LITTORINA
Il 15 maggio è un giorno come un altro. Né più
né meno. Qualcuno fa gli anni, altri si fidanzano, chi compra l’auto nuova, chi
si fa l’amante, chi intuisce di avere le corna, chi trova un posto di lavoro e
chi scopre che l’auto nuova, le corna, l’amante e tutto il resto sono problemi
secondari davanti a due capienti cartoni abbandonati in fondo alle scalette di
pietra della Colonia.
Successe al Capo il 15 maggio
2008.
Appena li vide abbandonò la sua
aria menefreghisticallegra per assumere il cupo tono di quella preoccupata per
un nuovo inaspettato arrivo in Colonia. Innanzitutto i cartoni erano due,
quindi erano almeno due gatti e già la faccenda cominciava a diventare seria.
Noi sapevamo tutto: avevamo
vissuto in diretta l’abbandono, ed ora ci eravamo posizionati comodi per
goderci le reazioni scomposte del Capo.
Il nostro umano dimostrò ottime
doti riflessive e una buona dose di sangue freddo. Per prima cosa si accese
l’eterna sigaretta, come se la nicotina facesse svanire nel nulla i due cartoni
e il loro contenuto.
Poi, lentamente, scese le scale
e, schivandoli come fossero ordigni esplosivi, appoggiò i suoi secchi con il
nostro pasto sul tavolo di cemento. Si fece coraggio da solo e tornò verso le
due maledette scatole. Delicatamente sollevò il coperchio ad una di loro per
scoprire che era vuota. Passò alla seconda e, con la massima delicatezza,
ripeté l’operazione. Vuota anche l’altra.
- Due! – sentenziò ad alta voce
rivolgendosi a noi – Adulti!
Quello che più temeva non si
era verificato. Ma rimaneva perplesso delle nostre espressioni scettiche.
- Due, ho detto! – ripeté
ancora, già incazzato – Dove sono?
Da una panchina di cemento
dieci code feline indicarono un punto sul muretto di confine con il campo.
La vide, anche lei lo vide. Lui
si avvicinò guardingo, lei smise di leccarsi le parti intime. Si fissarono a
lungo negli occhi.
- Chi sei? – lo sentimmo
mormorare.
- LITTORINA. E tu?
- Il Capo. Sei sola?
- No. Sono arrivata con quel
coglione lassù – indicando la cima di un pino cipressino che dondolava
vistosamente con un gatto aggrappato alla chioma.
- Cosa ci fa lassù?
- Il coglione. Te l’ho detto
che gli manca qualche rotella!
- E’ femmina?
- Avrei detto la cogliona.
- Tu sei femmina?
- E tu, sei orbo o la mamma
ancora non ti ha insegnato nulla?
Il Capo la fissò nuovamente con
il suo sguardo magnetico.
- Sei incrociato con un Husky
che hai gli occhi di due colori? – commentò LITTORINA.
Il Capo tese la mano e lei la
zampa ancora bagnata dalla saliva.
- Benvenuta a Monte Malbe,
LITTORINA! – annunciò – Come faccio a far scendere quel broccolo lassù?
- Sparagli.
- Non ho il fucile dietro.
- Sega l’albero.
- Non posso, poi si incazzano i
frati.
- Spara ai frati e sega
l’albero.
Finì come già sapevamo, anche
se non era per niente finita!
- Tutti a tavola! – gridò il
Capo, sperando di far scendere anche il micio Messner.
Banchettammo con le solite
scatolette, le solite crocchette, bevendo la solita acqua, pur sapendo che non
era il solito giorno.
Ma il micio Messner non scese
dal suo ondeggiante pino cipressino.
La puntata si conclude con un
feroce dubbio: continuo a raccontarvi la storia del micio Messner o passo
direttamente a quello che accadde nei minuti successivi?
Lo saprete quanto prima.
Vostro SAETTA (l’attuale
memoria storica della Colonia)
LITTORINA alla Colonia Vecchia - Giugno 2008 |
Molto carina... le bacchettate cominciano a dare qualche risultato?
RispondiEliminaLa sensibilità esce fuori... scanzonata, come sempre... ma è lei.
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