venerdì 28 marzo 2014

CAT'S STORY



Questa nuova rubrica è scaturita dall’ennesimo atto di protesta dei Gatti della Reggia.
Fanno più casino dei parlamentari del Movimento 5 Stelle, con la sottile differenza che mentre quelli si autoriducono lo stipendio i Gatti della Reggia lo “autoriducono” a me.
Comunque, per amor di pace e perché ne ho i coglioni pieni delle loro proteste, li ho attentamente ascoltati e messo in pratica i loro “suggerimenti”.
Questa nuova rubrica tratterà della storia dei Gatti di Monte Malbe (soprattutto quelli della Reggia) in essere dal momento della loro comparsa ad oggi.
Cominciamo con una scommessa persa.

SCINTILLA

Se non era per i Gatti della Colonia SCINTILLA era destinata a diventare un mucchietto di ossa dentro la cavità di un ceppo di castagno.
Era il 5 aprile dell’anno scorso, come sempre stavo in Colonia a rifocillare i “Gatti Poveri” e osservavo che, ogni tanto, uno di loro si allontanava dal suo piattino per andare fuori dalla recinzione e guardare sotto un agglomerato di castagni selvatici oramai secchi. Finito il (lauto) pasto ho notato che in quel punto si era formato una specie di assembramento felino.
“C’è qualcosa” ho pensato tra me e, lentamente mi sono avvicinato per curiosare. Mi aspettavo di vedere la classica biscia ancora rincoglionita dal risveglio del letargo e immobilizzata dal terrore di diventare sicuro gioco per gli implacabili sterminatori di fauna selvatica, quali sono i Gatti della Colonia, invece mi vedo un mucchietto di peli tigrati che assomigliavano a malapena ad un gatto.
Una larva di gatto, per la precisione. Scheletrico e che a malapena si reggeva in piedi.
Gli ho avvicinato un piattino con dei bocconcini per studiare la sua reazione.
Uno sguardo vuoto, passivo e due stanche leccatine al cibo, poi si è adagiato di nuovo nella cavità del legno.
“E’ spacciato!” Ho informato i Gatti della Colonia “Ma non possiamo lasciarlo qui.”
L’ho preso, con mille precauzioni, e adagiato in una cuccia dentro la casetta di legno.
“Scusatemi” ho detto agli altri randagi “domattina verrò a portare via il cadavere. Lasciatelo morire in pace.”
Non riuscii a mantenere la promessa e mi presentai alla solita ora del pasto in Colonia.
Aperta la casetta, il gatto stava ancora dentro la cuccia ma non era morto. Anzi, sembrava un pelino più vispo. Stavolta si alzò (da solo) per mangiare un cucchiaino di omogeneizzato che solitamente destino ai piccoli che abbandonano in Colonia.
Senza pensarci tanto sopra lo misi nella gabbietta e me lo portai a casa.
“Tranquilla” feci alla Signora “lo chiudiamo nella cameretta, tanto 48 ore non le fa.”
Invece le fece, insieme a dei piccoli pasti e ai suoi bisognini dentro la cassettina igienica.
“Sicuro questo ha tutto: FIV, FELV, FIP, LIP, OMO, DASH e DIXAN!” furono le mie ultime parole famose.
Dopo un mese SCINTILLA, già triplicata di peso (all’arrivo era 740 grammi), uscì dall’isolamento della cameretta e cominciò a scorrazzare per casa e depredare tutte le ciotole con qualcosa di commestibile che incontrava sul suo, ancora incerto, cammino. Si era anche scoperto che il gatto, in realtà, era di sesso femminile.
Era giunta l’ora di un’accurata visita di controllo dai veterinari, anche per spiegare un misterioso segno sul pelo del collo che manifestò per altri sei mesi: sembrava che nella disgraziata vita precedente, oltre alla fame, avesse anche un piccolo collare o fosse stata legata con una corda.
Ma la visita di controllo non si riuscì a fare; SCINTILLA trovò un finestrone aperto e uscì di casa scomparendo nel nulla per due giorni.
“E’ andata a morire da qualche parte” altra mia frase da incorniciare.
Il terzo giorno annunciai alla Signora: “SCINTILLA è guarita e sta benissimo: sta trombando con un gatto mai visto prima sotto al prugno selvatico.”
Appagate le sue voglie represse SCINTILLA si ripresentò per il pasto: fu ingabbiata, portata dai veterinari, tagliandata e sterilizzata (malgrado fosse ancora troppo debole per l’operazione, secondo la dottoressa).
“Ci credo che è debole: ha trombato per due giorni consecutivi!” risposi e firmai il consenso per l’operazione.
Ora SCINTILLA è una bella e prosperosa signora, senza vizi, senza più il segno sul collo, tranquilla, coccolona e ubbidiente. Quando la chiamo affettuosamente “Panettona” o “Papessa” si inquieta e per punirmi si concede la sua mezz’ora d’aria giornaliera. Poi torna in casa, graffiando gli infissi in legno per farsi aprire, divora un mezzo chilo di paté e crocchette e torna sulla sua sedia preferita a sonnecchiare.
SCINTILLA è la classica scommessa persa, e ne sono contento.
La cosa che mi preoccupa è solo il suo peso: da 740 grammi a 7400!

SCINTILLA (Papessa - Panettona - Bombolona)

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