiega.
- C’è una zona militare che è passata demaniale, ma sottoposta ancora a servitù. Lo Stato Maggiore dell’Esercito vuole far dare una sistemata alla vegetazione e sono una cinquantina di anni che non è stata più sfoltita. Ho il compito di assegnare la concessione ventennale.
- Stai per caso parlando delle Corone?
- La Corona. La zona si chiama La Corona.
- Noi le chiamiamo Le Corone, sono cinque alte colline disposte a croce, una per ogni punto cardinale. La quinta, la più piccola e meno elevata, è al centro della croce.
- Esatto. Sono quelle colline.
- Non mi interessa, grazie.
- Ma come? – rispolverando un tono duro e aggressivo – Mi faccio in quattro per farti un favore, e un favore non da poco, e tu liquidi la proposta così? Che, per caso, ti puzza la legna che puoi fare alla Corona?
- La legna non mi puzza – rispondo – Nessuna legna mi puzza. Mi puzzano Le Corone.
- Ti puzzano Le Corone? Cos’hanno che non va?
Mi alzo in piedi e con lo sguardo cerco uno dei miei compagni di cena. Lo avvisto e con un fischio, poco signorile, richiamo la sua attenzione.
- Marocco! Prenditi da bere e vieni un momento al nostro tavolo. Pago io!
- Marocco? – chiede la Bellona.
- Sì. Ha lavorato diversi anni in Africa con una ditta che costruisce strade, poi si è rotto i coglioni ed è tornato qua a casa con un bel gruzzolo. Ora si diletta a studiare la storia della nostra zona.
Marocco arriva col suo fernet e si siede.
- Dimmi, Sorbo.
- La signora vuol sapere la storia delle Corone.
- Le Corone? – fa meravigliato.
- Sì, ma sii coinciso, fatti bastare il fernet.
- Niente Umbri, Celti, Romani e Longobardi, allora.
- Niente. Storia moderna. Parti dal terremoto.
- 1812, l’anno della disfatta in Russia di Napoleone…
- Marocco…
- Capito, volevo solo far colpo.
- 1812. Un violento terremoto si tira giù sulla collina centrale il castello dei Conti Poggiali e il piccolo borgo che difende, abitato dai cavatori che lavorano alla grande cava di pregiata pietra da costruzione alla collina a nord. E’ una strage. I Conti Poggiali ricostruiscono la loro dimora e il piccolo borgo appena fuori delle Corone, stavolta in terreno pianeggiante. Non vogliono abbandonare la cava di pietra che è la loro grande ricchezza. Ma dopo pochi anni una frana si porta via la metà della manodopera. Ci vuole tempo per riprendere a sfruttare la cava e, nel 1877, un’altra frana fa la seconda strage di cavatori. I Conti riprovano a riattivare la cava ma non trovano nuova manodopera che preferisce altri lavori piuttosto che morire sotto i sassi. I Conti Poggiali riescono a vendere cava e colline, che erano tutte di loro proprietà ad un’altra casata. I Conti Mangiabene. I nuovi proprietari riescono a riattivare la cava ma un terzo crollo seppellisce alcuni operai. La cava cessa la sua produzione, i Conti Mangiabene hanno altre proprietà e una ricchezza che permette loro di assorbire le perdite – Marocco termina il suo fernet e mi fa un cenno. Ne ordino altri due.
- Uno dei due fratelli Mangiabene ha un brutto vizio, il gioco. In una notte sfortunata si gioca la proprietà delle Corone a zecchinetta, e perde. Ma non si rammarica più di tanto, da amici dei palazzi romani sa che il governo vuole espropriare Le Corone per farci passare una nuova, ardita e inutile, linea ferroviaria. Il vincitore della serata intasca il premio e lo perde pochi mesi dopo, ma si vendica. Uccide il Conte Lodovico Mangiabene a sangue freddo e finisce in galera. Le Corone ora sono dello Stato che aggiudica l’appalto per la costruzione della ferrovia a una ditta di Roma. Il progettista è un noto ingegnere svizzero. I problemi iniziano subito. Crolla un ponte in costruzione e perdono la vita cinque operai, poi la prima galleria che stanno scavando viene invasa dall’acqua di una falda non rilevata e nel crollo periscono altri sedici operai. I lavori si bloccano e la ditta costruttrice fallisce. L’ingegnere svizzero si suicida.
- Diavolo! – esclama la Bellona – Un funerale continuo!
- Che non finisce – aggiunge Marocco – Viene di nuovo rilasciata la concessione per la cava di pietra e, come le altre volte, dopo pochi mesi un costone crolla facendo altre vittime. Per la cava è la fine definitiva, almeno come produzione di pietra da costruzione. Dopo pochi anni siamo nel 1943. I tedeschi occupano la zona, dove sono attive diverse brigate partigiane. E’ una guerriglia continua. I partigiani catturati e i loro fiancheggiatori vengono fucilati sempre alla famosa cava. Ma la ruota gira, stanno arrivando gli Alleati e i tedeschi cominciano a ritirarsi. I partigiani ne approfittano per saldare i conti in sospeso, sempre alla cava, naturalmente. Vengono fucilate intere famiglie di fascisti, repubblichini e collaborazionisti. Gli americani, che hanno occupato la zona, decidono di porre lo stop al massacro. Le Corone diventano zona militare destinata all’accantonamento dei mezzi militari tedeschi catturati. La cava si riempie di carri armati, cannoni e autoblindo con la svastica. Ma la guerra finisce e ora gli americani hanno un altro problema. Che fare con tutti i loro mezzi militari che sono sopravvissuti al conflitto?
- Beh, li hanno ceduti al nuovo Esercito Italiano – dice la Bellona.
- Non tutti, sarebbero stati troppi anche per l’Italia. In fretta e furia i veicoli catturati ai tedeschi sono sloggiati dalla cava e venduti a fonderie. Il loro posto viene preso dai veicoli che non possono, o vogliono, cedere o riportarsi indietro. Le Corone sono militarizzate, vengono recintate e diventa una delle zone militari americane più grandi d’Italia. Al posto dei baraccamenti della cava sorge una piccola caserma per il personale militare. Nel 1950… Sorbo, ho finito il fernet!
Ne ordino altri due. Dopo un cenno della Bellona, tre.
- Nel 1950 gli americani hanno un problema da risolvere, la guerra in Corea. Cominciano a smantellare il loro distaccamento alle Corone. Piano piano i mezzi militari accantonati sono venduti a fonderie e i militari ritirati. Rimane solo un piccolo nucleo che, non si sa per quale motivo, combina un casino con una ragazza del posto. La donna viene violentata e trovata cadavere, il comando americano in Italia non fa tempo ad intervenire e tre loro soldati vengono uccisi in un agguato poco dopo Paese. Gli americani decidono di disfarsi delle Corone e le restituiscono all’ Esercito Italiano che pensa di utilizzarle ricavandoci una grande polveriera. Il progetto viene studiato a lungo e approvato. Cominciano i lavori che, però, sono ostacolati dalla popolazione della zona manipolata da un partito politico. Ci sono proteste, qualche scontro e i lavori si interrompono. Poi riprendono, sottotono, ma un camion militare con operai a bordo si ribalta su un sentiero scosceso e ci scappano altri morti. L’Esercito chiude i lavori e pure l’inchiesta per stabilire eventuali responsabilità. Tra i morti c’erano pure due operai non in regola. Le Corone rimangono lì, sventrate ma selvagge e custodite da una doppia recinzione con reticolati. Solo con il costo della recinzione si sarebbe potuta costruire una scuola elementare a Paese ma, in cambio, fu costruita la palazzina della stazione del Corpo Forestale che doveva vigilare sull’inviolabilità della Corone.
- E sono rimaste inviolate Le Corone? – chiede la Bellona.
- Quando mai! Molti di noi le utilizzavano come zona riservata per funghi, tartufi e bracconaggio. Poi iniziò una triste tradizione. Venivano da molte parti a suicidarsi gettandosi nella forra al confine con la collina a Est.
- Vero. Ho letto diversi verbali tra le vecchie scartoffie in ufficio – interrompe Carla.
- Fu allargata la recinzione – continua Marocco – e anche quel tratto divenne parte delle Corone e interdetto a tutti.
- Tranne che a Vampiro – sottolineo.
- Vampiro? – ancora Carla.
- Un bracconiere della zona, il più spietato – spiega Marocco – Le Corone erano la sua personale riserva di caccia. I suoi colleghi gli hanno dato la caccia per anni, ma lui era troppo furbo.
- Era?
- Sì, è scomparso misteriosamente circa sei anni fa. Ma non alle Corone. Il suo piccolo fuoristrada fu trovato parcheggiato su un’altra collina distante diversi chilometri.
- Inspiegabilmente – chiarisco – Quella era la zona di un altro bracconiere e tra loro vige un certo codice d’onore. Ognuno caccia a casa sua. Ma non c’entra con Le Corone, questo.
- E perché lo chiamavate Vampiro? Per la ferocia?
- No – spiega Marocco – per i suoi canini superiori, due zanne da orso. Alto, magro e pallido. Con quei due canini avrebbe fatto paura pure a Dracula. Termino con una piccola curiosità questa storia. La Corona, chiamate impropriamente Le Corone, ora vengono appellate con un altro nome, più appropriato. Le Maledette.
- Cazzo! – fa, poco signorilmente Carla – Un posto tetro. E da quando se ne sono andati gli americani non ci ha abitato più nessuno?
- Tutti se ne sono stati alla larga, se possibile – ancora Marocco.
- Beh – intervengo – veramente diversi anni fa si diceva che ci abitasse un eremita.
- Vero – ancora Marocco – ma non provato. Poi, naturalmente, anche lui è scomparso nel nulla.
- Eppure lo avevano visto un paio di volte a Paese – correggo.
- Sì, ma sono anni che nessuno l’ha più visto. Poi, secondo me, era solo uno straccione, un barbone che faceva la spola tra Paese e Città con quel suo sgangherato motorino.
- Interessante – commenta Carla – cercherò qualche notizia nei vecchi verbali.
- Risparmiati la fatica – la consiglio – Al tuo predecessore interessavano solo mance per chiudere gli occhi, figurati se scriveva verbali!
- Lo sospettavo…
Marocco si congeda e ringrazia per il fernet.
- Per i tre fernet! – puntualizzo.
- Capito ora perché la cosa non mi interessa? – dico a Carla – Quelle colline portano solo morte.
- Allora sei superstizioso sul serio!
- Cauto e guardingo. Le Corone dalle ai macedoni, loro hanno mezzi, uomini e in tre anni te le devastano.
- Fuori discussione. A quei barbari ho già fatto due verbali per come hanno ridotto le macchie di Monte Rotondo.
- Occhio! Stacci attenta a quelli.
- Lo so, non ti preoccupare. Inoltre sono dei pregiudicati, al loro paese, e il taglio dei boschi è la copertura per le altre attività illegali che hanno.
- Appunto devi starci attenta. Qua hanno il vizio di voler spadroneggiare, e il tuo predecessore li ha aiutati non poco in cambio di mazzette e favori. Ora si credono i padroni di tutta la zona e ci sono state pure denunce nei loro confronti per minacce e lesioni.
- Cioè?
- Uno dei figli del capo clan Argan, va in giro a controllare boschi e quando ne trova uno interessante fa un’ offerta per il taglio che il proprietario non può rifiutare.
- Spiegati.
- Se non gli vendi, al loro prezzo, il bosco in piedi prima ti avvelenano le bestie, cani, mucche maiali, pecore, poi ti fanno sparire l’auto o il trattore e infine minacciano di dar fuoco al bosco.
- Solo qui in Italia accogliamo con il tappeto rosso simili delinquenti. Dalle altre parti gli avrebbero spezzato le gambe e rispediti a casa loro – lo sfogo di Carla, condiviso.
- Potrebbe essere una buona idea, ma sei sicura che se li riprenderebbero in Jugoslavia? Spediscili alle Maledette, forse è la volta buona che ce li togliamo di torno.
- Non è possibile. Pregiudicati e stranieri. La Corona sempre zona militare è.
- Pazienza – concludo.
- Sì, ma ne dobbiamo ancora parlare, noi due.
- Ora? – chiedo meravigliato.
- Ma che ora! Ora si va a casa mia. Ne parliamo in settimana. Ci facciamo una pizza. mercoledì sera va bene?
- Non mi piace la pizza.
- Poi andiamo a casa mia…
- Funghi e prosciutto, grazie.
- Paghi tu.
- Ok.

La lauta colazione prima di salire sul Solarium

venerdì 18 dicembre 2015

ANNUNCI & DEDICHE


Nuntio Vobis che MOLLY (quella senza jeans)
dopo 10 giorni di assenza ingiustificata
è tornata sana e salva a casa (e tutta intera)!

Preoccupato, eh? Capo!



LE NOSTRE FOTO (segnaletiche)

QUESTURA DI PERUGIA


NOME - ONCIA
SESSO - F (sterilizzata)
ETA' - Classe 2010
RESIDENZA - Reggia di Monte Malbe
PROFESSIONE - Ignota
MANTELLO - Bianca con pezzature tigrate
OCCHI - Due (verdi)
ZAMPE - Quattro
CODA - Sì (tigrata)
CARATTERE - Schivo
INTERESSI - Il Whiskas
SEGNI PARTICOLARI - Di giorno invisibile ai più.

mercoledì 16 dicembre 2015

LA LINGUA LANGUE





I NUMERI DI PERONI





Per approcciarlo aspetto il suo momento migliore, quando è in Colonia; appena si siede sulla panchina, accende la sigaretta e ci guarda ebete mentre ripuliamo i piatti dalle ultime briciole di paté.
- Capo abbiamo un problema.
- E’ forse fallita la banca dove avevate i vostri risparmi?
- No Capo, i nostri risparmi li abbiamo affidati a INTREPIDO. E’ un rapinatore più onesto.
- Allora PERONI? Confidati…
- Un problema culturale, Capo. La lingua langue.
?
- Guarda la stampata con le ultime visualizzazioni del blog.
- Il blog? Ancora esiste?
- Guarda!

- Oh, cielo!
- Capito, Capo? Con l’italiano ce la caviamo, ma il francese… il russo… il portoghese… il giapponese, poi!
- E cosa vorreste da me? Costringete il Professore PALLUCCHINO a darvi lezioni private. Uno impara il francese, un altro il giapponese, un altro ancora il russo e via dicendo.
- Appunto… è questo è il problema. Ci abbiamo provato.
In quell’istante passa davanti a noi ORTICHINO ed esclama:
- KQWbh  våtppU  LDFJVot| ¨«ÛåÁ!
- Cazzo ha detto?
- Non lo so, ma è un misto di greco antico, gaelico, sumero con contaminazioni di linguaggio alieno della 3° Galassia Superiore, codificato in BUZ.
?
- Purtroppo PALLUCCHINO conosce solo le lingue antiche e si diletta a decrittare i dialetti delle Galassie Periferiche. Perché per Natale non ci iscrivi alla Scuola di Lingue?

PERONI conta pazientemente le crocchette dividendole per tipo

martedì 15 dicembre 2015

GLI ADOTTATI

Prime immagini ufficiali di NUVOLA 
nella sua nuova casa.
Ha detto di non fare rumore che dorme così bene sul lettone!

domenica 13 dicembre 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
5a puntata





Scusate il ritardo ma, in qualità di Capo, devo tappare il buco e pubblicare questa puntata in vece di BAIOCCO. Il disgraziato ieri sera è andato a una delle tante cene di auguri con quel debosciato di INTREPIDO e sembra si siano ubriacati. Non paghi, hanno deciso di finire la serata in discoteca a caccia di gatte di facili costumi. Stamani, all’ora di pranzo (nel mondo reale), li hanno trovati le donne delle pulizie addormentati dentro i lavandini dei bagni delle donne. A suon di schiaffi sono riusciti a svegliarli e sono stati affidati alla custodia dell’ ASL. Dopo che mi hanno avvisato, naturalmente, ho fatto finta di dimenticarmi di loro; spero che una notte in canile, tra guaiti ed ululati basti come lezione.
Vabbé! Ora mi tocca leggere il quinto capitolo di questa porcheria al freddo e al gelo, abbarbicato sul tetto della casetta, meglio noto come Solarium, al lume di candela. Freddo ma romantico, peccato che già sento i primi starnuti dei presenti. Domani: scatolette e Synulox!

5)

Mai più birra! E’ il mio primo pensiero mattutino. Fa pisciare troppo e fare pensieri strani. Passo la giornata alla sega circolare a disco a spezzettare le stanghe stagionate.
Il mio è un lavoro monotono, ma sempre meglio di lavorare in fabbrica o in un ufficio. La mia vita è monotona, ma a me piace così. E la settimana che passa, pur facendo le stesse cose delle settimane precedenti, non è monotona per niente.
Mi ritrovo a pensare spesso (troppo) alla Bellona e alla sua sorprendente apertura. Ne parlo frequentemente con Picche, mentre tiro giù acacie, cerri e lecci. Picche è interessato e rimanda qualche ‘Uof!’ di commento. Giungiamo alla conclusione che la Bellona è solo spaesata e cerca qualche punto di riferimento in mezzo al deserto dove l’hanno sbattuta. Comunque non vedo l’ora che arrivi nuovamente venerdì sera.
E arriva, puntuale come una cambiale.
Mi sorprendo ad indossare dei pantaloni un poco più eleganti del solito e che avevo accantonato in quanto troppo eleganti per il Covo e la mia fama di rude boscaiolo.
Ceno, stavolta è carbonara, con l’occhio fisso all’ingresso del Covo.
- Chi aspetti? – chiede Oscar, un vecchio boscaiolo che si è convertito all’energia fossile gestendo il distributore di carburanti sulla statale.
- Nessuno.
- Mmm.
- Siamo nel pieno delle ferie – replico – stasera non verrà nessuno.
- Pazienza, ceniamo e magari facciamo un salto a Città.
- A puttane? No.
- Discoteca. All’aperto. Tanta robina fresca e tenera.
- Preferisco la carne stagionata e duretta.
In quel momento entra la Bellona, con dei clamorosi fuseax che mettono in risalto un notevole stacco di gambe.
- Eccola – commenta Oscar – Niente carne fresca, stasera.
Lo guardo di traverso.
- Vi ho visto venerdì scorso – si giustifica – Immaginavo che fosse lei il treno che aspettavi.
Si siede, non invitata, sorride e ci saluta.
- Ciao Carla. Niente birra, stasera.
- Perché devi offrire tu?
- No. Venerdì scorso ho passato una notte d’inferno.
Ordiniamo i caffè e i soliti Fernet e Oscar si congeda.
- Faccio un salto a Città – dice – Se ci ripensi…
- Dove avevate intenzione di andare? – chiede Carla.
- Lui in discoteca, io da nessuna parte.
- Mi aspettavi?
Mi è difficile rispondere a una domanda così diretta, farfuglio qualcosa di incomprensibile.
- Sì – ribatte Carla – Ma stasera poco alcool e a nanna presto.
La interrogo con lo sguardo.
- Domani sono di servizio – chiarisce – Dove sei a tagliare?
- Il sabato e la domenica non taglio. Sono al capannone a preparare le consegne.
- Allora, forse, ti vengo a trovare.
Chiacchieriamo per un’oretta e finiamo una bottiglia intera di Fernet. Comincio ad avere la testa pesante.
- Domani sera cosa combini?
Ancora una domanda difficile; di solito il sabato sera me ne sto a casa a vedere le partite, se ce n’è qualcuna alla tv, oppure faccio un salto, ma roba di un paio di ore al massimo, al bar di Paese.
- Faccio un salto a Montecarlo, col mio yacht – la prima stronzata che mi viene in mente.
- Perfetto! Potremmo andare a cena a Città.
- A cena?
- Certo! Anche là esistono dei posti dove ti portano da mangiare quello che desideri e in cambio paghi con la moneta. Alle 20 davanti al bar di Paese va bene?
- Va bene…
- Che entusiasmo! Forse hai altro da fare, meglio rimandare.
- Non ho nulla da fare. Sei la prima donna che mi propone di andare a cena insieme, finora quel passo l’avevo fatto solo io.
- Il mondo cambia, bello! Non ti mettere troppo elegante altrimenti sono a disagio.
- E’ una battuta? – regalandole uno sguardo poco amichevole.
- …e permaloso. Anche stasera ho scoperto qualcosa.
- Ricominci?
- …anche impaurito come un gattino. Fatti la barba che non mi piacciono gli uomini che pungono.
?
Mentre sto tornando a casa penso alla frase di zia sulla scossa che mi ci vorrebbe. Non vorrei che fosse arrivata anzitempo.
Ho tutta la notte per pensare alla faccenda degli uomini che pungono. Riesco a trarre un’unica spiegazione che mi piace e mi arrapa. Finisce con la solita mano destra che sviluppa la spiegazione.
Alle 18 mi trovo in bagno a docciarmi, radermi in maniera impeccabile e cercare qualcosa da mettere senza essere troppo elegante.
Un quarto alle 20 sono in attesa al bar di Paese; le signore non si fanno aspettare.
Alle 20 e cinque arriva e il bar (avventori ed attività) si paralizza.
La Bellona ha abbandonato i fuseaux per un tubino nero e corto, troppo corto, che esalta i suoi lunghissimi trampoli. Un paio di scarpe con dei tacchi esagerati e sottili amplificano l’effetto fenicottero. Ma noto una cosa che stona nell’insieme: non ha le tette, è praticamente piatta e scorgo pure un accenno di pomo d’Adamo che non avevo notato prima.
Questa è un uomo mancato, penso tra me.
- Andiamo, bello! – fa senza pudore davanti all’eterogeneo pubblico (solo maschile ma di età estremamente variabile) – Prendiamo la mia auto – sottolinea.
Quando stiamo uscendo si ferma e voltandosi saluta il pubblico, ancora in silenzio.
- Ve lo riporto tutto intero, non vi preoccupate.
Da come guida il primo a preoccuparmi sono io, fortuna che da Paese a Città la strada è larga e le curve dolci ma la sua Golf rende tutto più difficile.
A cena mantiene la sua promessa: mi apre come una cozza.
- Dicevi che fai questo lavoro per pura necessità, avevi altro nei tuoi progetti?
- Volevo studiare. Mi ero già iscritto all’università, agraria e scienze forestali, poi è mancato mio fratello. Il suo stipendio sarebbe servito a mantenere i miei studi. Ho cominciato a dare una mano a mio padre in attesa di trovare un altro lavoro che mi avesse permesso di andarmene, anche solo a Città. Ma un giorno babbo si è ribaltato col trattore e il suo carico e ci è rimasto sotto. Ci ha lasciato un’azienda avviata e un mare di debiti.
- Ci? Hai altri fratelli?
- No. A me e zia. Ma, piano piano, siamo riusciti a fare fronte a tutto e ora cominciamo a rivedere il sole.
- Tua zia è la sorella di tuo padre?
- No, e neppure di mia madre. Ma ha tirato su me e mio fratello dopo la morte della mamma. L’abbiamo sempre chiamata zia, anche se dormiva con il babbo. Le ho ricavato un appartamento indipendente e contribuisce a mandare avanti casa. Tra poco avrà la sua pensione di casalinga e le cose miglioreranno ulteriormente.
- Pensi di continuare questo lavoro?
- Certamente! Ho scoperto che è quello adatto a me. Sono libero, indipendente e sempre in mezzo alla natura. Mi faccio un culo tanto dalla mattina alla sera ma non conosco cosa sia lo stress. Ho cominciato a mettere da parte qualche lira per mollare tutto quando avrò cinquant’anni. Lo penso, ma se ci arriverò, non credo che lo farò.
- Hai già la vita tracciata.
- E’ comodo avere una strada che conosci da seguire.
- Non ti spaventa la… mancanza di cambiamenti non previsti? Anche in meglio, intendo.
- Sono proprio quelli che mi spaventano. Preferisco continuare a fare quello che so.
- E una moglie? Dei figli?
- Ogni tanto ci penso, ma sarebbe un cambiamento troppo grande per me. Preferisco vivere così.
- In pratica sei un egoista – dice addentando un grissino, in attesa degli agognati tortellini al tartufo.
- Sto quasi sempre solo con me. Come dovrei essere?
- E tu?
- Vita piatta di caserma. Poi, quando ti sei abituata, ti trasferiscono e devi cominciare daccapo. Dopo un po’ ci fai il callo e ti sembra normale.
- Moglie, cioè marito? Figli?
- Il mio ultimo pensiero.
- Un fidanzato?
- Il penultimo – e versa altro vino rosso nei bicchieri.
La cena va avanti tra chiacchiere più o meno innocue. Finita propongo due passi tra le vie del centro ma Carla ha un’idea migliore.
- Un bel gelato. Poi si va a casa mia.
Tornandomene a Cima, quasi all’alba, la lingua indolenzita mi conferma i sospetti che avevo riguardo alla rasatura imposta.
Certo, non è Sharon Stone, ma la sua perfomance la scaraventa alle primissime posizioni della mia personale classifica da quando ho scoperto altri utilizzi per il pisello.


INTREPIDO ancora dorme in piedi