DIARIO DI BORDO
Maledetto il momento che gli ho dato ascolto!
Mai lasciarsi impietosire da storie strappalacrime di senza
famiglia e animaletti abbandonati al proprio triste destino!
Ora sono qua, con la coda piegata, a salvare il salvabile.
Tutto è cominciato la prima estate che ci siamo trasferiti
alla Colonia Nuova.
La casetta nel bosco, con i suoi accessori, era diventato un
punto di pellegrinaggio di umani curiosi e increduli che un pazzo avesse
costruito un’opera del genere per quattro spelacchiati e rognosi randagi.
Ma, oltre agli umani, anche la fauna selvatica locale veniva
spesso a curiosare la nuova forma di antropizzazione del bosco.
Fu quel cerebroleso di TOPAZIO che propose l’idea alla
nostra comunità: adottare a distanza un animale bisognoso.
I gatti della Colonia, ancora euforici per la nuova e
prestigiosa sistemazione, appoggiarono subito la proposta del collega poeta,
tenero micio dall’animo estremamente sensibile, sempre pronto ad una parola di
conforto, a fare del bene in maniera del tutto disinteressata e presidente
della locale sezione di ‘Via le ghiande dalle fionde!’, nota associazione
pacifista mondiale.
Provai a fare una timida opposizione alla proposta spiegando
che se c’era qualcuno bisognoso di adozione eravamo proprio noi, ma la forza
animalista del progetto disperse al vento le mie parole.
“Chi cazzo adottiamo?” fu la pratica domanda di LITTORINA.
TOPAZIO ci illustrò la pietosa storia di un piccolo istrice,
rimasto orfano in tenera età, e coi fratellini predati da qualche mostruosa
bestia famelica che si aggirava nottetempo per Monte Malbe.
Cataste di Kleenex intrisi di lacrime riempirono lo spiazzo
della Colonia e alcune colleghe dai teneri sentimenti dovettero ricorrere all’analista.
La proposta fu votata all’unanimità (meno un voto) e il
giorno successivo TOPAZIO si presentò in Colonia con una palletta con quattro
zampe e ricoperta da piccoli aghi grigiastri.
“Vi presento ODOACRE, il nostro adottato. Vive in una tana
poco sopra la troscia del contadino ed ha grossi problemi per reperire il cibo
e l’acqua necessari alla sopravvivenza.”
Non obiettai il fatto che la troscia, solitamente, sia piena
di acqua e lì vicino ci siano campi coltivati pieni di ogni ben di Dio; oramai
non avevo più voce in capitolo.
Fu stabilito che, a turno, ogni sera uno di noi andasse alla
sua tana con del cibo avanzato e un ciotolino di acqua.
Ma, una sera c’era la partita, un’altra si andava a ballare, poi pioveva, qualcuno si dimenticava
che era il suo turno e via dicendo, il povero ODOACRE stava diventando un
campione del salto del pasto.
Propose timidamente di venire lui stesso a prendersi il cibo
alla fonte, senza intermediari.
La proposta fu accolta (all’unanimità).
ODOACRE cominciò a viaggiare di notte verso la nostra
casetta e a banchettare con crocchette e farsi il bagno dentro la ciotola
grande dell’acqua.
Poi, malgrado le crocchette, ODACRE crebbe e divenne un
istrice adulto. Si accoppiò con CONCETTA e nacque il piccolo IGOR: ora le
bocche da sfamare erano tre.
Non era quello il problema; cibo e acqua ne avevamo più che
a sufficienza.
Il problema era IGOR, ancora
troppo piccolo per salire alla casetta, che rimaneva nella tana con la
madre. ODOCRE allora trasportava il cibo verso la sua casa.
E ogni pomeriggio il Capo si incazzava perché avevano
fregato la ciotola esterna delle crocchette e trovava sistematicamente la
vaschetta di plastica dell’acqua spaccata, metà dentro la Colonia, l’altra metà
fuori dalla recinzione.
“Se trovo quel testadicazzo che si diverte a fregarci le
ciotole lo inchiodo al pino gigante all’ingresso!” ruggiva sempre.
Poi cominciò a trovare tracce inequivocabili del colpevole:
aculei di istrice, alcuni di dimensioni ragguardevoli.
“Hai capito?” disse, senza però minacciare rappresaglie.
Il piccolo IGOR crebbe e anche lui fu iniziato al pasto
notturno alla Colonia.
Cominciava a porsi un problema che esternai: “Ragazzi: ora
sono solo tre, tra poco saranno quattro, forse cinque e poi una moltitudine.
Cosa facciamo?”
TOPAZIO, il responsabile del pasticcio, fu mandato a
negoziare un accordo con la famiglia di roditori.
Fu raggiunto, e stabilito che nessun altro istrice, al di
fuori dei nostri adottati, si sarebbe dovuto avvicinare alla casetta e
suggerito di non portarsi via le nostre ciotole.
Scoprii che gli istrici sono animali di parola: nessun altro
si presentò ad elemosinare un pasto e le ciotole rimasero al loro posto.
In compenso cominciarono a sparire i nostri giochi e i
piatti di plastica con gli avanzi.
Ma si era sparsa pure la voce della nostra magnanimità: ogni
notte si affacciavano gatti inselvatichiti, faine, qualche volpe e una puzzola,
addirittura, chiese asilo politico dentro la casetta.
Ci pensò ATTILA a salvare la nostra privacy: “Se non ti levi
immediatamente dai coglioni ti stacco la coda e ne faccio un portachiavi per la
Panda del Capo!”
Sparì silenziosamente nella notte.
Ora continuiamo la nostra missione ‘umanitaria’ rifocillando
numerosi animaletti bisognosi, soprattutto nel periodo invernale e nelle estati
torride, dove è difficile trovare acqua nei boschi di Monte Malbe.
Rimane solo il problema dei piatti di plastica ed altri
piccoli oggetti di uso quotidiano (i nostri giochi) trafugati da ODOACRE e
famiglia.
Il Capo ha incolpato LILLA, la cagnolina del contadino
(quello della troscia), che spesso viene a farci visita e a scroccare una
manciata di crocchette.
“Se non la smette la vendo ai cinesi” la minaccia del Capo.
Ma il caso vuole che, l’altro ieri, il Capo si dimentichi fuori dalla casetta il suo paio di guanti da lavoro.
Sudici, rotti e incrostati di resina ma un cimelio per lui.
Quasi una medaglia al valore: con quelli ha dissezionato i tre pini caduti in
Colonia lo scorso novembre e, ora, sta spolpando la quercia precipitata
all’ingresso.
Quando si è ricordato di non averli riposti nella casetta e
non li ha ritrovati ha lanciato l’urlo belluino:
“LILLAAAAAA!”
E quando, cercandoli si è accorto che mancavano pure la
torcia, le pinze e il rotolo di spago (il Capo è assai distratto) ha aggiunto:
“Ora vado a cercarla e la affogo dentro alla troscia.”
Fortunatamente il puntuale temporale pomeridiano ha smorzato
ogni velleità di vendetta.
Ed ora eccomi qua, modello gatto speleologo, a cercare
reperti di uso umano dentro un’angusta e labirintica tana di istrice.
Toh! Ecco un guanto!
La vecchia pallina da ping pong!
E… queste forbici?
Il ciotolino con gli Aristogatti serigrafati!
Un mazzo di chiavi?
L’altro guanto, bene!
Un rotolo di nastro adesivo, e… questo?
Cos’è?
(continua…)
LILLA - La Predatrice di crocchette |
Nessun commento:
Posta un commento