IL FASCINO DEL NERO |
La storia de I Gatti di Monte Malbe, due bande di felini semirandagi che hanno adottato un umano in cambio della loro sussistenza giornaliera. (Vai a Presentazione)
lunedì 31 marzo 2014
ANNUNCI & DEDICHE
BROUGHT HOME!
Una lieta novella per i Gatti della Reggia: sono stati scarcerati (con obbligo di domicilio coatto) i due colleghi uretrostomizzati a lungo detenuti nelle gabbie di ricovero dei veterinari.
Pur prevedendo un lungo periodo per la riabilitazione psico-fisica, i due sfortunati hanno gradito assai il ritorno tra le mura domestiche.
Per il brozzoluto MAGOO, invece, i tempi per il rilascio si sono ulteriormente dilatati, in attesa di responso dell'esame istologico. Il carcerato della Colonia è apparso alquanto depresso e l'umore gli è peggiorato quando ha capito che la libertà gli veniva ancora negata.
Un grosso augurio a tutti e tre gli acciaccati!
I due scarcerati
TOGO |
FIORINO |
domenica 30 marzo 2014
IL SOLARIUM LETTERARIO
17
UNA TRANQUILLA DOMENICA DI SANGUE
alla Colonia felina di Montelepre
Ho annunciato al popolo della Colonia la lettura dell’ultimo
capitolo del romanzo misterioso di ignoto autore per il pomeriggio.
Già alle 12 il solarium si comincia a riempire di randagi;
chi con i popcorn, chi con le alicette fritte, chi con birra e Cipster.
BARTOLOMEO ha organizzato un piccolo chiosco per vendere generi di conforto e
una copia del romanzo che è già riuscito a piratare con dedica (falsa) acclusa
di tale Haruki Murakami, che ignoro chi sia.
Alle 14 in punto inizio la lettura dell’ultimo capitolo.
CAPITOLO 17
-E no! interviene Pericle. Vogliamo sapere chi è
diventato capo colonia!
-Ma è logico! rispondo. Flash si è integrato
perfettamente nella Colonia ed ha accettato l’incarico che gli ho passato.
-Significa che… aggiunge Cici.
-Sì, il Capo l’ha fatto sterilizzare: sarebbe
successo comunque. Pensavo la prendesse peggio, invece ora vive la sua vita
tranquilla occupandosi dei problemi della Colonia.
-E gli altri lo hanno accettato?
-Certamente! Solo Corniola è ancora un poco contrariato.
Ma tra i due non scorreva buon sangue da anni. Comunque so che Flash si sta
comportando da vero capo.
-Orfeo chiama generale pure lui?”-
-No, per ora lo appella colonnello: dice che i
gradi si devono meritare sul campo. Ora se non vi dispiace vorrei salire un
attimo in casa.
-E no! stavolta è Ughetto. Devi svelarci l’ultimo
segreto: cosa custodisce tanto gelosamente Silvio nel bunker?
Sento pesarmi addosso gli sguardi dei gatti
presenti. Dal silenzio che si è creato improvvisamente capisco che la curiosità
interessa tutti. Ma non ho intenzione di svelare un segreto del Capo e tradire
la sua fiducia. Decido per raccontare una pietosa bugia, naturalmente a fin di
bene. Raccontassi la verità ci sarebbero dei continui tentativi di scasso della
porta e, sicuro, il Capo si incazzerebbe non poco con tutti, nessuno escluso.
-E’ una cosa delicata, mormoro. Riguarda i
sentimenti intimi del Capo nei nostri confronti.
Gli sguardi si fanno più attenti, anche Pipu,
famoso casinista e disturbatore della quiete pubblica tace trattenendo il
respiro.
-Sapete, proseguo, sia qui che in Colonia, negli
anni, sono passati tanti gatti e molti non sono più con noi. Il Capo fotografa
tutti e, quando qualcuno viene a mancare, incornicia la sua foto e la appende
alle pareti. Dentro al bunker c’è il mausoleo dei gatti che non ci stanno più.
Chi entra là dentro è perché è morto. Io ci sono entrato per curiosità e perché
non sapevo del divieto ma mi sono pentito. Rivedere le foto di tanti amici che
non ci sono più, tutte insieme, non è stata una bella esperienza. Per un paio
di giorni mi è mancato pure l’appetito.
L’accenno alla mancanza di appetito è il colpo
finale. Vedo la curiosità negli sguardi lasciare il posto ad un velo di
tristezza e molti dei presenti si alzano per sgranchire le gambe e per non
ascoltare altri commenti.
Li lascio tristi e delusi e, mentre salgo da solo
le scale che vanno al primo piano, mi lascio sfuggire un perfido sorriso.
Sapessero veramente cosa c’è là dentro mi
caccerebbero a calci nel culo…
La platea rimane un attimo silenziosa poi parte un timido
accenno di applauso, subito seguito da altri e qualcuno comincia a battere pure
un barattolo vuoto di Whiskas con la forchetta in dotazione ai visitatori con
cibo al seguito.
L’ovazione (e il casino) durano per un quarto d’ora e
cessano quando scende alla Colonia il Priore del convento preoccupato per
l’insolito rumore.
“Nulla, nulla!” lo rassicura BARTOLOMEO “Hanno appena
terminato una rappresentazione.”
Il Priore se ne va perplesso, come pure PALLUCCHINO, l’unico
gatto che non ha applaudito.
“Ok, ragazzi! Abbiamo finito!” concludo così il pomeriggio
letterario.
“E… mò?” domanda CINQUINA, autonominatasi Bibliotecaria
della Colonia anche se l’unico tomo che abbiamo è il libretto di istruzioni di
montaggio della casetta di legno. “Che ci inventiamo, ora?”
Scendo dal tetto (pardon, solarium) e vado a conferire con
BARTOLOMEO.
Sottovoce gli faccio una richiesta, lui annuisce col capo e
risponde: “Si può fare.”
TAZZA si rifocilla dopo la lunga lettura |
sabato 29 marzo 2014
venerdì 28 marzo 2014
CAT'S STORY
Questa nuova rubrica è scaturita dall’ennesimo atto di
protesta dei Gatti della Reggia.
Fanno più casino dei parlamentari del Movimento 5 Stelle,
con la sottile differenza che mentre quelli si autoriducono lo stipendio i
Gatti della Reggia lo “autoriducono” a me.
Comunque, per amor di pace e perché ne ho i coglioni pieni
delle loro proteste, li ho attentamente ascoltati e messo in pratica i loro
“suggerimenti”.
Questa nuova rubrica tratterà della storia dei Gatti di
Monte Malbe (soprattutto quelli della Reggia) in essere dal momento della loro
comparsa ad oggi.
Cominciamo con una scommessa persa.
SCINTILLA
Se non era per i Gatti della Colonia SCINTILLA era destinata
a diventare un mucchietto di ossa dentro la cavità di un ceppo di castagno.
Era il 5 aprile dell’anno scorso, come sempre stavo in
Colonia a rifocillare i “Gatti Poveri” e osservavo che, ogni tanto, uno di loro si
allontanava dal suo piattino per andare fuori dalla recinzione e guardare sotto
un agglomerato di castagni selvatici oramai secchi. Finito il (lauto) pasto ho
notato che in quel punto si era formato una specie di assembramento felino.
“C’è qualcosa” ho pensato tra me e, lentamente mi sono
avvicinato per curiosare. Mi aspettavo di vedere la classica biscia ancora
rincoglionita dal risveglio del letargo e immobilizzata dal terrore di
diventare sicuro gioco per gli implacabili sterminatori di fauna selvatica,
quali sono i Gatti della Colonia, invece mi vedo un mucchietto di peli tigrati
che assomigliavano a malapena ad un gatto.
Una larva di gatto, per la precisione. Scheletrico e che a
malapena si reggeva in piedi.
Gli ho avvicinato un piattino con dei bocconcini per
studiare la sua reazione.
Uno sguardo vuoto, passivo e due stanche leccatine al cibo,
poi si è adagiato di nuovo nella cavità del legno.
“E’ spacciato!” Ho informato i Gatti della Colonia “Ma non
possiamo lasciarlo qui.”
L’ho preso, con mille precauzioni, e adagiato in una cuccia
dentro la casetta di legno.
“Scusatemi” ho detto agli altri randagi “domattina verrò a
portare via il cadavere. Lasciatelo morire in pace.”
Non riuscii a mantenere la promessa e mi presentai alla
solita ora del pasto in Colonia.
Aperta la casetta, il gatto stava ancora dentro la cuccia ma
non era morto. Anzi, sembrava un pelino più vispo. Stavolta si alzò (da solo)
per mangiare un cucchiaino di omogeneizzato che solitamente destino ai piccoli
che abbandonano in Colonia.
Senza pensarci tanto sopra lo misi nella gabbietta e me lo
portai a casa.
“Tranquilla” feci alla Signora “lo chiudiamo nella
cameretta, tanto 48 ore non le fa.”
Invece le fece, insieme a dei piccoli pasti e ai suoi
bisognini dentro la cassettina igienica.
“Sicuro questo ha tutto: FIV, FELV, FIP, LIP, OMO, DASH e
DIXAN!” furono le mie ultime parole famose.
Dopo un mese SCINTILLA, già triplicata di peso (all’arrivo
era 740 grammi), uscì dall’isolamento della cameretta e cominciò a scorrazzare
per casa e depredare tutte le ciotole con qualcosa di commestibile che
incontrava sul suo, ancora incerto, cammino. Si era anche scoperto che il
gatto, in realtà, era di sesso femminile.
Era giunta l’ora di un’accurata visita di controllo dai
veterinari, anche per spiegare un misterioso segno sul pelo del collo che
manifestò per altri sei mesi: sembrava che nella disgraziata vita precedente,
oltre alla fame, avesse anche un piccolo collare o fosse stata legata con una
corda.
Ma la visita di controllo non si riuscì a fare; SCINTILLA
trovò un finestrone aperto e uscì di casa scomparendo nel nulla per due giorni.
“E’ andata a morire da qualche parte” altra mia frase da
incorniciare.
Il terzo giorno annunciai alla Signora: “SCINTILLA è guarita
e sta benissimo: sta trombando con un gatto mai visto prima sotto al prugno
selvatico.”
Appagate le sue voglie represse SCINTILLA si ripresentò per
il pasto: fu ingabbiata, portata dai veterinari, tagliandata e sterilizzata
(malgrado fosse ancora troppo debole per l’operazione, secondo la dottoressa).
“Ci credo che è debole: ha trombato per due giorni consecutivi!”
risposi e firmai il consenso per l’operazione.
Ora SCINTILLA è una bella e prosperosa signora, senza vizi,
senza più il segno sul collo, tranquilla, coccolona e ubbidiente. Quando la
chiamo affettuosamente “Panettona” o “Papessa” si inquieta e per punirmi si
concede la sua mezz’ora d’aria giornaliera. Poi torna in casa, graffiando gli
infissi in legno per farsi aprire, divora un mezzo chilo di paté e crocchette e
torna sulla sua sedia preferita a sonnecchiare.
SCINTILLA è la classica scommessa persa, e ne sono contento.
La cosa che mi preoccupa è solo il suo peso: da 740 grammi a
7400!
SCINTILLA (Papessa - Panettona - Bombolona) |
ARRIVI & PARTENZE
EDIZIONE STRAORDINARIA
Avvistamento di felino sconosciuto alla Colonia Nuova.
Trattasi di gatto adulto con mantello bianco e grigio tigrato, presumibilmente di sesso maschile, timido e guardingo, ma curioso.
Foto a breve (in caso di affiliazione spontanea alla Colonia).
giovedì 27 marzo 2014
ANNUNCI & DEDICHE
YARIS - Il Mezzobusto della Libera Televisione di Monte Malbe |
"Ci scusiamo con i gentili lettori per il ritardo della pubblicazione del post odierno, dovuto a cause a noi non imputabili. L'ennesimo black-out ha colpito, infatti, la Reggia e zone limitrofe costringendo gli abitanti del luogo a limitare le proprie attività e costringendo il Capo a servirsi di caffè liofilizzato come surrogato alla sua dose quotidiana di caffeina. Rinnovando le scuse, riprendiamo le trasmissioni (pardon, pubblicazioni)."
mercoledì 26 marzo 2014
UN GATTO TI CAMBIA LA VITA
LA CUCCIA DEL CAPO
E’ vero!
Due gatti te la stravolgono.
Tre è come se uno tsunami ti svegliasse al mattino.
Quaranta, di cui una ventina autorizzati a domiciliare tra
le mura domestiche, è uno scenario apocalittico: il temuto Day-After.
Sei necessariamente costretto a modificare qualche tua sana
(o insana) abitudine. La privacy diventa un ricordo lontano, come il primo
bacio o il Meccano.
Ma, tirando le somme, sei comunque soddisfatto di ciò che
fai e difficilmente torneresti indietro anche se ti prendono le madonne con
quel lurido bastardo che fa la cacca cinque centimetri fuori dalla cassettina.
Dicevo: nuove abitudini, sempre improntate ad un’organizzata
convivenza coi pulciosi, prendono il posto di vecchi e oramai consolidati
(erroneamente pensavi) riti personali.
Una di queste abitudini a cui ho dovuto rinunciare da tempo
ancora mi pesa, e tanto.
Parlo della prima colazione.
Ai bei vecchi tempi d’oro ero abituato a sgranocchiare una
decina di fette biscottate con burro e marmellata, condite con una poderosa
spremuta di arance. Poi il rito del caffè.
Il tutto appollaiato sul mio sgabello Ikea e apparecchiato
sulla penisola della cucinetta.
Ma i gatti hanno l’insano vizio di voler mangiare prima di
te, la mattina.
Allora dai con le scatolette, i piattini, il rifornimento
delle crocchette, le medicine per i bisognosi, etc…
Quando loro hanno terminato passi ai tuoi fabbisogni
alimentari.
Problema numero 1) la logica del gatto è: quello che mangi
tu lo può mangiare anche lui; rimangono tutti lì in attesa per vedere cosa
propone di nuovo il cuoco.
Problema numero 2) ai gatti il burro piace. Non fai in tempo
ad appoggiare sul piatto la fetta imburrata ed afferrare il vasetto di
marmellata che già tre lingue hanno provveduto a livellare eventuali imperfezioni
dello strato di grasso animale.
Potresti spalmare prima la marmellata e poi il burro, ma vi
assicuro che viene un casino.
Non rimane che una soluzione: l’isolamento nella cucina
grande, con la porta chiusa, stile eremita.
Ma i gatti hanno imparato a bussare alla porta per farsi
aprire. Anzi: più che bussare tentano lo sfondamento giocando sul loro numero.
Poi… mangiare mentre cercano di scassinarti la porta non è
il massimo del piacere.
Potrei buttarli fuori di casa e starmene in santa pace; ma
come apro il portoncino si catapultano dentro quei quattro o cinque che la
notte sono rimasti chiusi fuori e pretendono che la colazione gli sia servita
subito.
Non si può!
Ho deciso di abbandonare le fette biscottate, il burro e la
marmellata.
Rimane il rito del caffè.
Ai gatti il caffè non piace: è testato.
Però… come la mettiamo con le abluzioni feline del loro post colazione?
Cominciano a spulciarsi, a lavarsi e grattarsi sollevando
una perturbazione di peli variopinti che hanno un unico bersaglio: la tazzina
col caffè.
Con un poco di maestria, sfruttando la velocità della
macchinetta espresso ed evitando lo
zucchero (che sembra sia un catalizzatore di peli felini) riesco il più delle
volte a prendere un caffè, corto, amaro e non inquinato.
Qualche volta, non sempre.
Allora penso all’eventualità di una mia morte violenta e
conseguente autopsia: rilevato consistente bolo di pelo di gatto nello stomaco.
Potrebbe essere uno spunto per il prossimo romanzo della
Cornwell e la sua Kay Scarpetta…
La penisola invasa dai tigrati CANNIBALE - PAPERINO - SPINELLO |
martedì 25 marzo 2014
STORIA DELLA COLONIA
14
LA PRIMAVERA PORTA I SUOI (NUMEROSI ) FRUTTI
Fu un’esplosione demografica.
Non sappiamo chi fosse stato a propagare la voce che alla
Colonia di Monte Malbe venivano accolti gatti da abbandonare, non certo un amico.
Non passava settimana senza qualche nuovo arrivo.
Il primo abbandono del 2007 spettò a una piccola e timida
micetta bianca: NEVE, di cui già si è parlato nella rubrica “Vecchi,
indimenticati amici”.
Fu la mia prima grana. NEVE era disubbidiente e troppo
legata ai ricordi della sua vecchia vita da gatto domestico. Pur rimanendo non
si adeguò mai al comportamento e alla disciplina della Colonia.
Fu il primo duro colpo al mio prestigio di Capocolonia, ma
non per questo la punii o la isolai; NEVE aveva il bisogno disperato di una
guida umana. Neppure il Capo fu in grado di gestirla e farle comprendere la
pericolosità di certe sue azioni. Come finì lo sappiamo.
Subito dopo NEVE arrivò, non da sola, un’altra pazza
scatenata: PRIMULA.
L’avevano abbandonata praticamente partoriente vicino alla
Colonia. Trovò una tana sulla collinetta davanti per mettere al mondo i suoi
piccoli. Sicuramente era il suo primo parto e l’inesperienza e lo choc
dell’abbandono portarono alla morte di tutti i suoi gattini, probabilmente
mangiati da qualche predatore.
Per molti giorni PRIMULA chiamò e portò il Capo alla sua
cuccia da gestante ma i suoi piccoli non c’erano più e lui nulla poteva più
fare (se non sterilizzarla dopo un paio di mesi).
Fu un’esperienza straziante per tutti, ma chi rimase segnata
per il resto della sua vita fu PRIMULA.
Divenne una gatta burbera e scontrosa con tutti e prese
possesso di una grande quercia sopra al giardinetto della Colonia dove visse
fino al trasferimento alla Colonia Nuova. Ancora oggi il suo carattere non si è
addolcito, soprattutto con gli altri gatti. Qualche volta omaggia il Capo di
piccole prede che cattura e gli porta quando lui è in Colonia pretendendo in
cambio parole dolci di incoraggiamento e qualche coccola (senza esagerare). Ora
vive su un’altra quercia in un luogo più solitario e protetto anche perché la
sua vecchia dimora è stata sradicata da una bufera nel novembre scorso.
Come inizio di carriera peggio non poteva andare. Pensai
seriamente di rassegnare le dimissioni ma un altro episodio mi fece cambiare
idea.
PRIMULA alla Colonia Vecchia - luglio 2008 |
lunedì 24 marzo 2014
VITA DIGNITOSA
LA CUCCIA DEL CAPO
Premessa: Si definisce Capo chi è delegato a prendere
decisioni che riguardano la comunità che dirige e i singoli individui che la
compongono, assumendosi la responsabilità delle scelte e le loro conseguenze.
Dignità è un termine oramai vecchio, desueto o non
appropriatamente utilizzato nella vita degli umani.
Non così si può dire per il mondo animale. Ogni animale ha
la propria dignità ed è un valore a cui tiene.
Qui scatta un controsenso: mentre l’umano per dignità è
capace pure di uccidersi o uccidere i propri simili, non mi risultano casi di
suicidi animali per condizioni di vita non dignitose o per espiare delle colpe
dovute alla propria incoerenza.
Ora mi chiedo: “Perché un Capo (umano) debba valutare e decidere
sulla condizione della dignità di vita di un animale?”
E’ la domanda che mi pongo ogni qual volta devo prendere un
certo tipo di decisione che riguarda uno dei Gatti di Monte Malbe.
“Che diritto ho di stabilire se la vita di quel gatto sia
ancora dignitosa o, se aiutandolo, pongo fine alle sue sofferenze?”
In certi casi palesi la domanda me la pongo comunque dopo
essere intervenuto con una decisione.
Nel caso in questione me la sto ponendo da 48 ore. Ho ancora
12 ore di tempo per pensarci sopra e, forse, questo post non lo pubblicherò
comunque.
Il caso in questione riguarda lo sfortunato TOGO: il gatto
investito lo scorso luglio, operato malgrado le previsioni pessimistiche di
tutti e che, puntualmente, si sono avverate.
Dopo lunga degenza la vita di TOGO è stata un calvario per
lui e per me.
Devo dire che lui ce l’ha messa tutta per tornare ad essere
un gatto “normale”, ma non sempre la buona volontà basta.
Ora, in attesa di un’altra operazione –essenziale per la
sua vita– me lo ritrovo colpito da un ictus dovuto a un embolo settico.
E’ cieco, completamente rimbecillito, con problemi di
deambulazione, va aiutato per mangiare e cateterizzato in attesa di un’altra
uretrostomia. Si continuerà comunque a pisciare e cagare addosso: non ha più i
collegamenti nervosi con lo sfintere e la vescica.
Ammesso che possa essere operato e superi l’operazione non
credo che la vita che gli si prospetti sia definibile dignitosa.
Rivedendolo questo pomeriggio nella sua gabbia dai
veterinari (sto mantenendo la tradizione dei ricoveri felini domenicali;
stavolta è toccato all’ascessoso MAGOO) la decisione è scattata come una molla,
anche se gli accordi sono per una scelta finale domani.
Dopo dieci minuti, tornando a casa, i primi ripensamenti: “E
se?... malgrado tutto… potrebbe succedere un mezzo miracolo… “
Scrivo questo pezzo soprattutto per rileggerlo domani
mattina, a mente fredda, prima della scelta definitiva.
Facciamo un patto: comunque pubblicherò questo post, spero
possa servire a chi si dovesse trovare nella medesima situazione. Se in fondo
vedrete la foto di TOGO con la dedica significherà che è tornato anzitempo alla
Reggia per stare con gli amici che non ci sono più.
Se non ci sarà la foto… Dio
vede e provvede (così si dice).
domenica 23 marzo 2014
sabato 22 marzo 2014
IL RICHIAMO DELLA FORESTA
*
LA CUCCIA DEL CAPO
Il riferimento al romanzo di London è voluto.
Anzi, come sottotitolo aggiungerei: del Grande Nord (Wild),
così accontentiamo anche Zanna Bianca.
E’ scoppiata la primavera a Monte Malbe, con i suoi primi caldi
raggi di sole e i suoi profumi.
La vita nel bosco va riprendendo la sua normalità dopo un
inverno piovoso, ma climaticamente mite.
I piccoli animaletti escono dal loro letargo e, ancora un
po’ rincoglioniti dal sonno, si apprestano ad affrontare la stagione buona.
E’ un pullulare di topolini, lucertole e altri piccoli
rettili, in attesa del risveglio di quelli che strisciano, talpe, ghiri e pure
gli uccellini sembrano moltiplicati (forse perché i cacciatori hanno smesso di
rompere i coglioni alla Natura).
Gli scoiattoli sembrano impazziti e viaggiano sulle comode
autostrade di fili elettrici che attraversano il bosco per andare chissà dove.
I randagi della Colonia riassaporano l’odore dei feromoni
del bosco e i nuovi cuccioli, sentendolo per la prima volta, ne rimangono
inebriati eccitandosi.
E… ogni anno la primavera mi frega.
Nelle prime giornate di sole è normale che qualche veterano
della Colonia sia assente al pasto pomeridiano: sicuramente ha di meglio da
fare e non mi preoccupo.
Quello che mi preoccupa (puntualmente ogni anno) sono le
prime assenze ingiustificate dei cuccioli.
Ieri mancava RALF, per la prima volta da giugno 2013, e
l’angoscia mi ha sopraffatto.
Scartando ogni remota ipotesi di prelievo forzoso per
adozione rimaneva la possibilità, purtroppo concreta, che gli fosse capitato
qualcosa di spiacevole.
Ho perso mezzo pomeriggio a chiamarlo e cercarlo nel bosco,
accompagnato dalla solita corte di felini che ambiscono alla passeggiata nel
verde insieme al loro umano.
Poi ho visto che mancava anche l’ascessoso MAGOO e un poco
mi sono rassicurato: forse sono andati in esplorazione insieme, chissà dove.
Questo pomeriggio RALF e il brozzoluto MAGOO erano là, sani
e salvi (o meglio: felici e contenti) ad aspettare il loro pasto.
Naturalmente RALF ha preteso dose tripla di paté al pollo e
MAGOO dose doppia di bocconcini di pollo, dove gli nascondo l’antibiotico e il
cortisone.
Ma all’appello mancavano altri due cuccioli: GINGER, alle
prese con la sua prima primavera a Monte Malbe, e quell’idiota di CREMINO.
Un’altra ondata di angoscia mi ha assalito, superando il
momento di gioia per il ritorno di RALF.
Ma, quasi fuori tempo massimo, mentre stavo togliendo i
piatti vuoti, eccoli arrivare saltellanti e pieni di energia a reclamare il
loro pasto.
Li ho accontentati, mentre RALF ne approfittava per elemosinare un’ulteriore porzione di paté.
Hanno mangiato come biafrani assatanati, dimenticando ogni
regola di galateo felino, e, spazzolati i piatti, sono di nuovo corsi nel bosco
seguiti, a fatica, dallo strabico MAGOO e dall’appesantito RALF.
TAZZA li osservava con lo sguardo pieno di nostalgia.
Mi sono seduto vicino a lui e accarezzandolo: “Sapessi
quanti coccoloni mi hai fatto prendere anche tu, quando eri giovane e
scapestrato… ”
*Bella la nuova immagine della rubrica, eh!
RALF |
venerdì 21 marzo 2014
LE NOSTRE FOTO (segnaletiche)
QUESTURA DI PERUGIA
NOME - ROSINA (di casa)*
SESSO - F (sterilizzata)
RAZZA - Europea
ETA' - Classe 2003 (Scomparsa 25 giugno 2021)
RESIDENZA - Reggia di Monte Malbe
PROFESSIONE - Pensionata
MANTELLO - Tricolore tigrata
OCCHI - Due (verdi)
ZAMPE - Quattro
CODA - Sì (tigrata)
CARATTERE - Solitario
INTERESSI - La solitudine
SEGNI PARTICOLARI - Stazza fuori standard (obesa)
* Da non confondersi con ROSINA (del Toppo, ex della Colonia)
giovedì 20 marzo 2014
mercoledì 19 marzo 2014
IL SOLARIUM LETTERARIO
16
UNA TRANQUILLA DOMENICA DI SANGUE
alla Colonia felina di Montelepre
Oggi è una splendida giornata primaverile e tutti ne hanno
approfittato per fare qualche scorribanda nel bosco a caccia dei primi piccoli
animaletti che escono dalle tane dopo il letargo invernale.
Tutti tranne me.
Sono curioso di leggere la fine del misterioso romanzo di
ignoto autore; dovrebbero mancare un paio di capitoli.
Lo prendo e mi accoccolo comodamente sul solarium, in
silenzio, per non essere disturbato.
Ma sul tetto, pardon: solarium, trovo MAGOO che non ha
potuto partecipare alla caccia grossa per colpa di quel suo orribile ascesso
capsulare da sinusite che gli deturpa il volto.
“Bravo!” dice. “Leggi un altro capitolo.”
CAPITOLO 16
-Alle 9 l’auto di Mezzetti si presenta al cancello
di casa. Insieme al Capo fanno un giro panoramico del bosco e del garage
diventato la dimora di gran parte dei gatti di Casa. Carpaneta. Poi passano nel
salone a bersi il meritato caffè. Malgrado l’interdizione perenne di ingresso a
tutti i felini riesco a sgattaiolarci dentro mentre Susy porta il vassoio con
le tazzine e alcuni pasticcini. Mi mimetizzo sopra una sedia accostata al
grande tavolo e li controllo.
“Mi tolga una curiosità”, dice l’ex commissario
appoggiando sul vassoio la tazzina vuota, “quanto spende per mantenere tutti
questi gatti?”
“Un’eresia. Non lo so di preciso e neppure sono
curioso, sicuro mi spaventerei. Ma, vede, è nella natura umana sputtanare soldi
in cose incomprensibili. C’è chi cambia l’auto ogni anno, chi mantiene l’amante
e chi spende e spande per collezionare qualcosa. Poi ci sono i viziosi che
perdono al gioco o si indebitano per la droga. Mi consolo pensando che almeno
spendo soldi in maniera utile, per aiutare chi è in difficoltà.”
“E lei? Non si è mai trovato in difficoltà?”
“Certamente! Anche più di una volta ma, con la
tenacia e un po’ di fortuna, sono sempre riuscito ad uscirne.”
“Fortuna?”
“Sì, di ricevere aiuti al momento del bisogno.”
Il Capo finisce il suo caffè e accende la consueta
sigaretta.
“Ha un bell’accendino!” commenta Mezzetti.
“Simpatico, eh? E’ una serie tutta uguale, con un
gatto stilizzato su sfondo nero. Cambia solo il colore del gatto.”
“Scommetto che se l’è comprata tutta completa!”
“No. Purtroppo l’accendino con il gatto bianco
l’avevano terminato.”
Mezzetti si fruga in tasca e ne estrae un
accendino come quello del Capo. Il gatto stilizzato è verde.
“Vede, questo accendino l’ho trovato in terra,
sulle scale che scendono agli ex bagni, la domenica della strage. Non dico che
l’abbiano perso là, sulle scale: la pioggia della notte lo potrebbe avere
trasportato giù dal piazzale.”
Vedo il Capo, immobile, assumere un colorito
pallido in viso.
“Come un dilettante sciocco”, prosegue Mezzetti,
“ho provato a vedere se funzionava. La fiamma si è accesa subito, segno che la
pietrina non era bagnata e l’accendino era stato perso da poco tempo.”
“Perché dilettante sciocco?” domanda Susy curiosa.
“Invece di raccoglierlo con le dovute cautele e
archiviarlo come eventuale prova l’ho manipolato mischiando e cancellando le
impronte digitali. Quando mi sono reso conto dell’errore ho fatto finta di
nulla e me lo sono messo in tasca. Per quella sciocchezza mi avrebbero
sicuramente sollevato dalle indagini.”
“Addirittura!” riprende a respirare il Capo.
“Certamente! Non si scherza in Polizia! Poi…” l’ex
commissario lascia la frase in sospeso mentre il Capo aspetta con ansia altre
notizie.
“Potrei avere un bicchiere di acqua?” chiede
Mezzetti a Susy.
La sorseggia lentamente da un grosso bicchiere che
molti anni prima conteneva della cioccolata da spalmare mentre Silvio stende un
altro velo di catrame nei suoi polmoni.
“Sa”, riprende il discorso, “quando ho notato che
lei fumava e aveva un accendino simile a questo”, lo mostra tenendolo tra il
pollice e l’indice della mano destra, “l’ho subito inserita nella lista dei
sospettati.”
“Davvero?” stavolta è Susy a sbiancare in volto.
“Sì, ho motivato le richieste di informazioni sul
suo conto solo come conseguenza del fatto che lei, una volta, era fruitore dei
locali e quella domenica era presente. L’ho semplicemente inserito tra i tanti
indagati d’ufficio.”
“Io indagato…”
“Niente di grave, non si preoccupi! L’ho fatto
soprattutto per far uscire allo scoperto chi mi interessava veramente.”
“Non la seguo.”
“Non importa: poi le spiegherò. E, come volevasi
dimostrare, anche qualcun altro ha cominciato ad interessarsi alla sua
persona.”
Il Capo è sempre più perplesso.
“Qualcuno”, continua l’ex commissario, “che sapeva
bene cosa doveva succedere quella domenica mattina. Per alcuni giorni lei è
stato sotto il controllo incrociato di Polizia e malviventi.”
“Ma perché?”
“Perché qualcuno si è appropriato della merce da
scambiare e quella merce interessava a noi e a loro.”
“Interessava? Ora non interessa più?”
“Quella merce ora non c’è più e, almeno per la
Polizia, non esiste più interesse a recuperarla.”
“E’ sempre più difficile seguirla, Mezzetti”,
commenta il Capo.
“Ha ragione. Le posso spiegare, senza problemi,
tanto quello che tutti cercano non c’è più e io mi fido della sua, anzi
vostra”, dice rivolgendo uno sguardo a Susy, “riservatezza.”
Silvio e Susy si scambiano uno sguardo confuso.
“L’anno scorso, in un deposito giudiziario di
Roma, è misteriosamente scomparsa una partita di cocaina purissima. Un bel
quantitativo per fare ricchi affari nel mercato della droga. Dopo qualche mese
la merce rubata è cominciata ad affluire sul mercato. Un po’ a Roma, un po’ a
Firenze e pure a Bologna e Torino.”
“Come fa a sapere che era la cocaina sparita?”
“Abbiamo i nostri informatori che ci segnalano
ogni anomalia del mercato. Purtroppo non siamo mai riusciti ad intercettare le
transazioni e beccare i venditori.”
“Solo i venditori?” chiede Susy.
“Erano quelli che ci interessavano: la droga era
sotto la custodia della Polizia e, sicuramente, uno o più colleghi hanno
pensato di arricchirsi facilmente con un semplice… furto.”
“Poliziotti…”
“Esatto, Silvio: poliziotti, colleghi. Due dei
morti di Montelepre erano i loro gregari incaricati dello scambio merce contro
denaro. Per noi era molto importante mettere le mani su quella droga per
evitare che qualcuno risalisse alla famosa partita sparita dal deposito giudiziario e mettesse
nei pasticci l’intero corpo di Polizia. Questi sono panni troppo sporchi da lavare
in pubblico.”
“Beh… mi sembra di capire che vi siete arresi e
avete mollato l’osso.”
“Oramai non c’è più nulla da cercare.”
“Che significa? Avete ritrovato la droga?” domanda
Susy.
“Alcuni giorni fa c’è stato un atto di
inquinamento doloso al Rio Impetuoso…”
“Ho sentito alla tv”, interrompe il Capo.
“E proprio ieri un collega mi ha mostrato i
risultati delle analisi fatte dall’ARPA sui campioni di acqua inquinata
prelevati. Non ci crederà: tutti quei pesci sono morti per overdose da cocaina.
Cocaina purissima, della stessa qualità della partita scomparsa al deposito
giudiziario.”
“Cioè?” chiedono in coro Silvio e Susy.
“Qualcuno si liberato della cocaina buttandola nel
torrente. Un vero atto criminale, da dilettanti: sicuramente un qualcuno che
non sarebbe stato in grado di rivenderla sul mercato.”
“E chi sarebbe stato, secondo lei?”
“Beh, ho vagliato tutte le ipotesi e mi è tornato
in mente lei.”
“IO???” grida il Capo.
“Ho detto solamente che mi è venuto in mente, mica
è un atto di accusa! Poi, ripensandoci bene, ho archiviato il pensiero. La
vostra situazione economica non è rosea, i soldi ricavati dalla vendita della
droga vi avrebbero fatto sicuramente comodo.”
“Sa anche questo?”
“L’ho detto prima: ho fatto fare delle indagini
sulla sua persona. Ma un particolare mi ha fatto pensare di escluderla a priori
tra i sospettati. Lei si sarebbe sbarazzato della droga in mille modi, ma mai
gettandola in un torrente popolato di pesci sapendo la fine che avrebbero
fatto. L’ho vista io stesso salvare la vita ad un verme! Per inciso: dalle
analisi dei campioni di acqua è venuto fuori che quel torrente è veramente una
fogna: liquami di ogni tipo, acido e forte presenza di antiparassitari e
fertilizzanti. Come facevano a viverci lo stesso quei poveri pesci è un mistero
della natura.”
“E chi sono i sospettati rimasti?” interviene
Susy.
“Boh? Che ne so? I frati? Tutti insieme o solo il
piccolo biscazziere? Un fedele che andava alla Messa e si è imbattuto in quella
roba e l’ha presa? Di sicuro non un malvivente: ora la droga sarebbe sul
mercato in dosi confezionate. Quello che importa è che la droga non ci sia più.
Sparita tutta la partita rubata dal deposito giudiziario. Non esiste più il
corpo del reato e le alte sfere possono dormire sogni tranquilli. Con ciò, si è
fatto tardi e devo andare a sbrigare delle faccende”, dice alzandosi dal
divano.
“Tutto è bene quel che finisce bene!” conclude
Susy.
“Sì. lo spero proprio”. risponde Mezzetti. “Come
spero che i soldi che occorrevano ad acquistare quella droga siano finiti in
buone mani e servano a fare una vita più tranquilla e ad aiutare chi ne ha
bisogno.”
“Già… i soldi”, commenta il Capo.
“Quelli non interessano alla Polizia, anzi:
tutt’altro! Ritrovarli significherebbe doverli necessariamente collegare a
qualcosa. Meglio che se li tenga chi ha avuto la fortuna di trovarli.”
Si salutano sulla porta di casa e, mentre Silvio
apre il cancello elettrico, Mezzetti abbassa il finestrino e allunga la mano
verso il Capo.
“Tenga”, dice porgendogli l’accendino col gatto
verde. “Lo aggiunga alla sua collezione e, se ci riesce, smetta di fumare: il
puzzo delle sue sigarette è insopportabile. Ci rivediamo in Colonia!”
Un saluto col braccio fuori dal finestrino e l’ex
commissario se ne va per la sua strada.
Vi ho raccontato tutto quello che so.
MAGOO e il suo orribile ascesso |
Iscriviti a:
Post (Atom)