LA CUCCIA DEL CAPO
Ieri sera ero a cena in un ristorante di Vicenza.
Finiti i primi, i secondi, i terzi, i contorni, etc, etc...
è arrivato, finalmente!, il momento dell’agognato caffè.
“Almeno posso fumarmi una sigaretta!” ho detto alla
proprietaria.
“Si accomodi pure nel patio esterno, se vuole, il caffè,
glielo servo là!” ha replicato confermando la sua squisita gentilezza.
Ho accettato e sono passato nel patio esterno sedendomi su
una poltroncina imbottita e rivestita di una graziosa stoffa damascata. Faceva
parte di un trittico composto da divanetto e un’altra poltroncina. Mentre mi
accendo la sigaretta il pensiero corre per i misteriosi meandri del mio
cervello e si sofferma sull’eventuale presenza dei gatti della Reggia e di come
sarebbero capaci di ridurre i tre mobili in poche ore.
Arriva il sospirato caffè portato dalla gentile ristoratrice.
“Non teme che qualche gatto le rovini il divano?”
incautamente ho chiesto.
“Ci provasse! Poi lo faccio al forno!” Confermando il
vecchio, e forse fondato, detto “vicentin magnagati”.
“Dopo il baccalà anche il gatto alla vicentina!” ho detto
per scherzare.
Mi ha guardato interdetta, forse offesa, poi, capito che
scherzavo, ha rilanciato:
“Sarebbe un’ottima idea! Piatto tipico delle feste!”
E’ toccato a me guardarla perplessa e, con espressione di
massima serietà, le ho proposto:
“Avrei una certa disponibilità di materia prima: facciamo l’affare?”
ONCIA - "Paura... eh?!?" |
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