venerdì 3 gennaio 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO




6
UNA TRANQUILLA DOMENICA DI SANGUE
(alla Colonia felina di Montelepre)




“Comincia a piacermi!” commenta il lagnoso ZORRO. “Solo lo avrei arricchito con le descrizioni dei gatti, il loro modo di fare, di pensare, di…”
“E statti zitto un po’!” ripete PRIMULA.
“Ragazzi: vado col sesto capitolo, poi una sosta per il pisolo!”
“Aggiudicato!” TOPAZIO, che quando c’è da dormire non si tira mai indietro.

CAPITOLO 6

-Dopo cena faccio compagnia al Capo sulla sua scrivania. Sta navigando in Internet.
“Guarda, Tazza, sarebbe perfetta per noi!” dice.
Osservo lo schermo del computer. E’ un auto. Un fuoristrada, bello grosso.
“Nuova costa un’eresia, ma usata ha un prezzo abbordabile”, prosegue. “Comunque ancora è presto per far girare troppi soldi. Vedremo l’anno prossimo. Ma non dire nulla a Susy: deve essere una sorpresa.”
Lo guardo perplesso. “Ma come! Hai appena speso un botto, come dici, per riparare l’altra e adesso funziona che è una meraviglia, e ora la vuoi cambiare? Dì pure che ti piacerebbe sputtanare un po’ di quei soldi trovati per strada…”
Poco dopo se ne va a letto a leggere un libro che tiene sopra al comodino. Mi appisolo sul divano.
Me lo ritrovo che gira per casa alle quattro del mattino. Ha lo sguardo stravolto.
“Ho sognato che i cani erano tornati e avevano fatto una strage. Un incubo”, dice mentre si prepara un caffè.
Non torna a dormire. Si siede alla scrivania  e comincia a mettere in ordine dei foglietti.
“Oggi si va a pagare l’assicurazione e il conto del meccanico. Poi altra spesa alimentare per voi… ancora una sorpresa.”
“Bravo!” penso tra me, “Prima chiudi tutti i debiti, poi pensa a chi ha bisogno di te e, se proprio non ne puoi fare a meno, butta via un po’ di quei soldi… volevo vedere se li avevi guadagnati con il sudore…”
Lo seguo nei suoi pellegrinaggi mattutini. Assicurazione, meccanico, supermercato, tabaccheria, poi prende una strada che non conosco e arriva ad un cimitero di periferia. Come scende dall’auto una decina di gatti gli si fanno intorno. Sbarro gli occhi: “E questi… chi sono?”
“Tazza, scendi con me?”
Lo seguo, curioso. Ha in mano il secchio bianco delle crocchette e una busta, grande. Giriamo dietro al muro del cimitero. I gatti sono euforici, gli saltano davanti e in mezzo alle gambe. Li osservo con attenzione: hanno tutti l’orecchia destra spuntata, segno che sono randagi sterilizzati dall’USL e quella è una colonia felina a tutti gli effetti.
“Questo è un tradimento bello e buono…” penso tra me, ma sono contento di vedere che altri colleghi ricevano un aiuto.
Vedo il Capo cominciare ad aprire scatolette e distribuire vassoi di polistirolo a quei mici, che sembrano veramente affamati. Poi riempie una grossa ciotola con le crocchette e la deposita sotto una struttura metallica.
“Così, se dovesse piovere, non si bagnano.” mi spiega.
Aspetta che abbiano finito il cibo. Ripulisce alla meglio i contenitori con l’acqua di una ciotola, che poi cambia, prende le scatolette vuote e saluta i gatti chiamandoli per nome.
“Ciao Clodoveo, Juventina, Nerozza, Codamozza…”
-Hai capito Silvio?! Ha il doppio lavoro! esclama Oliva.
-Veramente, considerando anche noi, sarebbe il terzo… la corregge la Cici, ma va bene così, il mondo è pieno di gatti sfortunati.
-Ce ne torniamo a casa dopo innumerevoli pellegrinaggi. Quello che mi disturba, in queste uscite, è che quando rimango in auto ad aspettare il Capo e mi appisolo sul sedile del passeggero c’è sempre qualche rompicoglioni che mi vede e comincia a picchiare sul finestrino per attirare la mia attenzione. Quattro complimenti, di quelli soliti e melensi, e se ne va, mandando il mio pisolo a puttane.
Lo accompagno anche alla Colonia per la distribuzione pomeridiana del cibo. Ora Silvio è riposato: dopopranzo ha dormito come Vento, che quando lo sterilizzarono all’USL si sbagliarono e gli fecero due volte l’anestesia. Dormì due giorni di filato. Era andato anche in ipotermia e Silvio gli aveva già scavato la fossa nel cimitero degli animaletti di Carpaneta. Per fortuna, poi, è risorto dal letargo chimico e ha cominciato una nuova vita. Più sfortunata della precedente.
-Cioè? chiede Togo, il più piccolo dei cuccioli.
-E’ stato uno dei gatti misteriosamente scomparsi durante la guerra contro il maledetto frate.
Segue un lungo silenzio, come un tacito raccoglimento in memoria dei colleghi caduti durante la crociata anti felini indetta dai frati del convento di Montelepre.
Scaccio i tristi ricordi.
-Il pasto quotidiano dei randagi della Colonia felina protetta di Montelepre è un’altra novità. Appena i gatti si accorgono che, come prima portata, il Capo ha portato tortellini con un sugo leggero di carne succede di nuovo il finimondo. Risse e baruffe per accaparrarsi un piatto tutto per se. La distribuzione è impossibile: Silvio non ce la fa a stare dietro alla voracità di una quarantina di gatti adulti. Saltano di nuovo gli schemi di protezione della Colonia. Flash, presente anche oggi, mi fa cenno di salire sul tetto della casetta a controllare la situazione. Lui piantona il sentiero che scende al rifugio.
E lancia l’allarme: un umano sconosciuto sta scendendo alla Colonia!
I gatti più timidi e paurosi si mettono al riparo, gli impavidi continuano a macinare tortellini. Il Capo capisce che c’è un pericolo in avvicinamento. Prende il dissuasore anti-cani e anti-rompicoglioni, un robusto manico di piccone tagliato alla giusta misura, e si piazza davanti al cancello di ingresso. Poi lo vede, smadonna sottovoce qualcosa, e depone l’arma.
“Buona sera!” dice lo sconosciuto. “E’ lei Silvio?”
“Sì! Ma ora ho da fare.” la risposta scocciata.
“Carabinieri”, replica il visitatore inopportuno, “vorrei scambiare due parole con lei.”
“Per i cani?” domanda.
“Quali cani?”
“Allora mi aspetti fuori dal cancello, per favore. Appena avrò terminato la distribuzione del pasto sarò da lei.”
I fuggiaschi tornano lentamente ai punti cibo per notare che i tortellini si sono volatilizzati. Silvio comincia ad aprire scatolette e accontenta tutti. Scendo dal tetto e faccio cenno a Flash di mangiare con comodo.
“Mi dica”, fa il Capo, terminata l’ erogazione dell’umido delle scatolette.
“Vorrei avere qualche notizia sui locali che prima utilizzava per il ricovero dei gatti.”
“Cioè?”
“E’ ancora in possesso delle chiavi della porta?”
“No. Come ho già spiegato al suo collega della Polizia la chiave l’ho restituita ai frati subito dopo il trasloco.”
“A chi, precisamente?”
“L’ho messa nella cassetta della posta. Chi l’abbia presa non lo so.”
“Perché non l’ha resa personalmente al Priore?”
“Perché è un viscido e mi sta sui coglioni. Non voglio aver nulla da spartire con quella gente.”
“Però, intanto, sta dentro la loro proprietà.”
Il Capo lo guarda di traverso, ha lo sguardo assassino.
“Mi faccia capire”, dice, “lei è qua per le indagini sugli omicidi o per riaprire le ostilità?”
“Quali ostilità?”
Silvio è costretto a riassumere ancora quanto successo in Colonia ai tempi del frate assassino.
Il carabiniere riflette, poi concorda.
“Ha ragione. Mi scusi, ma i gatti non mi stanno simpatici.”
“Neppure a me stanno simpatici frati e carabinieri.”
Torna il gelo tra i due umani.
“Prima ha accennato a dei cani.”
“Vi ho fatto un esposto in merito. I cani randagi che hanno sbranato le pecore hanno ucciso due gatti qua in Colonia. Ha verbalizzato il brigadiere Caccia…”, il Capo non si ricorda.
“Caccialepri”, suggerisce mister simpatia.
“Forse. Sì, mi sembra.”
“Comunque, i frati non le hanno quelle chiavi”, puntualizza ancora.
“Quella chiave. La chiave era una”, ribatte il Capo.
“Di solito ne vendono due insieme alla serratura.”
“Infatti erano due. La seconda l’aveva Lorella, una gattara che veniva a darmi una mano. L’ha persa dopo poco tempo.”
“Bene. Lorella non viene qua?”
“No. Ora si occupa di altre colonie di randagi.”
“Bene. E… dove posso trovare questa Lorella?”
“Alla Stazione di Polizia di Piandell’elcio. Lavora là: è nella Volante.”
“Una collega…” mormora il carabiniere.
“Mi spiega una cosa?” domanda il Capo. “Come mai tutto questo interesse per la chiave degli ex bagni? L’avete visto da soli che la porta si apre con una semplice spinta!”
“Certo. Ma per richiuderla? Come si fa?”
Silvio rimane perplesso mentre capisce di aver fatto un errore quella domenica mattina. Ha richiuso la porta con la chiave.
“Con la chiave”, risponde candido. “Anche se la chiave non la chiude e basta un colpetto per riaprirla.”
“Bravo! Ma per chiuderla? torno a chiedere. La porta non si richiude con la maniglia. E neppure dall’interno. Abbiamo fatto tutte le prove del caso. La porta si richiude solo utilizzando la chiave. Abbiamo fatto delle prove con un passepartout.”
“Significa?”
“Che qualcuno aveva trovato il cadavere negli ex bagni prima di noi e della Polizia.”
“Un complice?”
“Con la chiave?”
“Giusto. Ma non saprei cos’altro dirle.”
Il carabiniere posa gli occhi sulle scarpe di Silvio. Un paio di scarpe basse da trekking. Vissute, estremamente vissute.
“Usa quelle scarpe per venire qui in colonia?”
“Sì. Sempre. A casa le tolgo subito.”
“Perché?”
“A casa ho altri gatti. Potrei trasportare virus e infezioni dalla Colonia a casa e viceversa. Fare da vettore di malattie, insomma. Queste sono le scarpe della Colonia. A casa uso quelle di casa.”
“Di che misura sono?”
“Quarantaquattro. Mezzo numero in più delle altre scarpe. Queste sono da trekking; di solito si usano con pesanti calzettoni che rubano mezza misura.”
“Un quarantatre non lo potrebbe indossare?”
“Con qualche sofferenza. E senza calzettoni pesanti.”
“Grazie. Ci rivedremo…” lo sbirro se ne va.
Prima di tornare qua a casa ne approfitto per fare un cazziatone a Orfeo e alle sentinelle: non deve più succedere che gli incaricati abbandonino il posto di vedetta.
Torniamo a noi. A cena Silvio parla con Susy:
“Ho fatto una cazzata, domenica. Ho richiuso la porta degli ex bagni con la chiave invece di lasciarla accostata. Ora Polizia e Carabinieri stanno cercando chi potrebbe avere quella chiave. Apposta sono venuti a parlare con me. Sicuramente sono un sospettato.”
“Forse sarebbe meglio rendere tutto…” dice timidamente Susy.
“No. Oramai ho negato.”
“Potresti patteggiare.”
“E finire in galera. No! Ho fatto sparire anche la chiave, domani nascondo pure il denaro. Se venissero a fare una perquisizione non troverebbero nulla.”
“E… se venissero stanotte?”
“Speriamo di no.”
Va a finire che per la preoccupazione di una perquisizione notturna da parte delle forze dell’ordine Silvio non dorme un cazzo. Alle una è in piedi, agitatissimo. Si fa un caffè e fuma una sigaretta, poi torna a letto. Ma alle due è ancora in piedi. Altro caffè e altra sigaretta. Torna a letto, ma non riesce a dormire per i troppi caffè. Si rialza e si mette a fare videogiochi al computer. Alle sei è stravolto. Ha due borse sotto gli occhi più grandi di quelle della spesa. Alle sette si alza Susy e lo vede in stato comatoso.
“Non ho dormito un cazzo”, le biascica. “Ho pure finito il caffè.”
Alle otto scende al solito tacito appuntamento con l’amico Danilo, giù al bar del paese. Dopo l’ennesimo caffè, stavolta preso in compagnia, gli dice:
“Ho un problema. Devo nascondere una cosa. Posso contare su di te?”
Danilo è un lettore accanito, di tutto. Ma preferisce di gran lunga i gialli e i thriller.
“Hai ucciso qualcuno e ti devo nascondere l’arma del delitto?” dice scherzando.
“Sii serio!”
“Va bene! Se non mi fai passare guai, però.”
“E’ questo il problema…”
Danilo lo guarda perplesso poi gli dice:
“Sono alcuni giorni che ti vedo strano, oggi più che mai. Hai una faccia che sembra un secolo che non dormi. Quale è il tuo problema?”
“Se te lo dico diventi, automaticamente, complice.”
“Hai fatto una grossa cazzata.”
“Ancora non lo so. E il non saperlo non mi fa dormire.”
“Quanto grossa?”
“Ottocentomila Euro.”
Danilo sgrana gli occhi. La sigaretta accesa gli cade dalle dita. Rimane paralizzato.
“A chi… a chi li devi?” riesce a balbettare.
“Non li devo, li ho. E non sono miei.”
Danilo prende il Capo sottobraccio e lo trascina di nuovo dentro al bar. Gli fa prendere ancora un altro caffè, poi lo porta in fondo al parcheggio e lo fa sedere su un muretto. Gli accende una sigaretta e lo invita a spiegarsi meglio.
Silvio gli racconta tutto, ma proprio tutto.
“Un bel cazzo di lavoro”, il commento di Danilo.
“Allora, ci stai?”
“Beh, considerando che oramai sono complice perché non ti tradirei e che negli ultimi sei mesi ho fatto solo due consulenze per il totale di ottocento Euro su cui devo pure pagare le tasse…”
“Una bella fetta è per te”, conclude il Capo.
“Accetto”, la pronta decisione dell’amico.
Si accordano su come utilizzare in maniera oculata, senza dare nell’occhio, il denaro e sul fatto di rendere partecipe o meno Flora, la moglie di Danilo.
Decidono per il coinvolgimento; Flora non è stupida, noterebbe subito se ci fosse qualcosa di strano nel comportamento di Danilo. Poi un segreto pesa di meno se si può dividere con qualcuno.
Danilo viene qua, a casa, con noi. Carica in auto il trolley mentre il Capo spiega a Susy la nuova situazione.
“Ogni giorno porterà i soldi che ci occorrono e me li darà quando ci incontriamo la mattina.”
“Non hai paura che…”
“Tranquilla, mi fido. Oramai è complice e ha duecentomila euro a disposizione. Sarebbe un pazzo a dare un calcio a tutto per rischiare la galera.”
“Prende anche la droga?” chiede Susy.
“A quello non ci ho pensato. Ma no… la droga è al sicuro. Tra qualche mese la faccio sparire un po’ per volta dentro i cassonetti della spazzatura.”
Danilo nasconde il trolley dietro al sedile del suo pick-up e chiede un caffè.
“Te lo faccio subito. Anche per te Silvio.”
“Ma non era finito?” chiede il Capo.
“Ho fatto scorte l’altro ieri. Ce n’è per una mesata abbondante. Neppure oggi lavori, Silvio?”
“No. Non mi reggo in piedi. Prendo il caffè e vado a dormire.”
Ma le chiacchiere, qualche telefonata dei clienti che lo reclamano e un paio di lavoretti spiccioli da fare in casa non gli consentono di placare la fame di sonno. Solo dopo pranzo riesce a buttarsi sopra il letto e russare come una betoniera fino alle 16.

ORFEO - Il Custode della Colonia



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