LE MALEDETTE
di Catus Silvestris
4a puntata
- Domenica, maledetta domenica! Possibile che mentre tutto
il mondo si gode il giorno di festa noi dobbiamo lavorare! L’Editore qua…
l’Editore là… ma basta! Lasciateci in pace! Fateci vivere la nostra beata vita
da gatti randagi! Neppure l’albero di Natale quest’anno possiamo fare, con la
paura di trovarci sotto, come regali, altri manoscritti da leggere! PERONI, che
fai con quella tanica di benzina?
- Nulla BAIOCCO! Visto che l’albero quest’anno non serve e
che continua a crescere invadendo troppo spazio eliminiamo alla radice il
problema. Hai un accendino?
- PERONI, per favore, non farci litigare col Capo, coi frati
e coi pompieri…
- Scherzavo, BAIOCCO…
poi mica è benzina! Alè ragazzi! Venite coi bicchieri! Un giro di
prosecco per tutti offerto dalle cantine del convento!
Comincia a preoccuparmi questo ragazzo…
4
E’ di nuovo venerdì e la sera sono al solito tavolo, con le solite
pappardelle al cinghiale e vino rosso, ma in compagnia di Franchino, un amico
che è pure la star della serata. Franchino canta Fred Buscaglione, di cui è un
fan sfegatato. Farà qualche pezzo nell’intervallo dell’orchestrina di liscio.
Parliamo delle solite cazzate: la campagna acquisti della nostra squadra
di calcio, appena terminata, delle cosce di una nuova cameriera e del rincaro
del gasolio.
Quando torniamo al nostro tavolo ci concediamo un fernet ghiacciato e un
paio di commenti sulle vecchie galline che stanno arrivando. Lui è un
castigatore nato. Ogni venerdì torna al suo appartamento con una preda
differente. Lo vedo molto interessato ad una piccola ma prosperosa moretta alla
nostra sinistra. Mentre la sto attentamente valutando mi appoggiano un
bicchiere di birra rossa davanti alle mani. Alzo gli occhi e vedo la Bellona in
abiti civili.
- Buonasera uomo di poche parole – dice – Le posso offrire un giro?
Con l’espressione stupita, forse ebete, le faccio segno di sedersi.
Appoggia il suo bicchiere, ancora birra rossa, un piatto di patine fritte e si
accomoda.
Franchino capisce, male, che è l’ora di togliere il disturbo (o forse
non vedeva l’ora di agganciare la moretta).
- Ciao, Sorbo. Rimani fino a che canto?
- Certo.
Poi, rivolgendomi alla Bellona ed indicando la birra – E’ forse il
calumet della pace?
- Potrebbe, visto che sono sei anni che ho smesso di fumare. A
proposito, mi chiamo Carla – Lo dice regalandomi uno splendido sorriso, uno di
quelli che neppure la pubblicità del dentifricio ti fa vedere. Ne rimango
turbato, quasi affascinato.
- Fosco.
- Lo so. Perché Sorbo?
- Esistono due possibilità. Forse è l’abbreviazione del cognome,
Sorbelli. Oppure può dipendere dal fatto che rispetto un’antica tradizione di
famiglia e usanza popolare che vieta di tagliare gli alberi di sorbo in quanto
porta sfortuna.
- Sei superstizioso? – chiede passando rapidamente al tu.
- No, ma ci credo. Mio nonno la rispettava, mio padre pure, giustamente
anche io.
- Antiche tradizioni di famiglia.
- Una volta, in questa zona impervia e dimenticata da Dio si potevano
fare ben pochi lavori per sopravvivere. Mio bisnonno faceva il carbonaio, mio
nonno si evolse a boscaiolo, mio padre proseguì l’attività di famiglia e ora
tocca a me. E’ da inizio secolo che tagliamo alberi, mi stupisce che ce ne
siano ancora da queste parti.
- Sei giovane per questo lavoro, come mai l’hai scelto?
- Pura necessità. Tu, invece, come mai qua?
- E’ l’unica distrazione che offre questo posto.
- Non mi riferivo a questo. Non ti trovi bene a Paese?
- Ho sempre vissuto in una città, piccola o grande. Non ero abituata né
preparata a questo stile di vita.
- Non ti piace?
Ci pensa un poco e, quasi soppesando le parole per non rischiare di
offendere l’indigeno, che sarei io, confessa candidamente - No. Non mi piace vivere
in una frazione di appena trecento abitanti. Non c’è un cazzo, a parte il bar,
il circoletto e l’oratorio. Tu abiti a Borgo?
- No. Sopra Borgo. Sulla collina chiamata Cima, siamo due case e tre
abitanti, più qualche animale.
- Sai che allegria! Tu e una coppia di vecchi?
- No, io e zia, e il Professore,
che non è vecchio.
- Vivi con la zia?
- Veramente è lei che vive con me. Sinceramente fa comodo avere una
donna che ti sistema casa.
- Ora capisco perché non sei sposato – dice osservandomi la mano sinistra.
- Di solito si dice che non si è incontrata quella giusta.
- E come sarebbe quella giusta?
- Bella, ricca, vergine e un fenomeno a letto – sfruttando una vecchia
battuta.
- Eccomi qua!
Non era la risposta che mi aspettavo, rimango interdetto.
- Beh? – prosegue – Hai qualche dubbio sul mio conto in banca?
Mi scappa una risata. La Bellona, pardon Carla, apprezza e ordina un
altro giro di birre rosse.
- Intendi stordirmi con l’alcool, abusare di me e portarmi all’altare?
Stavolta è lei che ride.
- No, anzi, credo che dovrò togliere il disturbo.
- A mezzanotte ti si trasforma l’auto in una zucca?
- No, ma credo di dover lasciare campo libero a quella bionda che è un
pezzo che ti adocchia.
Mi volto e vedo una vecchia conoscenza, sempre presente il venerdì sera
al Covo.
- E’ solo una ninfomane frustrata. Poi, forse, è te che ha adocchiato.
L’esca fa abboccare la preda.
Carla comincia ad osservarla attentamente, senza sotterfugi.
- Dici? A me sembra che cerchi qualcosa che io non ho, ma tu sì.
- Le malelingue dicono che sia di ampie vedute.
- Tutti e due?
- Cioè?
- Ci vorrebbe tutti e due insieme?
- Non sono curioso.
- Pudico e superstizioso.
Fortuna che Franchino comincia il suo show.
Guarda che luna,
guarda che mare,
da questa notte senza te dovrò
restare
folle d’amore
vorrei morire
mentre la luna di lassù mi sta a
guardare
…
- E’ bravissimo! – commenta Carla.
- Un fenomeno, ma stacci attenta.
- Perché?
- Anche lui è un ninfomane. Si può dire anche per gli uomini?
- Ahahah! Pudico, superstizioso e anche geloso! Apposta fai il muto!
- Il muto?
- Parli poco.
- Parlo poco perché non sono abituato. Sto tutto il giorno nella macchia
con la motosega e Picche. Con chi dovrei parlare?
- Beh, con gli alberi ci parli.
- Quella è una forma di rispetto. Danno la loro vita per sfamarmi.
- …e filosofo. Tra un’ora ti avrò aperto come una cozza!
- Forse è l’ora di andare a dormire - dico, con una certa apprensione.
Teresa,
ti prego,
non scherzare col fucile,
per la rabbia tua la bile può
scoppiar!
Teresa,
ti prego,
io non sono certo un vile,
ma se tocchi quel fucile può
sparar!
E’ stata una follia,
l’ho incontrata per la via,
disse “Vieni a casa mia”
cosa mai potevo far?
Un bacio ha domandato,
te lo giuro ho rifiutato,
ed abbiamo poi parlato, pensa un
po’,
sempre di te!
…
- Teresa… scusa Carla, ma domani ho una giornataccia.
- Ultimo giro.
Annuisco sempre più preoccupato per la mia incolumità; dal Covo a casa
mia ci sono più di venti chilometri di strada senza una dritta.
Beviamo l’ennesima rossa e Franchino finisce il suo repertorio tra gli
applausi del pubblico.
Mentre si accomoda a un tavolo con la moretta e le sue generose tette mi
fa l’occhiolino.
Finalmente riesco ad alzarmi, con qualche difficoltà e a salutare la
Bellona, che ha l’espressione sorniona anche se deve pagare ventisettemila lire
di birre e patatine.
Al parcheggio riesco a trovare la mia Toyota, a metterla in moto e fare
manovra senza danni.
Il vespaio di pensieri che ho nel cervello si placa solo quando attacco
i tornanti della strada che da Borgo porta a Cima. Poi riprendono appena mi
stendo sul letto. Ho lasciato la Bellona con la ninfomane. Ninfomane lo è; lo
so per esperienza diretta. Di ampie vedute sono pettegolezzi che raccontano a
Borgo, anche se la bionda abita a Paese. Chissà se siano veri.
Pensa e ripensa finisce che mi si fa duro, malgrado l’elevato tasso
alcolico. Dedico una sega alla Bellona e
alla bionda avvinghiate insieme e riesco ad addormentarmi. Ma dura poco: nella
notte sono costretto a tre sveglie per pisciare.
PERONI di vedetta nel bosco |
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