martedì 24 giugno 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
4a puntata




Si riprende la lettura dell’inedito capolavoro di Favio Bolo, dopo essere scesi a compromessi con gli auditori che si erano assentati all’arrivo del Capo e si erano persi un capitolo.
Lo devo rileggere; ma vi grazio della replica imprevista.
Già con la lingua secca dal caldo procedo alla lettura dei nuovi capitoli.
Come vorrei che fosse inverno e non facesse questo caldo afoso!

CAPITOLO 7
Marta abita in un lussuoso appartamento nel centro storico di Perugia, in un palazzo rinascimentale. Il salone è un tripudio di tappeti, sofà del primo novecento abilmente restaurati, quadri dall’aspetto antico, ma ignoro se siano autentici, pesanti tendaggi e argenterie inglesi messe in bella mostra.
rende il mercato del sesso! pensa te, se avesse pure la passera…
Marta è una perfetta padrona di casa, fa di tutto per mettermi a mio agio.
Dopo il caffè le espongo il problema: -Mi è giunta voce che l’amico di Domiziana è un animalista e ha a che fare con i gatti. Avrei un problema con quelli di mia zia. Anche con lei, per la verità, ma quello me lo risolvo da solo.
-Che problema? - domanda.
-Mia zia non li fa sterilizzare. Crescono di numero a dismisura e, in paese, qualcuno comincia a lamentarsi e a minacciare di farli sparire. Ho bisogno di un aiuto.
Messa così nessun animalista si tirerebbe indietro.
-Vorrei parlare con questo…
-Giorgio, - mi aiuta. -Si chiama Giorgio.
-Bene. Con Giorgio. Mi ci puoi far fissare un appuntamento?
-Volentieri, - replica. -Ma, ora, veniamo a noi…
Apre quel tanto che basta l’abito di seta e mi mostra le sue grazie.
Le apprezzo, poi la fisso negli occhi: -Cosa significa?
-Prova ad indovinare, - la risposta sussurrata.
-Marta… lascia perdere. Sei una bella… sei bellissima. Ma… non sei il mio tipo.
-Hai mai provato?
-No. E neppure ho la fantasia, senza offesa.
Riesco a guadagnare qualche centimetro di distanza e mi accendo una sigaretta per darmi coraggio e cercare di nascondere l’imbarazzo.
Marta non si dà per vinta. Si riavvicina, mi toglie la sigaretta dalle labbra e ci appoggia le sue.
Un sacco di cemento da mezzo quintale sarebbe stato più reattivo.
Prende la mia mano destra e la guida alla scoperta dei suoi seni, la sinistra la piazza sul suo culo e comincia a bagnarmi le labbra con la lingua.
Io rimango inanimato come il famoso sacco, quel coso che ogni maschietto tiene tra le gambe, no.
Sarà stata la lontananza da Antonella, il fatto che non lo facevo da troppi giorni, la perversa fantasia di fare qualcosa che sai essere sbagliata, in un ambiente protetto, dove nessuno ti può vedere, e… è successo.
Due volte: prima sul sofà e anche Marta si è soddisfatta – da sola. Poi dentro la doccia, mentre mi stavo ripulendo dalla sua soddisfazione. E’ entrata pure lei e ci siamo concessi il bis. Stavolta l’ho aiutata.
Quando sono riuscito ad andarmene da quella casa, pieno di senso di colpa, forse vergogna, forse non so che altra sensazione imbarazzante, a parte il sentirmi una merda, ho respirato a pieni polmoni l’aria gelida della tramontana che tira per Corso Vannucci.
Ero in piena confusione mentale, una sensazione mai provata prima.
Di andarmene a dormire neppure a pensarci. Malgrado mi sentissi completamente svuotato, come il famoso sacco, stavolta senza cemento dentro, non mi andava di risalire subito in quella fatiscente auto. Per un semplice motivo: avevo lasciato dentro il telefonino per evitare di dire dove fossi e dare penose spiegazioni nel caso avesse chiamato Antonella. E il mio sesto senso diceva: ha chiamato.
Mi fermo in un pub a bere una birra, di quelle forti.
mi ci vuole!
Con lo sguardo assente, stile tossico in astinenza, cerco di osservare il mondo che mi circonda, fatto di giovani universitari che sputtanano allegramente i risparmi dei propri genitori.
Dopo una mezz’ora pago e torno al cesso a quattro ruote motrici.
Prendo in mano il telefonino: tre chiamate perse. Antonella.
Sono quasi le tre di notte, non è il caso di richiamarla.
e domani, chi la sente?
Con calma dirigo verso il mio appartamento perugino.
A – Per evitare di essere fermato da qualche solerte pattuglia della Polizia Stradale munita di etilometro, e finire la nottata in questura.
B – Perché sto riassaporando mentalmente ogni singolo istante degli amplessi con Marta.
che scopata!
Nel tragitto noto un piccolo particolare ma non gli do importanza.
Dopo quasi tre anni me ne pentirò.


CAPITOLO 8

Alle 8 di mattino sono puntuale con il mio quotidiano appuntamento al “Bar Pippo”, sotto casa, per il classico cappuccino e bombolone, seguito dal caffè con lettura della prima pagina dei quotidiani messi a disposizione alla clientela del locale.

Ore 08,10 – Parco Verde di Perugia
Ursula sta terminando la sua mezz’ora di jogging nel grande parco alla periferia ovest di Perugia, a meno di un chilometro dal “Bar Pippo”. Inizia gli esercizi di defaticamento camminando nella striscia di pineta che la separa dai sentieri del parco al posteggio della sua auto. Nel silenzio della pineta avverte il rumore di aghi di pino schiacciati da qualcosa in movimento. Si volta e si scansa per cedere il passo a un ciclista. La bici si ferma due metri avanti, il ciclista si volta, toglie gli occhiali mostrando due gelidi occhi azzurri mentre la pistola che tiene impugnata con la mano destra emette tre sibili.
-Tu… - fa in tempo a mormorare Ursula, prima di stramazzare a terra.
-Scusa, - fa il ciclista avvicinando la pistola alla nuca di Ursula, -niente di personale, - e scarica un quarto colpo.
Dà un’occhiata intorno poi una spinta col piede e riaggancia gli scarpini ai pedali automatici.
Si dilegua, silenziosamente, tra la nebbia.

Ore 8,15 – Bar Pippo
Sto leggendo un articolo sul problema dei furti con spaccata negli esercizi commerciali della città: sono in netto aumento. Una goccia di crema schizza dal bombolone centrando in pieno la pubblicità di un’auto coreana sul giornale. Prendo un tovagliolino e ripulisco il danno alla meno peggio. Poi noto che un’altra goccia di crema  ha centrato la mia scarpa destra. Smadonno ed afferro un altro tovagliolino.

Ore 8,20 – Colle San Giovanni
Al terzo squillo di campanello Zanzara si alza dal letto e, con l’occhio destro ancora chiuso dal sonno, dallo spioncino cerca di mettere a fuoco il disturbatore.
Quando realizza apre subito la porta.
-Cosa succede? - chiede.
Rispondono due colpi di automatica silenziata al petto.
Zanzara viene sbalzata nel corridoio.
Il disturbatore entra, veloce, nell’appartamento e richiude la porta.
Appoggia il silenziatore alla tempia sinistra di Zanzara e fa partire il terzo colpo.
Ripone la pistola, con la mano passa dietro al collo una ciocca dei suoi lunghi capelli rossi e tira fuori dalla tasca un telefonino. Preme un tasto, manda uno squillo, richiude, lo ripone e aspetta vicino al portoncino di ingresso dell’appartamento.

Ore 8,25 – Bar Pippo
Pago la colazione, saluto e mi incammino verso il rudere da fuoristrada. Ora, lavato, ha un aspetto migliore: sembra l’auto di un marocchino senza patente e documenti. Frugo nella tasca del Moncler alla ricerca delle chiavi della latrina verde mentre avverto il rumore di una moto che si avvicina alle mie spalle. Arrivato a fianco del vespasiano che mi hanno prestato mi ritiro per far spazio alla motocicletta.
E’ un attimo: sento una serie di dolorose fitte alla schiena accompagnate dal rumore di soffi.  Cado a terra e realizzo ciò che sta succedendo. Cerco di strisciare sotto la Toyota, ma non ci riesco. Sento la moto accanto a me e una voce che dice: -Veloce!
Poi una sirena, di quelle delle auto della Polizia.
Ancora una voce: -Via!
Un’altra serie di soffi e sento la testa esplodermi.
Poi il buio.

L'INVERNO A MONTE MALBE

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