Nella vita di Colonia esistono anche episodi tristi, quelli in cui, un po' per inesperienza, un po' per incapacità a sfruttare il momento difficile, non riesci ad ottenere il risultato sperato.
E' un episodio vecchio dei primi anni di Colonia, alla Vecchia, quando gli abbandoni erano cose di tutti i giorni, gatti adulti, vecchi, mamme con prole, prole senza mamme e intere cucciolate di età variabile buttate là, come stracci vecchi. Era dura stare dietro a tutto in maniera efficiente e sicura per tutti quei gatti; in un periodo, alla Colonia Vecchia siamo riusciti a registrare 70 presenze! Numeri inauditi!
Era un pomeriggio caldo, forse estate o forse primo autunno, l'anno non lo ricordo: è un ricordo talmente privato che esiste solo nella mia mente, nessuna foto o prova.
Sto cercando un gatto mancante da qualche giorno, chi fosse neppure questo ricordo, e scendo nel bosco cercando di scrutare nel vecchio campo abbandonato dei frati, cinto ancora da possente recinzione e diventato una giungla aggrovigliata di rovi e sterpi. Per cercare di vedere qualcosa bisogna provare a camminare vicino alla recinzione. Dentro di me so di stare a cercare un possibile cadavere da togliere alle fauci dei selvatici che girano di notte e invece... trovo la vita!
Un minuscolo gattino bianco e nero, circa un mese di età, si affaccia dall'altra parte della recinzione cercando un minimo di aiuto per capire cosa gli sia successo.
Il gattino è schivo e spaventato, si fa vedere ma non toccare o prendere.
Localizzo esattamente il posto e torno in Colonia a prendere qualcosa che potrebbe attrarlo: il classico vasetto di omogeneizzato.
Torno, lo apro, lo verso e riesco a piazzare un piattino appena sotto il filo che tende la recinzione. Il gattino sta sempre là, muto ma curioso.
Riesce a dare due leccatine all'inaspettato regalo ma io non riesco ad acciuffarlo. Lascio il piatto là e provo ad entrare più sotto, dove la recinzione ha ceduto un poco. Entro nell'ex orto e, tra graffi, tagli e stimmate varie mi avvicino a dove ho piazzato il piattino. Il piccolo (o piccola) se ne accorge e scappa via rintanandosi tra i rovi. Più di un'ora di attesa per aspettare la sua nuova uscita o morire dissanguato.
Nessuna delle due cose succede.
Il giorno dopo la missione è quella di stanarlo e verificare se fosse solo o meno. Vestito in modo più adeguato e con coltellaccio per aprirmi un varco torno sul luogo del delitto. Il piattino dell'omogeneizzato è stato ripulito ben bene, non so se da lui, dai suoi fratelli, da un altro gatto o da un selvatico. Un pomeriggio intero di ricerche; ho praticamente disboscato l'area, ma del piccolo nessuna traccia, e neppure di eventuali fratellini o della mamma.
Altri due giorni di ricerca vana, col piattino e l'omogeneizzato piazzati nello stesso posto ma nulla.
Niente gattino bianco e nero e nessuno che ha mangiato il prezioso dono.
Il quarto giorno decido di mollare: se il piccolo è accompagnato dalla madre lo porterà sicuramente su in Colonia, a 50 metri di distanza, se fosse stato solo è già spacciato.
Si conclude con un nulla di fatto una sconfitta annunciata; mai saprò chi fosse quel gattino, se avesse avuto la mamma o altri fratellini e che eventuale fine abbiano fatto.
Il gattaro tutto non può, lo sa il gattaro stesso. La Natura spesso esige un prezzo da pagare, sa anche questo il gattaro.
Se non ti abbandonano in Colonia e capisci che razza di posto è quello, brutto ma parzialmente sicuro ed accogliente, non hai scampo.
Forse il piccolo ha finito la sua carriera nelle fauci di una volpe oppure è morto di stenti.
L'abbandono, se non fatto in maniera corretta, è spesso la condanna a morte per il gatto.
E tante altre cose mi verrebbero da scrivere, ma non le scrivo.
Del piccolo non rimane nulla, una foto o che so, solo un vago ricordo nella mente.
Solo una cosa so: questo episodio mi è tornato in mente guardando MILKA, l'ultima arrivata alla Reggia, anche lei frutto di abbandono.
MILKA, a differenza del piccolo sconosciuto, è stata fortunata!
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