VIOLA
“Mai più!” aveva giurato il Capo, riscuotendo tutta la
nostra approvazione.
Peccato che poi non fu capace di mantenere la promessa.
Si riferiva al fatto di accettare in Colonia gatti
provenienti da altre colonie o da situazioni a rischio.
Nel 2012 avevamo già ospitato tre profughi, provenienti da
tre contesti diversi. Dei nuovi arrivi quello che si era fermato di più in
Colonia era rimasto circa trenta secondi. Come gli aprivano il trasportino
uscivano a razzo e scappavano giù per il bosco, senza farsi rivedere più.
Il Capo si era stufato ed aveva cominciato a dire no ad
altre richieste di ospitalità, con la disapprovazione di BARTOLOMEO che aveva
imbastito un giro di scommesse clandestine sul tempo di permanenza in Colonia
dei nuovi arrivati.
Ma un pomeriggio di ottobre si presentò una rappresentante
della specie vivente più temuta dal Capo: le gattare. Raccontò la classica
storia strappalacrime di morte, sevizie, torture e minacce della colonia gestita sottolineata dal fatto che, col nuovo lavoro, non avrebbe più potuto
seguirla in maniera adeguata.
BARTOLOMEO aveva già dato il “NO gentile” a 1,03 e il “Vaffanculo tronca discussione” a 1,98.
Ma il Capo ci sorprese: accettò di ospitare 5 (cinque!)
nuovi ospiti.
BARTOLOMEO andò quasi sul lastrico.
Il Capo, seduto sulla panchina, mentre si accendeva la
sigaretta, mi spiegò il motivo della sua insolita decisione.
“Non lo faccio per i gatti” disse “tantomeno per quella
scema: lo faccio solo ed esclusivamente per me. Conosco quella colonia, ogni
mattina faccio un breve passeggiata lì davanti e l’anno scorso ho dovuto
raccogliere i cadaveri di tre gattini stroncati da qualche malattia e poche
settimane fa ce n’era uno spiaccicato sull’asfalto, proprio davanti al
distributore di carburanti. Non posso continuare a rovinarmi le giornate così.”
Tutto questo preambolo per spiegare la situazione e
“allungare il brodo”, come si dice: la storia di VIOLA alla Colonia potrebbe
essere riassunta in poche righe. Troppo poche per un post degno di questo nome.
Giunse il giorno del trasloco, il 22 ottobre. La Scema arrivò in Colonia
con tre trasportini. Il Capo già era perplesso.
“Due gatti non li ho trovati… ” si giustificò la gattara.
“Complimenti!” la risposta tagliente, segno che il Capo
cominciava già a dare segni di intolleranza.
Dal primo trasportino schizzò fuori un gatto nero che, come
un fulmine, attraversò la Colonia scomparendo nel bosco. Fu la prima e ultima
volta che lo vedemmo.
Dal secondo uscì una cucciola tricolore scura, a pelo lungo; si spaventò subito e andò a
rifugiarsi pure lei nel bosco.
Il terzo sfornò una gatta adulta, tigrata, tranquilla; cominciò ad annusare il posto e a curiosare. Mangiò pure dai nostri piatti e si
lasciò accarezzare dal Capo il quale, però, aveva notato un particolare.
“Come mai la gatta non ha l’orecchio destro spuntato?”
La gattara lo guardò perplesso, senza rispondere.
“E’ sterilizzata?” replicò brutalmente.
“No!” rispose candida la scema “Non ho avuto mai il tempo di occuparmene.”
Lo sguardo del Capo le fece capire che era meglio togliere
il disturbo e non farsi più vedere da quelle parti.
Così fu, per fortuna.
“Una su tre: abbiamo alzato la media!” il suo commento
appena la deficiente ci aveva lasciati.
“Tu,” indicando la tigrata che aveva già un nome, PICCOLA “hai una settimana per ambientarti, poi ti risolverò un problema.”
Le ultime parole famose.
Il giorno successivo PICCOLA non si fece vedere, e neppure
nei giorni seguenti. Per tutti era ritornata alla sua base.
Ma la bella tricolore a pelo lungo era rimasta nelle
vicinanze, attratta dal cibo e dai giochi dei piccoli GUFINO e WAFER. Era
schiva e ancora impaurita, ma era rimasta in Colonia.
Fu battezzata VIOLA.
Dopo pochi giorni, quando cominciava ad abituarsi alla
presenza del Capo, e c’era una possibile adottante, sparì.
Mentre giocava con i due piccoli amici venne pizzicata da
un’auto, scappando dolorante nel bosco.
Per tre giorni non la vedemmo, considerandola ormai spacciata.
Il quarto giorno il Capo la trovò raggomitolata dentro una
delle cucce esterne. Era una crosta di
sangue e fango e visibilmente dolorante. Era tornata per chiedere aiuto.
Fu adagiata nella gabbietta in dotazione alla Colonia e portata via con
urgenza.
Fu l’ultima volta che la vedemmo.
I veterinari constatarono diverse fratture al bacino e la
rottura dell’uretra e del retto con conseguente infiltrazione di feci
sottocute.
Un disastro. Fu operata un paio di volte e la pelle
necrotizzata le fu asportata.
Da una
splendida tricolore era diventata una specie di decrepita mummia.
Dopo due settimane di ricovero già si preparava la sua nuova
cuccia alla Reggia.
Ma la sfortuna si accanì ancora contro la piccola VIOLA.
Una banale gastroenterite, ma letale per un fisico già
troppo provato, se la portò via in 24 ore. Era il 13 novembre 2012.
Anche se la splendida VIOLA ha trascorso solo sette giorni alla Colonia la
consideriamo a tutti gli effetti una vecchia, indimenticata e sfortunata amica.
L'unica foto della piccola VIOLA |
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