sabato 30 gennaio 2016

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
12a puntata




Grandi novità in Colonia!
Il Capo ha deciso di rifare l’arredamento della nostra casetta, qualcuno maligna che abbia ereditato o vinto al GrattaeVinci; è famoso per rinfacciarci a fine pasto quanto gli siamo costati di scatolette quel giorno e ci rendiconta puntualmente tutte le spese (folli, dice lui) che sostiene per noi, manco fosse un deputato dei 5Stelle!
Orfeo ha avuto l’onore, e l’onere, di collaudare il primo cubo matrimoniale di polistirolo, poi ha commentato - Questo il Capo l’ha rubato all’Ikea!
Comunque, grati per questo tocco di cambiamento (anche se avremmo preferito il riscaldamento autonomo), ci apprestiamo alla lettura del nuovo capitolo de “Le Maledette” con spirito più benevolo.

12
- Carla? - riesco a domandare con un filo di voce.
Esce dal suo ufficio e mi osserva preoccupata – Cosa ti è successo?
Farfuglio qualche cosa di poco comprensibile. Carla mi fa sedere e spedisce Antonio al bar a prendere dei caffè e uno Stock 84 per me. Assaporo il caffè e butto giù, tutto d’un fiato, lo Stock. Poi vomito di nuovo. Non credo di aver fatto una bella figura.
Carla, che non fuma, mi accende una sigaretta e me la infila tra le labbra. Antonio va a prendere secchio e straccio per ripulire il pavimento.
- Cosa ti succede? – chiede Carla tenendomi le mani.
- Un morto… uno scheletro morto… alle Corone.
- Ok. Rilassati, poi andiamo su a vedere.
- Io non vengo.
- Ci devi accompagnare. Poi chiamiamo la Polizia.
Dopo una mezz’ora sono a bordo della Campagnola della Forestale guidata da Antonio. Arriviamo alle Corone. Il cancello principale è aperto, nel momento di panico ho pure dimenticato di chiuderlo. Saliamo fino alla cava e li accompagno alla baracca col morto dentro.
- E’ qui – faccio – In camera da letto.
Carla entra per prima e comincia ad osservare l’arredamento del primo vano.
- Non è arredato militarmente – commenta – Qui viveva qualcun altro.
Poi entra nella camera da letto e osserva a lungo lo scheletro. Mi fa cenno di entrare. Quasi in punta di piedi, ma rincuorato dalla presenza di amici, entro e osservo meglio quel mucchio di ossa sopra al letto.
- E’ di piccola corporatura, forse una donna – precisa Carla – Rannicchiato così, in posizione fetale, forse è morto di freddo o per una malattia non curata.
Lo osservo di nuovo. Sembra proprio una donna. E’ coperto solo da una lunga maglietta ingiallita e sbrindellata dall’umidità e da qualche roditore che, comunque, è riuscito ad entrare. La pelle sulle braccia e su parte del viso è incartapecorita, sembra mummificata. Le gambe mostrano i femori, le tibie e le ossa dei piedi, sono state spolpate dal solito roditore. Ho un nuovo conato di vomito e mi precipito all’esterno.
- Rude uomo dei boschi… tze! – commenta Carla che comincia  frugare tra i mobili del locale.
Trova un armadio con alcuni indumenti, maschili. Molti libri ammuffiti dentro a un baule metallico. E dentro ai cassetti di un catalogatore metallico, usato come tavolino, un portafogli, un pacchetto di sigarette e un accendino. Apre il portafogli e ne estrae un paio di carte da 10.000 lire e alcune da 1.000. Trova pure un documento.
- Pietro Paolo Floris – dice aprendo la carta di identità - Era un uomo. Piccolo, forse un sardo. Forse un pastore che viveva qua.
- E le pecore? – ribatto.
- Si saranno disperse o le avranno mangiate i lupi.
- E il loro recinto?
- Prima o poi lo troverai. Antonio, chiama la Polizia con la radio.
Antonio va al fuoristrada e si mette in comunicazione, non so con chi, con la radio di bordo.
Carla ci ripensa e lo raggiunge – Chiama anche i Carabinieri; siamo in zona militare. La cosa interessa più loro che la Polizia.
Ma ad arrivare sul posto è, per prima, una volante della Polizia.
Comincio a rilasciare la mia dichiarazione da mettere a verbale e sopraggiungono anche i caramba, più attrezzati: hanno un nuovo Defender, non un’ Alfa che ha perso pezzi sulla strada piena di buche che sale alla cava.
Salutano, vengono aggiornati dai colleghi senza banda rossa lungo i pantaloni e visionano a lungo il documento ritrovato, poi si mettono in comunicazione con la loro centrale per avere istruzioni. Dopo un quarto d’ora le due pattuglie ricevono i rispettivi ordini. I poliziotti se ne vanno, alquanto sollevati di aver scansato una rogna, rimangono i Carabinieri a cui è stato assegnato il caso.
Vengo di nuovo interrogato, poi condotto alla loro caserma, a Città.
Nuova deposizione, firme e controfirme e posso, finalmente, tornare a casa. Anzi, a Paese, dove Picche e l’Unimog mi aspettano. Ho dovuto lasciare le chiavi del lucchetto del cancello ai militi e per sette giorni non posso salire alle Corone.
Il giorno successivo la prima pagina e un paio di quelle interne dell’ “Eco dell’Appennino” sono dedicate al ritrovamento del cadavere alle Corone. C’è pure una mia foto, scattata fuori dalla caserma dei Carabinieri, a mia insaputa.
Non sono male, però… osservo poco disinteressatamente.
Una delle pagine interne è interamente dedicata alla macabra storia della Corone, sembra che l’abbia scritta Marocco. Di nuovo scopro solo che, dopo l’unità d’Italia, Le Corone erano diventate il rifugio prediletto per i briganti che infestavano la zona. Scopro pure che il mio locale Il Covo dei Briganti si chiama così perché ai tempi c’era una locanda che riforniva di viveri i banditi.
L’altra pagina parla del morto. Pietro Paolo Floris, di Cagliari, classe 1952, piccoli precedenti penali per furto e spaccio di droga con qualche arresto e due anni di galera. Tossicodipendente, scomparso da Roma alla fine degli anni ’80. Mai più ritrovato. E forse neppure ricercato.
Chi si sarebbe presa la briga di ricercare un simile elemento!
Probabilmente si era rifugiato alle Corone per stare in santa pace e il famoso eremita era lui, come era suo il motorino. Niente pastore sardo. O forse aveva pure delle pecore , come ha detto Carla, e si saranno disperse o le avranno mangiate i lupi.
Questi sono i miei ragionamenti sulla presenza dello scheletro morto, come l’ho definito e ancora ci rido sopra. Ma, fondamentalmente, non mi frega una sega di lui e delle sue ex pecore.
L’interdizione alle Corone dura solo un paio di giorni. Vengo convocato alla caserma dei Carabinieri di Città per riprendere possesso delle chiavi.
Ne approfitto per una nuova visita dal venditore di libri usati, parcheggiare la Toyota è ancora più semplice del pickup.
- Ah, è lei! – mi accoglie - E’ diventato famoso!
Lo interrogo con uno sguardo.
- Ho visto la sua foto sul giornale – chiarisce – Non sapevo lavorasse alla Corona.
- Ho la concessione per il taglio della legna.
- Io, invece, ho perso un cliente. Un vecchio cliente; erano diversi anni che non veniva più.
- Cioè?
- L’eremita. Quel mezzo pazzo che si era ritirato su quelle colline. Era mio cliente, sa… Veniva quasi tutte le settimane a comprare qualche libro. Preferiva la letteratura italiana: narrativa e anche qualche noir.
Il mio pensiero corre ai libri ammuffiti trovati dentro l’armadio.
- Dalle Corone arrivava fino a qua? – domando.
- Sono l’unico nella zona che tratta libri usati. Poi non veniva qua, ma al negozio dove stavo prima, un buco buio e scomodo.
E sì, che questo! Penso tra me.
- Aveva un vecchio motorino – prosegue - tutto rattoppato, ma riusciva a portarlo fino qua. A ripensarci… è da quando mi sono trasferito qui che non lo vedo.
Mentre sistema una pila di libri usati che un cliente gli ha portato lo vedo pensieroso.
- No! – prosegue – Qui è venuto almeno un paio di volte. Ricordo che mi aveva lasciato anche una mancolista.
- Cos’è?
- Un elenco dei libri che cercava, come il suo.
- Che tipo era questo eremita?
- Alto e magro, molto trasandato. Parlava poco ma si notava che era un tipo istruito. Una volta fece una dissertazione su un autore inglese che mi colpì.
- Come si chiamava?
- Pietro Paolo Floris, così è scritto sui giornali. Ma, forse, mi aveva dato un nome falso; me lo ricordo più corto. Aldo, Carlo, Franco… non saprei. Potrei sbagliarmi.
- Mah… credevo fosse un pecoraro che si era stabilito là.
- No. Puzzava, certo che puzzava! Ma non di pecora. Poi… un pecoraro che disquisisce su Conan Doyle?
Trovo un altro libro della lista e ne acquisto uno consigliatomi caldamente dal vecchio. Torno a Cima guidando pensieroso.
Quando ritorno alle Corone vado a vedere il modulo dello scheletro. E’ transennato tutto intorno e ci sono dei cartelli che ammoniscono di non avvicinarsi in quanto la zona potrebbe essere infetta. Rimango alla larga e vado a curiosare tra i relitti abbandonati. Anche qui è transennato, ma senza cartelli. Supero il nastro con la scritta Carabinieri e scopro che il vecchio motorino è scomparso. Lascio perdere il giro turistico e mi metto al lavoro. Ho un paio di querce malate che mi aspettano con impazienza. Completo il carico con alcuni lecci cresciuti col tronco troppo sottile per spingersi in alto a rubare un po’ di luce.
La sera, al Covo, racconto a Carla il colloquio con il vecchio libraio.
- Il morto non era l’eremita – concludo – Poi, una stranezza, i carabinieri si sono portati via il vecchio motorino del presunto pastore.
- Cosa?
Le racconto anche della scoperta del motorino.
La vedo mangiare pensierosa.
- Un pastore col motorino che arriva fino a Città per comprare libri usati – commenta.
- Sembra strano anche a te?
Non risponde e continua a piluccare la sua bistecca di maiale.
Torna a parlare solo per ammonirmi – Comunque smettetela coi vostri traffici di relitti militari. I Carabinieri potrebbero avere inventariati quelli sul piazzale.
Rimango sorpreso e mortificato.
- Ho visto degli spazi dove l’erba non era cresciuta tra i rottami, segno che qualcuno aveva spostato, o prelevato, dei mezzi recentemente. Poi ho anche sentito delle strane voci in giro. Quindi, smettetela.
Accuso il colpo come un ragazzino scoperto a rubare la Nutella.
Carla rincara la dose – Sei su per la legna, solo per quella.
Mi gratifica, poi, con uno straordinario pompino dentro la Toyota. Nulla a che vedere con quelli delle due checche. 


ORFEO addetto al collaudo del nuovo cubo matrimoniale






CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe

Flash mob dei bianco e neri alla Reggia
TOSCO - NINNI - YARIS e SCEMINA
(RUDY e LULU' assenti causa mancata connessione ad Internet)

venerdì 29 gennaio 2016

STORIA DELLA COLONIA






LA PAUSA INVERNALE





Prima di finire l’anno il Capo decise di impegnarsi nella raccolta rottami.
Dall’ambulatorio dell’ASL tornò, insieme al gatto sterilizzato di turno, con un rudere tigrato, adulto e con mille problemi. Asociale quanto basta, FIV positivo che cominciava a essere sintomatica con la stomatite, decisamente non messo benissimo, anche per la sua avanzata età, lo liberò in Colonia in un tiepido pomeriggio di novembre, per poi non toccarlo più (era asociale!).
Fu battezzato VITTORIO, niente sommergibili stavolta.
Insieme a lui portò anche una micia adulta tigrata, sempre ex ASL, che però rimase in Colonia solo qualche giorno, poi scomparve nel nulla. L’aveva chiamata CASSIA, forse non le piaceva il nome.
- Ed ora inizia la tregua! – le ultime parole famose del Capo, riferendosi al periodo invernale, solitamente poco foriero di abbandoni.
Infatti da dietro la recinzione del giardinetto si materializzò subito un gatto rosso, magrissimo ma aggraziato nei movimenti.
- Un’altra femmina? – l’unica cosa comprensibile tra una sequela di improperie.
Asociale pure lei quanto basta, ma sempre presente al pasto pomeridiano, anche se lo consumava in zona nascosta e protetta.
Altro battesimo volante e la rossa CORNIOLA entrò a far parte della nostra famiglia.
Quando finalmente decise che del Capo ci si poteva fidare uscì allo scoperto ma venne subito ingabbiata per la sterilizzazione (scoprendo che la micia CORNIOLA aveva due pallucche sotto la coda abilmente mimetizzate).
- Non importa! – commentò il Capo –CORNIOLA è e CORNIOLA rimane! Così nella prossima vita impara a mostrare subito il sesso!
L’ultimo arrivo alla vigilia di Natale: un gatto adulto bianco e nero, schivo e rintanato sempre in una tana sotto una grande pietra vicino al giardinetto. Fu battezzato ROCCO e anche lui, dopo pochi giorni svanì nel nulla.
Si conclude così il 2008; quattro anni passati, prima erano in otto alla Colonia, poi è arrivato TAZZA e dopo di lui tanti altri, me compreso.
Alcuni sono stati adottati, altri sono scomparsi nel nulla, qualcuno è morto, come sempre succede.
TAZZA ha fatto un grande sforzo per ricordare gli episodi salienti dei primi tempi della Colonia passandomi poi, purtroppo, il testimone.
Molti amici non li abbiamo ricordati, o perché sono stati poco tempo con noi o per una semplice dimenticanza.
Con l’aiuto dei più anziani, ROSINA (della Colonia) –che ora vive alla Reggia, insieme alla ROSINA di Casa- in primis, ricorderò i nomi di questi vecchi amici dimenticati:
CIPRIA – VOLPINO – FLAMINIA – APPIA – SALARIA – GONDAR – PERLA – CENERE – NARSETE.

Il Vostro SAETTA (attuale memoria storica della Colonia)


Ci siamo dimenticati della microscopica APPIA!
Colonia Vecchia - Ottobre 2007

mercoledì 27 gennaio 2016

LE NOSTRE FOTO (segnaletiche)

QUESTURA DI PERUGIA


NOME - GIGIA
SESSO - F (sterilizzata)
ETA' - Classe 2013
RESIDENZA - Reggia di Monte Malbe
PROFESSIONE - Assaggiatrice della Reggia
MANTELLO - Grigio cenere tigrato
OCCHI - Due (gialli)
ZAMPE - Quattro
CODA - Sì (grigio cenere tigrata)
CARATTERE - Socievole
INTERESSI - Le prelibatezze varie
SEGNI PARTICOLARI - Olfatto incredibile per le novità culinarie

martedì 26 gennaio 2016

COME ERAVAMO...

ORFEO alla Colonia Nuova - Maggio 2010

ORFEO si rilassa - Colonia Nuova - Luglio 2015

lunedì 25 gennaio 2016

ARRIVI & PARTENZE

ASTERIX

Purtroppo il nostro amico ASTERIX non ce l'ha fatta.
Nella notte è stato deciso di addormentarlo per le sue condizioni di salute nettamente peggiorate.
La FIP ci ha tolto un altro piccolo, ma noi continuiamo a combatterla.

Ciao ASTERIX!

domenica 24 gennaio 2016

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
11a puntata





Sfrattati! Letteralmente buttati fuori dalla casetta mentre ancora eravamo al primo sonno.
Credo ci siano gli estremi per far intervenire gli uffici legali di ENPA, OIPA e LAV a protezione di quegli scarsi diritti di noi poveri gatti randagi.
E’ successo stamattina, sul far dell’alba, con il termometro che segnalava una temperatura artica: chi ti arriva? Il Capo e la Supplente che ci sbattono fuori senza troppi complimenti.
- Su oggi è giorno di lettura – ha precisato il viscido – Tutti sul solarium, ché qui impicciate!
Una trentina di punti interrogativi semi addormentati e praticamente congelati hanno riempito l’esiguo spazio della casetta.
- Oggi si bonifica! – ha spiegato l’aguzzino –Sapete che ASTERIX ha la FIP!
- Su… - la Supplente che ancora detiene un briciolo di umanità – venite fuori che vi preparo la colazione.
Morale della favola, mentre il Capo buttava fuori tutte le cucce e i cubi di polistirolo (alcuni ancora occupati) abbiamo consumato la frugale colazione (buoni i sandwich all’aragosta!) e siamo saliti a congelarci sul solarium, tanto lo spiazzo era tutto ingombro di cucce, copertine sporche e ogni tipo di ciotola che era presente dentro la casetta.
- Nun se po’ campà così… - ha commentato il solito CORNIOLA.

11
E’ una sera al Covo che Antonio mi toglie la curiosità.
- Solo? – chiede per sedersi al tavolo a cenare.
- Certo, Carla è a Roma.
- Naturale – risponde.
- Naturale, perché?
- Lo sai chi hanno trasferito a Roma poco dopo l’arrivo di Carla?
- No.
- La sua fidanzata poliziotta.
Mi scappa una risata.
- Come! Lei qui, in culo al mondo e l’altra a Roma,  al centro del mondo?
- L’altra è un pezzo grosso, sembrerebbe. Ha parenti in alto, verso Montecitorio.
Finito di consumare l’amplesso con la solita bionda popputa ninfomane penso a questa strana situazione che vede al centro Carla. Lei non mi ha fatto parola della sua relazione romana e, sicuramente, non l’avrà fatta con la sua amica della (strana) relazione qua. Sorrido al pensiero che un giorno potremmo incontrarci tutti insieme.
Finalmente, dopo giorni di lavoro con mille precauzioni, riesco ad arrivare alla cava. Anche là il grande piazzale è invaso dagli arbusti e da diverse robinie. Mi ci vogliono quattro lenti giorni di fatica per ripristinarlo. Poi tiro via un centinaio di quintali di robinia. Su uno spiazzo secondario ci sono ancora dei rottami di camion e jeep americane della seconda guerra mondiale. Sono apparentemente integri, ma tutti arrugginiti.
Chiedo a Carla cosa devo farne.
- Una grana – risponde – Non posso farli portare via senza l’autorizzazione dello Stato Maggiore e, comunque, sarebbe una spesa non preventivata. Lasciali là, facciamo finta che non esistano.
Un venerdì sera ne parlo con Antonio.
- Come ‘Facciamo finta che non esistano’? – dice sbalordito – Ma lo sai che i collezionisti venderebbero pure la madre per un rottame in buone condizioni? Poi… sai che affari si possono fare coi pezzi di ricambio? Altro che legna a 8.000 lire al quintale!
Visto che quegli automezzi non esistono Antonio organizza un traffico, credo illegale, di relitti vari e pezzi di ricambio.
Io divento l’operatore ecologico, un suo vecchio amico con ampio capannone e giuste conoscenze il commerciante e lui il fulcro dell’operazione di ripulitura piazzale.
Ogni tanto carico sull’Unimog, col braccio meccanico, una jeep. La ricopro di frasche che non risulti visibile durante il trasporto e la scarico dentro al capannone dell’amico di Antonio.
Qualche volta devo prelevare pezzi di ricambio da camion o autoblindo disarmate. Vengo debitamente istruito e dotato della giusta attrezzatura, smonto i pezzi, li nascondo e li scarico al solito posto.
Devo dar ragione ad Antonio: i rottami rendono più della legna.
Una mattina, girovagando tra i carrelli rimorchio delle jeep mi imbatto in un motorino. Non un motorino militare, non so neppure se esistessero a quei tempi. Un motorino nostrano: un vecchio Garelli, credo. Ha le marce al manubrio e non sembra aver subito lo stesso degrado degli altri mezzi, moto militari comprese (ce n’erano otto, tutte recuperate). Non capisco cosa c’entri con i mezzi militari accantonati e perché sia là.
Queste operazioni di recupero mi fanno perdere tempo nel taglio ma favoriscono lo smaltimento della legna accatastata nel mio piazzale.
Finalmente riesco a liberare anche i viali che portavano alla casermetta, più che altro un baraccamento di moduli simili agli attuali container. Mano a mano che li raggiungo comincio a curiosarci dentro. Mi piace questa specie di caccia al tesoro.
Il primo che raggiungo doveva essere una specie di ufficio o segreteria. E’ ancora pieno di suppellettili non traslocate. Sedie, scaffali e un paio di scrivanie. Sugli scaffali ci stanno ancora dei faldoni con fogli ingialliti e puzzolenti di muffa, come quelli che ho trovato dentro la baracca che doveva essere la garitta delle guardie, poco dopo il cancello principale. Su un vecchio tavolo c’è ancora una specie di centralino, o forse, una radio militare.
Pure il secondo modulo doveva essere un ufficio; ancora scaffali e armadi metallici, qualche raccoglitore e pure delle vecchie macchine da scrivere.
Informo Antonio dei ritrovamenti e un sabato mattina mi fa caricare il centralino, le macchine da scrivere e tutto quello che ritengo essere in condizioni di vendita.
Dal piazzale dei mezzi accantonati porto via una vecchia berlina militare e un piccolo trattore, quello lo scarico a casa mia. Vorrei ripristinarlo ed utilizzarlo per la movimentazione delle stanghe di legna.
Carla torna a fare un altro sopralluogo. La informo di aver rinunciato al progetto di rivendere carichi di legna a terzi e annuisce soddisfatta. Le mostro i moduli raggiunti e liberati dalla vegetazione e lì scatta qualche foto per l’archivio.
- Peccato per tutti quei mobili metallici – osserva – A qualcuno potrebbero fare comodo. Prendine pure, se ti servono.
- Grazie.
Comincio ad occuparmi del bosco sotto la cava, un bosco bellissimo ricco di cerri, roverelle, lecci e carpini.  Riempio di nuovo il piazzale dietro al capannone e provo un nuovo sistema di accatastamento che mi permette di infilarci diverse altre tonnellate di stanghe, lasciando sempre ampi spazi per la movimentazione meccanica. Col trattorino  ex militare ripristinato, naturalmente.
A piazzale riempito torno a liberare i moduli abitativi del baraccamento militare. Magazzini con ancora scorte alimentari e di generi di consumo. Uno pieno di ricambi dei mezzi accantonati già smontati e catalogati: una manna e un guadagno extra non indifferente. Trovo il container con il gruppo elettrogeno, che viene prelevato. Come pure diverse stufe a cherosene e, poche, a legna.
Una mattina mi fermo ad osservare un modulo che sto per liberare. E’ meno invaso dalla vegetazione degli altri. Meglio conservato, sembra quasi che qualcuno avesse fatto la sua manutenzione. Non ha neppure vetri rotti alle piccole finestre o fessure dove la vegetazione è riuscita ad infilarsi. Lo raggiungo e ci entro dentro. E’ più ordinato degli altri ed arredato come un piccolo appartamento. C’è una stufa a legna con due pentole sopra e, dentro un piccolo lavabo dei piatti smaltati ma anneriti dal tempo. Il pavimento è relativamente pulito. Una paratia con la porta divide in due il locale. Apro la porta e mi trovo davanti una camera da letto con tanto di branda e armadio. Sopra il letto, uno scheletro. Faccio un balzo indietro ed esco dal modulo di corsa.
Ho il batticuore e il respiro affannato. Sento il bisogno di una sigaretta. L’accendo e mi siedo. Subito dopo vomito. Torno all’Unimog, faccio salire Picche e scappo via in direzione Paese. Arrivo alla stazione della Forestale ancora trafelato.
Antonio mi guarda e chiede spiegazioni.

CORNIOLA - Nun se pò campà così...

sabato 23 gennaio 2016

ANNUNCI & DEDICHE

Dopo poco più di quattro anni lo spettro della FIP aleggia di nuovo sulla Colonia.
A farne le spese il piccolo ASTERIX, ora ricoverato in osservazione dai veterinari.
Incrociamo le zampe...


Siamo tutti in apprensione per il piccolo ASTERIX

giovedì 21 gennaio 2016

mercoledì 20 gennaio 2016

LO CHIAMEREMO ANDREA





LA CUCCIA DEL CAPO




E’ successo ancora: la variabile impazzita che fa saltare tutte le statistiche.
Con NUVOLA (o VIRNA/VIRNO) il fatto ci poteva anche stare, era solo la seconda volta che mi abbandonavano un gatto già sterilizzato in Colonia.
Cinque anni prima era successo con QUADRI (più noto come PALLUCCHINO), ma almeno avevano lasciato un biglietto con su scritto che era un maschio già sterilizzato, anche se lo avevo sospettato dalla garza elastica ancora stretta alla zampa anteriore destra.
Poi è di nuovo successo con NUVOLA, senza biglietto però!
NUVOLA prima subì l’onta del nome femminile VIRNA, ma a tutti gli effetti è un gatto dolcissimo e mancava degli attributi visibili al gatto adulto per determinarne il sesso. Poi, ad un’ispezione più accurata, VIRNA si è dimostrata un maschio sterilizzato: VIRNO!
E’ stato BAIOCCO a intervenire – Capo, se continui a chiamarlo VIRNO quello cambia colonia!
Fortuna che l’amica Monica ci ha messo involontariamente la pezza : – Ma chi è questa nuvola di gatto?
E NUVOLA fu!
Ora: è risaputo che determinare il sesso dei gattini è una cosa alquanto difficoltosa, a meno che siano tricolori, ma in un gatto già adulto e vaccinato sembrerebbe cosa elementare.
La morfologia (intesa come osservazione dell’aspetto esteriore del soggetto), l’atteggiamento e la caratterialità sono già segnali sufficienti a riconoscere il sesso del felino, anche se non socializzato, la classica palpata sotto la coda, la prova finale. Se si manifesta il benché minimo dubbio poi c’è pure l’osservazione accurata della zona genitale del soggetto incriminato, ove possibile, e qui il margine di errore si azzera.
Micia (la consorte) conscia del fatto che una volta su tre sbaglio il sesso del gatto, e conseguentemente il nome (esempi lampanti sono RINGO, CORNIOLA, AGHI -da AGATA- POLVERE e BERETTA, che hanno mantenuto comunque il nome assegnato) mi consigliò di chiamare tutti gli incerti ANDREA.
Una buona idea: ANDREA I, ANDREA II e via discorrendo, ma inattuabile, perlomeno in Colonia.
Ve l’immaginate il lancio del bocconcino preceduto dal nome del destinatario: - ANDREA! – si accenderebbe una zuffa epica tra tutti gli ANDREA con feriti e contusi per un misero cubetto di mortadella. Quindi proposta bocciata.
Ma il problema non è il nome, ma la variabile impazzita che ha voluto che il gatto abbandonato in Colonia dopo NUVOLA fosse TOSCA.
Allo studio morfologico del soggetto fu subito battezzato senza ombra di dubbio FOSCO.
La palpata sotto la coda evidenziò la mancanza di due necessari attributi al fine di mantenere il nome assegnato. Anche l’esame visivo confermò che di testicoli non ce n’era traccia. Quindi: TOSCA.
Fino a ieri mattina.
La signora TOSCA è stata accompagnata alla sterilizzazione per scoprire che è un maschio già sterilizzato ed operato in maniera ineccepibile, manco il chirurgo plastico Pitanguy sarebbe stato capace di un simile capolavoro!
Ora, mi domando come possa capitare che consecutivamente vengano abbandonati due gatti adulti ex domestici e già sterilizzati nella stessa colonia: la famosa variabile impazzita che d’ora in avanti sovvertirà il protocollo di riconoscimento della Colonia Nuova!
Ma il malcapitato felino bianco e nero ha minacciato azione legale per danni fisici, comportamentali e morali.
Siamo arrivati comunque ad un compromesso, con la preziosa mediazione dell’avvocato SERPOTTO: TOSCA diventerà TOSCO e, se il suo carattere sarà compatibile con i gatti della Reggia, visto che in Colonia manifesta problemi di adattabilità, rimarrà vita natural durante in famiglia.
Benvenuto FOSCO/TOSCA/TOSCO!


TOSCO ha preso possesso del "suo" letto

martedì 19 gennaio 2016

sabato 16 gennaio 2016

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
10a puntata





Causa forte vento di tramontana che trascina fiocchi di neve provenienti dalle cime appenniniche comunichiamo che la lettura odierna avverrà al calduccio dell’interno della casetta.
Quindi, se non sentite bene la narrazione, vi preghiamo di alzare il volume dello strumento utilizzato ché mica possiamo svegliare tutti i gatti che stanno ronfando beatamente per una simile minchiata!

10
Vado alla stazione dei forestali scansando accuratamente il bar di Paese, vorrei evitare commenti, battute e prese per il culo. Credo, comunque, che oramai sappiano tutto, anche meglio di me.
Appena entro nel suo ufficio Carla mi osserva attentamente e scuote la testa.
- Tra un mese sarò più bello di prima – commento.
- Se Stevan non ti avrà fatto la pelle – ribatte.
- Una minaccia al vento.
- Quattro costole rotte e tre incrinate, versamento toracico e per poco non ci rimetteva un polmone – continua – Credi che te la farà passare liscia?
- No. Non pensavo di aver fatto tutti quei danni.
- C’è mancato poco che lo ammazzassi. Per inciso, avresti avuto tutta la mia ammirazione.
- Come sai del referto?
- Mi sono mossa subito, appena tornata in ufficio. Ero convinta che non le avevi solo prese, ma non immaginavo che il bersaglio fosse stato Stevan. Questo ci complica la vita.
- In che senso?
- Ho parlato col loro avvocato.
?
- Stevan non ti denuncerà per aggressione e lesioni – prosegue.
- Veramente l’aggressione l’ho subita io. E lui ha cacciato pure una pistola.
- Una pistola? Questo non l’ha riferito quel leccaculo in giacca e cravatta. Comunque: lui non ha sporto denuncia e neppure tu la devi sporgere.
- Non l’avrei sporta comunque – preciso.
- Lui ti vuol fare la pelle – continua senza ascoltarmi – ed è armato di pistola. Tu: che cazzo fai?
- Io non ho una pistola. Al massimo qualche fucile da caccia di babbo in custodia.
- Hai il porto d’armi?
- No. Non vado a caccia e non mi è mai servito.
- Benissimo – poi cambia espressione – Ora ti parlo da amica. Amica senza la divisa. Procurati un paio di coltelli da portarti addosso. Se qualcuno di loro ti affronta o noti qualche mossa strana, non pensarci due volte: colpisci per primo. Possibilmente al fegato: non muore, fai danni della madonna e lo fai soffrire come un cane.
- Ho questo! – tirando fuori un coltello a serramanico che utilizzo nelle macchie.
- Ci fai una ricca sega con quello! Tieni! E’ del genere proibito, che più proibito non si può. Non farlo vedere a nessuno e se lo utilizzi, per il fegato –o dove ti capita- fallo subito sparire. Capito?
- Ma… è tuo?
- E’ il regalo di un’amica, sperando che non ti serva. Ma ne dubito. Ora veniamo a noi: come stai?
- Decisamente meglio, grazie.
- Mando a prendere due caffè mentre mi racconti la tua versione, che ritengo la più affidabile.
Mentre sorseggiamo gli espressi le dettaglio, con dovizia di particolari, gli avvenimenti di quella mattina. Alla fine annuisce.
- Non esiste nessuna opposizione al tribunale – commenta – Era un bluff per farti paura e convincerti a cedergli il subappalto della Corona. Cosa non possibile, per inciso. Purtroppo le cose sono precipitate, sicuramente anche loro non pensavano che fosse successo quel casino; la presenza di un estraneo, l’avvocato, lo conferma. Forse bisognerebbe dire grazie alla sua presenza se non ti hanno ammazzato. Ora cosa conti di fare con la Corona?
- Qualche giorno di ferie, niente di più. Appena sono in grado di reggere la motosega torno su. A proposito! Lo sai che mi hanno rubato la mia nuova Stihl? Quasi due milioni di lire…
Vedo Carla bloccarsi e cominciare a pensare, chiudendo gli occhi.
- Mmm… Vai a denunciare il furto dai Carabinieri e portami una copia della denuncia. Ce l’hai il numero di matricola, vero?
- Certo! Ma che cazzo gli dico ai Carabinieri.
Carla ordina altri due caffè e mi spiega, lentamente come a un bambino, quello che devo dichiarare.
- Portami subito la copia della denuncia – conclude.
- Perché?
- Da domani vado a caccia.
Intasco il nuovo coltello, un pugnale per la precisione, e vado a Città a fare la denuncia di furto come consigliato da Carla.
La convalescenza è più lunga del previsto. L’occhio ha subito danni seri, ma riparabili con cure e attenzione. Di tornare nella macchia a tagliare non se ne parla.
           Torno dal laido vecchio dei libri usati in occasione di un’altra piccola consegna a Città. Col pickup è più semplice trovare un parcheggio nelle vicinanze dello scantinato. Mi aveva rimediato altri due titoli di quelli segnati dal Professore, che si ricordava, in versione economica. Mi ha chiesto un parere sul suo libro, ma ancora era sul comodino, non letto.
Gli ho domandato se aveva qualche libro scritto da Otello Fumagalli, il Professore. Ha risposto di non conoscere l’autore e fatto una ricerca col computer. Non esiste uno scrittore con quel nome e cognome. Allora è vero che il Professore è uno scrittore fantasma! Ma esiste, o meglio esisteva, un Otello Fumagalli scomparso diversi anni fa mentre cercava funghi sulle montagne emiliane; mai più ritrovato.
Quando torno dal Professore con il carico di legna per iniziare l’inverno lo ringrazio per i consigli di lettura e sposto la discussione sui funghi. Non li conosce, neppure gli piacciono.
La Bellona viene a fare le prime foto alla parte di strada ripristinata e si complimenta per il lavoro. Chiede pure quanta legna abbia finora ricavato dalle Corone.
- Quasi 1200 quintali – rispondo – Comincio ad avere qualche problema di spazio sul piazzale dietro al capannone. Forse, quando arrivo alla cava, la accatasto là poi chiamo un grossista e gli vendo qualche carico completo.
– Padronissimo di farlo, ma chiunque entra deve avere il permesso scritto da me o dall’Esercito.

Lasciateci dormire!!!

venerdì 15 gennaio 2016