VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
1a Puntata
Grande folla felina sul solarium, lo spiazzo della casetta,
il bosco a monte e la quercia caduta vicino all’ingresso della Colonia.
Tutti qua per la lettura di ‘VUOTO A PERDERE’ di Favio Bolo,
i nostri affiliati alla Colonia, i randagi di altre tre colonie di Monte Malbe,
alcuni gatti non associati ed inselvatichiti, gatti domestici che si sono
allontanati da casa per l’occasione e tutta la varietà di fauna dei boschi di
Monte Malbe.
C’è pure il nostro amico istrice ODOACRE, che ha
approfittato dell’occasione per allestire un banchetto ambulante dove vende
panini con porchetta (è stato sacrificato uno dei maiali del contadino) e
beveraggi vari (compresi alcoolici).
Poco lontano INTREPIDO vende strane sigarette e minuscoli
pacchetti di carta argentata.
Sono un poco preoccupato; non mi aspettavo una simile
partecipazione. Una cosa è leggere ad un piccolo e (poco) selezionato pubblico,
un’altra rivolgersi a questa moltitudine da comizio elettorale.
“Benvenuti ragazzi alla lettura dei primi capitoli di ‘Vuoto
a perdere’! Vi leggerò quella che è la stesura originale del romanzo, in fase
di stampa sono state, poi, apportate piccole modifiche. Spero solo che, almeno
stavolta, Favio Bolo non abbia scritto l’ennesima porcata.”
Da una delle cucce esterne si alza un “BRAVO!”
E’ PALLUCCHINO che condivide pienamente il mio pensiero.
“Cominciamo con la sinossi?” chiedo al numeroso pubblico
(non pagante).
Tutti annuiscono.
“Andrea Rossi è un
agente dei Servizi Informativi Governativi. Grigio, diligente, preciso e
sottomesso ai superiori ed alla quasi eterna fidanzata Antonella. Ma ha il
classico difetto di tutti i giovani rampanti: vuole scalare il successo
professionale e per questo si impiccia in una cosa troppo grande per lui che
gli fa rischiare la pelle. Per questo viene allontanato dai Servizi e messo in
pensione. Si rassegna al forzato riposo e decide di dare una svolta
completamente diversa alla sua vita. Ma un branco di rognosi e pulciosi gatti
randagi lo scaraventerà in una nuova dura realtà dove esistono solo due
alternative: vivere o morire.”
Scrosciano i primi applausi.
“Bene! Veniamo al dunque!”
CAPITOLO UNO
Perugia, 13
febbraio 2002
Da: Dott. Rossi Andrea
A: Dott.
Zancrì Giovanni
e pc. a: - Gen.
Minutoli Silvano,
- Resp. Op. Distretto SIG Umbria -
Marche
Oggetto: Nota
informativa per richiesta autorizzazione indagine.
Chiedo formale autorizzazione ad
indagare sul civile Gaddi Giorgio in quanto, da informazioni confidenziali
ricevute, risulta essere oggetto di controllo e protezione da parte dei Servizi
Informativi Militari.
Allego scheda anagrafica del
soggetto.
Distinti saluti
Dott. Andrea Rossi
CAPITOLO DUE
Roma, 14 febbraio 2002
Il rumore delle gocce
di pioggia mentre battono sui vetri della finestra disturbano le riflessioni
dell’uomo, vestito in maniera distinta, seduto sulla poltrona di pelle dietro
ad una monumentale scrivania di noce massiccio. E’ nervoso. Gira e rigira tra
le mani un foglio di carta dattiloscritto. Toglie e mette gli occhiali in
continuazione. Poi si blocca. Interroga lo schermo del computer sul tavolo della
scrivania. Aggrotta le sopracciglia e storce la bocca in una, poco distinta,
smorfia.
-Peccato… l’ unico
commento, mormorato a denti stretti.
Apre un cassetto del
tavolo e ne estrae un telefonino.
Composizione rapida: 5.
-C’è un problema. Ne
dobbiamo parlare. Ti aspetto alle 14,00 in ufficio.
Ripone il telefonino al
suo posto, prende ancora tra le mani il foglio di carta e lo rilegge per
l’ennesima volta.
-Peccato… ripete a
bassa voce mentre sovrappone il foglio ad un altro e li accartoccia insieme
nella mano destra. Ne fa una palla e la ripone nel cassetto grande della
scrivania.
Con lo sguardo si
concentra sulla busta che li conteneva, indirizzata a lui. Tira fuori dalla
tasca interna della giacca una confezione di sigari. Ne accende uno con un
piccolo accendino d’oro. Dopo la prima boccata di fumo la fiamma comincia a
bruciare la busta che finisce dentro un cestino metallico, continuando la
combustione.
La bocca aspira ancora
un soffio di fumo e un’altra busta, identica alla prima ma ancora sigillata, raggiunge
il cestino e si consuma tra le fiamme.
L’uomo aspira di nuovo
il suo sigaro e alza il ricevitore del telefono posato sul mobiletto alla sua
destra.
-Amelia, per favore,
convochi la signora Ursula. La aspetto domani alle 16,00.
Chiude la comunicazione.
-Peccato… mormora
ancora prima di lasciarsi andare sullo schienale della poltrona, chiudere gli
occhi e tirare un’altra boccata di fumo.
CAPITOLO TRE
Perugia, 15 febbraio 2002
non dovrei essere qui
Lo penso mentre nel
locale sta entrando Antonella, col suo leggero e ondeggiante cappotto di
cashmere che mostra un corto e aderente vestito di lana. A sua volta, il
vestito mette in evidenza un notevole paio di gambe e lascia immaginare
incredibili forme femminili. Gli sguardi maschili dei presenti sono catalizzati
dalla sua figura, per un evidente motivo, quelli femminili lavorano come
ossessi alla ricerca di qualche difetto con cui consolarsi.
che bella donna è
Si siede al mio
tavolino avvolgendomi con un alito di delicato profumo femminile.
-Ciao, Andrea! il suo
esordio. Che brutta faccia hai! Cosa succede?
-Nulla di grave,
rispondo. Solo qualche preoccupazione sul lavoro.
-Sarebbe?
-Nulla di grave.
-Capito. Stasera
andiamo a…
togliamoci subito il dente
-E’ questa la mia
preoccupazione. Sto aspettando che Ursula torni da Roma.
Mi osserva con sguardo
interrogato e ostile.
-C’è in ballo una cosa.
Una cosa grossa, le chiarisco.
-Più grossa dell’ultima
serata prima della mia partenza?
ahia! cominciano i guai
-C’è in ballo il mio
futuro nei Servizi Informativi Governativi.
La vedo diventare rossa
in viso. Di quel rosso pericoloso; dalla sfumatura prevedo che cominci ad
incazzarsi. Quel rosso ha sempre preceduto le sue sfuriate e le nostre
litigate. Ma qui siamo in un posto pubblico, si dovrebbe contenere.
speriamo…
Si contiene anche se
comincia ad armeggiare con nervosismo dentro la sua borsa, una Louis Vuitton,
originale. La mano cerca qualcosa di introvabile.
-Non ho capito ancora
cosa cazzo vai cercando, dice riuscendo a tenere basso il tono della voce. -Sei
un impiegato dei Servizi, non uno 007. Ti riesce di prendere un buono stipendio
senza fare una sega dalla mattina alla sera e che fai? L’ultima sera prima del
corso sei impegnato. Nel tuo cazzo di inutile lavoro. Per che cosa?
Deglutisco.
-Lo sai. Ursula è stata
promossa e sta per essere trasferita. Devono nominare un nuovo responsabile.
Sono in ballo… ed intendo ballare.
-Già! Intendi ballare!
Significa stare spesso a Roma, fare finta di essere sempre in missione segreta
e, intanto, farti gli affari tuoi. Così non mi piace.
-Ma tu il corso per
inviato speciale che dura un mese, a Milano, te lo vai a fare!
-Ahhh! Ti dovevo
chiedere il permesso, forse? Cos’è una ripicca da quindicenne? Io sto pensando
al mio futuro di giornalista. O sei contento che continui a scrivere del
problema dei piccioni che scacacciano i monumenti di Perugia o del Ponte
Vecchio che pareggia al 92°, su rigore inesistente, col Pretola?
-Tu pensi alla tua
carriera, io alla mia.
-Andrea, non voglio
litigare né offenderti, ma sono anni che sei nei SIG, non so quanti ne sei
stato nei Servizi Informativi Militari, ma hai sempre fatto la stessa cosa:
girare con dei fogli in mano e fare fotocopie.
Ora sono io che divento
rosso, ma non rosso incazzato.
-Ora ho l’occasione
buona e non me la lascio sfuggire. Se fallisco…
-Se fallisci?
-Se non va in porto,
pazienza. Continuerò a fare… fotocopie.
Arriva un cameriere per
le ordinazioni.
-Nulla ora, grazie! lo
congeda Antonella.
Madonna quanto sta incazzata!
-Occhei! Ti lascio
all’occasione della tua vita. Chiamami quando sarà sfumata.
Si alza e se ne va
seguita dal solito codazzo di sguardi lussuriosi e invidiosi.
è stronza per quanto è bella
Rimango seduto,
impassibile, al mio tavolino.
almeno un aperitivo se lo poteva fare
Ordino un altro caffè e
continuo nell’inutile lettura del romanzo che mi porto appresso; la mia mente è
altrove.
Alzando gli occhi dal
libro scopro che ora sono io il destinatario degli sguardi invidiosi o carichi
di poco innocente curiosità femminile.
Mi sento a disagio,
pago il conto, esco dal locale e mi accendo una sigaretta.
In quel momento squilla
il telefonino.
Ursula, leggo sul display.
Tiro un grosso respiro
e rispondo.
-Dimmi.
-Ci sono novità, Gatto!
Quando ci possiamo vedere?
-A cena sei impegnata?
-Dipende da dove mi
porti.
-Pizza veloce. Poi
parliamo.
Aspetto qualche istante
la sua risposta.
-Passo a casa un
attimo. Facciamo alle 21 alla “Capricciosa”.
-Va bene.
Faccio un altro enorme
sospiro e sento gli occhi che avrebbero voglia di piangere.
E’ ANDATA!
La mano mi trema e la
sigaretta scivola a terra. Non ho finito di spegnerla con la suola della scarpa
e già ne ho accesa un’altra. Sembro un drogato.
A salti, più che
camminando come un normale essere umano, raggiungo la mia auto al parcheggio
coperto a pagamento. Introduco il ticket, gli spiccioli (con una certa fatica)
e faccio scattare le serrature del mio gioiello.
(Sempre con una certa
fatica) mi sono comprato una Jaguar, nuova di pacca, verde inglese, tutti gli
optional possibili e immaginabili (manca solo che faccia pompini). Acconto da
paura e 24 comode - per chi? – rate. Un salasso di proporzioni bibliche.
In realtà la mia scelta
era caduta su una più modesta Volkswagen Golf (con pochi accessori) ma
Antonella ha insisto tanto per la Jaguar. Troppo.
col nuovo stipendio le rate diventeranno una passeggiata!
La rimiro una manciata
di secondi prima di salirci e accendere il potente motore a benzina.
ma, cazzo, quanto consuma!
non importa…
Faccio un salto al mio
appartamento di Perugia. Sì! Ne ho un altro, che sarebbe la mia residenza
ufficiale: una porzione di un vecchio convento di non so quale ordine religioso
dentro a un grazioso paesino alla periferia di Perugia, Migiana di Corciano.
Non avevo bisogno di un
appartamento a Perugia, ma Antonella ha insistito tanto.
-Mi mettono tristezza
le cose antiche, ha detto. -Poi, c’è
tua zia lì davanti. Mica vorrai che ci venga a bussare mentre stiamo in
intimità?
Già, mia zia! (che
sarebbe la proprietaria dell’appartamento e dell’altra parte della vecchia cosa chiamata convento)
domani dovrò farci un salto
Approfitto della coda
al semaforo per prenotare telefonicamente un tavolo alla “Capricciosa”.
Il Prof. PALLUCCHINO segue attentamente la lettura del romanzo |
Ma sembra che Pallucchino abbia già la faccia schifata...
RispondiEliminaimmagina già quello che l'aspetta...
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