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UNA TRANQUILLA DOMENICA DI SANGUE
alla Colonia felina di Montelepre
Oggi è una splendida giornata primaverile e tutti ne hanno
approfittato per fare qualche scorribanda nel bosco a caccia dei primi piccoli
animaletti che escono dalle tane dopo il letargo invernale.
Tutti tranne me.
Sono curioso di leggere la fine del misterioso romanzo di
ignoto autore; dovrebbero mancare un paio di capitoli.
Lo prendo e mi accoccolo comodamente sul solarium, in
silenzio, per non essere disturbato.
Ma sul tetto, pardon: solarium, trovo MAGOO che non ha
potuto partecipare alla caccia grossa per colpa di quel suo orribile ascesso
capsulare da sinusite che gli deturpa il volto.
“Bravo!” dice. “Leggi un altro capitolo.”
CAPITOLO 16
-Alle 9 l’auto di Mezzetti si presenta al cancello
di casa. Insieme al Capo fanno un giro panoramico del bosco e del garage
diventato la dimora di gran parte dei gatti di Casa. Carpaneta. Poi passano nel
salone a bersi il meritato caffè. Malgrado l’interdizione perenne di ingresso a
tutti i felini riesco a sgattaiolarci dentro mentre Susy porta il vassoio con
le tazzine e alcuni pasticcini. Mi mimetizzo sopra una sedia accostata al
grande tavolo e li controllo.
“Mi tolga una curiosità”, dice l’ex commissario
appoggiando sul vassoio la tazzina vuota, “quanto spende per mantenere tutti
questi gatti?”
“Un’eresia. Non lo so di preciso e neppure sono
curioso, sicuro mi spaventerei. Ma, vede, è nella natura umana sputtanare soldi
in cose incomprensibili. C’è chi cambia l’auto ogni anno, chi mantiene l’amante
e chi spende e spande per collezionare qualcosa. Poi ci sono i viziosi che
perdono al gioco o si indebitano per la droga. Mi consolo pensando che almeno
spendo soldi in maniera utile, per aiutare chi è in difficoltà.”
“E lei? Non si è mai trovato in difficoltà?”
“Certamente! Anche più di una volta ma, con la
tenacia e un po’ di fortuna, sono sempre riuscito ad uscirne.”
“Fortuna?”
“Sì, di ricevere aiuti al momento del bisogno.”
Il Capo finisce il suo caffè e accende la consueta
sigaretta.
“Ha un bell’accendino!” commenta Mezzetti.
“Simpatico, eh? E’ una serie tutta uguale, con un
gatto stilizzato su sfondo nero. Cambia solo il colore del gatto.”
“Scommetto che se l’è comprata tutta completa!”
“No. Purtroppo l’accendino con il gatto bianco
l’avevano terminato.”
Mezzetti si fruga in tasca e ne estrae un
accendino come quello del Capo. Il gatto stilizzato è verde.
“Vede, questo accendino l’ho trovato in terra,
sulle scale che scendono agli ex bagni, la domenica della strage. Non dico che
l’abbiano perso là, sulle scale: la pioggia della notte lo potrebbe avere
trasportato giù dal piazzale.”
Vedo il Capo, immobile, assumere un colorito
pallido in viso.
“Come un dilettante sciocco”, prosegue Mezzetti,
“ho provato a vedere se funzionava. La fiamma si è accesa subito, segno che la
pietrina non era bagnata e l’accendino era stato perso da poco tempo.”
“Perché dilettante sciocco?” domanda Susy curiosa.
“Invece di raccoglierlo con le dovute cautele e
archiviarlo come eventuale prova l’ho manipolato mischiando e cancellando le
impronte digitali. Quando mi sono reso conto dell’errore ho fatto finta di
nulla e me lo sono messo in tasca. Per quella sciocchezza mi avrebbero
sicuramente sollevato dalle indagini.”
“Addirittura!” riprende a respirare il Capo.
“Certamente! Non si scherza in Polizia! Poi…” l’ex
commissario lascia la frase in sospeso mentre il Capo aspetta con ansia altre
notizie.
“Potrei avere un bicchiere di acqua?” chiede
Mezzetti a Susy.
La sorseggia lentamente da un grosso bicchiere che
molti anni prima conteneva della cioccolata da spalmare mentre Silvio stende un
altro velo di catrame nei suoi polmoni.
“Sa”, riprende il discorso, “quando ho notato che
lei fumava e aveva un accendino simile a questo”, lo mostra tenendolo tra il
pollice e l’indice della mano destra, “l’ho subito inserita nella lista dei
sospettati.”
“Davvero?” stavolta è Susy a sbiancare in volto.
“Sì, ho motivato le richieste di informazioni sul
suo conto solo come conseguenza del fatto che lei, una volta, era fruitore dei
locali e quella domenica era presente. L’ho semplicemente inserito tra i tanti
indagati d’ufficio.”
“Io indagato…”
“Niente di grave, non si preoccupi! L’ho fatto
soprattutto per far uscire allo scoperto chi mi interessava veramente.”
“Non la seguo.”
“Non importa: poi le spiegherò. E, come volevasi
dimostrare, anche qualcun altro ha cominciato ad interessarsi alla sua
persona.”
Il Capo è sempre più perplesso.
“Qualcuno”, continua l’ex commissario, “che sapeva
bene cosa doveva succedere quella domenica mattina. Per alcuni giorni lei è
stato sotto il controllo incrociato di Polizia e malviventi.”
“Ma perché?”
“Perché qualcuno si è appropriato della merce da
scambiare e quella merce interessava a noi e a loro.”
“Interessava? Ora non interessa più?”
“Quella merce ora non c’è più e, almeno per la
Polizia, non esiste più interesse a recuperarla.”
“E’ sempre più difficile seguirla, Mezzetti”,
commenta il Capo.
“Ha ragione. Le posso spiegare, senza problemi,
tanto quello che tutti cercano non c’è più e io mi fido della sua, anzi
vostra”, dice rivolgendo uno sguardo a Susy, “riservatezza.”
Silvio e Susy si scambiano uno sguardo confuso.
“L’anno scorso, in un deposito giudiziario di
Roma, è misteriosamente scomparsa una partita di cocaina purissima. Un bel
quantitativo per fare ricchi affari nel mercato della droga. Dopo qualche mese
la merce rubata è cominciata ad affluire sul mercato. Un po’ a Roma, un po’ a
Firenze e pure a Bologna e Torino.”
“Come fa a sapere che era la cocaina sparita?”
“Abbiamo i nostri informatori che ci segnalano
ogni anomalia del mercato. Purtroppo non siamo mai riusciti ad intercettare le
transazioni e beccare i venditori.”
“Solo i venditori?” chiede Susy.
“Erano quelli che ci interessavano: la droga era
sotto la custodia della Polizia e, sicuramente, uno o più colleghi hanno
pensato di arricchirsi facilmente con un semplice… furto.”
“Poliziotti…”
“Esatto, Silvio: poliziotti, colleghi. Due dei
morti di Montelepre erano i loro gregari incaricati dello scambio merce contro
denaro. Per noi era molto importante mettere le mani su quella droga per
evitare che qualcuno risalisse alla famosa partita sparita dal deposito giudiziario e mettesse
nei pasticci l’intero corpo di Polizia. Questi sono panni troppo sporchi da lavare
in pubblico.”
“Beh… mi sembra di capire che vi siete arresi e
avete mollato l’osso.”
“Oramai non c’è più nulla da cercare.”
“Che significa? Avete ritrovato la droga?” domanda
Susy.
“Alcuni giorni fa c’è stato un atto di
inquinamento doloso al Rio Impetuoso…”
“Ho sentito alla tv”, interrompe il Capo.
“E proprio ieri un collega mi ha mostrato i
risultati delle analisi fatte dall’ARPA sui campioni di acqua inquinata
prelevati. Non ci crederà: tutti quei pesci sono morti per overdose da cocaina.
Cocaina purissima, della stessa qualità della partita scomparsa al deposito
giudiziario.”
“Cioè?” chiedono in coro Silvio e Susy.
“Qualcuno si liberato della cocaina buttandola nel
torrente. Un vero atto criminale, da dilettanti: sicuramente un qualcuno che
non sarebbe stato in grado di rivenderla sul mercato.”
“E chi sarebbe stato, secondo lei?”
“Beh, ho vagliato tutte le ipotesi e mi è tornato
in mente lei.”
“IO???” grida il Capo.
“Ho detto solamente che mi è venuto in mente, mica
è un atto di accusa! Poi, ripensandoci bene, ho archiviato il pensiero. La
vostra situazione economica non è rosea, i soldi ricavati dalla vendita della
droga vi avrebbero fatto sicuramente comodo.”
“Sa anche questo?”
“L’ho detto prima: ho fatto fare delle indagini
sulla sua persona. Ma un particolare mi ha fatto pensare di escluderla a priori
tra i sospettati. Lei si sarebbe sbarazzato della droga in mille modi, ma mai
gettandola in un torrente popolato di pesci sapendo la fine che avrebbero
fatto. L’ho vista io stesso salvare la vita ad un verme! Per inciso: dalle
analisi dei campioni di acqua è venuto fuori che quel torrente è veramente una
fogna: liquami di ogni tipo, acido e forte presenza di antiparassitari e
fertilizzanti. Come facevano a viverci lo stesso quei poveri pesci è un mistero
della natura.”
“E chi sono i sospettati rimasti?” interviene
Susy.
“Boh? Che ne so? I frati? Tutti insieme o solo il
piccolo biscazziere? Un fedele che andava alla Messa e si è imbattuto in quella
roba e l’ha presa? Di sicuro non un malvivente: ora la droga sarebbe sul
mercato in dosi confezionate. Quello che importa è che la droga non ci sia più.
Sparita tutta la partita rubata dal deposito giudiziario. Non esiste più il
corpo del reato e le alte sfere possono dormire sogni tranquilli. Con ciò, si è
fatto tardi e devo andare a sbrigare delle faccende”, dice alzandosi dal
divano.
“Tutto è bene quel che finisce bene!” conclude
Susy.
“Sì. lo spero proprio”. risponde Mezzetti. “Come
spero che i soldi che occorrevano ad acquistare quella droga siano finiti in
buone mani e servano a fare una vita più tranquilla e ad aiutare chi ne ha
bisogno.”
“Già… i soldi”, commenta il Capo.
“Quelli non interessano alla Polizia, anzi:
tutt’altro! Ritrovarli significherebbe doverli necessariamente collegare a
qualcosa. Meglio che se li tenga chi ha avuto la fortuna di trovarli.”
Si salutano sulla porta di casa e, mentre Silvio
apre il cancello elettrico, Mezzetti abbassa il finestrino e allunga la mano
verso il Capo.
“Tenga”, dice porgendogli l’accendino col gatto
verde. “Lo aggiunga alla sua collezione e, se ci riesce, smetta di fumare: il
puzzo delle sue sigarette è insopportabile. Ci rivediamo in Colonia!”
Un saluto col braccio fuori dal finestrino e l’ex
commissario se ne va per la sua strada.
Vi ho raccontato tutto quello che so.
MAGOO e il suo orribile ascesso |
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