domenica 3 gennaio 2016

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
8a puntata





L’editto del Sacro Lucumone di Monte Malbe che ordina il blocco della lettura sul Solarium a causa delle polveri sottili non è arrivato, approfittiamo di questo sprazzo di sole per continuare il nostro sporco lavoro: Maremma cane!

8
- E sia! – esclamo alla Bellona lunedì pomeriggio alla stazione del Corpo Forestale di Paese.
- Bravo. Ora devi darmi il tempo di preparare i documenti da firmare e appena fatto andiamo a fare una ricognizione a queste Corone.
- Prima mi offri una cena, dopocena compreso, poi firmo.
- Anche vendicativo…
Mercoledì sera ripetiamo l’uscita che, stavolta, si conclude nel migliore dei modi; quello sperato.
- Venerdì vieni alla stazione con i tuoi documenti e il certificato della Camera di Commercio a firmare. Poi facciamo un salto alle Corone – il suo saluto di commiato.
Giovedì mattina sono stremato, mi sento come un pollo disossato. Ne approfitto per un lavoro leggero alla collina del convento. Tiro giù solo castagni per farne pali. Un grossista me li paga duemila lire l’uno, gliene porto quarantacinque.
Il momento della firma del contratto di concessione non è proprio un momento, richiede l’intera mattinata. Una cosa che odio, perdere una mattina di lavoro per delle scartoffie. Lo faccio notare e vengo ricompensato con un tramezzino e un caffè per pranzo. Pranzare con un tramezzino o un panino è un’altra cosa che detesto. Sono abituato a tornare a casa e pranzare con i primi di zia, i secondi e i contorni sempre della parente acquisita e fare una bella pennica sulla poltrona o, se piove, direttamente a letto.
Le Corone già cominciano a propagare la loro maledizione.
Alle 15 siamo davanti al cancello della strada principale che sale alle Corone, più precisamente va alla cava. La Bellona mi ha fornito, clandestinamente, la mappa militare IGM delle Corone che riporta anche le varie strade e sentieri carrozzabili aperti ai tempi dell’occupazione americana. Ci sono pure segnalati i bunker, mai terminati, che dovevano servire come polveriera.
- E’ materiale riservato, corro un rischio a fornirtelo, vedi di non farci cazzate – mi ha ammonito.
La vista delle Corone da fuori la recinzione è allucinante. Un ammasso disordinato di vegetazione che si è mangiata pure la vecchia strada asfaltata. Neppure il cancello si riesce ad aprire completamente. Ma le colline sono maestosamente verdi di fogliame.
- Qui mi ci vuole un Caterpillar! – commento.
- Sicuro ti ci vorrà tanta volontà e dedizione – ribatte – La prima cosa che vorrei fotografare sono alcuni pezzi di strada sgombra e percorribile.
- Beh, se ci devo lavorare riattivare la strada è la priorità.
Facciamo il periplo delle Corone controllando, dove possibile, lo stato della recinzione. in alcuni punti sono stati aperti dei varchi. La Bellona prende appunti e comunica che farà eseguire le riparazioni da una ditta. Controlliamo anche gli altri accessi carrozzabili alle Corone. La situazione è peggiore dell’ingresso principale. In un accesso, però, manca il cancello e la carrareccia è rimasta un sentiero pedonabile con tracce di passaggio non recentissime.
- Qui bisogna far rimettere il cancello – osserva.
- Questo, forse, era l’ingresso privato alle Corone di Vampiro – commento.
- Che tu sappia – indaga – ora c’è qualche altro bracconiere che ha preso possesso di questa zona?
- Non lo so, ma non credo. Chi conosce la fama delle Corone le scansa.
- Trogloditi… - il commento mormorato – Comunque se dovessi avvistare qualsiasi movimento o sospettare presenza di estranei devi avvisarmi.
Annuisco.
Torniamo a paese e offro alla combriccola di tutori dell’ordine agroforestale un buon caffè all’unico bar.
- Ci vediamo stasera – il commiato della Bellona che, più di un saluto, sembra quasi una minaccia.
- Non le è piaciuto quello che ha visto – commenta Antonio – Soprattutto il cancello mancante.
- Che si aspettava, il giardino di Versailles?
- Non ti senti più ricco, stasera? – domanda Carla tra una forchettata di bucatini all’amatriciana e un sorso di bianco fresco.
- Perché ceno con te?
- No, tonto, hai il possesso ventennale di un gruppo di colline. Ma lo sai che valore in legna ci puoi ricavare?
- Quanto sono estese Le Corone?
- Quasi 90 chilometri quadrati.
- Boschi buoni, si può ipotizzare anche 1500 quintali per ettaro. Fai tu il conto che mi gira la testa.
Ci mette qualche buon minuto, facendo moltiplicazioni su moltiplicazioni ed impiccandosi con gli zeri.
- 13 milioni e mezzo? Un milione e trecentocinquantamila tonnellate? E’ possibile?
- Può essere – confermo – Ma considera che io dirado, non disbosco. E, comunque, più di 30, 40 quintali al giorno non posso portare via.
- Non ti bastano venti anni.
- A me bastano e avanzano. Se riesco a farci quattro, cinquemila quintali annui ho più di trenta milioni di lire di vendite. Aggiungici i tremilioni e l’appalto delle ferrovie.
- Più qualche lavoretto extra…
- Quelli li eseguo solo per fare un piacere agli amici.
Mentre stiamo a discutere di questi calcoli empirici si avvicina al nostro tavolo Dejan, il più giovane della banda dei macedoni.
- Ciao, Sorbo! Sempre a far conti! Stai calcolando quanto ti possono rendere Le Corone?
Lo osservo un poco meravigliato e replico.
- Non tutto quello che si penserebbe, Dejo! Sai la legna richiede un lungo processo di lavorazione e tanta fatica.
- Sarebbe stato meglio che avessi lasciato a noi la concessione. Ma, forse, la signora, per qualche oscuro motivo ha preferito te.
- Casi della vita, Dejo. Poi, mi risulta che non potete avere la concessione di un’area militare.
- Stupidi cavilli italiani.
- Vuoi dire che se vengo in Macedonia posso avere concessioni su terreni militari?
- In Macedonia non ti darebbero nulla, solo legnate, Sorbo. I macedoni sono gelosi del loro territorio e non amano gli stranieri.
- Come succede qua… Comunque non te la prendere. Considera che per diversi anni non avrete concorrenti per aggiudicarvi boschi in piedi. Anzi, se vuoi, posso partecipare alle aste offrendo meno di voi.
- Le Corone ci sarebbero piaciute – continua.
- Piccolo – interviene Carla – Mi sembra di aver chiarito già la situazione con il tuo capo clan. Ora, se non ti dispiace, stiamo cenando. Da soli.
- Mi perdoni signora. Ossequi.
Appena Dejo se ne va ammonisco Carla.
- Stai tranquilla con quelli. E’ gentaccia, bisogna lisciarli per il verso del pelo. Piuttosto scopri chi li ha informati. E’ qualcuno dei tuoi.
- Dei miei?
- Chi altri? Oggi abbiamo concluso. Io non ho parlato con nessuno, o sei stata tu oppure…
- Oppure qualcuno li informa di tutto. Ispezioni, controlli, lotti da aggiudicare. Quel qualcuno prenderà la mazzetta!
- Soldi? Non credo. Favori, sicuro. Hanno diverse mignotte che operano a Città. Quella, per un uomo, è la moneta di scambio migliore.
- Ma sempre a scopare state a pensare?
- Fai una piccola indagine e scopri il colpevole.
- Tu già lo sai chi è.
Annuisco.
- Lo sospetto.
- Parlami un poco di loro – chiede.
- Sono arrivati qua più di dieci anni fa. Non era tutta la tribù, solo Argan e altri due figli e le rispettive famiglie. Sicuramente al loro paese facevano i taglialegna, se ne intendono, sai!
- Ho visto da come riducono gli appezzamenti in affitto – commenta sarcastica.
- Forse perché al loro paese non hanno vincoli e i controlli di qua. In effetti sono dei barbari: non rispettano la vegetazione e partono dal presupposto che sul bosco che stanno tagliando loro non ci rimetteranno più le mani, tanto vale fare terra bruciata e tagliare tutto il tagliabile.
- E io li mazzolo di verbali!
- Sei sicura che, poi, questi verbali li paghino? Guarda, hanno molti agganci in città. Comunque, tornando a bomba – riprendo il discorso – appena arrivati non hanno creato problemi. Anzi, con babbo si scambiavano pure favori, non si vedevano come concorrenti. Poi è arrivato dalla Macedonia anche Stevan, il figlio più grande, e con lui i problemi.
- Perché?
- E’ lui il galeotto, voci popolari raccontano che lo abbiano liberato purché se ne andasse via, all’estero. Appena è arrivato ha subito capito che nella zona si potevano fare buoni affari.
- Con il legname?
- Anche, ma soprattutto con droga e prostituzione. E’ stato in galera e aveva gli agganci giusti per cominciare il traffico di eroina e marjua… come si dice? Beh, quella là! Ha importato diverse giovani mignotte dai paesi dell’est e ha fatto terra bruciata a Città, cacciando i vecchi spacciatori, o facendoli fuori, e i papponi che si erano spartiti il mercato del sesso.
- Sono tutti maschi?
- No, c’è anche Petra, l’unica figlia. E’ la peggiore di tutti. Gestisce la rete di mignotte da strada e appartamento e, dicono, se una sgarra la fa sparire nel nulla.
- Polizia e Carabinieri cosa fanno?
- Eheh! Intascano mazzette, usufruiscono di favori sessuali e qualche buona dose di coca. Poi vanno a rompere i coglioni a quelli che girano col sovraccarico sul camion.
- Ti è capitato?
- Due volte, due multe. Era il pickup, sull’Unimog posso portare 80 quintali. Il tuo predecessore, alla stazione di Paese, non era da meno. Prova a controllare se trovi un verbale elevato ai macedoni!
- Mi stanno sul cazzo – commenta.
- L’importante è che tu non stia sul cazzo a loro. Ricordalo.
- E tu? Hai accennato di aver avuto problemi con loro.
- Sì. Tra Argan e babbo c’è sempre stata una certa forma di rispetto, forse perché erano boscaioli tutti e due. Poi babbo è morto e i figli di Argan hanno cercato di stringermi il laccio al collo.
- Cioè?
- Prima, sapendo che stavamo, io e zia, in mezzo ai debiti hanno cercato di comprare la mia azienda per un tozzo di pane poi, visto che non ho ceduto, hanno cominciato a fare terra bruciata intorno a me. Compravano tutti i boschi in piedi disponibili e vendevano sottoprezzo la legna ai miei clienti.
- Come è finita?
- Sono ancora qua, e loro hanno smesso di vendere legna al minuto e sono tornati a rifornire solo grossisti con carichi completi. Ecco perché, sicuramente, le Corone gli fanno gola. C’è legna per conquistare il mercato del centro Italia.
- Qualcuno ti ha aiutato?
- Il Priore, per esempio. Poi anche gli abitanti di Borgo e Paese. Devo dire grazie a loro se ho ancora in mano la motosega.
- Uno dei motivi per cui non volevi la concessione delle Corone è questo?
- No, di loro non me ne frega un cazzo. Non mi fanno più paura. Le Corone, quelle sì, mi fanno paura.
Ci gustiamo il caffè e il fernet e quando stiamo per lasciare il locale Carla mi porge una busta di carta   – E’ per te – dice.
La apro e ne estraggo una foto che mi ritrae mentre sto sezionando il tronco del pino al piazzale del convento.
- Bella! – commento – Pensa, è la prima foto che ho mentre sto lavorando. Grazie ancora! – dico pieno di gratitudine – La metterò nella sala di casa con una bella cornice.
Vedo Carla contenta dell’apprezzamento.


Forse la neve bloccherà la lettura!

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