sabato 7 dicembre 2013

L' ARTE DI MORIRE IN PACE, IN PIEDI.





LA CUCCIA DEL CAPO





Mi scuso con i Lettori per il problema insorto col post della scorsa settimana.
Stranamente, al posto di alcune parole, è apparsa una sfilza di x.
GIANO, il Traduttore in linguaggio HTML mi ha riferito che è normale che alcune parole siano intraducibili, o lette male dal sistema che, per non sbagliare, inserisce delle x al posto del vocabolo incriminato.
PERICLE, l’Informatico mi ha confermato la cosa: “E’ un linguaggio basato sull’inglese, non riesce a tradurre tutti i vocaboli italiani!”
Però, nei post di TAZZA non ho trovato nessuna parola intraducibile.
Strano… che siano più alfabetizzati di me?
Consoliamoci col secondo post della XXX rubrica e speriamo che ‘sto cazzo di HTML capisca quello che scrivo.

L’ARTE DI MORIRE IN PACE, IN PIEDI.
Gli amanti dei gatti hanno una maledizione, costante e continua.
Chi convive con dei felini avrà già capito a cosa mi riferisco: l’impossibilità di stare seduto senza un gatto che ti si spalma sopra.
Sembra che i felini domestici non facciano altro nella vita, aspettare che il loro amato umano si sieda.
Ancora le chiappe devono toccare la seduta della sedia, o della poltrona, che il micio ha già spiccato il balzo per atterrarti sulle cosce.
Lo so, è una palese dimostrazione di affetto e amore, unita alla velata richiesta di coccole.
Affetto e amore, come le paste che ti fanno sulle cosce e sulla pancia e ti mandano sempre in giro con felpe e pantaloni della tuta sbrindellati. Come le leccatine che ti danno sulle guance, sperando di essere contraccambiati o lo strofinamento del muso sul tuo collo con tanto di saliva spalmata che si raggruma insieme a peli multicolori.
Poi ci sono i teneri morsi sui lobi delle orecchie e sulla punta del naso che ti predispongono all’applicazione di orecchini.
Insomma, per il povero gattofilo non esiste più il piacere di sedersi comodamente in casa senza essere sommerso da una o più masse pelose.
Qualcuno penserebbe che i gattari di colonia non subiscano queste amorevoli torture. Si sbaglia.
Quando sono in colonia, finita la distribuzione del cibo, mi piace sedermi su una della panchine artigianali e osservare le operazioni dei mici con la panza piena. Ed è quello che loro aspettano.
Come ti siedi si bloccano, smettono di lavarsi il muso e di spulciarsi la coda. Si osservano uno con l’altro: chi sarà il più veloce?
Pum! Arriva subito il primo che ti si stende sulle gambe e riprende la sua operazione interrotta. Immediatamente arriva il secondo che si siede al tuo fianco, su quei trenta centimetri di panca libera e comincia a tirarti la manica coi denti.
“Hai due mani: puoi fare le coccole anche a me!”
Il terzo arrivato si deve necessariamente adattare al posto più scomodo, ma più prestigioso.
Con balzo felino (ci mancherebbe) ti si artiglia sulla schiena e comincia la scalata della vetta fino ad accomodarsi, stile sciarpa, sulle tue spalle e da lì comincia a leccarti le orecchie, i capelli e tutto quello che sta a portata di lingua.
Il destino degli amici dei gatti è quello di sperare di non finire mai su una sedia a rotelle e morire, velocemente e possibilmente, in piedi.  Anche la bara, nella camera ardente, dovrà essere posta in posizione verticale per evitare di essere inumato con qualche micio dentro che ti si è accoccolato sulla pancia.

Quella sarebbe davvero una maledizione eterna.

 RALF (Il Piccolo della Colonia) sulle gambe dell'autore 
dopo il lauto pasto quotidiano






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