domenica 25 maggio 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
1a Puntata




Grande folla felina sul solarium, lo spiazzo della casetta, il bosco a monte e la quercia caduta vicino all’ingresso della Colonia.
Tutti qua per la lettura di ‘VUOTO A PERDERE’ di Favio Bolo, i nostri affiliati alla Colonia, i randagi di altre tre colonie di Monte Malbe, alcuni gatti non associati ed inselvatichiti, gatti domestici che si sono allontanati da casa per l’occasione e tutta la varietà di fauna dei boschi di Monte Malbe.
C’è pure il nostro amico istrice ODOACRE, che ha approfittato dell’occasione per allestire un banchetto ambulante dove vende panini con porchetta (è stato sacrificato uno dei maiali del contadino) e beveraggi vari (compresi alcoolici).
Poco lontano INTREPIDO vende strane sigarette e minuscoli pacchetti di carta argentata.
Sono un poco preoccupato; non mi aspettavo una simile partecipazione. Una cosa è leggere ad un piccolo e (poco) selezionato pubblico, un’altra rivolgersi a questa moltitudine da comizio elettorale.
“Benvenuti ragazzi alla lettura dei primi capitoli di ‘Vuoto a perdere’! Vi leggerò quella che è la stesura originale del romanzo, in fase di stampa sono state, poi, apportate piccole modifiche. Spero solo che, almeno stavolta, Favio Bolo non abbia scritto l’ennesima porcata.”
Da una delle cucce esterne si alza un “BRAVO!”
E’ PALLUCCHINO che condivide pienamente il mio pensiero.
“Cominciamo con la sinossi?” chiedo al numeroso pubblico (non pagante).
Tutti annuiscono.

“Andrea Rossi è un agente dei Servizi Informativi Governativi. Grigio, diligente, preciso e sottomesso ai superiori ed alla quasi eterna fidanzata Antonella. Ma ha il classico difetto di tutti i giovani rampanti: vuole scalare il successo professionale e per questo si impiccia in una cosa troppo grande per lui che gli fa rischiare la pelle. Per questo viene allontanato dai Servizi e messo in pensione. Si rassegna al forzato riposo e decide di dare una svolta completamente diversa alla sua vita. Ma un branco di rognosi e pulciosi gatti randagi lo scaraventerà in una nuova dura realtà dove esistono solo due alternative: vivere o morire.”

Scrosciano i primi applausi.
“Bene! Veniamo al dunque!”


CAPITOLO UNO

      Perugia, 13 febbraio 2002

Da:         Dott. Rossi Andrea
A:           Dott. Zancrì Giovanni
e pc. a: - Gen. Minutoli Silvano,
            - Resp. Op. Distretto SIG Umbria - Marche

Oggetto: Nota informativa per richiesta autorizzazione indagine.

               Chiedo formale autorizzazione ad indagare sul civile Gaddi Giorgio in quanto, da informazioni confidenziali ricevute, risulta essere oggetto di controllo e protezione da parte dei Servizi Informativi Militari.

              Allego scheda anagrafica del soggetto.


              Distinti saluti

          Dott. Andrea Rossi


CAPITOLO DUE

Roma, 14 febbraio 2002

Il rumore delle gocce di pioggia mentre battono sui vetri della finestra disturbano le riflessioni dell’uomo, vestito in maniera distinta, seduto sulla poltrona di pelle dietro ad una monumentale scrivania di noce massiccio. E’ nervoso. Gira e rigira tra le mani un foglio di carta dattiloscritto. Toglie e mette gli occhiali in continuazione. Poi si blocca. Interroga lo schermo del computer sul tavolo della scrivania. Aggrotta le sopracciglia e storce la bocca in una, poco distinta, smorfia.
-Peccato… l’ unico commento, mormorato a denti stretti.
Apre un cassetto del tavolo e ne estrae un telefonino.
Composizione rapida: 5.
-C’è un problema. Ne dobbiamo parlare. Ti aspetto alle 14,00 in ufficio.
Ripone il telefonino al suo posto, prende ancora tra le mani il foglio di carta e lo rilegge per l’ennesima volta.
-Peccato… ripete a bassa voce mentre sovrappone il foglio ad un altro e li accartoccia insieme nella mano destra. Ne fa una palla e la ripone nel cassetto grande della scrivania.
Con lo sguardo si concentra sulla busta che li conteneva, indirizzata a lui. Tira fuori dalla tasca interna della giacca una confezione di sigari. Ne accende uno con un piccolo accendino d’oro. Dopo la prima boccata di fumo la fiamma comincia a bruciare la busta che finisce dentro un cestino metallico, continuando la combustione.
La bocca aspira ancora un soffio di fumo e un’altra busta, identica alla prima ma ancora sigillata, raggiunge il cestino e si consuma tra le fiamme.
L’uomo aspira di nuovo il suo sigaro e alza il ricevitore del telefono posato sul mobiletto alla sua destra.
-Amelia, per favore, convochi la signora Ursula. La aspetto domani alle 16,00.
Chiude la comunicazione.
-Peccato… mormora ancora prima di lasciarsi andare sullo schienale della poltrona, chiudere gli occhi e tirare un’altra boccata di fumo.


CAPITOLO TRE

Perugia, 15 febbraio 2002

non dovrei essere qui
Lo penso mentre nel locale sta entrando Antonella, col suo leggero e ondeggiante cappotto di cashmere che mostra un corto e aderente vestito di lana. A sua volta, il vestito mette in evidenza un notevole paio di gambe e lascia immaginare incredibili forme femminili. Gli sguardi maschili dei presenti sono catalizzati dalla sua figura, per un evidente motivo, quelli femminili lavorano come ossessi alla ricerca di qualche difetto con cui consolarsi.
che bella donna è
Si siede al mio tavolino avvolgendomi con un alito di delicato profumo femminile.
-Ciao, Andrea! il suo esordio. Che brutta faccia hai! Cosa succede?
-Nulla di grave, rispondo. Solo qualche preoccupazione sul lavoro.
-Sarebbe?
-Nulla di grave.
-Capito. Stasera andiamo a…
togliamoci subito il dente
-E’ questa la mia preoccupazione. Sto aspettando che Ursula torni da Roma.
Mi osserva con sguardo interrogato e ostile.
-C’è in ballo una cosa. Una cosa grossa, le chiarisco.
-Più grossa dell’ultima serata prima della mia partenza?
ahia! cominciano i guai
-C’è in ballo il mio futuro nei Servizi Informativi Governativi.
La vedo diventare rossa in viso. Di quel rosso pericoloso; dalla sfumatura prevedo che cominci ad incazzarsi. Quel rosso ha sempre preceduto le sue sfuriate e le nostre litigate. Ma qui siamo in un posto pubblico, si dovrebbe contenere.
speriamo…
Si contiene anche se comincia ad armeggiare con nervosismo dentro la sua borsa, una Louis Vuitton, originale. La mano cerca qualcosa di introvabile.
-Non ho capito ancora cosa cazzo vai cercando, dice riuscendo a tenere basso il tono della voce. -Sei un impiegato dei Servizi, non uno 007. Ti riesce di prendere un buono stipendio senza fare una sega dalla mattina alla sera e che fai? L’ultima sera prima del corso sei impegnato. Nel tuo cazzo di inutile lavoro. Per che cosa?
Deglutisco.
-Lo sai. Ursula è stata promossa e sta per essere trasferita. Devono nominare un nuovo responsabile. Sono in ballo… ed intendo ballare.
-Già! Intendi ballare! Significa stare spesso a Roma, fare finta di essere sempre in missione segreta e, intanto, farti gli affari tuoi. Così non mi piace.
-Ma tu il corso per inviato speciale che dura un mese, a Milano, te lo vai a fare!
-Ahhh! Ti dovevo chiedere il permesso, forse? Cos’è una ripicca da quindicenne? Io sto pensando al mio futuro di giornalista. O sei contento che continui a scrivere del problema dei piccioni che scacacciano i monumenti di Perugia o del Ponte Vecchio che pareggia al 92°, su rigore inesistente, col Pretola?
-Tu pensi alla tua carriera, io alla mia.
-Andrea, non voglio litigare né offenderti, ma sono anni che sei nei SIG, non so quanti ne sei stato nei Servizi Informativi Militari, ma hai sempre fatto la stessa cosa: girare con dei fogli in mano e fare fotocopie.
Ora sono io che divento rosso, ma non rosso incazzato.
-Ora ho l’occasione buona e non me la lascio sfuggire. Se fallisco…
-Se fallisci?
-Se non va in porto, pazienza. Continuerò a fare… fotocopie.
Arriva un cameriere per le ordinazioni.
-Nulla ora, grazie! lo congeda Antonella.
Madonna quanto sta incazzata!
-Occhei! Ti lascio all’occasione della tua vita. Chiamami quando sarà sfumata.
Si alza e se ne va seguita dal solito codazzo di sguardi lussuriosi e invidiosi.
è stronza per quanto è bella
Rimango seduto, impassibile, al mio tavolino.
almeno un aperitivo se lo poteva fare
Ordino un altro caffè e continuo nell’inutile lettura del romanzo che mi porto appresso; la mia mente è altrove.
Alzando gli occhi dal libro scopro che ora sono io il destinatario degli sguardi invidiosi o carichi di poco innocente curiosità femminile.
Mi sento a disagio, pago il conto, esco dal locale e mi accendo una sigaretta.
In quel momento squilla il telefonino.
Ursula, leggo sul display.
Tiro un grosso respiro e rispondo.
-Dimmi.
-Ci sono novità, Gatto! Quando ci possiamo vedere?
-A cena sei impegnata?
-Dipende da dove mi porti.
-Pizza veloce. Poi parliamo.
Aspetto qualche istante la sua risposta.
-Passo a casa un attimo. Facciamo alle 21 alla “Capricciosa”.
-Va bene.
Faccio un altro enorme sospiro e sento gli occhi che avrebbero voglia di piangere.
E’ ANDATA!
La mano mi trema e la sigaretta scivola a terra. Non ho finito di spegnerla con la suola della scarpa e già ne ho accesa un’altra. Sembro un drogato.
A salti, più che camminando come un normale essere umano, raggiungo la mia auto al parcheggio coperto a pagamento. Introduco il ticket, gli spiccioli (con una certa fatica) e faccio scattare le serrature del mio gioiello.
(Sempre con una certa fatica) mi sono comprato una Jaguar, nuova di pacca, verde inglese, tutti gli optional possibili e immaginabili (manca solo che faccia pompini). Acconto da paura e 24 comode - per chi? – rate. Un salasso di proporzioni bibliche.
In realtà la mia scelta era caduta su una più modesta Volkswagen Golf (con pochi accessori) ma Antonella ha insisto tanto per la Jaguar. Troppo.
col nuovo stipendio le rate diventeranno una passeggiata!
La rimiro una manciata di secondi prima di salirci e accendere il potente motore a benzina.
ma, cazzo, quanto consuma!
non importa…
Faccio un salto al mio appartamento di Perugia. Sì! Ne ho un altro, che sarebbe la mia residenza ufficiale: una porzione di un vecchio convento di non so quale ordine religioso dentro a un grazioso paesino alla periferia di Perugia, Migiana di Corciano.
Non avevo bisogno di un appartamento a Perugia, ma Antonella ha insistito tanto.
-Mi mettono tristezza le cose antiche, ha detto. -Poi, c’è tua zia lì davanti. Mica vorrai che ci venga a bussare mentre stiamo in intimità?
Già, mia zia! (che sarebbe la proprietaria dell’appartamento e dell’altra parte della vecchia cosa chiamata convento)
domani dovrò farci un salto
Approfitto della coda al semaforo per prenotare telefonicamente un tavolo alla “Capricciosa”.


Il Prof. PALLUCCHINO segue attentamente la lettura del romanzo

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