sabato 19 dicembre 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
6a puntata





Ancora domenica… maledetta domenica!
Ognuno ha la croce domenicale: chi il pranzo in famiglia, chi il turno al lavoro, chi il pomeriggio di shopping selvaggio in affollatissimi centri commerciali, chi… la lettura sul tetto (pardon, Solarium) della casetta di un improponibile romanzo con la temperatura prossima allo zero. Fortuna siamo vaccinati!
Poi… pensandoci bene tra shopping, pranzi e altri riti la domenica va peggio agli umani.
- Avanti ragazzi! Tutti di sopra che si comincia la lettura!

6

Un’altra settimana di lavoro in attesa che giunga di nuovo venerdì. Con la Bellona non ci siamo sentiti né incontrati casualmente. Certo, che per incontrarmi casualmente devi seguire il rumore di una motosega nella macchia. Lavoro, e leggo.
Malgrado la stanchezza serale mi riesce sempre di leggere un capitolo del libro, che sto trovando interessante tanto da essere tentato di continuarne la lettura e rimandare il sonno. Però mi pongo il limite di spegnere la luce del comodino alle 23. Oramai sono quasi alla fine, un poco mi dispiace di abbandonare una lettura che ritengo piacevole ma, forse, il segreto dei libri è proprio questo: come un buon rosso ti deve lasciare una gradevole sensazione al palato dopo che lo hai terminato.
Penso spesso alla Bellona, soprattutto in termini sessuali e non vorrei che sabato sia stata la classica botta e via. Per scoprirlo dovrò aspettare pazientemente il venerdì al Covo.
La tavolata del venerdì del Covo è affollata. Siamo in sei, tutti rigorosamente maschietti e scapoli (o divorziati o vedovi). Poco prima che ci facciano sbaraccare arriva Carla. Prende un piccolo tavolo defilato e ci appoggia le due birre rosse e le patatine. Mi alzo e vado al suo tavolo tra le benedizioni dei compagni di cena.
- Ciao. E’ per me la birra?
- No, bevo per dimenticare sabato scorso.
Ci rimango male, lei se ne accorge e mi invita.
- Per chi vuoi che sia, tonto! Siediti che ti devo parlare.
Mi siedo timoroso, non so perché ma questa donna mi incute un misto di timore e paura. Forse è solo la differenza di età e il fatto che lei faccia vita di caserma.
- Hai finito il lavoro al convento? – chiede.
- Finito? Ci vado una mattina a settimana, ne avrò ancora per sei mesi. Ma il Priore l’aveva detto, ‘Coi tuoi tempi e metodi’. Poi… è un lavoro che non mi garba. Tutti i lavori che devo fare per restituire un favore non mi garbano, ma pazienza. Prima devo finire i lavori per le ferrovie, quelli sono contratti buoni! Ma hanno dei tempi stabiliti e non puoi sforare, paghi la penale.
- Cioè?
- Ho l’appalto per la pulizia della vegetazione arborea di un tratto di circa cinquanta chilometri che, considerando i due lati dei binari, diventano quasi cento chilometri. Pagano mezzo milione a chilometro e ti tieni la legna. Ma quando ti assegnano il pezzo da ripulire hai poco tempo disponibile per non intralciare il traffico ferroviario.
- Peccato.
- Cosa?
- Ho un affare tra le mani e avevo pensato a te.
- Spiega.
- C’è una zona militare che è passata demaniale, ma sottoposta ancora a servitù. Lo Stato Maggiore dell’Esercito vuole far dare una sistemata alla vegetazione e sono una cinquantina di anni che non è stata più sfoltita. Ho il compito di assegnare la concessione ventennale.
- Stai per caso parlando delle Corone?
- La Corona. La zona si chiama La Corona.
- Noi le chiamiamo Le Corone, sono cinque alte colline disposte a croce, una per ogni punto cardinale. La quinta, la più piccola e meno elevata, è al centro della croce.
- Esatto. Sono quelle colline.
- Non mi interessa, grazie.
- Ma come? – rispolverando un tono duro e aggressivo – Mi faccio in quattro per farti un favore, e un favore non da poco, e tu liquidi la proposta così? Che, per caso, ti puzza la legna che puoi fare alla Corona?
- La legna non mi puzza – rispondo – Nessuna legna mi puzza. Mi puzzano Le Corone.
- Ti puzzano Le Corone? Cos’hanno che non va?
Mi alzo in piedi e con lo sguardo cerco uno dei miei compagni di cena. Lo avvisto e con un fischio, poco signorile, richiamo la sua attenzione.
- Marocco! Prenditi da bere e vieni un momento al nostro tavolo. Pago io!
- Marocco? – chiede la Bellona.
- Sì. Ha lavorato diversi anni in Africa con una ditta che costruisce strade, poi si è rotto i coglioni ed è tornato qua a casa con un bel gruzzolo. Ora si diletta a studiare la storia della nostra zona.
Marocco arriva col suo fernet e si siede.
- Dimmi, Sorbo.
- La signora vuol sapere la storia delle Corone.
- Le Corone? – fa meravigliato.
- Sì, ma sii coinciso, fatti bastare il fernet.
- Niente Umbri, Celti, Romani e Longobardi, allora.
- Niente. Storia moderna. Parti dal terremoto.
- 1812, l’anno della disfatta in Russia di Napoleone…
- Marocco…
- Capito, volevo solo far colpo.
- 1812. Un violento terremoto si tira giù sulla collina centrale il castello dei Conti Poggiali e il piccolo borgo che difende, abitato dai cavatori che lavorano alla grande cava di pregiata pietra da costruzione alla collina a nord. E’ una strage. I Conti Poggiali ricostruiscono la loro dimora e il piccolo borgo appena fuori delle Corone, stavolta in terreno pianeggiante. Non vogliono abbandonare la cava di pietra che è la loro grande ricchezza. Ma dopo pochi anni una frana si porta via la metà della manodopera. Ci vuole tempo per riprendere a sfruttare la cava e, nel 1877, un’altra frana fa la seconda strage di cavatori. I Conti riprovano a riattivare la cava ma non trovano nuova manodopera che preferisce altri lavori piuttosto che morire sotto i sassi. I Conti Poggiali riescono a vendere cava e colline, che erano tutte di loro proprietà ad un’altra casata. I Conti Mangiabene. I nuovi proprietari riescono a riattivare la cava ma un terzo crollo seppellisce alcuni operai. La cava cessa la sua produzione, i Conti Mangiabene hanno altre proprietà e una ricchezza che permette loro di assorbire le perdite – Marocco termina il suo fernet e mi fa un cenno. Ne ordino altri due.
- Uno dei due fratelli Mangiabene ha un brutto vizio, il gioco. In una notte sfortunata si gioca la proprietà delle Corone a zecchinetta, e perde. Ma non si rammarica più di tanto, da amici dei palazzi romani sa che il governo vuole espropriare Le Corone per farci passare una nuova, ardita e inutile, linea ferroviaria. Il vincitore della serata intasca il premio e lo perde pochi mesi dopo, ma si vendica. Uccide il Conte Lodovico Mangiabene a sangue freddo e finisce in galera. Le Corone ora sono dello Stato che aggiudica l’appalto per la costruzione della ferrovia a una ditta di Roma. Il progettista è un noto ingegnere svizzero. I problemi iniziano subito. Crolla un ponte in costruzione e perdono la vita cinque operai, poi la prima galleria che stanno scavando viene invasa dall’acqua di una falda non rilevata e nel crollo periscono altri sedici operai. I lavori si bloccano e la ditta costruttrice fallisce. L’ingegnere svizzero si suicida.
- Diavolo! – esclama la Bellona – Un funerale continuo!
- Che non finisce – aggiunge Marocco – Viene di nuovo rilasciata la concessione per la cava di pietra e, come le altre volte, dopo pochi mesi un costone crolla facendo altre vittime. Per la cava è la fine definitiva, almeno come produzione di pietra da costruzione. Dopo pochi anni siamo nel 1943. I tedeschi occupano la zona, dove sono attive diverse brigate partigiane. E’ una guerriglia continua. I partigiani catturati e i loro fiancheggiatori vengono fucilati sempre alla famosa cava. Ma la ruota gira, stanno arrivando gli Alleati e i tedeschi cominciano a ritirarsi. I partigiani ne approfittano per saldare i conti in sospeso, sempre alla cava, naturalmente. Vengono fucilate intere famiglie di fascisti, repubblichini e collaborazionisti. Gli americani, che hanno occupato la zona, decidono di porre lo stop al massacro. Le Corone diventano zona militare destinata all’accantonamento dei mezzi militari tedeschi catturati. La cava si riempie di carri armati, cannoni e autoblindo con la svastica. Ma la guerra finisce e ora gli americani hanno un altro problema. Che fare con tutti i loro mezzi militari che sono sopravvissuti al conflitto?
- Beh, li hanno ceduti al nuovo Esercito Italiano – dice la Bellona.
- Non tutti, sarebbero stati troppi anche per l’Italia. In fretta e furia i veicoli catturati ai tedeschi sono sloggiati dalla cava e venduti a fonderie. Il loro posto viene preso dai veicoli che non possono, o vogliono, cedere o riportarsi indietro. Le Corone sono militarizzate, vengono recintate e diventa una delle zone militari americane più grandi d’Italia. Al posto dei baraccamenti della cava sorge una piccola caserma per il personale militare. Nel 1950… Sorbo, ho finito il fernet!
Ne ordino altri due. Dopo un cenno della Bellona, tre.
- Nel 1950 gli americani hanno un problema da risolvere, la guerra in Corea. Cominciano a smantellare il loro distaccamento alle Corone. Piano piano i mezzi militari accantonati sono venduti a fonderie e i militari ritirati. Rimane solo un piccolo nucleo che, non si sa per quale motivo, combina un casino con una ragazza del posto. La donna viene violentata e trovata cadavere, il comando americano in Italia non fa tempo ad intervenire e tre loro soldati vengono uccisi in un agguato poco dopo Paese. Gli americani decidono di disfarsi delle Corone e le restituiscono all’ Esercito Italiano che pensa di utilizzarle ricavandoci una grande polveriera. Il progetto viene studiato a lungo e approvato. Cominciano i lavori che, però, sono ostacolati dalla popolazione della zona manipolata da un partito politico. Ci sono proteste, qualche scontro e i lavori si interrompono. Poi riprendono, sottotono, ma un camion militare con operai a bordo si ribalta su un sentiero scosceso e ci scappano altri morti. L’Esercito chiude i lavori e pure l’inchiesta per stabilire eventuali responsabilità. Tra i morti c’erano pure due operai non in regola. Le Corone rimangono lì, sventrate ma selvagge e custodite da una doppia recinzione con reticolati. Solo con il costo della recinzione si sarebbe potuta costruire una scuola elementare a Paese ma, in cambio, fu costruita la palazzina della stazione del Corpo Forestale che doveva vigilare sull’inviolabilità della Corone.
- E sono rimaste inviolate Le Corone? – chiede la Bellona.
- Quando mai! Molti di noi le utilizzavano come zona riservata per funghi, tartufi e bracconaggio. Poi iniziò una triste tradizione. Venivano da molte parti a suicidarsi gettandosi nella forra al confine con la collina a Est.
- Vero. Ho letto diversi verbali tra le vecchie scartoffie in ufficio – interrompe Carla.
- Fu allargata la recinzione – continua Marocco – e anche quel tratto divenne parte delle Corone e interdetto a tutti.
- Tranne che a Vampiro – sottolineo.
- Vampiro? – ancora Carla.
- Un bracconiere della zona, il più spietato – spiega Marocco – Le Corone erano la sua personale riserva di caccia. I suoi colleghi gli hanno dato la caccia per anni, ma lui era troppo furbo.
- Era?
- Sì, è scomparso misteriosamente circa sei anni fa. Ma non alle Corone. Il suo piccolo fuoristrada fu trovato parcheggiato su un’altra collina distante diversi chilometri.
- Inspiegabilmente – chiarisco – Quella era la zona di un altro bracconiere e tra loro vige un certo codice d’onore. Ognuno caccia a casa sua. Ma non c’entra con Le Corone, questo.
- E perché lo chiamavate Vampiro? Per la ferocia?
- No – spiega Marocco – per i suoi canini superiori, due zanne da orso. Alto, magro e pallido. Con quei due canini avrebbe fatto paura pure a Dracula. Termino con una piccola curiosità questa storia. La Corona, chiamate impropriamente Le Corone, ora vengono appellate con un altro nome, più appropriato. Le Maledette.
- Cazzo! – fa, poco signorilmente Carla – Un posto tetro. E da quando se ne sono andati gli americani non ci ha abitato più nessuno?
- Tutti se ne sono stati alla larga, se possibile – ancora Marocco.
- Beh – intervengo – veramente diversi anni fa si diceva che ci abitasse un eremita.
- Vero – ancora Marocco – ma non provato. Poi, naturalmente, anche lui è scomparso nel nulla.
- Eppure lo avevano visto un paio di volte a Paese – correggo.
- Sì, ma sono anni che nessuno l’ha più visto. Poi, secondo me, era solo uno straccione, un barbone che faceva la spola tra Paese e Città con quel suo sgangherato motorino.
- Interessante – commenta Carla – cercherò qualche notizia nei vecchi verbali.
- Risparmiati la fatica – la consiglio – Al tuo predecessore interessavano solo mance per chiudere gli occhi, figurati se scriveva verbali!
- Lo sospettavo…
Marocco si congeda e ringrazia per il fernet.
- Per i tre fernet! – puntualizzo.
- Capito ora perché la cosa non mi interessa? – dico a Carla – Quelle colline portano solo morte.
- Allora sei superstizioso sul serio!
- Cauto e guardingo. Le Corone dalle ai macedoni, loro hanno mezzi, uomini e in tre anni te le devastano.
- Fuori discussione. A quei barbari ho già fatto due verbali per come hanno ridotto le macchie di Monte Rotondo.
- Occhio! Stacci attenta a quelli.
- Lo so, non ti preoccupare. Inoltre sono dei pregiudicati, al loro paese, e il taglio dei boschi è la copertura per le altre attività illegali che hanno.
- Appunto devi starci attenta. Qua hanno il vizio di voler spadroneggiare, e il tuo predecessore li ha aiutati non poco in cambio di mazzette e favori. Ora si credono i padroni di tutta la zona e ci sono state pure denunce nei loro confronti per minacce e lesioni.
- Cioè?
- Uno dei figli del capo clan Argan, va in giro a controllare boschi e quando ne trova uno interessante fa un’ offerta per il taglio che il proprietario non può rifiutare.
- Spiegati.
- Se non gli vendi, al loro prezzo, il bosco in piedi prima ti avvelenano le bestie, cani, mucche maiali, pecore, poi ti fanno sparire l’auto o il trattore e infine minacciano di dar fuoco al bosco.
- Solo qui in Italia accogliamo con il tappeto rosso simili delinquenti. Dalle altre parti gli avrebbero spezzato le gambe e rispediti a casa loro – lo sfogo di Carla, condiviso.
- Potrebbe essere una buona idea, ma sei sicura che se li riprenderebbero in Jugoslavia? Spediscili alle Maledette, forse è la volta buona che ce li togliamo di torno.
- Non è possibile. Pregiudicati e stranieri. La Corona sempre zona militare è.
- Pazienza – concludo.
- Sì, ma ne dobbiamo ancora parlare, noi due.
- Ora? – chiedo meravigliato.
- Ma che ora! Ora si va a casa mia. Ne parliamo in settimana. Ci facciamo una pizza. mercoledì sera va bene?
- Non mi piace la pizza.
- Poi andiamo a casa mia…
- Funghi e prosciutto, grazie.
- Paghi tu.
- Ok.

La lauta colazione prima di salire sul Solarium

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