LA CUCCIA DEL CAPO
Glielo avevo promesso: la prima domenica col sole vengo su a
fare un po’ di pulizie.
I lavori per il ripristino della recinzione sono andati per
le lunghe, il tempo si è messo sul piovoso stabile ed abbondante e non ho
potuto fare le pulizie di fondo all’interno della casetta per diverso tempo.
I gatti si lamentavano: “Guarda che schifo qua! Ma quando
mai li toglierà questi pali rugginosi dalla nostra casetta? Ci ha preso per
gatti rom?”
“Quasi, quasi chiamerei l’Ufficio d’Igiene e gli farei fare
una bella multa!” aveva proposto PERONI.
“Bravo coglione!” lo aveva ripreso LIRA “Così torniamo dei
senzatetto e quello ci taglia pure i viveri per pagare la multa!”
Ma stamattina, complice un pallido sole, ho assolto i miei
doveri.
Con un pizzico di cattiveria e malignità.
Alle 9,00 li ho tirati giù tutti dalle brande e, dopo
avergli preparato la colazione, ho cominciato a distribuire i compiti.
“Tu: comincia a raccogliere i piatti sporchi! Tu, invece,
togli tutti i rametti caduti dallo spiazzo! EMILIA! Sposta le ciotole delle
crocchette che lì devo pulire! Prendete i tappeti a terra e stendeteli al
sole ad asciugare!”
In pochi minuti la Colonia si è spopolata.
Trovagli da lavorare e quelli sono capaci di emigrare in
Groenlandia.
Nel silenzio del bosco ho cominciato a svuotare la casetta
dalle cucce e pulire gli scaffali e il pavimento.
Mi è preso un coccolone quando da un cubo-cuccia è schizzata
fuori OFELIA che ancora stava dormendo.
“Sei diventata sorda o hai fatto di nuovo le ore piccole?”
l’ho rimproverata, mentre con gli occhi ancora chiusi dalle secrezioni notturne
cercava di capire cosa stava succedendo.
“E’ la domenica della pulizie” le ho ricordato.
La gatta nera non si è scomposta; si è stirata e adagiata
nuovamente dentro una delle cucce che avevo spostato all’esterno.
Dopo un’oretta avevo finito di ramazzare, passare lo
straccio e cambiare le copertine sporche.
In due minuti sono ricomparsi, come d’incanto, una ventina
di gatti a curiosare.
Controllo ed apprezzamento per il lavoro svolto, una rapida
ricognizione per trovare la cuccia più comoda e sono tutti pronti per un altro
giro di crocchette e bocconcini.
“Chi non lavora, non mangia!” ho ricordato “C’è ancora da
pulire il tetto dagli aghi dei pini.”
Sono saliti in sei, malvolentieri, e maledicendo la Comunità
Montana che anni addietro aveva piantato quegli inutili e dannosi alberi hanno ripulito il tetto e si sono presentati a riscuotere il compenso.
Altra scatoletta e busta di crocchette per saziare gli
appetiti dei parassiti a quattro zampe.
Finalmente anch’io ho potuto godermi il meritato spuntino
mattutino: sandwich con un po’ di porcherie dentro e un Pocket Coffee per
ovviare all’assenza del caffè vero.
Ma le mandibole feline sono dieci volte più veloci di quelle
umane e, dopo un paio di secondi, ho uno stuolo di mendicanti pelosi
(falsi) affamati e desiderosi di
condividere con me il MIO spuntino.
“Via bestiacce!” ho strillato, con tutto il mio amore per i
randagi.
Ma la questua si è trasformata in assedio.
Al confronto Sebastopoli era una città aperta.
Ho dovuto cedere: l’orgoglio, l’autorità, la dignità e tre
quarti di panino.
Ma il Pocket Coffee no!
Ringrazio la Natura che ha fatto i gatti insensibili al
caffè e intolleranti al fumo.
PERONI e PINELLA sul tetto della casetta prima di iniziare le pulizie |
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