sabato 30 novembre 2013

BIAGIO

Il piccolo BIAGIO (che ora tanto piccolo non è più) dopo otto giorni di degenza alla camera di ricovero della Reggia per guarire da un'infezione intestinale ha espresso il desiderio di rimanere insieme agli umani che lo hanno curato e non fare ritorno in Colonia.


Visto:
A) la ancora tenera età del soggetto,
B) il corretto comportamento tenuto finora alla Colonia,
C) la disponibilità prestata ad assumere le cure idonee alla guarigione,
D) il corretto utilizzo delle cassette igieniche,
E) la compatibilità con gli altri soggetti pelosi già residenti alla Reggia,
F) la promessa di accettare serenamente la sterilizzazione, ormai prossima,

gli umani residenti alla Reggia hanno deliberato apposita ordinanza di accoglienza alla medesima con, conseguente, cambio di residenza del micio in questione.

Monte Malbe, li 30 novembre 2013

                                                                                                                                                                                          Il Capo e Consorte 


BIAGIO alla Colonia Nuova (giugno 2013)





venerdì 29 novembre 2013

IL SOLARIUM LETTERARIO




UNO - IL LIBRO MISTERIOSO




Questa è una rubrica del blog nata per caso.
Tra i privilegi del Capocolonia c’è l’abbonamento gratuito a una decina di quotidiani, alcune riviste di attualità settimanale e l’ambito mensile “Colonie Feline in the World”, dove ho pubblicato qualche articolo.
Stamattina il postino, con la solita puntualità, ha lasciato nella cassetta delle Offerte alla Colonia il fascio di quotidiani e riviste. Non lo ha potuto depositare nella cassetta della posta in quanto troppo voluminoso.
Me ne accorgo appena LIRA, la segretaria della Colonia, lo preleva e me lo deposita direttamente sopra al tetto della nostra casetta di legno, definito solarium perché fa più chic.
Finisco la colazione in fretta e salgo lì sopra impaziente di sfogliare il prestigioso mensile a cui collaboro.
Seleziono tutti  i giornali arrivati ma del nuovo numero di CFW non c’è traccia.
Inserito dentro alla rosa Gazzetta c’è, invece, un mazzo di fogli formato A4 stampati al computer e rilegati, in maniera grossolana, con una spirale di plastica.
?
Non è il solito inserto spazzatura; è peggio.
Sulla copertina c’è stampato il titolo, in caratteri esagerati e colore aggressivo:
UNA TRANQUILLA DOMENICA DI SANGUE (alla Colonia felina di Montelepre).
?
“Altra carta per accendere il caminetto?” chiede la Segretaria.
“Non saprei,” rispondo, “sembrerebbe un libro.”
“Un libro?” domanda interessato PALLUCCHINO, il Professore della Colonia. “Da quando in qua ti sei messo a leggere libri? Chi è l’autore? Tolstoj? Eco? Proust? London? Murakami?”
“Ma no! E’ l’ultimo thriller di Fabio Volo!” rispondo per togliermelo dalle palle.
Così succede: per far arrabbiare PALLUCCHINO basta nominargli lo scrittore Fabio Volo o la Bignardi o le 50 sfumature di cacca sciolta e lui se ne va indignato.
Sarà sicuramente l’ennesima porcheria che tenta di approdare sugli scaffali di tutte le librerie, ma il titolo mi intriga.
Cerco nella seconda di copertina per scoprirne l’autore ma l’idiota si è dimenticato di firmare l’opera.
Spersa, nella vastità del bianco foglio c’è solo una frase:
“pecunia non olet… “ leggo a voce alta col risultato di far tornare sul solarium PALLUCCHINO.
“E’ un trattato latino, allora!”
“Non credo. Cosa significa: pecunia non olet?”
“I soldi non puzzano. E’ un frase attribuita a Vespasiano detta nel momento in cui…”
“Va bene, va bene! Grazie! Comunque ‘sto coso non è in latino, ma in italiano. Dei giorni nostri.”
“Peccato…” mormora PALLUCCHINO.
Alla quarta di copertina trovo la sinossi, un breve sunto del romanzo.
“La Colonia felina di Montelepre è travolta dai problemi. Cani randagi assassini  fanno strage di gatti, un vecchio, ma non meno pericoloso, nemico che ritorna e la depressione dell’umano che accudisce i mici abbandonati al loro destino a causa di difficoltà finanziarie. Tutto sembra perduto e la Colonia è a un passo dallo sfacelo quando Tazza, il gatto Capocolonia, decide di sostenere psicologicamente il suo amico umano depresso. Contemporaneamente un quadruplice omicidio viene perpetrato nei pressi della Colonia. Un fatto tragico che stravolgerà gli eventi.”
“Interessante!” commenta CINQUINA, la Bibliotecaria della Colonia.
“TAZZA?” ripetono in coro gli ascoltatori indicandomi con le loro code.
“Giuro! Non ne so nulla. Sarà un caso di omonimia”, confesso.
Accantono il mazzo di quotidiani su un angolo del tetto, pardon solarium, e mi metto comodo.
“Merita di essere letto”, comunico ai randagi radunatisi per la curiosità.
“Ad alta voce. Molto alta!” ribatte ORESTE, il Malconcio della Colonia, anche un poco sordo.


… 

ORESTE - Il Malconcio della Colonia

giovedì 28 novembre 2013

STORIA DELLA COLONIA




                    2





Era il 30 settembre 2005.
Alcuni minuti dopo essere stato abbandonato dalla mia famiglia umana adottiva, quando aveva scoperto che il tenero gattino rosso ha il vizio di crescere e, una volta cresciuto, di ribellarsi in maniera decisa alle angherie del piccolo mostro umano a cui era stato regalato, capisco di trovarmi scaraventato in una nuova e dura realtà.
Non ci sono più la ciotola con le crocchette di infima marca, gli avanzi dei pasti degli umani e neppure la bacinella di acqua da cui bere.
Devo entrare nell’ottica dell’idea che il cibo necessario alla sopravvivenza va conquistato, giorno per giorno.
Dell’acqua, ancora, non mi preoccupo: a terra ci sono grandi pozzanghere di pioggia rimaste dal temporale di ieri.
Comincio un giro di esplorazione del posto, sembra un vecchio giardino poco curato, con un grande parcheggio sterrato e un fastidioso viavai di auto. Ma non è una strada di transito, l’asfalto termina davanti ad una grande costruzione con delle aiuole, anche queste all’abbandono, e una specie di chiesa sulla parte sinistra.
Il mio formidabile olfatto segnala la recente presenza di cani e gatti, soprattutto gatti. Ma hanno un odore diverso dal mio. Gli manca quel… quella caratteristica di… non so come spiegarlo.
Ne avvisto uno in lontananza. Piccolo, grigio, che ogni tanto starnutisce. Non sembra il ritratto della salute. Mi avvicino facendo un giro largo, voglio controllarlo meglio: magari è uno di quei gatti randagi afflitto da quelle pericolose malattie che ti uccidono lentamente e si contagiano soprattutto con i morsi.
Il grigio malridotto non si accorge di me, non è neppure molto sveglio. Riesco ad arrivargli quasi vicino, ma a una distanza di sicurezza. Mi accorgo della presenza di un altro gatto, anzi, una gatta. Nera, col pelo lucido, non sembra una randagia. E’ anche bella grassottella.
E’ un gatto domestico, penso tra me. Forse in quella casa possono accogliermi.
La seguo fino a quando la vedo sdraiarsi su un tavolo di cemento a catturare dei preziosi raggi di sole.
Annuso: manca ancora quell’odore caratteristico del gatto randagio di città.
Controllo attentamente i due gatti e vedo che non hanno ferite o lesioni tali da far supporre lotte e combattimenti tra loro.
La voce della gatta nera mi fa sobbalzare: “SMERALDINA! Vieni qua a prendere il sole!”
Ce n’è un’altra! Ma non la vedo. Meglio allontanarsi e spiare da lontano.
Passo i primi tre giorni a controllare quei gatti e il posto.
I gatti non sono solo tre, sono otto. Solo alcuni si vedono durante il giorno, altri arrivano quando sentono dei segnali che alcuni umani gli lanciano: il clacson di un’auto, anzi due, e il richiamo di un altro umano che arriva, puntualmente, ogni pomeriggio con un cane che lascia dentro all’auto parcheggiata. Lo vedo sempre aprire qualche scatoletta di cibo e versare un piccolo sacchetto di crocchette nel contenitore sul davanzale di una grossa finestra senza vetri ma con le sbarre. Insieme alle crocchette appoggia pure una ciotola con acqua fresca che preleva da una fontanella lì vicino.
Le crocchette rimaste dal pasto di quei gatti saranno per alcuni giorni il mio rancio notturno; quando è buio e non c’è nessuno esco dal mio nascondiglio e vado a nutrirmi.
Trovo un altro punto di osservazione, più adatto allo studio della situazione e con migliori vie di fuga: il tetto della costruzione dalle finestre con le sbarre.
E’ lì, un pomeriggio che sto osservando quei gatti mentre ripuliscono con la lingua i piatti dove hanno mangiato dei bocconcini, che una voce alle spalle mi fa sussultare.
“Sarebbe meglio che scendessi anche di giorno da questo tetto e venissi a consumare il pasto con noi. Mi innervosisce essere guardato mentre mangio.”
Mi volto di scatto pronto alla lotta all’ultimo sangue ma, davanti a me, c’è un gatto anziano, grosso, con cicatrici di vecchie battaglie e due profondi occhi verdi. Non ha l’aria aggressiva, anzi, è decisamente tranquillo: ha il carisma del gatto che comanda.
“Ciao!” dice. “Sono SMERALDONE, il Capocolonia della Colonia felina di Monte Malbe. Benvenuto!”

SMERALDINA alla Colonia Vecchia  - Novembre 2007 -

martedì 26 novembre 2013

VECCHI, INDIMENTICATI AMICI


MICIA

Parlare della MICIA  forse è una responsabilità troppo grande anche per me.
La MICIA era la grande Veterana della Colonia, un po’ perché ci era nata, insieme alla sorella BERENICE e un fratello di cui non ricordo il nome ma, soprattutto, perché era nata nel 1990!
Una foto, in bianco e nero, fu mostrata al Capo dal suo aiutante sul campo (veterano anche lui della Colonia) Umberto. E, discutendo su quella foto, il Capo (e io) venimmo a conoscenza di tanti episodi che la riguardavano.
Sì, perché la MICIA non era una gatta come le altre: mai vaccinata e guarita miracolosamente da una specie di rinotracheite che le aveva lasciato la pesante eredità di starnutire spesso e spargere muco ovunque era una gatta intoccabile.
Non si sa come Fiorella, una gattara che si è presa cura di noi di per diverso tempo, sia riuscita a catturarla e farla sterilizzare.
Fatto sta che per sei lunghi anni il Capo non riuscì mai ad avvicinarla e toccarla; era uno dei pochi randagi a cui, oramai, aveva condonato la somministrazione mensile di antipulci.
Febbraio 2010: la grande svolta.
La MICIA si ammala e rimane accucciata dentro uno dei cubi-cuccia di polistirolo della Colonia Vecchia.
Il Capo riesce ad accarezzarla e capisce che sta per andarsene. Ma tenta il tutto per tutto: la ingabbia e la porta dai veterinari di fiducia.
Una decina di giorni di ricovero e una dose massiccia di antibiotici – e antipulci – e la MICIA torna come nuova, vispa e arzilla.
Riportata in Colonia, stavolta a quella Nuova; nel frattempo avevamo traslocato, si adatta volentieri alla nuova sistemazione e, miracolo!, comincia a strusciarsi al Capo per avere coccole e carezze.
Prima che sopraggiunga l’inverno arriva la decisione di trasferire la MICIA al caldo della Reggia.
Immaginate le reazioni di un gatta randagia con 20 anni di vita semiselvatica alle spalle quando scopre il divano, le poltrone, i letti, il termosifone ma, soprattutto…  la televisione!
Passa le ore davanti allo schermo acceso interessatissima a qualsiasi trasmissione, pure “Amici”!
Ma il meglio di se lo produce in occasione del montaggio della nuova cucina. Rimane ferma nel caminetto controllando attentamente il lavoro dei montatori. Non li molla un istante.
Qualche giorno dopo, il 24 giugno 2011, si allontana da casa per concedersi la sua solita passeggiata nel giardino e nel bosco. Non tornerà più.
Invano il Capo l’ha cercata intorno a casa e dai vicini; di lei nessuna traccia.
Ancora oggi il Capo si aspetta di ritrovare i suoi resti in qualche anfratto del terreno dove, sicuramente, avrà voluto porre fine, come il galateo delle vecchie randagie impone, alla sua lunga, ma felice, esistenza.

Un bacio, MICIA!

MICIA alla Colonia Vecchia - Aprile 2009

LE NOSTRE FOTO (segnaletiche)


QUESTURA di PERUGIA


NOME - ROMEA
SESSO - F (sterilizzata)
RAZZA - Europeo
ETA' - Classe 2008
RESIDENZA - Reggia di Monte Malbe
PROFESSIONE - Preferita del Capo
MANTELLO - Tricolore pelo lungo
OCCHI - Due (gialli)
ZAMPE - Quattro
CODA - SI' (bicolore senza bianco)
CARATTERE - da puttana
INTERESSI - Il Capo
SEGNI PARTICOLARI - Fascino Fatale
15 febbraio 2017 Deceduta per gravi problemi epatici (eutanasia)

lunedì 25 novembre 2013

OTTIMIZZAZIONE




           OTTIMIZZAZIONE





“Ottimizzare:” spiega serio PALLUCCHINO, citando il suo dizionario, “sfruttare qualcosa nel modo migliore, ottenendo il massimo dei vantaggi e degli effetti positivi e riducendo al minimo i rischi e gli aspetti negativi.”
“Cioè?” domanda RALF, il piccolo della Colonia.
“Siamo stati ottimizzati”, preciso. “La nuova recinzione, più robusta e sicura, ha ottimizzato la nostra sicurezza.”
“Col risultato di creare tre nuovi disoccupati…” commenta NENA, l’ultima arrivata alla Colonia.
Già. Come SKA, il Tesoriere della Colonia, testata la sicurezza della recinzione ha emesso subito un decreto legge atto a ridurre drasticamente le spese per la difesa tre delle quattro vedette di sentinella si sono viste recapitare la lettera di licenziamento nella cuccia. La quarta sentinella si è salvata dalla dimissione solo dopo un’estenuante trattativa del Tesoriere con CERES, la Sindacalista della Colonia. 
Ora devo spiegare ai tre novelli senza lavoro che sono stati ottimizzati.
Rimanere disoccupati alla Colonia è considerata un’onta, una vergogna senza precedenti.
Lo spirito della Colonia è quello di ogni comunità: ognuno svolge il proprio compito per sé e per il bene collettivo e nessuno deve pesare sugli altri senza un motivo più che valido.
Bisogna trovare il sistema di ricollocare i tre disgraziati.
Una mano potrebbe venire da poco lontano. Solo ieri il Capo ha affisso il bando di concorso per un apprendista fuochista alla Reggia (incarico non retribuito, naturalmente).
Anche alla Reggia l’ottimizzazione ha colpito. L’avvento del riscaldamento a legna ha, inaspettatamente, creato un nuovo incarico per i gatti: quello del fuochista, colui che controlla e verifica il perfetto funzionamento della caldaia, delle temperature e pressioni di esercizio segnalando tempestivamente ogni possibile anomalia. Una specie di sirena d’ allarme.
Con la vecchia caldaia questa figura non era necessaria; stranamente, stavolta, l’ottimizzazione ha creato un nuovo posto di lavoro.
C’è la fila alla cuccia-ufficio di CERES per la presentazione delle domande di assunzione. Si è sparsa la voce e, oltre ai nostri colleghi desiderosi di fare il grande balzo trasferendosi in maniera definitiva alla Reggia, ci sono numerosi randagi solitari dei boschi e altri gatti clandestini a Monte Malbe.
Ma i requisiti richiesti dal bando del Capo sono estremamente restrittivi: laurea in ingegneria civile o equivalente, conoscenza della lingua felino-italiana a livello superiore, uso appropriato di vari strumenti tecnici, disponibilità illimitata a turni notturni e festivi di lavoro. Il tutto in cambio di vitto e alloggio. Ma l’incarico, dopo i primi sei mesi di prova, viene conferito a tempo indeterminato.
“Per sempre alla Reggia!” esclamano sognando i gatti della Colonia.
“Oltretutto con un incarico di responsabilità!” aggiungono i più leccaculo.
Ma io lo so come funzionano queste cose…
Lo taccio ai randagi per non infrangere i loro sogni e creare inutile malcontento.
Comunque il posto sarà occupato da un gatto bisognoso.
L’altro giorno, all’inaugurazione della caldaia, ho rivisto il malconcio UAI-FAI, ex ospite della Colonia trasferito alla Reggia per le sue precarie condizioni fisiche. La nuova casa gli ha giovato: si è ingrassato e ha fatto il pelo lucido, anche se rimane molto timoroso nei confronti degli altri gatti presenti.
Mi ha confidato che il Capo gli ha suggerito di rimanere nel garage durante il lavoro di installazione della caldaia per chiedere ai tecnici notizie sul suo funzionamento e carpire, con gli occhi, tutti i trucchi del mestiere.
L’ha fatto, poi gli ha riferito i consigli appresi e il Capo ne è rimasto favorevolmente colpito.
Sposto lo sguardo dalla fila degli aspiranti fuochisti fuori dalla cuccia-ufficio di CERES e ritorno a leggere il mio quotidiano.
A Vicenza hanno ottimizzato l’impianto di produzione di un’ industria, chiudendone un’altra a Milano.

Hanno ottimizzato anche 35 operai…

SKA - il Tesoriere della Colonia

venerdì 22 novembre 2013

PRESENTAZIONE





                      LA CUCCIA DEL CAPO                 





Questa nuova rubrica è frutto dell’immensa generosità e magnanimità dei Gatti di Monte Malbe (nessuno escluso).
Giorni fa il Capo, mentre stava cambiando le copertine sporche delle nostre cucce, ha espresso un complimento a tutti noi felini del Monte.
“Certo che l’idea del blog l’avete azzeccata! Ed è pure gestito bene, finora. Forse c’è qualche parolaccia di troppo e qualche periodo è un po’ contorto ma nel complesso va bene. L’unica critica aperta che mi permetto è quella che, spesso, mi fate fare la figura dello scemo. Ma… pazienza!”
Sono rimasto stupito dal suo apprezzamento, lui che difficilmente tesse lodi nei nostri confronti.
“Se un giorno siete a corto di idee, o avete un buco da tappare, fatemelo sapere, piacerebbe scrivere qualcosa pure a me”, ha aggiunto.
Ne ho parlato al Consiglio Generale degli Anziani di Monte Malbe e, insieme, abbiamo deciso di fargli una concessione: un piccolo spazio, tutto suo (ma, naturalmente supervisionato da GIANO, il Filosofo-Censore della Reggia) dove potrà esprimere delle considerazioni generali, sempre seguendo lo scopo del blog (che ancora ignoro).
“Benissimo!” ha sottolineato SKA, il Tesoriere della Colonia. “Così smette di rompere con il fatto che gli dobbiamo pagare l’uso del computer e della connessione. Domani preparo due righe, fategliele firmare!”
Lo spazio -limitato- gli sarà concesso durante il fine settimana (i giorni di stanca della rete) e potrà scegliere, stavolta in piena autonomia, di pubblicare il sabato o la domenica.
Quando gliel’ho detto si è quasi commosso. Poi è tornato in se.
“Dove sta la fregatura?” ha chiesto con tono burbero.
“Nessuna fregatura,” ho risposto, “visto che ci permetti di utilizzare il tuo computer e la tua connessione, noi ti concediamo di scrivere nel NOSTRO blog. Uno scambio alla pari. Se vuoi, puoi iniziare anche la prossima settimana!”
Si è tranquillizzato. “Ok, domani preparo qualcosa!” ha assentito.
“Perfetto! Fai una bozza e passala a GIANO che, poi, la girerà a PERICLE per la pubblicazione.”
“Una bozza? GIANO e PERICLE? Perché?”
“Linguaggio HTML”, ho risposto. “Il NOSTRO blog accetta solo quello. Lo conosci?”
“Arabo, per me…”
“Non c’è problema. Ci pensa GIANO a tradurre e PERICLE ad inserire.”
Se ne va perplesso e pensieroso mentre provvedo a stendere le grinze della coperta nella mia cuccia.

Quante cazzate si bevono gli umani…


GIANO - Il Filosofo-Censore della Reggia

LE GRANDI OPERE







       LE GRANDI OPERE



Leggevo, tempo fa, sul “Gatto Quotidiano” dell’importanza che il governo dà alle grandi opere per il rilancio dell’economia e la crescita del PIL (Pulciosi Italiani Liberi?).
E giù un elenco sterminato di autostrade a 36 corsie da costruire, ponti tra Civitavecchia e Olbia e tra Agrigento e Lampedusa da realizzare, trafori sotto il Monte Bianco. il Gran Sasso, le Dolomiti e pure Monte Tezio (!) da scavare per realizzare le nuove linee TAV e il prosciugamento e la bonifica del lago Trasimeno per  coltivare un immenso campo di mais transgenico targato Monsanto.
“Sono pazzi questi umani! “ abbiamo commentato con i randagioni della Colonia.
Eppure, forse, ci deve essere un fondo di verità.
Nei giorni successivi Monte Malbe ha cominciato a pullulare di gente operosa, oltre ai soliti rompicoglioni in cerca di funghi e castagne.
Nel loro piccolo, il Capo e l’ “Associazione a delinquere” che risiede nel convento hanno iniziato dei lavori edili nei pressi della nostra casetta nel bosco. Ognun per se, si intende!
Mentre i frati hanno demandato una singolare impresa edile con manovali di variegate razze alla costruzione del loro tanto ambito e desiderato maxi cancello che chiuderà, nelle ore notturne, l’accesso ai parcheggi esterni del convento il Capo si è rimboccato le maniche e ha cominciato a costruire la tanto auspicata nuova recinzione che chiuderà, per sempre, l’accesso ai cani assassini alla Colonia Nuova.
Il risultato è un viavai di ruspe, camion, betoniere, con un rumore infernale a cui contribuisce in modo non indifferente il Capo con la sua mazzetta da due chili che batte incessantemente sui pali di ferro da piantare a terra. 
Oltre al rumore c’è un altro fattore comune che unisce questi lavori: i moccoli.
Moccoli degli extracomunitari quando il calcestruzzo schizza dalle fondamenta (i moccoli sono la prima cosa che imparano in Italia) e moccoli del Capo quando la mazzetta picchia inavvertitamente sulle sue mani.
Tra un brumm… scrash… clangh… deng… emergono vari porc… zozz… maial… vaffanc….
Risulta impossibile continuare la consueta lettura dei quotidiani sopra il tetto della casetta di legno.
L’altro ieri abbiamo assistito ad una singolare scena. Due tizi stavano in giro per il bosco nei pressi della casetta. Non erano cercatori di funghi o castagne: guardavano in alto, non in basso. Unita al loro vestiario poco adatto al bosco la cosa ci ha incuriosito.
Sembrava che osservassero le stelle cadenti –di giorno- mentre noi, attentamente, ma discretamente, li controllavamo.
“Cazzo fanno quei due pellegrini?” ha chiesto con tatto PRIMULA, la scorbutica della Colonia, vedendo che ogni tanto spruzzavano qualcosa sul tronco di un albero.
SAETTA, il re del bosco ad ovest della casetta, ha svelato il mistero.
“Segnano gli alberi da tirare giù”, ha detto. “E’ pieno di piante secche da questa parte del bosco. Preparatevi a una settimana di rumore infernale!”
Già! Come se adesso fosse possibile fare meditazione.
Comunque i risultati delle Grandi Opere  a Monte Malbe cominciano a vedersi.
Il Capo ha terminato di piantare pali e ha messo la nuova recinzione.
“Ne avrò ancora per una settimana!” ha comunicato quando già stavamo per stappare lo champagne.
A malincuore lo abbiamo rimesso a fresco nella ciotola dell’acqua.
La banda di lanzichenecchi extra comunitaria, invece, è ancora in alto mare: un giorno piove, l’altro è umido, oggi c’è il Ramadan, domani la Madonna Candelora e altre mille insulse scuse per non fare un cazzo.
Una cosa, però, l’hanno fatta! Oltre a togliere quello schifo di altalena preistorica che salendoci era più facile morire di tetano che per un’eventuale caduta, hanno completamente ripulito dai rovi e dall’immondizia il giardinetto della nostra ex- Colonia.
Rivedere le amate panchine di cemento, con il tavolo, dove eravamo soliti prendere il sole e il Capo ci appoggiava i piatti con i bocconcini mi ha procurato un attacco inconsolabile di nostalgia.
Quanto ci divertivamo alla Colonia Vecchia!

Forse perché eravamo anche più giovani…

Bagno di sole alla Colonia Vecchia - Novembre 2007
SAETTA - SCIRE' - BARTOLOMEO - TARTARUGHINA

giovedì 21 novembre 2013

CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe

SCINTILLA - L'Obesa della Reggia
"500 visite! Almeno si fosse presentato qualcuno con un pensierino!
Che so: una scatoletta di bocconcini, un sacchetto di crocchette...
Che pidocchiosi questi umani!"

mercoledì 20 novembre 2013

STORIA DELLA COLONIA

 


                                         1





Sono arrivati i primi commenti al nostro blog, insieme alle prime critiche, suggerimenti ed insulti. Ancora nessuna querela o minaccia di azione legale, per cui posso già ritenere l’inizio positivo.
Una critica, abilmente mascherata da suggerimento, mi ha colpito: “Ma è possibile conoscere la storia della Colonia felina protetta di Monte Malbe?”
Niente di più facile, gentile internauta!
C’è solo un piccolo problema: la mia memoria della Colonia inizia dall’autunno 2005, quando mi ci abbandonarono. Alcuni episodi e aneddoti mi sono stati raccontati da SMERALDONE, l’allora Capocolonia, e dagli altri pochi randagi presenti, denominati in blocco Lo zoccolo duro della Colonia. Per il resto so poco, quasi nulla.
Ma un collega potrebbe aiutarmi: PALLUCCHINO, il Professore della Colonia.
Quando gli parlo della richiesta e spiego come mi piacerebbe esaudirla lo vedo togliersi gli occhiali ed esclamare: “Fantastico! Le ricerche storiche sono la mia passione!”
Dal giorno successivo comincia ad alzarsi all’alba ogni mattina, salire sul piazzale del convento ad aspettare il primo buxi della giornata e tornare a tarda sera.
Dalla scuola comune delle Colonie feline di Monte Malbe vengo a sapere che si era preso un periodo di aspettativa.
“Si sarà fatto l’amante in città”, penso tra me, ma PALLUCCHINO a perdere tempo con una gatta cittadina non ce lo vedo proprio.
Dopo pochi giorni l’arcano si svela.
“Vedi”, dice appoggiando vicino ai miei quotidiani un voluminoso fascio di fogli ricchi di appunti scritti con la sua inseparabile stilografica, “risalire alla storia della nostra Colonia sarebbe anche facile ma il problema è che la storia ufficiale, quella che trovi su tutti i libri, la scrivono inevitabilmente i vincitori, i potenti del momento.”
Lo guardo perplesso: “Cosa significa?”
“Partiamo dai primi dati certi”, prosegue. “Il convento fu fondato nel 1535, come dicono i testi storici. Quello che non dicono, invece, è che per far posto all’opera fu sfrattata una comunità di gatti selvatici che si era insediata nella chiesetta di Santa Caterina, già preesistente. Basta fare delle ricerche agli archivi storici felini di stato e la verità viene a galla.”
“Non ti seguo.”
“Semplice! Tutto ciò dimostra che noi, come Colonia, c’eravamo prima dei frati. E loro ci hanno sfrattato.”
“E’ un vizio atavico allora!” commenta EMILIA che ascolta facendo finta di sonnecchiare.
“Sì, PALLUCCHINO, va bene!” replico. “Ma io volevo notizie fresche, gli ultimi 15-20 anni al massimo!”
“Allora non ti interessano neppure gli appunti degli studi archeologici sugli scheletri di gatti selvatici annegati nel Lago Tiberino che stava proprio qua sotto nel periodo pliocenico?” osserva con una punta di delusione. “E neppure il trattato di Tacito su la Historia Colonia catus silvestris Monte Malbis?”
“Come no! Lasciami tutti i tuoi appunti che ci studio sopra e vedo di ricavarne una ricca prefazione alla storia moderna della Colonia.”
PALLUCCHINO deposita il pesante incartamento e si ritira, soddisfatto, nella sua cuccia a godere il meritato riposo.
Chiamo LIRA, la segretaria della Colonia.
“Metti tutto in archivio”, le ordino.
LIRA si allontana sbuffando per il peso degli appunti e li deposita dentro al bidone dei rifiuti della Colonia.
Si fa a modo mio:


“Era il 30 settembre 2005…

La COLONIA VECCHIA (agosto 2009) - Eravamo ancora dei randagi primitivi

lunedì 18 novembre 2013

GATTO 1... GATTO 2







GATTO 1... GATTO 2



La scoperta la fece quest’estate dai veterinari di fiducia.
“Il micio è targato!” disse il segaossa di turno riferendosi all’incidentato TOGO, a cui doveva rimettere in asse alcuni pezzi del suo apparato scheletrico.
“Che significa?” chiese il Capo.
“Ha il microchip: ora tutti i randagi sterilizzati dalla ASL vengono cippati.”
“Così, se si perde, me lo ritrovano col satellite?” la seconda domanda del Capo.
“No. Serve ad identificare il proprietario.”
“Ma se è un randagio!”
“Giusto…” l’osservazione del macellaio. “Un attimo che controllo!”
L’attimo diventa una buona mezz’ora di pestate continue sulla tastiera del computer, col Capo che cominciava ad innervosirsi per l’attesa di sapere un qualcosa di cui non gliene poteva fregare di meno e TOGO che scalpitava per scappare dalla sala di tortura.
“Ecco!” finalmente, “TOGO non è registrato sotto Colonia Felina Monte Malbe.”
“Benissimo! Dimmi di che Colonia è che ce lo scarico subito e mandi il conto a loro”, il Capo sollevato per un possibile risparmio.
“E’ a nome tuo”, replicò l’aguzzino.
“Mio? Che significa?”
“Che tu ne sei il proprietario e responsabile.”
“Scusa… puoi controllare di quanti gatti sarei proprietario e responsabile?”
“Non molti, credo.” Rassicurò il carnefice. “La cippatura è partita da poco tempo. Comunque ora controllo.”
Altra interminabile mezz’ora persa in giochi di prestidigitazione, con il Capo che sentiva l’urgente bisogno di fumare e TOGO quello di scappare via, veloce come il vento.
“Ah, ahaaaa!” commentò il vivisettore autorizzato. “Complimenti! TOGO, PIPU, OSVALDO, BRUTO, NAIF, COCO, ARTURO, GATTO 1, GATTO 2! Una bella famigliola tieni!”
“Come sarebbe: GATTO 1 e GATTO 2?” chiese allarmato il Capo.
“C’è scritto così: guarda!” girando lo schermo del computer.
“GATTO 1… GATTO 2…” mormorò il Capo.
“Esatto: sterilizzati il 24 gennaio 2013.”
Il Capo se ne andò pensieroso; TOGO no. Il collega rimase ricoverato per accertamenti che durarono un paio di mesi: la botta che aveva rimediato da un’auto aveva fatto più danni del previsto.
Per il Capo fu un duro colpo, oltre che economico, morale: aveva due gatti in Colonia che non risultavano col nome che lui gli aveva affibbiato.
Quella del nome per i gatti è una sua fissa, una vera e propria mania. Appena scorge un nuovo arrivo in Colonia i suoi neuroni si mettono febbrilmente al lavoro per studiare i due possibili nomi per il battesimo. Anche un terzo viene selezionato, nel caso il sesso del neo abbandonato fosse incerto.
Ricordo che un giorno, in Colonia, mi mostrò un foglio dove aveva scritto una frase:
“A tutti i gatti di strada che hanno poco, quasi niente, spesso neppure un nome.”
Sembrava una dedica, non so per chi o cosa.
“Ti piace?” mi chiese.
Annuii, più per farlo contento che altro. Avevo oramai catalogato questa sua mania dei nomi come non pericolosa e non mi costò nulla gratificarlo. Quando, poi, lo sentii chiamare per nome anche alcuni alberi del bosco della Colonia cominciai un poco a preoccuparmi.
Ma torniamo ai due anonimi gatti di sua proprietà.
A casa tirò fuori dal cassetto la sua famigerata agenda rossa; quella dove scrive tutto quello che succede in Colonia e alla Reggia, con tanto di date e commenti.
E’ un maniaco, già ve l’ho detto.
“24 gennaio 2013: sterilizzati GUFINO e WAFER. Ahh! Eccoli! Risolto l’arcano.”
Sì ricordò di quella mattina alla ASL: aveva una fretta del diavolo e firmò al volo i consensi per la sterilizzazione, senza compilarli correttamente.
L’arcano era risolto ma ora rimaneva la parte più difficile per rimettere in ordine le cose.
Alla ASL, quando prospettò il problema dei due poveri micetti in preda a una crisi di identità, non si commossero. GATTO 1 e GATTO 2 era scritto nei verbali e GATTO 1 e 2 rimanevano.
“Ma…” rimproverò l’unica dottoressa che ancora lo ritiene sano di mente, “con tutti i problemi che abbiamo ci vieni a complicare il lavoro con queste sciocchezze? Poi… senza averci portato la colazione.”
Il Capo assorbì il rimprovero e la vaga proposta di corruzione.
Dopo tre giorni, in occasione di una nuova sterilizzazione, si presentò armato di Fanta, Coca Cola, schiacciata a tutti i gusti possibili, crostata e caffè in thermos.
Ma non ci fu storia: GATTO 1 e 2 rimasero tali.
Alcuni mesi dopo, sempre dai macellai a pagamento, TOGO fu portato per un tagliando di controllo.
Il solito aguzzino propose: “Vediamo se ti è aumentata la famiglia!”
Incursione in rete, stavolta dai tempi accettabili e verdetto: “Altri quattro! Siamo a tredici, complimenti!”
“Dodici: uno è morto”, rispose triste il Capo.
“Peccato, mi spiace”, ancora il dottor Mengele. “Certo che se si inventano una tassa sui gatti di proprietà sei rovinato!”
Il Capo realizzò la battuta di Mister Simpatia solo un paio di ore più tardi e fu colto da crisi di panico.
Il giorno dopo affisse un avviso alla Colonia e alla Reggia.
Recitava:
“Chiunque sia in procinto di allontanarsi dalla propria residenza per porre, dignitosamente, fine alla sua esistenza o mediti il suicidio sotto qualche automezzo è pregato di firmare apposita dichiarazione di rottamazione e sgravio dalla potestà del sottoscritto.”

Firmato: il Capo.

TOGO (R) (ancora in cassa mutua)


domenica 17 novembre 2013

CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe

RUDY  (L'aspirante attore della Reggia)
"Capo, scattala bene che mi serve per il provino del Grande Fratello!"

venerdì 15 novembre 2013

VECCHI, INDIMENTICATI AMICI

ACHILLE

Secondo il Capo esistono due tipi di cucciolate abbandonate in Colonia: quelle fortunate perché, magari, riesce a fare adozioni sicure dei gattini o perché crescono sani e si integrano perfettamente nella dura vita da randagio. Non hanno e non danno problemi. La seconda categoria è quella delle cucciolate sfigate, anzi proprio disgraziate.
Purtroppo ACHILLE apparteneva alla seconda categoria.
Abbandonato con la mamma CARMEN e due fratellini il 4 luglio 2009, appena svezzato, alla Colonia Vecchia, si distinse subito per la sua vitalità e il carattere solare. Era un micio sempre allegro e un trascinatore nei giochi di compagnia.
Accettò di buon grado il trasferimento alla Colonia Nuova, anche se il nuovo rifugio stava nel bosco e non si potevano passare le mattinate sdraiati sulle panchine di cemento, riscaldati dai raggi del sole.
Il sole era la sua grande passione: come sbucava un raggio che poteva riscaldarlo correva a spalmarsi su qualche muretto di pietra o sul tetto di un’auto parcheggiata.
Poi cominciò il rapido declino fisico. Il Capo se ne accorse confrontando delle foto scattategli mesi prima. Un pomeriggio lo ingabbiò nel trasportino per portarlo dai veterinari: non lo rivedemmo più.
Era il 20 marzo 2012.
Avemmo, comunque, sue notizie dal Capo. ACHILLE era risultato positivo al test FIV e la malattia aveva cominciato a manifestarsi in maniera preoccupante. Il Capo aveva deciso di trasferirlo alla Reggia per alleviargli il più possibile le sofferenze e fargli vivere tranquillamente gli scampoli della sua vita.
Già sapeva come sarebbe finita. E pure noi in Colonia.
ACHILLE volle comunque ringraziare il Capo del suo gesto evitandogli la cosa che più lo angoscia: accompagnare un gatto all’ultimo viaggio.
Si è spento nella notte del 3 aprile 2012 sul letto che aveva scelto come sua ultima cuccia.
Anche il Capo ha voluto omaggiare ACHILLE per la sua cortesia: l’ha sepolto nella zona più soleggiata del cimitero dei gatti di Monte Malbe.


Buon sole, ACHILLE!


mercoledì 13 novembre 2013

QUANTO SCALDA UN GATTO?




DIARIO DI BORDO






E’ un giorno di gran festa alla Reggia.
Tutti i gatti borghesi, lì residenti, hanno il pelo lucido e pettinato, gli occhi e il naso ripuliti dalle secrezioni e, qualcuno, persino il collarino.
Siamo in tanti, tutti invitati, se si escludono i due randagi portoghesi che stazionano vicino alla Reggia e si sono intrufolati per fare scempio del ricco buffet in programma.
Anche io sono stato invitato, in rappresentanza della Colonia, con altri due colleghi. Ho portato PALLUCCHINO, come premio per aver lanciato l’idea originaria del blog, e perché è decisamente interessato all’evento. E pure BIAGIO, il cucciolo che si deve fare le ossa, molto più interessato al buffet.
C’è una gran folla: amici del Capo, qualche lontano parente, vicini di casa e un paio di umani curiosi.
Oggi c’è il varo!
Dopo un lungo studio, un accurato progetto e un’ interminabile realizzazione oggi si inaugura la nuova, mastodontica, caldaia a legna che riscalderà tutti i locali della Reggia, garage dei felini compreso.
E’ la prima accensione: la più impegnativa e delicata e la conferma che un ingente capitale non sia stato speso invano.
La Signora del Capo è elegantissima, come sempre, il Capo si è addobbato per l’occasione: sembra il macchinista di una locomotiva a vapore.
Alle 12 l’atteso momento.
Il Capo, con accendino comprato appositamente per la solenne funzione, incendia dei fogli di giornale (erano i miei quotidiani della scorsa settimana) dentro la stufa carica di legna asciutta e appositamente selezionata, pezzo per pezzo. Le fiamme divampano e avvolgono la catasta di legna. Dopo pochi minuti dei led cominciano a lampeggiare e le pompe inviano l’acqua calda ai termosifoni. La caldaia ha cominciato il suo duro e lungo lavoro.
PALLUCCHINO continua a prendere appunti della pressione e temperatura dell’acqua: deve verificare la corretta applicazione dei vari principi della termodinamica.
Finalmente si  passa al buffet. BIAGIO e i due portoghesi mostrano ai felini della Reggia quello che significa essere gatti di serie B spazzolando un vassoio dietro l’altro, senza distinzione di tartine.
Dopo un paio d’ore nella casa il tepore comincia a trasformarsi in caldo torrido a significare che la caldaia fa il suo sporco dovere e non è esplosa riducendo in macerie la Reggia.
Tutti tirano un sospiro di sollievo.
Tutti, tranne il Capo che, sempre col berretto da macchinista anni ’40 in testa, deve pronunciare il tanto atteso discorso.
“Siamo ancora vivi e questo è già un successo!” il suo esordio.
Poi comincia la sfilza dei ringraziamenti, Padreterno compreso, infine:
“Tengo a precisare, agli abitanti pelosi di questa casa, che la caldaia è predisposta per bruciare diversi combustibili. Il suo nome tecnico è, infatti, Caldaia a legna o stufa bruciagatti. Pertanto invito i felini qui presenti ad un maggior rispetto delle regole fondamentali di convivenza della casa, voi sapete a cosa mi riferisco. Altrimenti a febbraio e marzo, quando la riserva di legna comincerà ad esaurirsi la caldaia diventerà automaticamente stufa!”
“… bruciagatti. “ aggiunge con un brivido MIKI, uno dei maggiori destinatari del discorso del Capo.
“Bravo!” applaudo il Capo. “Un discorso degno di Goebbels!”
Dopo una mezz’ora siamo sulla via del ritorno. BIAGIO esprime un suo timore: “Ma se l’inverno si prolungherà rischieremo anche noi della Colonia di finire dentro la stufa per riscaldare la Reggia!”
“Tranquillo!” gli rispondo sapendo che il Capo è il classico Umano che abbaia, ma non morde.
“Non c’è da preoccuparsi”, interviene PALLUCCHINO. “Secondo i miei calcoli usare gatti come combustibile va in netto contrasto con il secondo principio della termodinamica che dice…”

MIKI - il Discolo della Reggia

martedì 12 novembre 2013

LE NOSTRE FOTO (segnaletiche)

QUESTURA di PERUGIA


NOME - BARTOLOMEO
SESSO - M (sterilizzato)
RAZZA - Europeo
ETA' - Classe 2007 (Deceduto 24 agosto 2022 per tumore squamo cellulare al naso)
RESIDENZA - Colonia Nuova Monte Malbe
PROFESSIONE - Faccendiere della Colonia
MANTELLO - Bianco/Nero
OCCHI - Due (verdi)
ZAMPE - Quattro
CODA - SI' (nera con punta bianca)
CARATTERE - Sociale
INTERESSI - Traffici illegali
SEGNI PARTICOLARI - Ricchissimo