mercoledì 31 dicembre 2014

DISCORSO DI FINE ANNO 2014





DIARIO DI BORDO





Siamo riuniti, come di consueto, allo spiazzo della nostra casetta per ascoltare il rituale discorso di fine anno del Capo. Come tutti gli anni i Gatti della Reggia si sono uniti a noi e aspettiamo insieme le 11 del mattino, ora prevista per la cerimonia.
Alla Colonia non abbiamo mai capito perché, almeno ad anni alterni, il discorso non si tenga anche alla Reggia dove c’è più spazio e si potrebbe pure stare al coperto in caso di pioggia o neve.
E’ CANNIBALE, il Capocomunità della Reggia che svela l’arcano: il Capo teme di doverci offrire poi il pranzo e che qualcuno di noi faccia finta di tornarsene in Colonia e, invece, si nasconda per rimanere clandestino alla Reggia. Grazie della fiducia e della generosità!
Ore 11 in punto. Il Capo accende la sigaretta che scandirà la durata del suo discorso; finita la sigaretta, finito il discorso.
- Buon giorno a tutti e buon anno, sperando che il 2015 sia migliore di questo appena passato. Non ci possiamo, comunque, lamentare; malgrado ciò siamo ancora qui e, escludendo i deceduti e i malconci, tutti in buona salute.
Automaticamente tutti noi ci tocchiamo con la coda le parti intime, senza farci accorgere.
- A dispetto della nostra Italietta e dell’Europa il nostro PIL (Pulciosi In Loco) è cresciuto a cifra doppia anche quest’anno, sintomo che la politica di semplicità e frugalità è decisamente migliore dell’austerità da tanti professata. Certo, a differenza del nostro stato, qui nessuno ruba! A proposito di ladri: non vedo INTREPIDO.
- Due anni e tre mesi per il furto del tir della Gourmet Gold! – risponde sua sorella ALICE – Sarebbe il caso di portargli in carcere anche un pensierino comune e licenziare il nostro avvocato.
SERPOTTO la guarda in cagnesco e promette: - La prossima volta punterò direttamente all’ergastolo!
- Silenzio! – riprende il Capo, mentre la sua sigaretta è quasi giunta alla fine – Per questo nuovo anno non sono previste nuove tasse, ulteriori tagli alla quantità e qualità del cibo ma rimangono obbligatorie l’antipulci mensile e le visite dal veterinario in caso di necessità. L’unica esortazione che vi faccio è quella di cagare dentro le cassettine igieniche, per i gatti della Reggia, e fuori dal recinto della Colonia, per i residenti qua. La sigaretta è finita e pure questa farsa e immane rottura di coglioni. Andate in pace e smettete di rompere le scatole alle pecore del contadino, che si è lamentato già tre volte.
Dopo il rompete le righe il Capo va alla Panda a prendere un nuovo pacchetto di sigarette e dai vari crocicchi che si formano esce un unico tema di conversazione: quest’anno non si farà il Cenone alla Reggia e tra tutti i Gatti di Monte Malbe regna il malcontento.
- Ragazzi – li richiamo – l’anno passato gli avete distrutto mezza casa e saccheggiato la dispensa e il mobile bar. Non vi preoccupate, abbiamo già organizzato qualcosa al parcheggio sterrato!
Uno scroscio di applausi e numerosi ‘EVVIVA!’ echeggiano tra i castagni del bosco.
Il capo torna e chiede il perché di tanto entusiasmo.
- Gli è piaciuto il tuo discorso – lo blandisco.

Inizia la transumanza dei Gatti della Reggia verso la Colonia Nuova
per l'attesissimo Discorso di Fine Anno del Capo

martedì 30 dicembre 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
20a puntata




- Cosa c’è di meglio, con la prima neve caduta a Monte Malbe, per chiudere in bellezza l’anno al calduccio della nostra casetta? – chiedo al popolo felino.
- Una partita a Monopoli!
- Una sfida a Risiko!
- La tombolata con le crocchette al posto dei fagioli!
- Cantare cori alpini!
- Stupidi! La lettura di un altro capitolo del capolavoro massimo di Favio Bolo!
Noto che in diversi escono dalle gattaiole e vanno a bagnarsi i piedi, e a prendersi qualche malanno, dietro i tronchi di castagno.
- Idioti, venite qua! – li rimprovero – Prima lo finiamo e prima ce lo togliamo dalle palle! Mica vorrete passare anche la prossima estate a leggere simili idiozie sul tetto (pardon, Solarium) della casetta?
I fuggiaschi rientrano,  scuotono dalle zampe la neve, ed ha inizio la lettura.

24

Scopro che la nuova vita è abbastanza pallosa. Fare il pensionato quando sei nel fiore degli anni significa che ti devi inventare qualcosa per passare il tempo. Ci provo: lettura, lunghe passeggiate disintossicanti, ma la cosa che mi occupa più tempo è la ristrutturazione del mio convento a Migiana.
E’ fonte di contrasti, anche sanguinolenti, con Antonella. Lei mi vorrebbe cittadino, sempre rinchiuso nel suo cazzo di miniappartamento, dove si sta stretti da soli, figuriamoci in due!
Io ho cominciato ad apprezzare la pace e la tranquillità del piccolo borgo medievale. Sono in una comunità, anche se composta soprattutto da anziani, con tutti i benefici che ne conseguono. E sono pure a pochi minuti di auto dal paese che fa comune e una mezz’ora dalla “megalopoli” Perugia.
Antonella ha ostacolato con tutte le sue forze la mia decisione di vendere l’appartamento perugino che ho ereditato dalla zia e continua ad opporsi ad una mia permanenza nel borgo.
Vorrebbe sposarsi (in chiesa!), fare due o tre mostriciattoli (di cui ha già scelto i nomi di battesimo, che evito di riportare perché sono nomi che non metterei neppure a un cane) e vivere felici e contenti in un nuovo appartamento, possibilmente in zona residenziale alla periferia della metropoli.
A proposito di cane! Quello sì che mi piacerebbe adottarlo! Quello che ho letto nel diario di Giorgio, sul suo rapporto con Pogo, ha stimolato la mia fantasia.
Ne ho parlato con Antonella che ha minacciato di lasciarmi.
-O me o il cane! - il diktat.
Ci ho fatto un pensiero profondo, potrebbe essere la classica soluzione dei “due piccioni con una fava” e ho chiesto pure consiglio a Serena.
Serena è rimasta entusiasta del mio desiderio di adottarne uno poi, però, ha cominciato ad elencarmi tutti i problemi a cui sarei andato incontro nel tenere un cane.
-Te lo dico da amica; non tutti si rendono conto dell’impegno che costituisce un animale domestico. Il cane, poi, se lo vuoi tenere come deve essere tenuto ha bisogno della tua presenza. Non puoi lasciarlo solo per giorni.
Lo dice riferendosi all’insana abitudine che ho concesso ad Antonella per smorzare gli attriti. Durante la settimana mi trasferisco nel suo appartamento, a fare il marito part-time, dal venerdì alla domenica si sta insieme a Migiana. Meglio dire: si sta insieme litigando a Migiana. Forse Antonella non è compatibile con la vita tranquilla.
Rinuncio al cane ma cambio l’auto. Non che ci sia uno stretto rapporto tra le due cose ma, sognando il cane da portarmi sempre appresso, avevo già deciso che l’utilitaria acquistata non sarebbe stata l’auto ideale. Compro una vecchia, ma non tanto, Range Rover dal medico condotto di Migiana. E’ rimasto vedovo e non vuole tenersi due auto.
-Consuma come una troia e ti dà più problemi di un’ amante, - il suo commento, quasi a scoraggiarmi del passo che voglio intraprendere.
Ma mi piace, è spaziosa e comoda e… uno sfizio me lo dovrò pur togliere!
Me la cede per una stronzata: -Non hanno più valore nel mercato, - dice in un impeto di onestà.
Il problema arriva subito: Antonella.
-Tremila Euro per un’auto vecchia di dieci anni? Poi… quel cassone? Potevi comprarti un vero SUV, nuovo, con tutti gli optional e nero!
Capisco di aver preso quello che fa per me.
Auto, cane, passeggiate… comunque qualcosa mi manca: l’azione, le indagini, i SIG.
Comincio a rendermi conto che sono vecchio e inutile, come la mia nuova auto, e forse valgo meno di tremila Euro.
Ma un sabato un fulmine mi riporta a vivere.
Come tutti i sabati si va a fare spesa insieme all’ipermercato: un esborso e una rottura di coglioni incredibili.
Si riempie il carrello di ogni possibile stronzata che occuperà spazio nel frigorifero finché non sarà gettata nella spazzatura perché scaduta. Si ammirano le vetrine dei soliti negozi che trovi dappertutto e vendono tutti la stessa cosa: merda al minor prezzo possibile. Si fanno interminabili code alle casse e raccolta di punti e bollini per prendere, a pagamento (ma con lo sconto), oggetti praticamente inutili.
E’ in queste attese snervanti alle casse che i miei occhi cominciano a notare una cosa: delle monetine, piccole e di infimo valore, a terra, perse da distratti o frettolosi. Le prime volte soprassiedo a chinarmi per raccogliere il centesimo o i cinque centesimi di Euro: mi vergogno. Poi, sabato dopo sabato, notato che le monetine perse sono una consuetudine comincio a fare piegamenti e raccolta. Da cosa nasce cosa; camminando per le vie e le strade, o dentro i parcheggi o nelle aree di servizio, spesso noto altre monetine smarrite e comincio a raccoglierle. E’ incredibile come la gente se le perda!
Tornando al sabato incriminato, finito di fare la spesa e la coda alla cassa più lenta (come sempre) delle trenta dell’ipermercato sto sistemando le provviste dentro il capiente bagagliaio della Regina (le Range Rover amano essere chiamate così). Mentre sto riportando alla postazione il carrello, gesto per cui mi offro sempre volontario così mi riprendo il mio Euro e controllo se a terra ce ne sia qualcuno perso, Antonella mi chiede: -Ti sei convertito?
La guardo perplesso e vedo che tiene in mano una scatoletta di croccantini per gatti.
-Che significa? - chiedo indicandogliela con un gesto del capo.
-Me l’ha consegnata un ragazzo: dice che l’hai lasciata alla cassa.
-No. Non ho comprato croccantini per gatti. Li hai forse comprati tu?
-Neppure io, - risponde.
-Rendili.
Antonella si guarda intorno.
-E’ sparito.
-Pazienza, - dico. -Con quella tribù di sacchi di pulci non andranno certo sprecate.
A casa comincio a distribuire i vari pacchi e pacchetti nella dispensa e nel frigorifero. Antonella prende un piatto di plastica e ci versa il contenuto della scatoletta.
-Toh! - esclama. -C’è un foglietto dentro.
Mi mostra un piccolo foglio quadrato ripiegato in quattro. Lo apre.
-Ho finito la ricerca sui treni svizzeri, ma ho bisogno di aiuto. Chiamami da un telefono pubblico allo 38599321790. Stasera alle 21. Ken - legge ad alta voce.
Mi cade la carta igienica dalle mani e mi giro verso Antonella con la bocca aperta dalla sorpresa.
-Cosa significa? - chiede.
-E’ finita la pace, ricominciano i problemi - rispondo.
-Chi è Ken?
-Non lo conosco.
-Sarà uno scherzo - replica appallottolando il foglio per gettarlo nella spazzatura.
-Ferma.
-Andrea… cosa succede?
Raccolgo la pallina di carta e la stiro sul tavolo. Rileggo quello che c’è scritto sopra.
-Stasera lo chiamo.
-Chi?
-Ken.
-Ma se non lo conosci!
-Silenzio.
Magari! Comincia una litigata biblica, sicuramente la più cruenta fatta a Migiana. Termina solo quando Antonella, incazzata col mondo e col sottoscritto, se ne torna a Perugia sbattendo il portoncino di casa.
Anche i gatti si sono spaventati, sono fuggiti da tutte le parti.
Prendo il piatto con le crocchette e glielo appoggio fuori.
Mi preparo un caffè e accendo una sigaretta: ora posso pensare come risolvere questa nuova e imprevista situazione.
Alle 21 sono in un bar poco fuori Perugia. Ha il telefono pubblico. Compongo il numero telefonico indicato sul foglio. Mi risponde subito una voce maschile.
-Ciao Gatto! Ho bisogno di parlarti.
-Io no.
-Sono nei casini. Per colpa tua. Mi stanno addosso.
-E’ tutto finito Ken. Scappa via, tra qualche anno si dimenticheranno della tua esistenza.
-Non posso aspettare qualche anno. L’aiuto mi serve ora.
-Che aiuto?
-Dobbiamo parlare.
-Di cosa?
-Zanzara.
-Dove sta?
-Dove l’hanno portata i tuoi compari. Forse dentro un pilone di cemento o sepolta in una discarica.
-Cazzo!
-Aiutami… ti prego!
-Ci devo riflettere. Ti chiamo domattina alle 9.
Click.
Come da copione, la notte non dormo un cazzo. Penso e ripenso a Ken e all’ipotesi che possa essere una trappola ben congegnata per farmi scoprire. L’istinto di sopravvivenza mi consiglia di lasciare perdere. Ma sapere della fine di Zanzara mi ha scosso. Dentro me avevo immaginato che le fosse successo qualcosa, ma ho sempre sperato di sbagliarmi e che lei avesse intuito il pericolo, fosse fuggita e scomparsa per sempre.
Comunque è scomparsa per sempre…
Alle 9 in punto chiamo Ken da una cabina telefonica.
-Eccomi - esordisco. -Di cosa hai bisogno?
-Devo nascondermi fino a che non riesco ad organizzare una nuova fuga all’estero.
-Non posso ospitarti.
-Un appoggio qualsiasi, dove credi sia più sicuro: non ho problemi. Ti devo pure parlare.
-Di cosa?
-Di quello che è successo tre anni fa.
-Quello è morto e sepolto, ormai.
-Come Zanzara…
Rifletto qualche istante.
-Sai dove sta Carpaneta?
-No. Qua vicino?
-Più o meno. Ti aspetto là oggi, alle 16.
-Ci sarò… ma non fare scherzi.
Click.

LITTORINA ha dimenticato di mettersi le catene

domenica 28 dicembre 2014

VECCHI, INDIMENTICATI AMICI

TORPEDO

TORPEDO, il micio che col suo sacrificio supremo, il 19 agosto 2010, mise la parola fine alla Crociata Antifelini indetta dagli abitanti del convento di Monte Malbe.
Fu l’ultimo di un numero impressionante di gatti trovati investiti o svaniti nel nulla durante il periodo buio della Colonia.
Il solito piccolo, inutile e stronzo fraticello un pomeriggio lo inquadrò dall’auto che stava guidando e lo schiacciò senza pietà, proprio sopra la Colonia Nuova, quando eravamo in tempo di tregua.
Ma stavolta gli andò male: c’erano dei testimoni che si premurarono subito di avvertirmi, spiegare l’accaduto e rimanere a disposizione per un’eventuale denuncia corredata con un paio di foto scattate dal telefonino di uno di questi.
Non sporsi denuncia, oramai la guerra era vinta. Ma andava vinta alla mia maniera, dopo tante angherie e soprusi da parte dei ‘religiosi’.
Mi limitai a mandare l’ennesima mail al grande capo dell’ordine religioso che risiede ad Assisi per avere il suo consiglio: faccio denuncia e do in pasto il tutto ad un paio di giornalisti amici, o ci pensa lei a risolvere la questione nei tempi dovuti? (diciamo sette giorni)
Come le altre mail inviategli per sensibilizzarlo sulla situazione a Monte Malbe non ricevetti risposta, segno che l’educazione è cosa soggettiva, ma le classiche vie traverse  con cui ci si scambiava notizie comunicarono, dopo due giorni, che il piccolo peto umano veniva trasferito.
L’ambasciatrice gradiva una mia risposta da riportare a chi di dovere.
Arrivò pronta: - Cinque giorni.
Allo scadere del quinto giorno dell’ultimatum fu data la comunicazione ufficiale del trasferimento del vigliacco durante la messa più importante della domenica.
In diversi si presentarono alla Colonia per comunicarmi la lieta novella, che già conoscevo. Tra questi anche la solita ambasciatrice, in attesa di una mia parola di pace. 
- Due giorni – dissi.
Con puntualità vaticana il piccolo pezzente partì con le valige in mano verso un nuovo convento dopo due giorni.
I problemi a Monte Malbe finalmente cessarono lasciandomi un qualcosa dentro di indefinibile e un fondo di astio che non riesce a colmarsi.
Il piccolo TORPEDO era un gatto solare, come suo fratello ACHILLE, purtroppo già menzionato in questa rubrica.
Gioioso, coccolone e scavezzacollo. Così lo voglio ricordare, mentre chi comanda la congrega dei predicanti non ha ricordato l’insegnamento e, dopo tre anni, ha rimandato a Monte Malbe chi non avrebbe dovuto (con un’ulteriore dote di due denunce ricevute per altri problemi).
La piccola nullità, appena tornata si è premurata di scendere alla Colonia Nuova a lanciare minacce.
Visto che ormai si viaggia in piena illegalità, per evitare altri inutili sacrifici, ho elargito un prezioso consiglio sulla propria salute al nanetto.
Sembra che l’abbia raccolto, non abbiamo avuto più problemi da lui.
Potere della parola giusta, finché basta…

Il piccolo TORPEDO ancora alla Colonia Vecchia
- Luglio 2009 - 

giovedì 25 dicembre 2014

UN ALTRO NATALE





LA CUCCIA DEL CAPO





Un altro Natale è passato, per fortuna.
Come solito personalmente ho ricevuto pochi, ma graditi, regali e mi sta bene così; detesto veder sputtanare soldi in pensierini.
Ma quest’anno una cosa mi ha colpito: ricevere numerose buste e pacchi per i randagioni della Colonia, in qualità di amministratore dei loro beni materiali.
Scatolette di tutti i tipi e le qualità, crocchette per ogni tipologia di gatto, preziosissime copertine di pile e qualche ciotola sono arrivate da amici, conoscenti, simpatizzanti e anonimi donatori.
La cosa mi ha riempito di gioia e buonumore, pensare che con l’aria che tira nelle nostre tasche qualcuno abbia fatto un piccolo/grande sforzo pensando anche a loro.
A nome dei pulciosi della Colonia Nuova di Monte Malbe
                                              GRAZIE e AUGURI!

Le scatolette sono finte, andate in pace!

mercoledì 24 dicembre 2014

AUGURI! (bis)

CANNIBALE e gli inquilini della Reggia vi augurano
BUONE FESTE!

AUGURI!

TAZZA e i suoi sudditi della Colonia Nuova di Monte Malbe vi augurano
BUONE FESTE!

MA CAPO...





DIARIO DI BORDO





- Ecco! Come al solito non ci avete capito una sega!
- Ma Capo… - ribatto.
- Ma Capo, un cazzo!
E’ indiavolato, fuori di se. Eppure credevamo di fargli un bel regalo natalizio. ARCHIMEDE, il latin lover della Colonia, aveva assicurato che il Capo avrebbe gradito e sarebbe rimasto estremamente soddisfatto della sua geniale trovata per seppellire di ridicolo il regalo di Natale che i senzatetto della Colonia di Piscille gli avevano già fatto e che lui aveva sbandierato ai quattro venti e ce lo aveva pure rinfacciato.
- Con questa andiamo sul sicuro! – la soluzione di ARCHIMEDE.
Invece…
- Vorrei sapere cosa cazzo vi passa per la testa – continua la sua sfuriata il Capo – Secondo me sono gli aromi che mettono dentro alle scatolette che vi mandano il cervello in pappa!
- Ma Capo… - stavolta è EMILIA, che viene fulminata da un’occhiataccia del nostro umano.
- Dei mentecatti – continua imperterrito – degli idioti con pulci e coda a piede libero, dei rincoglioniti senza possibilità di recupero… siete!
Finalmente se ne va, sale alla fontanella per prendere l’acqua per le nostre ciotole.
- Bel cazzo di casino hai combinato! – rimprovero ARCHIMEDE – Già era in pieno putrido pre natalizio…
- Ma che ne so! Io ho seguito le istruzioni di quel sito porno per gli umani. Bella topa (o sorca) uguale avvenente e seducente micia. Eh! Poi… meglio una conturbante micia viva che una bella topa morta!
- Sì, ma hai sbagliato qualcosa – replico – Sss… eccolo che torna. Speriamo gli sia passata.
- Dove è andata? – invece chiede sgarbatamente.
- Beh, si è nascosta; l’hai spaventata con tutti quegli strilli! – lo rimprovera PINELLA, l’unica che può.
- Già! Adesso la colpa è mia! – ancora incazzatissimo.
- Scusa Capo – di nuovo PINELLA – c’è stato un piccolo equivoco dovuto ai vostri termini umani sempre pieni di doppi e tripli significati. Non ne abbiamo colpa, dovreste essere solo un poco più semplici quando parlate e scrivete.
Comincia ad uscirgli il fumo della sigaretta dalle orecchie, anziché dal naso, come solito.
- Pensavamo di farti un gradito regalo di Natale. L’abbiamo vista che vagava spaesata e spaventata qua sotto e abbiamo subito pensato a te e al tuo regalo.
- Grazie – fa scocciato.
- Poi – ancora PINELLA – l’hai vista che musino adorabile? Che tenero batuffoletto?
- Sì, un tenero batuffoletto che soffia e ringhia!
- Colpa tua: l’hai spaventata. E’ un gioiellino, una miniatura una deliziosa… pistolina. Sì! E’ proprio una pistolina!
- Già, BERETTA! – ribatte stizzito.
Inconsapevolmente PERONI aggiusta tutto, manco avesse la bacchetta magica.
- Bravo Capo! BERETTA! Bellissimo nome! Bravissimo!!!
E giù uno scroscio di applausi che sorprende il nostro umano.
- BE - RE - TTA! BE - RE - TTA! BE - RE - TTA! – scandiscono in coro gli altri randagi della Colonia.
- Va bene, va bene! – replica oramai arreso – Come non detto: BERETTA. Ma… cazzo, con tutto quello che offre il pianeta proprio una gattina di tre mesi dovevate regalarmi? Sia ben chiaro a tutti: BERETTA rimane in Colonia con voi, non pensate che me la porti alla Reggia!
Se ne va dopo aver finito tutte le faccende e ci saluta.
Da dietro un tronco di castagno spunta il musino di BERETTA che scruta timorosa le nostre azioni.
- Vieni pure – le dice LIRA – Benvenuta tra noi!


PINELLA ha un grande ascendente sul Capo

lunedì 22 dicembre 2014

CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe

Raddoppiata la guardia alla pentola con la pasta
per i randagioni della Colonia
RINGO e DASH

CHE TOPA!






LA CUCCIA DEL CAPO





Non per rinfacciare ai Signori Gatti di Monte Malbe, abitanti della Colonia Nuova ed inquilini della Reggia, ma stamattina ho ricevuto il primo, gradito, regalo di Natale.
Gli amici randagi della Colonia del Cimitero di Piscille si sono prodigati per farmelo trovare pronto appena arrivassi con il loro pasto.
Erano pure mortificati perché tra i vari mazzi di fiori e le corone degli ultimi funerali non avevano trovato uno straccio di nastro rosso per farci il fiocco.
Li ho ringraziati, commosso, ho riposto il loro gentile pensiero e sono passato ad aprire le agognate scatolette.

Grazie amici!

Il prezioso dono
Il Capocolonia CLODOVEO, consegnatario ufficiale del dono.

sabato 20 dicembre 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
19a puntata




- Ragazzi, oggi state attenti: questo è un capitolo decisivo! – comunico ai numerosi presenti prima di iniziare la lettura.
Noto subito un clima di estremo interesse.

23

Controllo il contenuto della busta indirizzata allo studio notarile estero. Silvia non l’ha ancora chiusa e ci ha lasciato vicino la sua agenda dove ha scritto, verosimilmente, tutta la notte. Do una sbirciata al poema ma la calligrafia è minuta, alcuni termini sconosciuti e non vorrei che Silvia, svegliandosi, mi peschi con le dita dentro al vaso della marmellata. Soprassiedo. Poi ci ripenso. Dopo appena tre pagine lette con fatica rinuncio. Vado a svegliare la bella addormentata con un caffè bollente. Le buone azioni sono sempre ripagate. Dopo il caffè decide di trastullarsi alcuni minuti con il Prode Anselmo, che sentitamente ringrazia con qualche fuoco d’artificio.
Alle 9 in punto siamo al supermercato di Borgo San Lorenzo. Silvia si avvicina ad un uomo che non conosco e ci scambia 2 parole che non comprendo.
-Immortalate?-
-Un intero rullino. Da quando sono scese dalla loro automobile.-
-Anche la targa?-
-Certo.-
-Perfetto.-
La vedo prendere dalla mano dello sconosciuto un rullino fotografico, di quelli che si usavano quando ancora le macchine fotografiche non avevano bisogno di un computer. Lo inserisce dentro la busta che sigilla e contrassegna con una firma sul bordo di chiusura. La mano dello sconosciuto rimane protesa e riceve un fascio di carte da 50 Euro.
Perplesso mi guardo intorno e incrocio lo sguardo di Serena che ha notato lo scambio di denaro.
Poi Silvia passa la busta ad una guardia giurata che sta aspettando vicino ad una cassa. Il vigilantes le porge un blocco, Silvia lo firma e riceve un foglio in cambio. Altro passaggio di mano di diverse banconote da 50 Euro. La guardia giurata saluta e se ne va.
Mi volto verso Serena: sta ancora osservando attentamente quegli strani movimenti vicino alla cassa.
Le faccio un cenno di saluto, mi risponde con uno sguardo cupo, quasi di rimprovero.
Finito di elargire soldi a destra e manca Silvia mi richiama all’ordine.
-Sbrigati! Siamo in ritardo.-
-Per cosa?-
-Abbiamo un appuntamento.-
-Con chi?-
-Con chi è pagato per farci la pelle.-
-E noi… ci andiamo?- faccio sorpreso.
-Certo, caro! Si va a vincere questa partita. Su, veloce!-
Mentre siamo in auto la vedo armeggiare col telefonino.
-Buongiorno, Ottavio! Tutto a posto, grazie. Come sempre sei affidabile e prezioso. Assicurati del buon esito della consegna. Alle 13 sono all’aeroporto. Ci vediamo là.-
Fa una seconda telefonata.
-Scusate il ritardo ma abbiamo trovato traffico. Tra 10 minuti vi raggiungiamo.-
-Sicura di quello che stai facendo?- le domando.
-Zitto e guida.-
Arriviamo al Gran Caffè Leone alle 9 e mezza. Non c’è posto per parcheggiare la Land.
-Lasciala là.-, Silvia mi indica un posto per disabili vuoto.
-Non si può-  ribatto.
-Mettila là e non ti preoccupare- replica.
-La multa la paghi tu!-
Entriamo nel lussuoso bar e ci accomodiamo in una saletta.
Silvia lancia un sorriso delizioso e saluta: -Buongiorno. Scusate il ritardo.-
Faccio per salutare pure io ma rimango a bocca aperta, come una bambola gonfiabile.
Alla fine riesco a farfugliare: -Buongiorno, fanciulle!-
-Buongiorno a te, Giorgio- risponde Agata.
-Le conosci?- mi investe Silvia con lo sguardo di fuoco.
-Certo! La carabiniera e la forestale: mi hanno fatto da angeli custodi, nelle ultime 48 ore.-
-Ahhh!- prosegue Silvia. –Già vi siete calate nella parte?-
Francesca le risponde con uno sguardo perplesso.
-Allora,- ancora Silvia accomodandosi sulla sedia –questo è quello che volevate- appoggia la busta gialla sul tavolino. –Ma c’è un piccolo cambiamento.-
Francesca, mentre afferra la busta: -Quale cambiamento?-
-Punto 1: alcune foto e documenti originali me li sono trattenuti. Punto 2: là dentro troverete solo un distintivo. Uno va a fare compagnia alle foto e ai documenti.-
-Non erano questi i patti-, interviene Francesca. –Noi vogliamo tutto.-
-Le foto, il distintivo, una copia del cd di Ardenzi e un memoriale scritto di mio pugno su quanto successo a San Gerolamo nel 1944 sono in viaggio per l’estero. Saranno custoditi da una mia persona di fiducia che, nel caso in cui succedesse uno strano incidente che coinvolga me o Giorgio, è autorizzata a diffonderlo alle maggiori agenzie stampa del pianeta.-
-Non possiamo accettare questo!- replica ancora Francesca.
-Sicuro?- la interroga Silvia. –Provi a sentire cosa ne pensano a Roma. Intanto ci prendiamo un caffè. Me lo può ordinare, signorina?- fa rivolgendosi ad Agata.
Francesca si allontana da noi col telefonino in mano. La vedo parlare mentre si nasconde la bocca con una mano.
Bevo il caffè e lancio uno sguardo alla Land scostando una tenda della vetrata.
-Cazzo, i vigili!-
Faccio per alzarmi ma Silvia mi blocca.
-Rimani seduto: ci pensa lei- indicando Agata.
Francesca ha terminato la sua telefonata. Fa un cenno ad Agata che si allontana ed esce dal locale.
Sbircio dalla vetrata per vedere cosa succede. Agata interrompe il lavoro della vigilessa mostrandole un distintivo e dicendole qualcosa. Il tutto funziona, la vigilessa ripone il blocco delle multe dentro al borsello e se ne va.
Appena torna nel locale e si siede al tavolo Silvia detta le sue condizioni.
-I nuovi accordi sono questi: manterrò il più assoluto riserbo sulla faccenda solo nel caso che non vengano fatte pressioni o minacce a nessuno di noi 2. Non voglio altro. Del materiale fa parte anche un intero rullino fotografico che vi ritrae mentre arrivate qua e ci state aspettando. Questo per informarvi che non siete esenti da pericoli.-
Francesca è costretta ad alzarsi ancora dalla sedia e fare un’altra telefonata. Questa dura qualche minuto in più della prima.
-A Roma dicono che si può trattare- ci informa, raggiungendoci al tavolo.
-A Roma non hanno capito un cazzo- la secca risposta di Silvia. –L’unica che posso trattare sono io. E non certo con Roma, ma con chi sanno.-
Altra telefonata. Altra attesa. Altro caffè. Mi rompo le palle ed esco dal locale per fumare una sigaretta. Noto una cosa strana. Ben 3 auto sono parcheggiate con qualcuno a bordo tra il viale e la piazza dove si trova il bar. Un solitario occupante di una di queste auto fa finta di leggere il giornale. Faccio 2 passi e, fermandomi a una vetrina di un negozio di scarpe, dal riflesso noto che mi sta osservando.
Quando rientro nel locale trovo le 3 donne che stanno discutendo tra loro, ma in maniera pacata.
-Fatto tutto!- mi informa Silvia.
-Mi aiuta col soprabito?- chiede ad Agata che, molto gentilmente, la assiste ad indossarlo e glielo accomoda sul collo e sul davanti, ritirando su il foulard.
Mi sembra di stare in un negozio di abbigliamento.
Silvia la ringrazia con il suo magnifico sorriso e ci dirigiamo verso l’uscita.
Ultima botta da vera signora: Silvia paga tutte le consumazioni e saluta educatamente.
-Ciao, belle!- mi adeguo.
In auto ritorna del solito umore premestruale.
-Buongiorno, fanciulle! Ciao, belle! Ma hai capito che quelle stavano per dare l’ordine di ammazzarci!-
-Veramente non ci ho capito un cazzo di quello che sta succedendo.-
-Meglio così. Comunque la devi smettere di fare il cascamorto con tutte!-
-Io?-
-Tu. Ho visto come guardavi la Francesca, non ci provare…-
-Ti assicuro che…-
-Invece la biondina la dobbiamo invitare , una sera.-
-Perché?-
-Non ti sei accorto della palpata che ha dato alle mie tette? A quella piace fare il maschietto.-
-Mah…-
Non vedo l’ora di scaricarla all’aeroporto.
Il telefonino la avvisa che è arrivato un messaggio.
Lo legge e la vedo sorridere (finalmente).
-Cosa succede?-
-Nuovo caso in arrivo. Cliente danaroso.-
-Chi  ha ucciso?-
-Idiota…- e ritorna del solito umore cupo. –Comunque-, prosegue, -tutto si è svolto secondo i miei programmi. Ora solo tu hai un compito. E lo devi assolvere.-
-Cioè?-
-Dimenticare tutto. Cancellare ogni traccia dalla tua mente di questa storia. Tu non hai trovato le monete romane e nulla è successo. Sono scomparse anche le uniche prove materiali.-
-Dimentichi Ardenzi e il Maestro.-
-Il Maestro è un malato terminale, poi conosce solo una parte della storia: quella non pericolosa. Ardenzi ce l’hanno “loro”. Non credo sia arrivato in carcere vivo.-
-E tu?-
-Io ho già dimenticato tutto- replica con il piglio di una zitella acida.
?
Accendo Random: il lettore cd, unico lusso concessomi nella Land, per farmi un po’ di sana compagnia.
Mentre Frenki Ai Energi (o qualcosa del genere) sta cantando la sua “Quelli che ben pensano” l’incazzata mi investe.
-Ma che musica di merda ascolti?-
-La musica che mi piace. Nella mia auto. Perché la prossima settimana non ti prendi un po’ di ferie e vai a sciare?-
Si irrigidisce.
-Non mi piace sciare. Cosa significa?-
-Vorrei starmene un po’ da solo.-
-Giorgio… cosa succede?-
Random, che ha il vizio di farti ascoltare le canzoni registrate scegliendole a cazzo e non secondo l’ordine di posizione, comincia a diffondere “Miss Sarajevo”.
E’ uno di quei brani che vanno ascoltati in religioso silenzio, anche Silvia lo sa. E tace, sfruttando quei preziosi minuti per imbastire l’arringa di difesa.
Ma Random è perfido, maligno e alleato del sottoscritto. Terminate le note del capolavoro lancia un micidiale siluro, come un U-Boot tedesco nell’Oceano Atlantico: Franco Battiato e la sua versione di “Insieme a te non ci sto più”.
-Insieme  a te non ci sto più
guardo le nuvole lassù
cercavo in te la tenerezza che non ho
la comprensione che non so
trovare in questo mondo stupido.
Vedo la petroliera inglese incassare il colpo e vacillare.
Quella persona non sei più
quella persona non sei tu…-
La petroliera sbanda vistosamente. Il timone non risponde. Imbarca acqua e perde lacrime dagli occhi.
-… io cerco boschi per me
e vallate col sole più caldo di te…-
Comincia ad affondare e lancia il suo disperato My Day.
-Giorgio… non essere precipitoso… ne dobbiamo parlare con calma…-
Risponde per me Franco Battiato.
-Arrivederci amore ciao
le nubi sono già più in là
finisce qua
chi se ne va che male fa.-
-Giorgio… abbiamo tempo. Ora rilassiamoci: abbiamo passato una brutta esperienza.-
Parcheggio al piazzale dell’aeroporto e le prendo la valigia senza proferire parola.
-Giorgio… -
Oramai l’acqua ha allagato la sala macchine e l’incendio scoppiato ha avvolto la petroliera che si è inclinata.
-Giorgio…-
La nave si spezza in 2 appena superato il cek-in la barriera col metaldetector.
La saluto facendole “ciao, ciao” con la manina.
Sulla superficie dell’acqua rimangono una grossa chiazza di petrolio e alcuni rottami.
Passo al bar a farmi di caffeina per alleggerire la tensione.
Il caffè fa più schifo di quello liofilizzato.
Appena fuori dal fabbricato accendo una sigaretta e comincio a riflettere sulla mia situazione.
-Basta! E’ ora di cambiare vita!- dico tra me.
E lo comincio spegnendo la sigaretta appena accesa a terra, sotto gli occhi severi di un addetto alla pulizie. Sorrido imbarazzato e al primo cestino che incontro ci getto tutto il pacchetto. Salvo solo l’accendino, che può sempre servire. Mentre lo infilo in una delle diecimila tasche del mio gilet sento uno strano bozzo. Lo prendo e tiro fuori la scatolina verde con l’anello etrusco che volevo regalare a Silvia.
-Azz! Mi sono dimenticato…-
Poi, ripensandoci, credo che non abbia senso regalare un anello a una che hai mollato un attimo prima.
Me lo tengo.
Ma un campanello mi suona dentro la scatola cranica.
E’ una pesante prova di tutta la faccenda che ha incasinato la mia vita negli ultimi tempi. Non so quanto sia igienico conservarlo. Butto l’occhio al cestino dove ho gettato le sigarette ma decido che dopo 2000 e passa anni l’anello non merita quella fine. Cerco di organizzare un pensiero su come risolvere il problema. Torno al cestino, tiro fuori il pacchetto di sigarette gettato dentro tra lo sguardo schifato di una coppia di uomini d’affari con la loro valigetta in mano. Ne accendo una e aspetto l’azione miracolosa della nicotina, che puntualmente arriva.
Ho la soluzione!
“Salto in auto e parto, dirigo verso te…” direbbe Lucio Battisti.
Viaggio verso Borgo San Lorenzo, parcheggio ed entro nel supermercato. Cerco con lo sguardo Serena, ma è lei che mi trova per prima e fa segno con l’indice sinistro di avvicinarmi. Non sembra molto contenta di vedermi.
Pensare che l’ho fatta assumere io…
L’avevo notata che era una ragazzina, a Borgo San Lorenzo. E lei aveva notato me. Ci studiavamo con lo sguardo ogni volta che ci incontravamo. Ma lei era timida e io imbranato: finì in un nulla di fatto. Anni dopo me la ritrovai nella tana del lupo, al supermercato. Mio padre stava facendo una selezione per del nuovo personale, io ero in libera uscita e passavo a fargli un saluto; oramai ero diventato cittadino perugino. La vidi lì, sempre timida e impacciata, in compagnia dei genitori a parlare con mio padre. Secondo gli standard del babbo Serena era troppo minuta per fare quel tipo di lavoro. Lui le voleva alte e ben piantate, più erano robuste e più sopportavano la fatica. Notai negli occhi di papà il classico disinteresse alla proposta di assunzione. Lo chiamai in disparte e gli dissi 4 semplici parole che lo stupirono.
-Assumila. E’ l’unica che è venuta con i genitori invece che con la minigonna. Quella è una ragazza seria.-
Mi raccontò poi Aldo, l’amministratore delegato della società dei supermercati, che mio padre rimase sorpreso dal mio intervento.
-Le prime parole sensate da quando è nato- fu il suo commento.
Serena fu assunta. Ora ha fatto carriera, da cassiera è diventata responsabile di supermercato.
Lo sapevo che era in gamba!
Ma quella mattina non era in vena di ringraziamenti.
-Cosa combinavate stamattina?- mi chiede.
-Silvia doveva sistemare alcune cose…- mi giustifico.
-Ho visto passare di mano bei soldoni.-
-E’ una donna generosa.-
-La prossima volta fate i vostri maneggi fuori dal supermercato. Capito?-
-Non credo che questo problema si riproponga.-
-Bravo- conclude e si allontana.
Poi si blocca e, girata verso me: -Cosa significa?-
-Che… che… ho preso una decisione.-
-Cioè?-
-L’ho mandata a ca… Ho chiuso con lei.-
Serena mi scruta in silenzio, per un lungo ed interminabile minuto. Poi chiede: -Come mai sei qua?-
Estraggo dalla tasca la scatolina verde e gliela porgo.
-E’ solo un attestato di stima, non farti illusioni.-
Prende la scatolina e si avvia verso il suo box. La seguo. Quando la apre vedo il suo viso pietrificarsi.
-Non è una proposta di matrimonio- tendo a precisarle.
-Era ora- il suo commento lapidario.
-Cosa, era ora? Che la lasciavo oppure…-
-Tutte e 2. Stasera sei libero?-
-Per fare?-
-Te lo spiego a casa tua- chiarisce (anche troppo). –Porto 2 pizze e la birra, ma arriverò tardi: stacco alle 20.-
Torno al parcheggio con uno strano stato d’animo. Non so se essere contento della pronta sostituzione o se, forse, fosse stato meglio aspettare un po’. Almeno un paio di giorni.
Ripenso alla canzone cantata da Battiato.
-… io cerco boschi per me
e vallate col sole più caldo di te…-
E sì! Boschi… verdi vallate dove cercare col metal mentre Pogo scorrazza liberamente rompendo i coglioni a tutti gli animali che vede…
Vorrei tornare al valico sopra San Gerolamo, dove tutto è cominciato.
In una bella e soleggiata mattina, magari.
Ma forse era destino che dovesse andare così…
Chissà cosa ne pensa Pogo.
Mi risponde la maniglia dello sportello della Land quando la tiro per aprirlo.
-CLANGH!-
Mancano solo poche pagine e ancora non ho scoperto nulla. Mi sa che ho preso una fregatura: dovrò buttare fuori dal convento i gatti a calci nel culo.
Stacco per un caffè e una sigaretta.
Ultima tirata prima della cena.
Almeno fosse soddisfacente quella…
Morto un Papa se ne fa un altro, dice il proverbio. Mi imbarco in questa nuova avventura e capisco subito di essermi complicato terribilmente la vita. Non perché Serena mi opprima o sia troppo possessiva, o perché abbiamo due stili di vita completamente diversi. Lei è una quasi cittadina, io un rude uomo delle foreste, quasi un troglodita, agli occhi di molti. Lei è di umili origini, io mi ritrovo con un pacco di soldi e senza il bisogno di lavorare per mantenermi. Per contro, Serena è una donna estremamente semplice e pratica, come me. E questa affinità sarà l’arma vincente, me lo sento.
Il problema è un altro, anzi 2: Silvia e Domiziana. Silvia che continua a telefonare e, ogni tanto, scende a Perugia, da Domi, e passa a trovarmi a Carpaneta. Cerco di essere corretto ed avviso sempre della sua visita Serena che, con qualche timore, cerca di non intromettersi. Domi, invece, malgrado sia a conoscenza della nuova situazione sentimentale del sottoscritto, continua imperterrita nelle sue incursioni serali infrasettimanali, sola o con amiche dotate al seguito.
Ho paura che prima o poi qualcuno scopra quello che non dovrebbe.
Lo vorrei tanto anche io…
       Serena sospetta qualche cosa, ma non conosce Domi; farò di tutto per evitare che si incontrino. Si limita a cercare di essere il più presente possibile nella mia vita: non mi dispiace.
La sera, spesso, viene a cena a Carpaneta e rimane a dormire con me. Dopo cena scatena i suoi bestiali istinti col televisore che ho nel salone. Stravaccata sul divano pratica il suo sport preferito: lo zapping televisivo. La cosa mi infastidisce ma, avendo una parte di coscienza lercia, tollero l’abuso dell’odiato e inutile elettrodomestico e le faccio compagnia seduto alla scrivania a navigare nella rete.
E’ una di queste sere che succede tutto.
Sono quasi le 10 (22 italiane) quando Serena mi chiede qualcosa da bere. Vado in cucina e le verso un chinotto nel bicchiere. Per me un altro caffè, bello corto (in Italia si dice ristretto), amaro e con una goccia di Varnelli.
Quando torno nel salone col vassoio in mano alla tv c’è Lucarelli, con il suo solito tono grave, che parla di uno dei tanti misteri d’Italia.
“… e questa è una delle sue rarissime immagini fotografiche, scattata molti anni fa. Il Grande Vecchio, colui che ha guidato da dietro le quinte la nostra nazione dagli anni 60 in poi, non amava farsi vedere o fotografare in pubblico…”
Volgo lo sguardo al video mentre appoggio il vassoio sul tavolino vicino al divano.
Lo vedo.
E’ lui! E’ lei!
La foto col signore distinto che esce dall’automobile.
Come un pugno ricevuto nello stomaco.
Mi cade il vassoio dalle mani, finendo a terra.
Un sapore acido di vomito mi sale dall’esofago.
Barcollo e appoggio un ginocchio a terra.
-Oddio, Giorgio! Cosa succede?- sento gridare Serena.
-Nulla… nulla…- riesco a biascicare.
-Sei pallido, bianchissimo-, aggiunge. –sembra che hai visto un fantasma.-
-L’ho visto-, dico raccogliendo i cocci a terra. –Spengi la tele, per favore. Vado a riprenderti da bere.-
-CLANGH!-

Dopo una decina di giorni ricevo a casa un pacchetto. Lo apro. Un biglietto mi comunica che il Maestro è morto e aveva espresso il desiderio di farmi avere il piccolo album fotografico che tengo in mano. Scorro le fotografie: sono quelle che ha scattato tanti anni prima alla colonia felina di Borgo San Lorenzo.
Sento scendermi sulle labbra delle lacrime salate. Non so bene il perché. Forse l’aver rivisto tanti mici che ora non ci sono più.
O, forse, per il sapere di essere l’unico depositario di una storia maledetta. L’unico a sapere che chi ha veramente gestito lo Stato negli ultimi 40 anni è solo un pazzo criminale, massacratore di donne e vecchi.
Sì! Sono il solo a saperlo e poterlo dimostrare.
Silvia lo sa, ma non ha un cazzo in mano.
Il notaio di Vaduz non sa della storia e in mano ha solo un rullino fotografico, una busta con dei fogli bianchi, un cd con foto pornografiche e una memoria di un’avvocatessa impazzita.
La mattina ho sostituito il contenuto originale della busta con del ciarpame. Non mi piace essere considerato un idiota e non venire messo a conoscenza di cose che mi riguardano.
Se ce ne fosse bisogno, tutto il materiale è murato dentro la nicchia che si scorge sopra al plastico del trenino. Dove ho trovato la pistola e il coltello col manico d’avorio durante i restauri di Carpaneta.
Oh cazzo…
Di Fausto Ardenzi non ho avuto più notizie.
Prima di Natale mi è arriva una busta dal Kenia. E’ della Don Nello Benizzi Foundation. Contiene un calendario, un opuscolo illustrativo delle opere compiute nell’anno in corso e quelle da compiere in futuro. Ci sono pure le informazioni per effettuare un’offerta.
La sera stessa 2000 Euro prendono la via telematica per il Kenia.

E’ finito.
Rimango in stato di semiebetismo per qualche minuto. Qualcosa dentro me dice di fare sparire quel diario. Per sempre. L’istinto di sopravvivenza consiglia di conservarlo e, magari, aggiungere quello che mi è accaduto quasi tre anni fa. In ogni caso me lo metto in tasca. Lo baratterò con la permanenza dei gatti al convento; non può rimanere qua. Come Serena l’ha fatto leggere a me può farlo leggere a chiunque. Poi lei ha anche le prove di quello che è accaduto nel giugno del 1944 qua intorno.
Aveva ragione Carmen: sono stati i “nostri” a fare le pulizie grosse
Sento Serena chiamarmi dalla cucina: la cena è pronta.
Ci sediamo a tavola e cominciamo a mangiare delle bruschette condite con varie salse.
-Allora? mi chiede.
-Hai una cosa troppo pericolosa in mano, - le rispondo. -La verità su dei fatti che sono costate troppe vite umane. E che, probabilmente, ne costeranno ancora.
-Ne sono certa. Ma non era questo che volevo sapere da te.
-E cosa?
-Giorgio. L’hai riabilitato?
-Sì. Mi è sembrata una persona genuina, forse un po’ sprovveduta, ma ci sono ancora troppi aspetti della sua personalità che devono essere chiariti. Comunque Giorgio non mi interessa più. Lui è capitato per caso in quella storia.
-Interessa a me, però, - replica. -Dimmi quali sono gli aspetti poco chiari.
A lei interessa solo la reputazione di Giorgio. E’ una sprovveduta come lui. Non ci dovrebbero essere problemi per tenersi il diario. Cercherò di assecondarla: la riabilitazione di Giorgio può far pendere il piatto della bilancia più dei sacchi di pulci.
-Ho indagato molto su Giorgio, - bluffo, -ma non credo che sarei arrivato a scoprire il segreto che nascondeva. Però ci sono dei punti ancora troppo oscuri e ambigui per poterlo considerare una vittima della situazione.
-Spiegati.
-Anni fa è successo un casino poco distante da qua. Dei morti eccellenti durante un festino a base di droga e sesso. I “nostri” hanno coperto il tutto ma la testa che doveva cadere non è caduta.
Mi guarda sorpresa.
-Che c’entra Giorgio?
-Non lo so con precisione, ma ti assicuro che in qualche modo c’è entrato.
-Non capisco.
-La droga tagliata male l’avevano portata due trans della scuderia di Domiziana. Secondo le usanze i due trans e Domiziana dovevano pagare i danni con svariati anni di carcere.. Invece un certo rapporto le ha salvate. Il rapporto è stato scritto dal Capitano Francesca Coletti, sicuramente su pressioni di Giorgio. Giorgio ha sfruttato la sua posizione per coprire degli assassini.
-Ti sbagli, - si versa del vino bianco. -Giorgio non ha sfruttato la sua posizione per salvare Domiziana: ha offerto uno scambio.
-Cosa? – penso subito alle prove che si era trattenuto.
-La pistola e il coltello che aveva trovato nascoste nella nicchia della cripta.
-Perché?
-La pistola era quella di un serial killer che la Polizia non era riuscita ad incastrare. Con il coltello lo hanno incastrato. L’aveva fatto fabbricare da un noto artigiano ed era numerato. Con un controllo dal costruttore lo hanno inchiodato. Ne avrai sentito parlare.
-Sì. - confermo. -Ma Giorgio come faceva a sapere che quelle armi erano dell’assassino?
-Giorgio aveva usato la pistola per sparare a un vecchio che aveva avvelenato Pogo. Dai rilievi della Scientifica sono risaliti all’arma utilizzata. La stessa che aveva usato il serial killer.
-Giorgio ha ucciso un vecchio?
-Non l’ha ucciso, l’ha storpiato. Gli ha sparato a tutte e due le rotule.
-Ancora alle rotule?
-Secondo Giorgio la morte era una punizione troppo lieve. Quel tizio doveva soffrire fino alla fine dei suoi giorni. Pensala come ti pare, ma approvo il suo gesto. Pogo era come un fratello per lui.
-Perché l’avrebbe avvelenato?
-Il vecchio era un bastardo: un cacciatore e bracconiere. Forse era convinto che eliminando Pogo potesse entrare liberamente nella tenuta di Carpaneta a piazzare trappole.
-Scusa. Qualcosa non mi torna. Com’è riuscita la Polizia a risalire a Giorgio? Si è costituito?
Serena si fa una grassa risata.
-Giorgio che si costituisce? Neppure se aveva azzoppato il Presidente della Repubblica! Giorgio si faceva giustizia da solo, come Ken Parker.
Ken…
-Le indagini le ha condotte Francesca, - prosegue Serena, -che ha capito subito chi poteva essere il colpevole. Ma lasciò perdere: doveva proteggere Giorgio. Quando i riscontri della Scientifica, o forse i RIS, non ricordo, portarono alla stessa arma usata dal serial killer Francesca intervenne direttamente con Giorgio. Giorgio capì la situazione e la sfruttò: le armi in cambio della salvezza di Domiziana. L’affare fu fatto col placet di Roma. Era più importante un serial killer che la tenutaria di un bordello.
-Non hai una grossa considerazione di Domiziana.
-Al contrario. Domiziana è una persona molto furba e in gamba. Ha solo un difetto.
-Quale?
-E’ senza scrupoli, se può essere considerato un difetto.
-Ancora una cosa, - continuo. -Che rapporto c’era tra Giorgio e i mafiosi Palmisano?
-Nessuno. Solo affari. Puliti.
-Questa raccontala a un altro…
-Ti giuro. Giorgio se li è trovati in casa quando ha ereditato. Aveva una percentuale della proprietà dei supermercati e, di conseguenza, un posto nel consiglio di amministrazione. Ma ci andava malvolentieri: non capiva cosa succedeva nel prendere quella o l’altra decisione. Giorgio non si era mai interessato di finanza  e supermercati.
-Come hanno fatto i Palmisano a diventare soci di maggioranza?
-Hanno comprato dal padre di Giorgio. Ma già ci erano dentro da tempo. L’amministratore delegato, Aldo, era un uomo dei Palmisano. Il padre di Giorgio ha fatto la guerra, nel 1944, con Giovanni Palmisano, il vecchio boss. E a lui e ai suoi soldi deve la creazione della catena di supermercati.
-Perché Giorgio non ha venduto la sua quota se sapeva di essere in società con una famiglia mafiosa?
-Non poteva. Erano gli accordi stretti da Giovanni Palmisano e suo padre. Doveva rimanere nella società: Giovannino Palmisano, il figlio, nuovo reggente della famiglia, non si fidava di Giorgio. Aveva paura che trovasse documenti compromettenti e li rendesse pubblici.
-Che documenti?
-I diari di suo padre. I Palmisano sapevano che il padre di Giorgio teneva un diario personale.
-Forse non si trattava di lavoro.
-Non hai conosciuto il padre di Giorgio. Tutto e solo lavoro.
-Giorgio l’ha trovato il diario?
-Sì. In un vecchio magazzino che neppure lui sapeva di possedere. Erano ventisette diari. C’era descritta l’ascesa della catena dei supermercati e tutti i traffici con i Palmisano.
-Li hai letti?
-Certamente, - risponde tranquilla. -Letti e bruciati nella stufa a legna. Duemila famiglie campano con gli stipendi dei dipendenti dei supermercati, non era minimamente pensabile affidarli alla magistratura.
-Che funzione hanno i supermercati?
-Ora come ora sono delle aziende come le altre. Devono produrre utili. Te lo posso assicurare: come presidente della Fondazione “Progetto Pogo” amministro la quota di proprietà che era di Giorgio.
-Significa che…
-Che “Progetto Pogo” è in società, in un’azienda, con la famiglia Palmisano. Sicuramente ho più contatti io con Giovannino Palmisano che, allora, Giorgio. Giovannino ci ha aiutato ad aprire nuove strutture e ricoveri per gatti. Per contro faccio sì che gran parte dei lavori di manutenzione e costruzione siano affidati a ditte della famiglia Palmisano. E’ tutto perfettamente legale.
-Un’ ultima cosa.
-Dimmi.
-La prima volta che ci siamo visti mi hai dato da intendere che “Progetto Pogo” è corazzato, finanziariamente parlando.
-Esatto. Quando i supermercati erano delle immense lavatrici di denaro da riciclare il padre di Giorgio aveva accantonato un’ingente somma di denaro all’estero. Neppure Giorgio lo sapeva. Lo ha scoperto dai diari. Quel denaro, messo in mani capaci, ha fruttato e continua a fruttare diversi milioni di Euro all’anno.
-Milioni di Euro? - chiedo esterrefatto.
-Milioni, esatto. “Progetto Pogo” è destinato a perpetuarsi nel tempo.
-Gestisci milioni di Euro?
-Come presidente della fondazione. Gli investimenti sono in mano a Silvia. Ha uno staff di esperti per questioni finanziarie.
-Silvia? Silvia… quella Silvia?
-Sì. Silvia Pisani. Non è simpatica, ma è una donna capace.
Ci concediamo un caffè. Ne ho proprio bisogno, dopo aver saputo tutte queste cose. Appena accendo la sigaretta comincio la trattativa.
-Sono quasi convinto di tutto ciò che hai detto, ma rimane un fatto.
-Quale?
-La tua fondazione è nata e cresciuta con denaro sporco.
-Lo stiamo ripulendo e utilizzando a scopi benefici. Non vedo il problema.
-E se un giorno la Guardia di Finanza scoprisse gli altarini della famiglia Palmisano?
-Al limite dovrei rinunciare alla quota di proprietà dei supermercati. Ma non credo interessi a nessuno mettere in mezzo alla strada duemila dipendenti.
-Per cui, secondo te, Giorgio è stato solo una vittima delle situazioni.
-Sì, ne sono sicura. Giorgio era una persona dall’animo e dalla vita semplici. Non si sarebbe mai sognato di fare società con alcuno, figurarsi coi mafiosi.
-Lo sai che tutte queste coincidenze sono costate la vita di due mie colleghe e quasi la mia?
-Vedi, - risponde pacata, -tu non sei una persona semplice e sei troppo prevenuto col prossimo. Se, quando ti sono venuti dei dubbi su Giorgio, lo avessi chiamato e  fissato un appuntamento ti avrebbe chiarito lui stesso tutti i punti, come ho fatto io, ora.
-Ne dubito: il segreto che conservava era troppo pericoloso per svelarlo ad un estraneo. Poi Francesca ed Agata avrebbero saputo comunque del mio interesse e sarebbe successa la stessa cosa.
-Giorgio non ti avrebbe mai svelato quel segreto. Fatto sta che neppure io sapevo nulla. Ma ti avrebbe convinto a desistere dalle indagini.
-Sparandomi alle rotule?
Serena si fa una grassa risata.
-Ahahahah! Sempre meglio zoppo che tra la vita e la morte per due anni!
-Rimane un punto, - dico con l’espressione seria.
-Lo so, - la replica.
Serena si alza dalla sedia e prende un pacchetto da un cassetto.
-Tieni. Queste sono le prove che Giorgio aveva conservato. Decidi cosa farne.
Rimango spiazzato.
-Ma, - prosegue, -in ogni caso, Giorgio non deve essere tirato in ballo. E neppure altre persone di sua conoscenza.
-Pensavo di distruggere il diario, - le confesso tirandolo fuori dalla tasca della giacca.
-Era una cosa che avrei dovuto fare anni fa…
-Che facciamo? - le chiedo.
Serena si alza di nuovo e mi fa cenno di seguirla. Andiamo nel salone. Apre lo sportello della grossa stufa a legna che riscalda mezzo appartamento. La fiamma che brucia la legna colora di arancio il suo viso. Prende la busta e ne estrae le foto, il certificato di morte presunta e il cd. Li getta dentro. Poi tocca al distintivo e ad altri ritagli di giornale. Si scansa e mi indica la bocca della stufa da cui escono delle fiamme di storia. Ci avvicino il diario tenendolo con tre dita e lo lascio scivolare dentro.

Sono pronto a cominciare una nuova vita.

Uno scroscio di applausi accoglie la fine della lettura del capitolo.
- Bellissimo!
- Stupendo!
- Un capolavoro!
I commenti dei randagi che continuano a spellarsi i fagioli delle zampe anteriori applaudendo.
Una standing ovation da Concerto di Capodanno.
- La prossima volta cosa leggiamo? – domanda QUARK timidamente.
- Come: ‘Cosa leggiamo’? – ribatto – Mica il romanzo è terminato!
Vedo PALLUCCHINO, che ha appena terminato la convalescenza, svenire e crollare a terra.

Il piccolo QUARK soddisfatto della lettura