LE MALEDETTE
di Catus Silvestris
12a puntata
Grandi novità in Colonia!
Il Capo ha deciso di rifare l’arredamento della nostra
casetta, qualcuno maligna che abbia ereditato o vinto al GrattaeVinci; è famoso
per rinfacciarci a fine pasto quanto gli siamo costati di scatolette quel
giorno e ci rendiconta puntualmente tutte le spese (folli, dice lui) che
sostiene per noi, manco fosse un deputato dei 5Stelle!
Orfeo ha avuto l’onore, e l’onere, di collaudare il primo
cubo matrimoniale di polistirolo, poi ha commentato - Questo il Capo l’ha rubato
all’Ikea!
Comunque, grati per questo tocco di cambiamento (anche se
avremmo preferito il riscaldamento autonomo), ci apprestiamo alla lettura del
nuovo capitolo de “Le Maledette” con spirito più benevolo.
12
- Carla? - riesco a domandare con un filo di voce.
Esce dal suo ufficio e mi osserva preoccupata – Cosa ti è successo?
Farfuglio qualche cosa di poco comprensibile. Carla mi fa sedere e
spedisce Antonio al bar a prendere dei caffè e uno Stock 84 per me. Assaporo il
caffè e butto giù, tutto d’un fiato, lo Stock. Poi vomito di nuovo. Non credo
di aver fatto una bella figura.
Carla, che non fuma, mi accende una sigaretta e me la infila tra le
labbra. Antonio va a prendere secchio e straccio per ripulire il pavimento.
- Cosa ti succede? – chiede Carla tenendomi le mani.
- Un morto… uno scheletro morto… alle Corone.
- Ok. Rilassati, poi andiamo su a vedere.
- Io non vengo.
- Ci devi accompagnare. Poi chiamiamo la Polizia.
Dopo una mezz’ora sono a bordo della Campagnola della Forestale guidata
da Antonio. Arriviamo alle Corone. Il cancello principale è aperto, nel momento
di panico ho pure dimenticato di chiuderlo. Saliamo fino alla cava e li
accompagno alla baracca col morto dentro.
- E’ qui – faccio – In camera da letto.
Carla entra per prima e comincia ad osservare l’arredamento del primo
vano.
- Non è arredato militarmente – commenta – Qui viveva qualcun altro.
Poi entra nella camera da letto e osserva a lungo lo scheletro. Mi fa
cenno di entrare. Quasi in punta di piedi, ma rincuorato dalla presenza di
amici, entro e osservo meglio quel mucchio di ossa sopra al letto.
- E’ di piccola corporatura, forse una donna – precisa Carla –
Rannicchiato così, in posizione fetale, forse è morto di freddo o per una
malattia non curata.
Lo osservo di nuovo. Sembra proprio una donna. E’ coperto solo da una
lunga maglietta ingiallita e sbrindellata dall’umidità e da qualche roditore
che, comunque, è riuscito ad entrare. La pelle sulle braccia e su parte del
viso è incartapecorita, sembra mummificata. Le gambe mostrano i femori, le
tibie e le ossa dei piedi, sono state spolpate dal solito roditore. Ho un nuovo
conato di vomito e mi precipito all’esterno.
- Rude uomo dei boschi… tze! – commenta Carla che comincia frugare tra i mobili del locale.
Trova un armadio con alcuni indumenti, maschili. Molti libri ammuffiti
dentro a un baule metallico. E dentro ai cassetti di un catalogatore metallico,
usato come tavolino, un portafogli, un pacchetto di sigarette e un accendino.
Apre il portafogli e ne estrae un paio di carte da 10.000 lire e alcune da
1.000. Trova pure un documento.
- Pietro Paolo Floris – dice aprendo la carta di identità - Era un uomo.
Piccolo, forse un sardo. Forse un pastore che viveva qua.
- E le pecore? – ribatto.
- Si saranno disperse o le avranno mangiate i lupi.
- E il loro recinto?
- Prima o poi lo troverai. Antonio, chiama la Polizia con la radio.
Antonio va al fuoristrada e si mette in comunicazione, non so con chi,
con la radio di bordo.
Carla ci ripensa e lo raggiunge – Chiama anche i Carabinieri; siamo in
zona militare. La cosa interessa più loro che la Polizia.
Ma ad arrivare sul posto è, per prima, una volante della Polizia.
Comincio a rilasciare la mia dichiarazione da mettere a verbale e
sopraggiungono anche i caramba, più attrezzati: hanno un nuovo Defender, non
un’ Alfa che ha perso pezzi sulla strada piena di buche che sale alla cava.
Salutano, vengono aggiornati dai colleghi senza banda rossa lungo i
pantaloni e visionano a lungo il documento ritrovato, poi si mettono in
comunicazione con la loro centrale per avere istruzioni. Dopo un quarto d’ora
le due pattuglie ricevono i rispettivi ordini. I poliziotti se ne vanno,
alquanto sollevati di aver scansato una rogna, rimangono i Carabinieri a cui è
stato assegnato il caso.
Vengo di nuovo interrogato, poi condotto alla loro caserma, a Città.
Nuova deposizione, firme e controfirme e posso, finalmente, tornare a
casa. Anzi, a Paese, dove Picche e l’Unimog mi aspettano. Ho dovuto lasciare le
chiavi del lucchetto del cancello ai militi e per sette giorni non posso salire
alle Corone.
Il giorno successivo la prima pagina e un paio di quelle interne dell’
“Eco dell’Appennino” sono dedicate al ritrovamento del cadavere alle Corone.
C’è pure una mia foto, scattata fuori dalla caserma dei Carabinieri, a mia
insaputa.
Non sono male, però… osservo poco disinteressatamente.
Una delle pagine interne è interamente dedicata alla macabra storia
della Corone, sembra che l’abbia scritta Marocco. Di nuovo scopro solo che,
dopo l’unità d’Italia, Le Corone erano diventate il rifugio prediletto per i
briganti che infestavano la zona. Scopro pure che il mio locale Il Covo dei Briganti si chiama così perché ai tempi
c’era una locanda che riforniva di viveri i banditi.
L’altra pagina parla del morto. Pietro Paolo Floris, di Cagliari, classe
1952, piccoli precedenti penali per furto e spaccio di droga con qualche
arresto e due anni di galera. Tossicodipendente, scomparso da Roma alla fine
degli anni ’80. Mai più ritrovato. E forse neppure ricercato.
Chi si sarebbe presa la briga di ricercare un simile elemento!
Probabilmente si era rifugiato alle Corone per stare in santa pace e il
famoso eremita era lui, come era suo il motorino. Niente pastore sardo. O forse
aveva pure delle pecore , come ha detto Carla, e si saranno disperse o le
avranno mangiate i lupi.
Questi sono i miei ragionamenti sulla presenza dello scheletro morto, come l’ho definito e
ancora ci rido sopra. Ma, fondamentalmente, non mi frega una sega di lui e
delle sue ex pecore.
L’interdizione alle Corone dura solo un paio di giorni. Vengo convocato
alla caserma dei Carabinieri di Città per riprendere possesso delle chiavi.
Ne approfitto per una nuova visita dal venditore di libri usati,
parcheggiare la Toyota è ancora più semplice del pickup.
- Ah, è lei! – mi accoglie - E’ diventato famoso!
Lo interrogo con uno sguardo.
- Ho visto la sua foto sul giornale – chiarisce – Non sapevo lavorasse
alla Corona.
- Ho la concessione per il taglio della legna.
- Io, invece, ho perso un cliente. Un vecchio cliente; erano diversi
anni che non veniva più.
- Cioè?
- L’eremita. Quel mezzo pazzo che si era ritirato su quelle colline. Era
mio cliente, sa… Veniva quasi tutte le settimane a comprare qualche libro.
Preferiva la letteratura italiana: narrativa e anche qualche noir.
Il mio pensiero corre ai libri ammuffiti trovati dentro l’armadio.
- Dalle Corone arrivava fino a qua? – domando.
- Sono l’unico nella zona che tratta libri usati. Poi non veniva qua, ma
al negozio dove stavo prima, un buco buio e scomodo.
E sì, che questo! Penso tra me.
- Aveva un vecchio motorino – prosegue - tutto rattoppato, ma riusciva a
portarlo fino qua. A ripensarci… è da quando mi sono trasferito qui che non lo
vedo.
Mentre sistema una pila di libri usati che un cliente gli ha portato lo
vedo pensieroso.
- No! – prosegue – Qui è venuto almeno un paio di volte. Ricordo che mi
aveva lasciato anche una mancolista.
- Cos’è?
- Un elenco dei libri che cercava, come il suo.
- Che tipo era questo eremita?
- Alto e magro, molto trasandato. Parlava poco ma si notava che era un
tipo istruito. Una volta fece una dissertazione su un autore inglese che mi
colpì.
- Come si chiamava?
- Pietro Paolo Floris, così è scritto sui giornali. Ma, forse, mi aveva
dato un nome falso; me lo ricordo più corto. Aldo, Carlo, Franco… non saprei.
Potrei sbagliarmi.
- Mah… credevo fosse un pecoraro che si era stabilito là.
- No. Puzzava, certo che puzzava! Ma non di pecora. Poi… un pecoraro che
disquisisce su Conan Doyle?
Trovo un altro libro della lista e ne acquisto uno consigliatomi
caldamente dal vecchio. Torno a Cima guidando pensieroso.
Quando ritorno alle Corone vado a vedere il modulo dello scheletro. E’
transennato tutto intorno e ci sono dei cartelli che ammoniscono di non
avvicinarsi in quanto la zona potrebbe essere infetta. Rimango alla larga e
vado a curiosare tra i relitti abbandonati. Anche qui è transennato, ma senza
cartelli. Supero il nastro con la scritta Carabinieri e scopro che il vecchio
motorino è scomparso. Lascio perdere il giro turistico e mi metto al lavoro. Ho
un paio di querce malate che mi aspettano con impazienza. Completo il carico
con alcuni lecci cresciuti col tronco troppo sottile per spingersi in alto a
rubare un po’ di luce.
La sera, al Covo, racconto a Carla il colloquio con il vecchio libraio.
- Il morto non era l’eremita – concludo – Poi, una stranezza, i
carabinieri si sono portati via il vecchio motorino del presunto pastore.
- Cosa?
Le racconto anche della scoperta del motorino.
La vedo mangiare pensierosa.
- Un pastore col motorino che arriva fino a Città per comprare libri
usati – commenta.
- Sembra strano anche a te?
Non risponde e continua a piluccare la sua bistecca di maiale.
Torna a parlare solo per ammonirmi – Comunque smettetela coi vostri
traffici di relitti militari. I Carabinieri potrebbero avere inventariati
quelli sul piazzale.
Rimango sorpreso e mortificato.
- Ho visto degli spazi dove l’erba non era cresciuta tra i rottami,
segno che qualcuno aveva spostato, o prelevato, dei mezzi recentemente. Poi ho
anche sentito delle strane voci in giro. Quindi, smettetela.
Accuso il colpo come un ragazzino scoperto a rubare la Nutella.
Carla rincara la dose – Sei su per la legna, solo per quella.
Mi gratifica, poi, con uno straordinario pompino dentro la Toyota. Nulla
a che vedere con quelli delle due checche.
ORFEO addetto al collaudo del nuovo cubo matrimoniale |
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