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UNA TRANQUILLA DOMENICA DI SANGUE
alla Colonia felina di Montelepre
Non è semplice proseguire con la lettura in queste prime giornate di tiepido sole.
Chi può se ne va in giro per il bosco a caccia delle
piccole prede che escono dalle tane per godersi questo antipasto di primavera.
Così quando tornano alla casetta, chi con un topino, chi con
una lucertola ancora rimbecillita dal letargo invernale, chi con una salsiccia
secca (BARTOLOMEO ha di nuovo fatto affari col losco INTREPIDO), chi con un
pugno di mosche, posso proseguire a leggere alla mia platea.
CAPITOLO 13
La notizia la ascoltano alla tele dal TG regionale
durante il pranzo del giorno successivo.
“Improvvisa moria di pesci lungo le sponde del Rio
Impetuoso all’altezza del rudere del molino Capotosti”, dice lo speaker. “Le
autorità di controllo delle acque stanno indagando su un’eventuale rilascio di
materiale inquinante da parte delle aziende agricole a monte del tratto del
corso d’acqua.”
“Delinquenti… “ commenta Susy.
“In galera!” aggiunge Silvio.
Ma è il pomeriggio, alla Colonia, che apprendo la
ben più preoccupante novità da Orfeo.
“Generale, i cani sono nelle vicinanze: stanotte
l’allarme è scattato due volte. Sono stati avvistati giù dal contadino da
Odoacre e vicino alla troscia piccola da Rosalia. Ora i gatti sono tutti ai
posti di vedetta e serpeggia un certo nervosismo.”
Inutile dire che appena Attila sente la parola serpeggia comincia a radiografare con
gli occhi tutto il bosco.
“State in campana, stanotte”, avverto. “Dormite alla spoletina.”
“Alla
spoletina ?” replica Orfeo.
“Con un occhio chiuso e l’altro aperto”,
chiarisco. “Anzi: stanotte starò di guardia con voi qua alla Colonia.”
Infatti non mi presento all’auto al momento di
tornare a casa e vado a scegliere un buono (e comodo) posto di osservazione.
Sonnecchio alla
spoletina tutta la notte ma è di primo mattino che il pipistrello Telemaco
lancia l’allarme mentre se ne sta tornando alla sua tana nella cavità del
tronco di un vecchio castagno.
Tutti in piedi e fuori dalla casetta di legno,
pronti a rifugiarsi sopra gli alberi.
Li vediamo, i due demoni canini assatanati di
sangue che arrivano al galoppo dal campo sotto alla Colonia. Via tutti! Solo
Saetta scappa i direzione del convento, allo scoperto del piazzale asfaltato.
Le belve lo vedono e cominciano l’inseguimento.
“E’ spacciato”, dico tra me.
Ma quando stanno per raggiungerlo Saetta fa uno
brusco scarto laterale e si inerpica sulla collina sopra al piazzale sterrato e
vola verso il sentiero.
Scendo dall’albero e mi precipito per cercare di
soccorrerlo. Ma sono troppo veloci. Appena sento delle urla disumane aumento il
ritmo fino a farmi quasi esplodere il cuore e arrivo nello spiazzo del bosco
dove c’è una panchina. Mi blocco dalla sorpresa. Sopra la panchina c’è il frate
assassino che cerca di difendersi dall’assalto dei cani. Saetta mi fischia da
sopra una quercia e mi urla di raggiungerlo. I cani mi vedono ma il più grosso
dei due continua ad azzannare il polpaccio del miserabile nano. Tanto per
cambiare il menù anche l’altro decide che il frate è più gustoso di un gatto e
gli si attacca al braccio sinistro. Il frate cerca di difendersi con il bastone
che usa per passeggiare. Distribuisce legnate a destra e manca e incassa morsi
da tutte le parti.
“Che bello spettacolo!” commenta Saetta. “Se si
ammazzano a vicenda abbiamo risolto tutti i nostri problemi.”
Ma non finisce così.
Dal convento hanno sentito le grida disperate del
frate in castigo e un paio di inservienti sono usciti armati di pala e forcone.
La zuffa si infiamma. I due cani cercano di aggredire i nuovi arrivati ma
rimediano uno una palata sul cranio, che lo lascia barcollante, e l’altro una
forconata sulla zampa anteriore destra. Sanguinante riesce a fuggire mentre
l’altro, ancora rintronato dalla botta, viene raggiunto e inforcato
definitivamente. Il frate inutile rimane a terra, tra sangue e lamenti, conditi
da qualche moccolo, da vero uomo di Chiesa. Viene soccorso da un inserviente
mentre l’altro corre al convento ad avvertire gli altri frati. Di lì a poco si
presenta tutta la banda dell’ “Associazione a delinquere”, utilizzando la
definizione del Capo. Poco dopo arriva un imponente spiegamento di mezzi e
forze: ambulanze, Polizia, Vigili del Fuoco, Polizia Veterinaria, Corpo
Forestale e Vigilanza Venatoria. Il frate viene imbracato su una barella e
scompare inghiottito dall’autoambulanza. Gli altri iniziano una battuta di
caccia mentre alcuni rimangono a fare foto, raccogliere indizi ed interrogare
gli umani del convento. Mi accorgo che sulla quercia siamo in quindici, appollaiati come avvoltoi.
Sarà stato il sesto senso o, più probabilmente, il
rumore delle sirene spiegate a portare Silvio alla Colonia a fare un controllo.
Appena vede tutti i mezzi delle varie polizie parcheggiate nel piazzale
sterrato domanda ad un forestale cosa sia successo.
“Dei cani randagi hanno aggredito un uomo”, la
risposta.
“Oh, cazzo!”
“Un frate, per la precisione.”
“Ah! Bene!” commenta Silvio lasciando perplesso il
milite, poi scende alla casetta per vedere se ci siano stati problemi. E’ tutto
in ordine; mancano solo i gatti.
Lo raggiungo e gli faccio capire che mi deve
seguire. Arriviamo allo spiazzo con la panchina, è ancora pieno di poliziotti.
Silvio si informa su cosa sia successo e quanto gli dicono chi è la vittima e
che anche il secondo cane è stato catturato si lascia scappare: “Poveraccio.”
“E, sì!” risponde un vigile del fuoco.
“Praticamente gli hanno sbranato una gamba.”
“Mi riferivo al cane”, precisa il Capo facendo
cenno con la testa al cadavere dell’assassino a quattro zampe.
Poi ci chiama a raccolta e convoca tutti alla
casetta. Lo vediamo armeggiare dentro la sua auto e uscire con le mani piene di
scatolette di bocconcini, un sacchetto di crocchette e una bottiglietta di
acqua minerale.
In Colonia tira fuori i piatti e comincia una
distribuzione straordinaria di cibo.
“Oggi si festeggia!” comunica brindando con la
minerale oramai sgasata dal lungo tempo di permanenza in auto.
E’ un festino a tutti gli effetti. Arrivano alla
spicciolata anche dei randagi solitari del bosco, Rosalia la civetta, Odoacre
con la famiglia e il cugino Gregorio. Gregorio apre una lattina di birra
Moretti e, mentre sgranocchia crocchette come fossero noccioline, decide di
fare a socio del beveraggio col Capo che apprezza il gesto e comincia a
sgranocchiare crocchette pure lui. Preferisce quelle verdi a forma di
pesciolino.
Quando tutti i soccorritori se ne sono andati
decide che è l’ora di scendere al bar del paese a farsi un buon espresso. Lo
seguo.
“Anche questa è risolta!” commenta ad alta voce.
“Due piccioni con una fava: fuori i cani e via il frataccio. Cosa vuoi di più,
Tazza?”
“Andare finalmente in pensione.”
Quello sarà il mio prossimo obiettivo.
BARTOLOMEO raccoglie le confidenze del povero GNEO |
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