martedì 10 giugno 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
3a puntata




Terminato il lauto pasto e dopo i saluti del Capo che se ne torna a casa propongo la prosecuzione della lettura ai superstiti rimasti.
“Perché? Credi che abbiamo bisogno di uno stimolo per fare la nostra pennica?” domanda il solito rompicoglioni ZORRO.
Non lo degno di risposta, riprendo il manoscritto e salgo sul tetto –pardon, solarium- della casetta.

CAPITOLO 6

Approfitto delle ore di libertà per fare un salto a Migiana e controllare quella pazza di mia zia. E’ una vecchietta ottuagenaria, solitaria e rompicoglioni, con la mania dei gatti. Nel giardino delle nostre case (sarebbe il vecchio chiostro del convento) ne ha radunati una trentina. Randagi, pulciosi, affamati e in continua proliferazione. La natura, ogni tanto, ci mette una pezza. Arriva qualche epidemia e ne stronca la metà. Ma la metà superstite, in poco tempo, ripopola i ranghi e il suo appartamento.
Appena entro nella sua abitazione vengo investito da un terribile puzzo di piscio. Storco il naso ma il disgusto mi attanaglia lo stomaco.
-ZIETTA! COME VA?
La zietta è sorda, come una campana. Le ho più volte consigliato di fare una visita dall’otorino e comprarsi un Amplifon. Ma la risposta è sempre stata: -PERCHE’?
Secondo lei sono soldi buttati. Soldi che le servono per mantenere il reggimento di felini che scorrazza sui suoi mobili e dorme sui divani del salone.
Sta preparando il pranzo, se pranzo si possono definire poche fette di prosciutto cotto e del formaggio abbandonati sopra al tavolo della cucina con qualche gatto che sta facendo l’assaggiatore.
Li scaccio con un gesto del braccio destro. Non c’è feeling tra me e quegli sporchi e pulciosi profittatori.
-LASCIALI FARE! urla la vecchia. -CHE FASTIDIO TI DANNO? TOPAZIO, PICCOLO, VIENI QUA DALLA MAMMA!
La zia ha la mania di chiamare i suoi gatti con i nomi dei sommergibili italiani della seconda guerra mondiale in ricordo del suo unico e grande amore colato a picco insieme alla scatola di latta che comandava.
-STAVANO MANGIANDO IL TUO PRANZO! grido di rimando.
-PAZIENZA, ribatte.
La situazione è sotto controllo, cioè come sempre. Annuisco e me ne vado. Mentre apro la porta del suo appartamento vengo investito da quattro felini che si gettano dentro casa. Ne intercetto uno e con un calcio sul culo lo faccio arrivare prima degli altri dentro il salone.
maledette bestiacce! vedrete che fine farete un giorno…
Dopo una rinfrescata e un veloce cambio d’abito sono pronto per uscire a farmi un boccone al ristorante. Controllo il telefonino: nessuna chiamata di Antonella.
Ci penso un istante poi prendo l’iniziativa.
Mi risponde la segreteria telefonica.
vaffanculo
Alle 15,00 sono di nuovo a Colle San Giovanni e, dopo aver penato per trovare uno straccio di parcheggio, arrivo all’ufficio di Zanzara.
Sono arrivato prima di tutti, mi godo un solitario caffè con nicotina al seguito.
-Zanzara, dico, -fai sparire ogni traccia dell’indagine su Giorgio Gaddi.
-Ok. Perché?
-Non è stata ancora autorizzata e non voglio sguardi indiscreti.
-Ma avevi detto…
-Appena questi avranno finito il loro lavoro, continueremo.
-Senza autorizzazione?
-Senza autorizzazione, chiudo.
Arriva Ursula e chiede un caffè.
Alle 16,20 ci raggiunge la squadra speciale.
Tre elementi: due donne e un uomo.
Parla lui. Un tappetto con la faccia da stronzo e un grosso paio di occhiali da sole appoggiati sopra ai capelli a spazzola. Più che occhiali un doppio schermo televisivo.
anche i cinesi si vergognerebbero di vendere ‘ste porcherie
-Io sono l’autista, lei, indicando una scheletrica bionda di età indefinibile e con uno sguardo azzurro ghiaccio, -la soluzione. Lei, invece, l’altra, per la legge della compensazione, è una ragazzona dalla rossa chioma fluente, decisamente in carne, con il trucco e le movenze di battona da Autogrill, -l’esca.
Poi prosegue: -Operiamo stanotte. Domattina qualcuno di voi si faccia trovare qua. Solo per sicurezza: nel caso avessimo bisogno di un rifugio. E’ tutto.
Le altre due annuiscono senza proferire parola. La rossa, mentre conferma, mi lancia un’occhiata poco innocente, seguita da un lento movimento della lingua sulle sue labbra.
Anche Ursula è d’accordo  e conclude con un: -Va bene. A vostra disposizione.
Il terzetto si incammina verso l’uscita tra i nostri in bocca al lupo sussurrati.
La rossa si volta, ringrazia, e mi saetta un’altra occhiata di fuoco.
Rimaniamo soli.
Lancio uno sguardo carico di perplessità a Ursula, che non raccoglie, anzi.
-Allora, interviene, -spero sia tutto chiaro. Per fortuna non hanno bisogno di noi.
Domattina ci ritroviamo qua. Alle 9 in punto. Tu, Zanzara, stasera e stanotte rimani di piantone e non esci per nessun motivo. Per ogni emergenza ci chiami.
Si infila il cappotto e si toglie dalle palle. Ma, prima di uscire dall’ufficio ci regala un’esortazione: -Mi raccomando, ragazzi, questa è la mia ultima operazione.
chissenefrega
Finalmente esce. Stavolta sono i miei occhi che incrociano lo sguardo perplesso di Zanzara.
-Esca, dice, -autista, soluzione. Non so perché, ma qualcosa mi suona storto.
-Pure.
-Un nanetto che ha controllato ogni centimetro quadrato di stanza con gli occhi, prosegue. -Una bionda con lo sguardo ipnotico che mi fissava, manco fossi un’animale raro. E la troiona rossa che ti si scopava con le pupille. Sembra l’armata Brancaleone. Siamo messi così male?
-Puzza, confermo. -Hanno bruciato una squadra e una sede con questa visita inutile. Stiamo in campana.
-Forse è solo un test.
-Boh…
-Ti faccio un caffè, poi ho novità su Giorgio Gaddi.
Assaporo il caffè, mi metto comodo e accendo l’ennesima sigaretta della giornata.
-Spara, le dico.
-Ho frugato dentro ai conti correnti bancari di “Progetto Pogo”, l’associazione animalista fondata dal Gaddi e di cui era presidente, fino a poco tempo fa.
Aggrotto la fronte.
-Conti correnti? Ne hanno più di uno? Di solito non hanno neppure gli occhi per piangere queste associazioni!
-Cinque conti correnti. In cinque diversi istituti. In questi due sono riuscita ad entrare. Tieni, porgendomi delle stampate di computer, -dai un’occhiata.
Controllo i vari movimenti e i saldi.
-Quasi mezzo milione di Euro?
-Controlla i movimenti del primo foglio, mi consiglia. -Tutte donazioni di privati che arrivano dalla Sicilia. Anche ingenti. Domanda: come mai tanti siciliani fanno donazioni ad un’associazione a livello locale, qua in Umbria? Altra domanda: come mai “Progetto Pogo” si affida solo a ditte sicule per fare lavori di manutenzione edile?
Controllo la stampata e guardo Zanzara interdetto.
-Secondo foglio, prosegue. -Finanziamenti da banche estere: mensili e di importo elevato. Provenienza: sempre la stessa, Nauru Island Bank. Un conto cifrato, ma non so a chi appartenga. Un po’ strano, no?
-Riciclaggio? domando. -”Progetto Pogo” è una lavatrice di soldi sporchi?
-In quel caso sarebbe “Progetto Pogo” ad inviare denaro all’estero, non viceversa. Mistero. Fitto. Ma ci arrivo alla soluzione, stanne certo, mi rassicura.
Mi accendo un’altra sigaretta e penso a questa anomalia. In caso di bisogno ho dei contatti alla Guardia di Finanza e mi potrei servire di loro per fare aprire un’indagine se da Roma non avessi l’autorizzazione.
così lo metterei nel culo a tutti
-E’ interessante. Passata l’emergenza torna a lavorarci. Vedi di trovare anche le stampate degli altri tre conti bancari.
Accendo il telefonino che avevo spento per evitare disturbi durante la visita della squadra. Controllo, ma nessuna chiamata ricevuta. Neppure da Antonella.
Mi mordicchio il labbro inferiore. Zanzara se ne accorge.
-Problemi? domanda.
-Antonella. rispondo. -Da ieri non l’ho risentita.
-Chiamala tu!
-Fatto, ma il telefonino è sempre staccato.
-Ti sta punendo?
-Per cosa?
-Mmm… avrai leso sua maestà con qualche grave mancanza.
-E smettila!
Saluto e tolgo il disturbo, non prima di aver raccomandato a Zanzara di stare in campana.
-Non fare cazzate, la esorto, -stasera rimani buona qua dentro.
-No problem, la risposta.
Mentre dirigo verso l’auto riprovo a chiamare Antonella.
La segreteria telefonica è implacabile. Stavolta le lascio un breve messaggio con l’invito a richiamarmi.
Quando arrivo al parcheggio dove avevo depositato la Jaguar qualcosa non mi torna. Non vedo il mio gioiello, né auto colore verde inglese. Mi fermo, accendo una sigaretta e cerco di fare mente locale.
forse l’ho lasciata dietro al palazzo
Dietro al palazzo non ci sono Jaguar. Neppure al parcheggio seguente. Percorro tutta la via arrivando ad una tragica conclusione: me l’hanno fregata.
Sguardo assente mentre la mente snocciola un miliardo di madonne di tutti i generi e razze.
Dirigo, con passo deciso, alla vicina stazione di Polizia Municipale.
E’ chiusa: orario dalle 8,00 alle 13,00.
la prossima volta me la faccio rubare al mattino… vaffanculo!
Con passo strascicato e arreso dirigo, stavolta, di nuovo verso l’ufficio di Zanzara.
-Mi hanno fregato la Jaguar. Sono a piedi, proclamo sotto lo sguardo meravigliato della collega.
-Non tutto il male viene per nuocere, il suo incoraggiamento.
Sprofondo sul divanetto dello studio.
-Mica avrai intenzione di rimanere qua? domanda.
-Ora chiamo un taxi, la rassicuro.
-Non serve: ti presto la mia auto.
Lo sguardo meravigliato, ora, è il mio.
-La tua auto? Neppure hai la patente!
-La mia auto, ripete. -So guidare da anni, non ho bisogno di prendere la patente. Poi, a dire la verità, l’auto non sarebbe proprio mia.
-A chi l’hai rubata?
-A nessuno: è di Ken. La tiene al mio posto auto nel garage sotterraneo. Ora ne ha un’altra, quella non gli serve più.
-Perché non la vende?
-Boh?
Zanzara mi allunga le chiavi.
-E’ un Toyota 4Runner. Verde. Quasi come la tua Jaguar. Domani me la riporti.
-Grazie.
-Credo che abbia bisogno di un po’ di benzina, aggiunge, -è dalla scorsa settimana che la spia della riserva è accesa.
-Non c’è problema, grazie di nuovo. Domani vado a fare la denuncia del furto.
Scendo nel garage sotterraneo e tra un tripudio di Audi nere, BMW nere e Volvo (nere pure queste) scorgo l’imponente massa di un catorcio senza uguali. E’ la Toyota di Zanzara, verde, anzi con tre bei toni di verde. Il tettuccio e il cofano sono di uno smorto e opacizzato, dagli anni e dalle intemperie, verde oliva. La rimanente carrozzeria presenta lo stesso verde oliva più scuro, escluso il portellone posteriore e lo sportello del conducente che sono di un verde scuro che, presumibilmente, una decina di anni prima era metallizzato.
un rottame… ecco perché gliel’ha ceduta
Lo pneumatico anteriore destro è quasi sgonfio e un finestrino posteriore è abbassato a metà.
La apro, stranamente la serratura funziona. Un puzzo di piscio di gatto mi investe appena mi ci affaccio dentro. Sui tappetini noto uno strato di terra, sassi e foglie.
manca solo qualche fossile
I sedili sono sporchi e impolverati, i vetri non stanno in condizioni migliori e sul cruscotto è depositato uno strato di polvere che sembra moquette.
forse conveniva chiamare un taxi
Ma sono curioso di scoprire due cose.
La prima è verificare se il rudere si metta in moto. Dopo aver appoggiato, con mille cautele, il cappotto nero sull’angolo meno sporco del sedile del passeggero provo a metterla in moto. Due giri del motorino di avviamento e un rombo riempie i locali del parcheggio.
la marmitta è andata
Spengo e frugo tra i documenti per soddisfare la seconda curiosità.
vediamo chi è ‘sto cazzo di Ken…
Dal libretto di circolazione, o quel che ne resta, risulta che l’auto è stata immatricolata nel lontano 1990 da un’azienda agraria di Frosinone. Nessun passaggio di proprietà.
è un contadino?
L’ultima revisione è stata fatta nel 1995, insieme all’ultimo lavaggio, credo.
L’assicurazione è scaduta nel dicembre 1997 e non c’è traccia di bolli di circolazione pagati.
se mi fermano mi arrestano
Decido, comunque, di usarla.
Metto in moto e mi fermo alla prima area di servizio. Pieno e lavaggio completo, interno ed esterno. Il finestrino posteriore sceso è rotto, l’inserviente lo sblocca e, per evitare che scenda ancora, lo ferma con una zeppa di cartone. Mentre procede al lavaggio mi osserva con aria commiserevole.
Appena tornato all’appartamento di Perugia tento di nuovo la fortuna chiamando Antonella: la segreteria ci divide ancora.
Mentre sto cenando alla solita trattoria vicino casa squilla il telefonino.
finalmente!
-Ciao Gatto, sono Ursula. Tutto a posto?
-Quasi… le racconto della mia disavventura con la Jaguar.
-Potevi fare la denuncia di furto ai Carabinieri di Perugia!
-Preferisco farla domani direttamente a Colle San Giovanni. Sicuramente è stato qualche balordo del posto. Vedrai: la ritroveranno subito, un’auto del genere non si piazza dopo dieci minuti.
-Occhei! Assicurati che Zanzara non abbandoni l’ufficio.
-Non si muove, stai tranquilla, Ciao.
Mentre assaporo una bistecca di maiale cotta alla brace ripenso ai conti correnti di “Progetto Pogo” e un lampo mi trapassa il cervello.
affanculo i treni!
Ho trovato il modo di agganciare il mio inquisito senza rischiare di fare figure di merda: con i gatti della vecchia sorda.
Afferro il telefonino e chiamo Marta, la mia informatrice, per sapere se, più tardi, la trovo alla “Luna”.
Mi dice che la sera rimarrà a casa; non ha voglia di uscire. E conclude: -Fai un salto da me. Beviamo qualcosa insieme e parliamo liberamente.
Accetto.

Quel rompicoglioni di ZORRO

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