domenica 16 febbraio 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO




12
UNA TRANQUILLA DOMENICA DI SANGUE
(alla Colonia felina di Montelepre)




“Tutti questi errori ci stavano?” chiedo preoccupato a PALLUCCHINO.
“Sì. Ma niente di grave: qualche refuso, alcuni errori di punteggiatura che appesantiscono pure la lettura. Normale amministrazione.”
“Poi,” proseguo, “al Capo glielo rendi tu il manoscritto.”
“Certo! Insieme alla scheda di valutazione.”
“Bravo!” lo interrompe FRITTELLA. “Così non ci porta più da mangiare per un mese!”
“Buoni! Andiamo a leggere il seguito”, riporto alla calma i colleghi.

CAPITOLO 12

-La notte successiva inizia il pattugliamento dei novelli vigilantes della Colonia. Quando arriva Odoacre con la famiglia e i suoi amici faccio la mia richiesta: “Odo devi riportare la torcia del Capo che hai fregato, e tuo cugino ci deve rimediare delle pile non ancora esaurite per farla funzionare.”
“Perché?” domanda.
“E’ l’unico metodo che conosco per catturare gli insetti per i pipistrelli. La piazziamo sul tetto del rifugio e di notte l’accendiamo, gli insetti arriveranno attratti dalla luce e loro potranno mangiarli.”
“La mia birra?” chiede Gregorio, con la bocca piena di crocchette.
“E’ là, in lattina. L’abbiamo tenuta a fresco dentro la ciotola dell’acqua.”
“Dove l’avete rimediata?” si informa Odoacre.
“Qualcuno ha alleggerito la dispensa del convento. Abbiamo anche delle salsicce secche per Pippo.”
“Ottimo.”
“E questo è il piatto di bocconcini per le civette”, fa Ofelia tirandolo fuori da sotto una delle cucce esterne, dove Archimede l’aveva nascosto quando Silvio era andato a prendere l’acqua alla fontanella.
La collaborazione dura per tutta la settimana. Dei cani nessuna traccia e il popolo della Colonia è più riposato e meno stressato.
L’unico perplesso è Silvio. Ogni pomeriggio è convinto di aver portato via tutti i piatti sporchi di cibo ma, il giorno successivo, trova sempre un piatto sporco e vuoto vicino alla recinzione. Un altro dubbio che lo assale è quello del sistematico e giornaliero ritrovamento, dentro al bidone della spazzatura della Colonia, di una lattina vuota di birra Moretti.
“Ma chi cazzo viene a banchettare in Colonia?” si domanda a voce alta.
Un pomeriggio, di ritorno dalla Colonia, scorgiamo il camioncino dell’impresario dentro al piazzale di casa.
“Cosa succede?” domanda il Capo.
“Buonasera signor Silvio!” saluta l’impresario appoggiando una grossa tanica vuota dentro al cassone del camioncino. “Ho appena bonificato la fossa biologica.”
“Cioè?”
“Acido”, mostrando la tanica. “Domani i liquami saranno tutti decomposti e potrà venire l’autobotte per lo spurgo.”
“Lo spurgo?”
“Certo! Mica vorrà fare la gettata di calcestruzzo dentro una fossa piena di merda!”
“No, no. Ma…” balbetta il Capo.
“Nessun problema”, rassicura l’impresario. “Tra poco sarà tutto sciolto e domani sera l’autobotte verrà a fare il prelievo.”
“Ma… “
“Forse ancora non glielo avevo detto”, prosegue, “ma la ditta di spurghi è di mio cugino. Con cento Euro, acido compreso, ha la fossa pulita e libera.”
“Ma… “
“Lo so: è un prezzo concorrenziale, ma mio cugino lavora in economia, estrema economia, pur di riportare a casa un po’ di soldi. Infatti lavora tantissimo e può venire a fare il lavoro solo dopo le 8 di sera.”
“E si tiene la merda tutta la notte dentro all’autobotte?”
“No! Ha un deposito di stoccaggio, non si preoccupi. Lo faccio venire domani sera, allora!” rammenta andandosene.
“Oh, cazzo… “ il pensiero sussurrato del Capo.
Dopo cena lo vedo scendere alla fossa biologica vestito come un barbone e con la lunga asta con l’uncino. Solleva il tombino di cemento, maledicendo l’inventore dei tombini e della miscela da costruzione, e comincia a pescare con l’uncino. Al terzo tentativo l’improbabile pesce abbocca e Silvio tira su l’asta. Appare lo scheletro metallico della valigetta, rilucente come non mai.
“Oh, cazzo… “ mormora, “l’acido s’è mangiato la droga e il rivestimento della valigia.”
Scandaglia ancora la fossa biologica per una mezz’ora ma non riesce a tirare su nulla.
“Pazienza”, biascica. “Abbiamo risolto il problema droga.”
A cena Silvio informa Susy della novità: “Nella fossa ora abbiamo una nuova droga chimico-biologica: la stronzocaina acida!”
“Stupido!” ribatte Susy. “Se fanno un controllo a campione al deposito di stoccaggio ci fanno un mazzo tanto.”
“Oh, cazzo!” replica il Capo con espressione preoccupata.
Finisce di cenare e scende di nuovo alla fossa. Apre, bestemmiando, nuovamente il tombino e getta dentro al liquame una manciata di foglie che vediamo sfrigolare come patatine durante la frittura e sciogliersi immediatamente.
“Non si può fare nulla, oramai”, il suo commento finale.
La sera successiva, puntuale come il cameriere che porta la pizza appena hai acceso la sigaretta, arriva il cugino sturafosse con il suo mezzo aspira merda e affini.
In pochi minuti il grosso tubo succhia tutto il liquame dai vari cilindri di cemento e lo spurgatore esige il suo compenso elargendo un prezioso ed economico consiglio.
“Non stia a sprecare soldi per il calcestruzzo. La riempia di sassi e terra di risulta, tanto nessuno verrà mai a controllare!”
“Ma suo cugino ha detto… “
“Mio cugino è troppo ligio con le leggi, soprattutto quando pagano gli altri. Gli chieda di far venire un camion di terra e pietre, risparmierà due terzi della spesa.”
“Grazie del consiglio”, replica Silvio allungandogli due banconote da 50 euro di dubbia provenienza.
Mentre il cugino-idrovora se ne sta andando il Capo fa la domanda che gli preme.
“Mi scusi, ma al deposito di stoccaggio… “
L’altro si volta e lo guarda accigliato.
“Dicevo”, prosegue. “al deposito di stoccaggio lo analizzano il carico?”
“Che carico?”
“Il… la merda che si è portata via.”
“E perché dovrebbero? Sono liquami, si fanno decantare, passano per il depuratore e tornano in circolo limpidi come acqua di sorgente.”
“Ah, no… dicevo per l’acido.”
“Quello lo neutralizzano, non so come, ma viene bonificato. ‘Sera, signor Silvio!”
“Se sapesse che sta trasportando ottocentomila Euro di cocaina tagliata con la cacca si metterebbe lui a fare il bonificatore!” ancora Silvio a Susy durante la cena.
“Per favore, cambiamo argomento, almeno a cena”, ribatte la signora.

FRITTELLA

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