martedì 16 giugno 2015

I RACCONTINI DEL CAPO (ma solo quelli pubblicabili)





I RACCONTINI DEL CAPO
(ma solo quelli pubblicabili)




“ABBALLA?”

Le uscite lavorative con il capo Bromuro sono devastanti per la mie già precarie condizioni psicologiche, investendo pesantemente anche la sfera sessuale. Dopo ogni giro per clienti col capo necessito di riposo, assoluto riposo per almeno 24-48 ore. A conti fatti non credo che queste uscite lavorative siano poi così produttive nel bilancio globale.
La cosa che mi infastidisce di più è la mancanza di intimità nell’abitacolo. Non che Bromuro tenti approcci sessuali o racconti di improbabili incontri erotici con parigrado dell’altro sesso, semplicemente la sua presenza mi disturba.
Considero l’auto che uso per lavoro, qualunque essa sia, la mia seconda tana dove, chilometro dopo chilometro, partorisco mentalmente i miei scritti estraniandomi completamente dalla guida e dal traffico.
E’ un trip da raccordo autostradale: la serie col protagonista Andrea Rossi, La domenica di sangue alla colonia felina di Montelepre, Le Maledette, il Progetto di romanzo erotico scritto a sei mani e la maggior parte dei raccontini hanno avuto come madri le varie auto che si sono susseguite negli anni.
Con Bromuro non è possibile concentrarsi per fecondare l’attuale Panda bianca. Mormora sempre incomprensibili dati estratti dai tabulati con cui copula giorno e notte oppure si lancia in interminabili ed oziose telefonate con colleghi, personale dell’ azienda e clienti.
Per sconfiggere questo vuoto mentale ho escogitato un trucco: ripenso a episodi della mia vita vissuti anche 30 o 40 anni fa e cerco di riviverli come se fossero attuali.
Oggi lui stesso mi ha fornito un assist da campione telefonando ad un suo collega.
- Abbelloo! – ha esordito alla risposta della sua chiamata.
Subito è scattato il neurone della memoria riportando a galla uno stralcio di vita vissuta una ventina di anni fa.
Un giovedì sera vado in una discoteca, posto da me detestato, del contado perugino a recuperare il mio amico fraterno Maurizio (forse un nome di fantasia) quasi sicuramente alticcio.
Lo trovo al piano superiore della stessa, dove si suona liscio e musica anni ‘60, seduto al bancone del bar, con un improbabile Martini Dry, sicuramente il quinto o sesto della serata e visibilmente su di giri. Gli fa compagnia una giovane biondina vestita con un asciugamani da ospite, improbabile non mercenaria.
Cerco di riportare l’amico alla dura realtà della vita, invece mi offre un poco probabile Negroni (sicuramente per far bella figura con la tipa ben poco coperta ma assai molto disponibile) quando mi sento toccare un braccio e chiedere:
- Abballa? – da una più che probabile cinquantenne conciata come una poco probabile teenager.
Il “Lei” nel contado perugino è d’obbligo con l’altro sesso, almeno fino a quando non c’è congiunzione carnale.
Sono un gentiluomo, la ammiro, le sorrido e replico:
- E abballiamo!
Ci lanciamo in un lento stile cozza attaccata allo scoglio ma, alla terza pestata che la matura adolescente rimedia dai miei due scarponcini misura 44 decide di desistere dal doloroso corteggiamento e passare subito al dunque. Mi lascia un foglietto col suo nome e numero di telefono e va ad abballare da un’altra parte.
Torno dal mio amico Maurizio per verificare la situazione ed evitare, da buon padre di famiglia, che sperperi il suo stipendio in discutibili vizi. Sta finendo il mio Negroni e comincia ad avere problemi con i dittonghi e le iato. Sorrido gentilmente alla biondina col fazzoletto sulle tette facendole capire che il pollo deve rientrare nella stia perché la sua serata di libertà è terminata. La piccola se ne va quasi offesa, mostrando un tovagliolino che le copre il posteriore, comunque apprezzabile.
- Pervché? – chiede l’amico Maurizio.
Nel penoso tragitto fino alla mia auto cerco di spiegargli i deleteri effetti collaterali di massicce dosi di alcool all’apparato riproduttivo maschile.
Spingendolo dentro l’ascensore del suo palazzo gli faccio le ultime raccomandazioni:
- Quando si apre la porta scendi senza crollare e cerca di non dormire sullo zerbino, che poi ti vengono i reumatismi.
Infine lo omaggio di una preziosa reliquia: il foglietto con il numero di telefono della matura ragazzetta ballerina.
- Questa ti fa abballare gratis! – lo informo, ma credo ormai non capisca più nulla.
Dopo una ventina di giorni, seduti al tavolino di un bar (stavolta davanti ai caffè) Maurizio mi ringrazia mostrandomi il foglietto della giovine danzatrice.
- Abballa bene? – chiedo, mostrandomi ancora gentiluomo.
Annuisce con sorriso sornione. Allungo la mano e gli sfilo il portafogli dalla tasca della giacca prelevandone 50.000 lire.
- Te ne ho fatte risparmiare almeno il doppio – la mia spiegazione, riponendole in tasca.
In quel momento Bromuro chiude la conversazione e chiede:
- Mi passi l’assegno di quel cliente?
Lo estraggo dal portafogli, lentamente, e glielo porgo con perplessità.
- Guarda, XXXXX (qui ci vuole l’anonimato) che mica io ho abballato!



Doveva essere un raccontino divertente, almeno nelle intenzioni iniziali, invece per me è diventato un momento di estrema tristezza. 
Maurizio, l’amico-fratello compagno di mille avventure e disavventure e con cui per tanti anni ho diviso gioie, dolori, incazzature, ubriacature e donne non c’è più, da settembre 2009. Il destino, sempre lui, ci ha accomunato pure nella disgrazia e ha voluto che fossi io il fortunato. 
Ciao Mau.

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