DIARIO DI BORDO
Il problema, o spinosa questione qual dir si voglia, era
nato tra il Capo –ovviamente- e OSCAR, il colosso grigio tigrato che frequenta
la nostra Colonia.
Il casus belii era stato l’ennesimo attacco ingiustificato del
prepotente ospite al povero POLVERE e al cucciolo ARTU’, tutti e due malmenati
selvaggiamente senza apparente motivo.
OSCAR è forse un gatto di proprietà che ha cominciato da
tempo a frequentare la nostra comunità, soprattutto all’ora del pasto, ancora
(il Capo tende a sottolinearlo) intero, ma non scommetterei un bocconcino di
mortadella sulla sua futura produzione ormonale.
Il Capo lo conoscete: spesso incazzereccio ma pronto a
difendere dai soprusi i piccoli e gli indifesi e già era intervenuto pesantemente
dopo i continui pestaggi a BERETTA, QUARK, ARCHIMEDE e pure AMELIA sentenziando il suo “Fuori dai coglioni, ignorante che non sei altro!”
Ma la diplomazia internazionale, prontamente intervenuta, abbandonando le sabbie mobili dove era impantanata in Medio Oriente, è riuscita
a ricomporre la situazione, oramai degenerata, e si è presentata in massa alla
nostra casetta durante la distribuzione del pasto.
Il Capo è rimasto un poco perplesso vedendo scendere dal
buxi 27 Ban ki Moon, Obama e Putin e sorpreso
quando ha visto che ad accoglierli al parcheggio del convento c’erano il Priore
e Papa Francesco con il primo che guidava la delegazione sul sentiero che
scende alla casetta.
I quattro, il Priore fungeva solo al ruolo di guida, hanno
cominciato le consultazioni con le controparti, subito interrotte quando si è
presentato un certo Renzi che, parlando di ripresa e gufi, ha rimediato una
scatoletta di Kitekat sul cranio lanciatagli con estrema precisione da
ORTICHINO.
Il “DDEEENNGG!” ha rimbombato a lungo tra le selve di Monte
Malbe.
Finalmente, dopo estenuanti minuti di trattative, si è
giunti all’accordo illustrato da Ban ki Moon nella sua lingua d’origine.
- Che minchia ha detto? – ha domandato il Capo a OSCAR.
- Ga no mi capito un casso… - ha risposto il colosso felino,
tradendo le sue origini venete.
- Dovete stringervi la zampa in segno di pace! – ha chiarito
Papa Francesco.
La stretta era il momento che OSCAR aspettava per
vendicarsi: in un baleno ha conficcato i suoi artigli nel palmo della mano del
Capo che, per rappresaglia, lo ha elargito di un secco nucchino* (traduzione al
dizionario perugino Wikidonca).
Un altro sonoro “DDEEENNGG!” si è intrecciato con quello
precedente all’altezza della Fonte del Romitorio di Monte Malbe, prosciugandola
per sempre.
PALLUCCHINO è intervenuto, dopo aver salutato e ringraziato
gli ospiti, illustrando in maniera chiara gli accordi raggiunti.
Da giorni il colosso aspetta fermo e composto la prima
portata del suo pasto leggermente discosto dalla casetta. Viene prontamente
servito dal Capo che lo accompagna al suo posto di ristoro, ancora più distante
dalla casetta. Finita la pietanza il tigrato torna vicino alla casetta e, con
fare educato, reclama una seconda porzione che immediatamente si materializza
su un nuovo piatto deposto vicino al precedente. Finito il lauto pasto ed
elargita la comunità del classico ruttino di gradimento il mastodonte abbandona
la Colonia lungo il sentiero personale che lo conduce alla sua tana nascosta
vicino alla troscia del contadino.
La pace, per ora, regna sovrana.
Almeno fino a quando il suo vicino di tana, l’istrice
ODOACRE, rimarrà in letargo.
Il colosso tigrato OSCAR in attesa della seconda portata |
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