VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
4a puntata
Si riprende la lettura dell’inedito capolavoro di Favio
Bolo, dopo essere scesi a compromessi con gli auditori che si erano assentati all’arrivo del Capo e si erano persi un capitolo.
Lo devo rileggere; ma vi grazio della replica imprevista.
Già con la lingua secca dal caldo procedo alla lettura dei
nuovi capitoli.
Come vorrei che fosse inverno e non facesse questo caldo
afoso!
CAPITOLO
7
Marta abita in un
lussuoso appartamento nel centro storico di Perugia, in un palazzo
rinascimentale. Il salone è un tripudio di tappeti, sofà del primo novecento
abilmente restaurati, quadri dall’aspetto antico, ma ignoro se siano autentici,
pesanti tendaggi e argenterie inglesi messe in bella mostra.
rende il mercato del sesso! pensa te, se avesse pure la passera…
Marta è una perfetta
padrona di casa, fa di tutto per mettermi a mio agio.
Dopo il caffè le
espongo il problema: -Mi è giunta voce che l’amico di Domiziana è un animalista
e ha a che fare con i gatti. Avrei un problema con quelli di mia zia. Anche con
lei, per la verità, ma quello me lo risolvo da solo.
-Che problema? - domanda.
-Mia zia non li fa
sterilizzare. Crescono di numero a dismisura e, in paese, qualcuno comincia a
lamentarsi e a minacciare di farli sparire. Ho bisogno di un aiuto.
Messa così nessun
animalista si tirerebbe indietro.
-Vorrei parlare con
questo…
-Giorgio, - mi aiuta.
-Si chiama Giorgio.
-Bene. Con Giorgio. Mi
ci puoi far fissare un appuntamento?
-Volentieri, - replica.
-Ma, ora, veniamo a noi…
Apre quel tanto che
basta l’abito di seta e mi mostra le sue grazie.
Le apprezzo, poi la
fisso negli occhi: -Cosa significa?
-Prova ad indovinare, -
la risposta sussurrata.
-Marta… lascia perdere.
Sei una bella… sei bellissima. Ma… non sei il mio tipo.
-Hai mai provato?
-No. E neppure ho la
fantasia, senza offesa.
Riesco a guadagnare
qualche centimetro di distanza e mi accendo una sigaretta per darmi coraggio e
cercare di nascondere l’imbarazzo.
Marta non si dà per
vinta. Si riavvicina, mi toglie la sigaretta dalle labbra e ci appoggia le sue.
Un sacco di cemento da mezzo
quintale sarebbe stato più reattivo.
Prende la mia mano
destra e la guida alla scoperta dei suoi seni, la sinistra la piazza sul suo
culo e comincia a bagnarmi le labbra con la lingua.
Io rimango inanimato
come il famoso sacco, quel coso che ogni maschietto tiene tra le gambe, no.
Sarà stata la
lontananza da Antonella, il fatto che non lo facevo da troppi giorni, la
perversa fantasia di fare qualcosa che sai essere sbagliata, in un ambiente
protetto, dove nessuno ti può vedere, e… è successo.
Due volte: prima sul
sofà e anche Marta si è soddisfatta – da sola. Poi dentro la doccia, mentre mi
stavo ripulendo dalla sua soddisfazione. E’ entrata pure lei e ci siamo
concessi il bis. Stavolta l’ho aiutata.
Quando sono riuscito ad
andarmene da quella casa, pieno di senso di colpa, forse vergogna, forse non so
che altra sensazione imbarazzante, a parte il sentirmi una merda, ho respirato
a pieni polmoni l’aria gelida della tramontana che tira per Corso Vannucci.
Ero in piena confusione
mentale, una sensazione mai provata prima.
Di andarmene a dormire
neppure a pensarci. Malgrado mi sentissi completamente svuotato, come il famoso
sacco, stavolta senza cemento dentro, non mi andava di risalire subito in
quella fatiscente auto. Per un semplice motivo: avevo lasciato dentro il
telefonino per evitare di dire dove fossi e dare penose spiegazioni nel caso
avesse chiamato Antonella. E il mio sesto senso diceva: ha chiamato.
Mi fermo in un pub a
bere una birra, di quelle forti.
mi ci vuole!
Con lo sguardo assente,
stile tossico in astinenza, cerco di osservare il mondo che mi circonda, fatto
di giovani universitari che sputtanano allegramente i risparmi dei propri genitori.
Dopo una mezz’ora pago
e torno al cesso a quattro ruote motrici.
Prendo in mano il
telefonino: tre chiamate perse. Antonella.
Sono quasi le tre di
notte, non è il caso di richiamarla.
e domani, chi la sente?
Con calma dirigo verso
il mio appartamento perugino.
A – Per evitare di
essere fermato da qualche solerte pattuglia della Polizia Stradale munita di
etilometro, e finire la nottata in questura.
B – Perché sto
riassaporando mentalmente ogni singolo istante degli amplessi con Marta.
che scopata!
Nel tragitto noto un
piccolo particolare ma non gli do importanza.
Dopo quasi tre anni me
ne pentirò.
CAPITOLO 8
Alle 8 di mattino sono
puntuale con il mio quotidiano appuntamento al “Bar Pippo”, sotto casa, per il
classico cappuccino e bombolone, seguito dal caffè con lettura della prima
pagina dei quotidiani messi a disposizione alla clientela del locale.
Ore 08,10 – Parco Verde
di Perugia
Ursula sta terminando
la sua mezz’ora di jogging nel grande parco alla periferia ovest di Perugia, a
meno di un chilometro dal “Bar Pippo”. Inizia gli esercizi di defaticamento
camminando nella striscia di pineta che la separa dai sentieri del parco al
posteggio della sua auto. Nel silenzio della pineta avverte il rumore di aghi
di pino schiacciati da qualcosa in movimento. Si volta e si scansa per cedere
il passo a un ciclista. La bici si ferma due metri avanti, il ciclista si
volta, toglie gli occhiali mostrando due gelidi occhi azzurri mentre la pistola
che tiene impugnata con la mano destra emette tre sibili.
-Tu… - fa in tempo a
mormorare Ursula, prima di stramazzare a terra.
-Scusa, - fa il
ciclista avvicinando la pistola alla nuca di Ursula, -niente di personale, - e
scarica un quarto colpo.
Dà un’occhiata intorno
poi una spinta col piede e riaggancia gli scarpini ai pedali automatici.
Si dilegua,
silenziosamente, tra la nebbia.
Ore 8,15 – Bar Pippo
Sto leggendo un
articolo sul problema dei furti con spaccata negli esercizi commerciali della
città: sono in netto aumento. Una goccia di crema schizza dal bombolone
centrando in pieno la pubblicità di un’auto coreana sul giornale. Prendo un
tovagliolino e ripulisco il danno alla meno peggio. Poi noto che un’altra goccia
di crema ha centrato la mia scarpa
destra. Smadonno ed afferro un altro tovagliolino.
Ore 8,20 – Colle San
Giovanni
Al terzo squillo di
campanello Zanzara si alza dal letto e, con l’occhio destro ancora chiuso dal
sonno, dallo spioncino cerca di mettere a fuoco il disturbatore.
Quando realizza apre
subito la porta.
-Cosa succede? -
chiede.
Rispondono due colpi di
automatica silenziata al petto.
Zanzara viene sbalzata
nel corridoio.
Il disturbatore entra,
veloce, nell’appartamento e richiude la porta.
Appoggia il
silenziatore alla tempia sinistra di Zanzara e fa partire il terzo colpo.
Ripone la pistola, con
la mano passa dietro al collo una ciocca dei suoi lunghi capelli rossi e tira
fuori dalla tasca un telefonino. Preme un tasto, manda uno squillo, richiude,
lo ripone e aspetta vicino al portoncino di ingresso dell’appartamento.
Ore 8,25 – Bar Pippo
Pago la colazione,
saluto e mi incammino verso il rudere da fuoristrada. Ora, lavato, ha un
aspetto migliore: sembra l’auto di un marocchino senza patente e documenti.
Frugo nella tasca del Moncler alla ricerca delle chiavi della latrina verde
mentre avverto il rumore di una moto che si avvicina alle mie spalle. Arrivato
a fianco del vespasiano che mi hanno prestato mi ritiro per far spazio alla
motocicletta.
E’ un attimo: sento una
serie di dolorose fitte alla schiena accompagnate dal rumore di soffi. Cado a terra e realizzo ciò che sta
succedendo. Cerco di strisciare sotto la Toyota, ma non ci riesco. Sento la
moto accanto a me e una voce che dice: -Veloce!
Poi una sirena, di
quelle delle auto della Polizia.
Ancora una voce: -Via!
Un’altra serie di soffi
e sento la testa esplodermi.
Poi il buio.
L'INVERNO A MONTE MALBE |
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