LA CUCCIA DEL CAPO
E’ vero!
Due gatti te la stravolgono.
Tre è come se uno tsunami ti svegliasse al mattino.
Quaranta, di cui una ventina autorizzati a domiciliare tra
le mura domestiche, è uno scenario apocalittico: il temuto Day-After.
Sei necessariamente costretto a modificare qualche tua sana
(o insana) abitudine. La privacy diventa un ricordo lontano, come il primo
bacio o il Meccano.
Ma, tirando le somme, sei comunque soddisfatto di ciò che
fai e difficilmente torneresti indietro anche se ti prendono le madonne con
quel lurido bastardo che fa la cacca cinque centimetri fuori dalla cassettina.
Dicevo: nuove abitudini, sempre improntate ad un’organizzata
convivenza coi pulciosi, prendono il posto di vecchi e oramai consolidati
(erroneamente pensavi) riti personali.
Una di queste abitudini a cui ho dovuto rinunciare da tempo
ancora mi pesa, e tanto.
Parlo della prima colazione.
Ai bei vecchi tempi d’oro ero abituato a sgranocchiare una
decina di fette biscottate con burro e marmellata, condite con una poderosa
spremuta di arance. Poi il rito del caffè.
Il tutto appollaiato sul mio sgabello Ikea e apparecchiato
sulla penisola della cucinetta.
Ma i gatti hanno l’insano vizio di voler mangiare prima di
te, la mattina.
Allora dai con le scatolette, i piattini, il rifornimento
delle crocchette, le medicine per i bisognosi, etc…
Quando loro hanno terminato passi ai tuoi fabbisogni
alimentari.
Problema numero 1) la logica del gatto è: quello che mangi
tu lo può mangiare anche lui; rimangono tutti lì in attesa per vedere cosa
propone di nuovo il cuoco.
Problema numero 2) ai gatti il burro piace. Non fai in tempo
ad appoggiare sul piatto la fetta imburrata ed afferrare il vasetto di
marmellata che già tre lingue hanno provveduto a livellare eventuali imperfezioni
dello strato di grasso animale.
Potresti spalmare prima la marmellata e poi il burro, ma vi
assicuro che viene un casino.
Non rimane che una soluzione: l’isolamento nella cucina
grande, con la porta chiusa, stile eremita.
Ma i gatti hanno imparato a bussare alla porta per farsi
aprire. Anzi: più che bussare tentano lo sfondamento giocando sul loro numero.
Poi… mangiare mentre cercano di scassinarti la porta non è
il massimo del piacere.
Potrei buttarli fuori di casa e starmene in santa pace; ma
come apro il portoncino si catapultano dentro quei quattro o cinque che la
notte sono rimasti chiusi fuori e pretendono che la colazione gli sia servita
subito.
Non si può!
Ho deciso di abbandonare le fette biscottate, il burro e la
marmellata.
Rimane il rito del caffè.
Ai gatti il caffè non piace: è testato.
Però… come la mettiamo con le abluzioni feline del loro post colazione?
Cominciano a spulciarsi, a lavarsi e grattarsi sollevando
una perturbazione di peli variopinti che hanno un unico bersaglio: la tazzina
col caffè.
Con un poco di maestria, sfruttando la velocità della
macchinetta espresso ed evitando lo
zucchero (che sembra sia un catalizzatore di peli felini) riesco il più delle
volte a prendere un caffè, corto, amaro e non inquinato.
Qualche volta, non sempre.
Allora penso all’eventualità di una mia morte violenta e
conseguente autopsia: rilevato consistente bolo di pelo di gatto nello stomaco.
Potrebbe essere uno spunto per il prossimo romanzo della
Cornwell e la sua Kay Scarpetta…
La penisola invasa dai tigrati CANNIBALE - PAPERINO - SPINELLO |
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