Questa nuova rubrica è scaturita dall’ennesimo atto di
protesta dei Gatti della Reggia.
Fanno più casino dei parlamentari del Movimento 5 Stelle,
con la sottile differenza che mentre quelli si autoriducono lo stipendio i
Gatti della Reggia lo “autoriducono” a me.
Comunque, per amor di pace e perché ne ho i coglioni pieni
delle loro proteste, li ho attentamente ascoltati e messo in pratica i loro
“suggerimenti”.
Questa nuova rubrica tratterà della storia dei Gatti di
Monte Malbe (soprattutto quelli della Reggia) in essere dal momento della loro
comparsa ad oggi.
Cominciamo con una scommessa persa.
SCINTILLA
Se non era per i Gatti della Colonia SCINTILLA era destinata
a diventare un mucchietto di ossa dentro la cavità di un ceppo di castagno.
Era il 5 aprile dell’anno scorso, come sempre stavo in
Colonia a rifocillare i “Gatti Poveri” e osservavo che, ogni tanto, uno di loro si
allontanava dal suo piattino per andare fuori dalla recinzione e guardare sotto
un agglomerato di castagni selvatici oramai secchi. Finito il (lauto) pasto ho
notato che in quel punto si era formato una specie di assembramento felino.
“C’è qualcosa” ho pensato tra me e, lentamente mi sono
avvicinato per curiosare. Mi aspettavo di vedere la classica biscia ancora
rincoglionita dal risveglio del letargo e immobilizzata dal terrore di
diventare sicuro gioco per gli implacabili sterminatori di fauna selvatica,
quali sono i Gatti della Colonia, invece mi vedo un mucchietto di peli tigrati
che assomigliavano a malapena ad un gatto.
Una larva di gatto, per la precisione. Scheletrico e che a
malapena si reggeva in piedi.
Gli ho avvicinato un piattino con dei bocconcini per
studiare la sua reazione.
Uno sguardo vuoto, passivo e due stanche leccatine al cibo,
poi si è adagiato di nuovo nella cavità del legno.
“E’ spacciato!” Ho informato i Gatti della Colonia “Ma non
possiamo lasciarlo qui.”
L’ho preso, con mille precauzioni, e adagiato in una cuccia
dentro la casetta di legno.
“Scusatemi” ho detto agli altri randagi “domattina verrò a
portare via il cadavere. Lasciatelo morire in pace.”
Non riuscii a mantenere la promessa e mi presentai alla
solita ora del pasto in Colonia.
Aperta la casetta, il gatto stava ancora dentro la cuccia ma
non era morto. Anzi, sembrava un pelino più vispo. Stavolta si alzò (da solo)
per mangiare un cucchiaino di omogeneizzato che solitamente destino ai piccoli
che abbandonano in Colonia.
Senza pensarci tanto sopra lo misi nella gabbietta e me lo
portai a casa.
“Tranquilla” feci alla Signora “lo chiudiamo nella
cameretta, tanto 48 ore non le fa.”
Invece le fece, insieme a dei piccoli pasti e ai suoi
bisognini dentro la cassettina igienica.
“Sicuro questo ha tutto: FIV, FELV, FIP, LIP, OMO, DASH e
DIXAN!” furono le mie ultime parole famose.
Dopo un mese SCINTILLA, già triplicata di peso (all’arrivo
era 740 grammi), uscì dall’isolamento della cameretta e cominciò a scorrazzare
per casa e depredare tutte le ciotole con qualcosa di commestibile che
incontrava sul suo, ancora incerto, cammino. Si era anche scoperto che il
gatto, in realtà, era di sesso femminile.
Era giunta l’ora di un’accurata visita di controllo dai
veterinari, anche per spiegare un misterioso segno sul pelo del collo che
manifestò per altri sei mesi: sembrava che nella disgraziata vita precedente,
oltre alla fame, avesse anche un piccolo collare o fosse stata legata con una
corda.
Ma la visita di controllo non si riuscì a fare; SCINTILLA
trovò un finestrone aperto e uscì di casa scomparendo nel nulla per due giorni.
“E’ andata a morire da qualche parte” altra mia frase da
incorniciare.
Il terzo giorno annunciai alla Signora: “SCINTILLA è guarita
e sta benissimo: sta trombando con un gatto mai visto prima sotto al prugno
selvatico.”
Appagate le sue voglie represse SCINTILLA si ripresentò per
il pasto: fu ingabbiata, portata dai veterinari, tagliandata e sterilizzata
(malgrado fosse ancora troppo debole per l’operazione, secondo la dottoressa).
“Ci credo che è debole: ha trombato per due giorni consecutivi!”
risposi e firmai il consenso per l’operazione.
Ora SCINTILLA è una bella e prosperosa signora, senza vizi,
senza più il segno sul collo, tranquilla, coccolona e ubbidiente. Quando la
chiamo affettuosamente “Panettona” o “Papessa” si inquieta e per punirmi si
concede la sua mezz’ora d’aria giornaliera. Poi torna in casa, graffiando gli
infissi in legno per farsi aprire, divora un mezzo chilo di paté e crocchette e
torna sulla sua sedia preferita a sonnecchiare.
SCINTILLA è la classica scommessa persa, e ne sono contento.
La cosa che mi preoccupa è solo il suo peso: da 740 grammi a
7400!
SCINTILLA (Papessa - Panettona - Bombolona) |
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