BARONE
E’ giunta l’ora di occuparci di
gatto Messner, il tigrato che ondeggiava
pericolosamente insieme alla cima del pino cipressino.
Il Capo se ne andò con i suoi
nuovi sei micro acquisti e le promesse concesse dimenticandosi completamente di
lui. SCIRE’ glielo fece notare ma rispose con un’alzata di spalle.
- Come è salito scenderà – la
sua conclusione logica.
Il giorno successivo, appena
arrivato in Colonia con i viveri e alcuni numeri arretrati, ma intonsi, della
Settimana Enigmistica, alzò subito gli occhi al cielo e scorgendolo ancora abbracciato
alla parte terminale superiore del tronco lo invitò gentilmente a scendere.
- Scendi coglione! E’ ora di
mangiare!
Poi rivolgendosi a LITTORINA.
- Ma quello, dove lo avete
trovato?
- Era la mascotte dei pompieri,
poi hanno trasferito la caserma e lui era rimasto in cima al pennone della
bandiera.
- Idiota! Scendi giù! – il Capo
lo blandì ancora – Ritardato mentale! Sbrigati!
Di nuovo a LITTORINA.
- Ma è scemo?
- Certamente!
La seconda giornata di
abbandono finì col Capo che salutava il gatto Messner.
- Domani porto la doppietta,
vivo o morto scendi!
TAZZA si informò di una cosa
essenziale: il nome.
- Capo, se scende come lo devo
chiamare?
- Se scende morto: AMEN. Se è
ancora vivo, anche agonizzante, vedremo. Non posso sprecare un nome per nulla.
Il giorno successivo gatto
Messner era ancora sulla cima del pino cipressino, alquanto agitato.
Si divertiva a passare da un
ramo all’altro rischiando la vita ad ogni spostamento. Il Capo chiudeva gli
occhi ad ogni movimento aspettando di sentirlo precipitare a terra. Aveva
perfino delimitato l’area del possibile impatto al suolo con del nastro da
cantiere, bianco e rosso, rubato da un furgone della Polizia Scientifica.
A terra BARTOLOMEO aveva
piantato piccole bandierine gialle con dei numeri e tutti potevamo scommettere
su quale delle bandierine si sarebbe spiaccicato.
Ad ogni passaggio di ramo senza
precipitare gatto Messner festeggiava con degli sfregamenti di mento al nuovo
ramo ospitante. Da terra si cominciava a intravedere una larga chiazza di pelle
nuda vicino al collo.
Un attimo di distrazione gli fu
quasi fatale, BARTOLOMEO sospese la raccolta di scommesse mentre il Capo si
infilava i guanti di lattice e preparava il nero sacco mortuario. Ma la grazia
e l’agilità felina fecero si che gatto Messner rimase aggrappato al ramo dell’albero
a corpo in giù, come un bradipo.
- Un altro pomeriggio senza
sangue – commentò la perfida ATTILA.
Il Capo afferrò il telefonino e
lo vedemmo perplesso: forse era indeciso se chiamare i pompieri, sue vecchie
conoscenze, o il Circo Orfei. Chiamò invece la sua amica Miseria per loschi
accordi serali, poi se ne andò senza degnare di uno sguardo il povero acrobata,
ma con gli occhi che gli brillavano.
La notte successe il finimondo.
No! Micia Susanna non aveva
scoperto gli sporchi traffici del Capo (quello capitò nei mesi seguenti): venne
giù il diluvio universale. Tuoni, fulmini, saette (che non sono i miei
fratelli), grandine con chicchi grossi come palline da golf (fa più fico delle
palline da tennis) e pioggia monsonica.
Un uragano si era abbattuto sulla
Colonia, più precisamente sul pino cipressino che ospitava gatto Messner.
La mattina dopo il Capo fece un
salto in Colonia a verificare la situazione e, mentre con gli occhi gonfi e la
sigaretta in mano, ci osservava svuotare i locali dormitorio dall’acqua che li
avevano invasi si sentì strofinarsi sulle gambe. Gatto Messner era sceso terrorizzato
e stava fraternizzando con lui, credendolo il dio dei pini cipressini.
- Ce l’hai fatta a scendere,
eh! coglione! – il benvenuto elargito dal Capo – Avrai fame!
Il nostro umano aprì un paio di
scatolette della riserva di emergenza per sfamarlo mentre la TARTARUGHINA stava
combattendo la sua personale battaglia contro alcune nutrie penetrate
nottetempo nei nostri locali insieme all’acqua piovana.
Sospendemmo i lavori per
gustare l’inaspettata colazione.
Il Capo piazzò sotto al muso di
gatto Messer un mastodontico piatto di bocconcini al coniglio (di marca infima
e sconosciuta). Quello reagì con il massimo entusiasmo e cominciò a strofinarsi
fino a quando alcuni pezzi rimasero appiccicati alla pelle nuda del mento.
- Non ti piacciono i
bocconcini? – lo ammonì il nostro umano – Pazienza, ho pure del paté! (sempre
di marca sconosciuta)
Gatto Messner si strofinò anche
contro al piatto col paté facendo crescere una putrida stalattite gocciolante
di gelatina che COBALTO e ZAFFIRO leccavano avidamente.
- E’ veramente stupido… - la
conclusione del Capo.
Fu TOPAZIO a prendere l’iniziativa
del supremo passo.
- Scusa Capo… - disse – proporrei di cambiare nome a gatto
Messner. Abbiamo deciso all’unanimità di chiamarlo BARONE.
- BARONE? Perché?
- Il personaggio del libro di
Italo Calvino: “Il barone rampante”, quello che…
- Smettetela di rubare libri
alla biblioteca del convento! – lo interruppe – Limitatevi alle cassettine
delle elemosine! Cosa ci facciamo con degli stupidi libri?
Capimmo subito che il Capo non
avrebbe approvato l’istituzione della sala lettura nei locali della Colonia.
Il pomeriggio finì con BARONE
che veniva scaraventato nel trasportino in dotazione al Land Rover per
raggiungere la sua nuova destinazione: il reparto psichiatrico della Reggia.
Vostro SAETTA (l’attuale
memoria storica della Colonia)
BARONE e la sua comoda cuccia estiva della Reggia |
Sono una lettrice eclettica e assai esigente. Credetemi se vi dico che questi racconti mi deliziano. Non è solo perché parlano di gatti!
RispondiEliminaGatti?... quali gatti?
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