giovedì 28 novembre 2013

STORIA DELLA COLONIA




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Era il 30 settembre 2005.
Alcuni minuti dopo essere stato abbandonato dalla mia famiglia umana adottiva, quando aveva scoperto che il tenero gattino rosso ha il vizio di crescere e, una volta cresciuto, di ribellarsi in maniera decisa alle angherie del piccolo mostro umano a cui era stato regalato, capisco di trovarmi scaraventato in una nuova e dura realtà.
Non ci sono più la ciotola con le crocchette di infima marca, gli avanzi dei pasti degli umani e neppure la bacinella di acqua da cui bere.
Devo entrare nell’ottica dell’idea che il cibo necessario alla sopravvivenza va conquistato, giorno per giorno.
Dell’acqua, ancora, non mi preoccupo: a terra ci sono grandi pozzanghere di pioggia rimaste dal temporale di ieri.
Comincio un giro di esplorazione del posto, sembra un vecchio giardino poco curato, con un grande parcheggio sterrato e un fastidioso viavai di auto. Ma non è una strada di transito, l’asfalto termina davanti ad una grande costruzione con delle aiuole, anche queste all’abbandono, e una specie di chiesa sulla parte sinistra.
Il mio formidabile olfatto segnala la recente presenza di cani e gatti, soprattutto gatti. Ma hanno un odore diverso dal mio. Gli manca quel… quella caratteristica di… non so come spiegarlo.
Ne avvisto uno in lontananza. Piccolo, grigio, che ogni tanto starnutisce. Non sembra il ritratto della salute. Mi avvicino facendo un giro largo, voglio controllarlo meglio: magari è uno di quei gatti randagi afflitto da quelle pericolose malattie che ti uccidono lentamente e si contagiano soprattutto con i morsi.
Il grigio malridotto non si accorge di me, non è neppure molto sveglio. Riesco ad arrivargli quasi vicino, ma a una distanza di sicurezza. Mi accorgo della presenza di un altro gatto, anzi, una gatta. Nera, col pelo lucido, non sembra una randagia. E’ anche bella grassottella.
E’ un gatto domestico, penso tra me. Forse in quella casa possono accogliermi.
La seguo fino a quando la vedo sdraiarsi su un tavolo di cemento a catturare dei preziosi raggi di sole.
Annuso: manca ancora quell’odore caratteristico del gatto randagio di città.
Controllo attentamente i due gatti e vedo che non hanno ferite o lesioni tali da far supporre lotte e combattimenti tra loro.
La voce della gatta nera mi fa sobbalzare: “SMERALDINA! Vieni qua a prendere il sole!”
Ce n’è un’altra! Ma non la vedo. Meglio allontanarsi e spiare da lontano.
Passo i primi tre giorni a controllare quei gatti e il posto.
I gatti non sono solo tre, sono otto. Solo alcuni si vedono durante il giorno, altri arrivano quando sentono dei segnali che alcuni umani gli lanciano: il clacson di un’auto, anzi due, e il richiamo di un altro umano che arriva, puntualmente, ogni pomeriggio con un cane che lascia dentro all’auto parcheggiata. Lo vedo sempre aprire qualche scatoletta di cibo e versare un piccolo sacchetto di crocchette nel contenitore sul davanzale di una grossa finestra senza vetri ma con le sbarre. Insieme alle crocchette appoggia pure una ciotola con acqua fresca che preleva da una fontanella lì vicino.
Le crocchette rimaste dal pasto di quei gatti saranno per alcuni giorni il mio rancio notturno; quando è buio e non c’è nessuno esco dal mio nascondiglio e vado a nutrirmi.
Trovo un altro punto di osservazione, più adatto allo studio della situazione e con migliori vie di fuga: il tetto della costruzione dalle finestre con le sbarre.
E’ lì, un pomeriggio che sto osservando quei gatti mentre ripuliscono con la lingua i piatti dove hanno mangiato dei bocconcini, che una voce alle spalle mi fa sussultare.
“Sarebbe meglio che scendessi anche di giorno da questo tetto e venissi a consumare il pasto con noi. Mi innervosisce essere guardato mentre mangio.”
Mi volto di scatto pronto alla lotta all’ultimo sangue ma, davanti a me, c’è un gatto anziano, grosso, con cicatrici di vecchie battaglie e due profondi occhi verdi. Non ha l’aria aggressiva, anzi, è decisamente tranquillo: ha il carisma del gatto che comanda.
“Ciao!” dice. “Sono SMERALDONE, il Capocolonia della Colonia felina di Monte Malbe. Benvenuto!”

SMERALDINA alla Colonia Vecchia  - Novembre 2007 -

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