Lasciamo perdere!
Me lo dico sempre quando mi assale quella pulsione
incontrollabile alle ore più disparate della giornata.
Ho una certa età, meglio ignorarla!
Invece quella subdola voglia si insinua nel cervello e, come
la carie nei denti, rosicchia, rosicchia e arriva a toccare il nervo.
Per fortuna questa mia voglia non è dolorosa, e neppure fa
danni: almeno fino alla sera di tre giorni fa.
Era arrivata improvvisa, in un orario inconsueto; avevo
troppo da fare per il resto della giornata, meglio soprassedere e continuare il
mio lavoro.
Ma la carie cerebrale ha iniziato il suo sporco lavoro e, di
tardo pomeriggio, si è di nuovo manifestata.
Però! Quasi, quasi…
Ma ho cercato di tenere duro fino all’ultimo, non sono più
un ragazzino che deve soddisfare tutte le sue voglie!
Quella di patata, poi…
Ad ora di cena passata (per gli altri) è tornata prepotente
ad affacciarsi.
Va bene! Hai vinto!
E patata sia!
Ho sperato nella riscossa della mia pigrizia serale, ma
invano. Solitamente la sera esco di casa solo se mi vengono a prelevare i
Carabinieri, comunque ammanettato.
Ho capitolato e mentre ero in viaggio con destinazione
patata ho ripensato ai bei vecchi tempi della gioventù quando, con gli amici,
succedeva spesso di uscire insieme per la ‘Missione Patata’ magari con qualche
robusta rossa inglese, o snella cecoslovacca bionda. Qualche volta andavano
bene anche le francesi e le belghe, anche se un po’ troppo snob.
Ma ora sono un ometto di mezza età, misantropo e con poca
voglia di cazzeggiare.
Poi ho cambiato gusti: preferisco le danesi, anche se la
snella cecoslovacca mi è rimasta nel cuore.
E la sera tutto mi va tranne che rinchiudermi in un pub a
bere birra e ingozzarmi di patatine fritte.
Per ovviare la birra la tengo nel frigo e le patatine fritte
le prendo in una pizzeria poco distante da casa e le divoro nel mio nido.
Ma l’altra sera il destino aveva deciso diversamente per me.
Innanzi tutto la danese e la cecoslovacca latitavano dal
frigo, solo qualche scialba tedesca e un’ italiana che si crede ‘sto cazzo ma
ancora troppe pagnotte deve mangiare!
Mentre scendo dall’auto i sensi sempre allerta del
gattofilo mi mandano una scossa.
Mi blocco e odo quello che nessun gattaro vorrebbe mai
sentire: il pianto disperato di un gattino in difficoltà.
C’è poca luce e cerco di orientarmi con l’udito.
La piccola creatura collabora strillando come la sirena
dell’allarme della Banca d’Italia.
Ma non è nel parcheggio della pizzeria, sotto qualche auto o
dentro ad un cofano motore.
L’ululato viene dall’altra parte della strada, un drittone
da quarta dove tirerebbero sotto pure un ippopotamo.
Riesco ad attraversare incolume e mi avvicino al disperato
miagolio.
Davanti a me c’è un greppo pieno di erba, arbusti e cespugli
alto tre metri e quasi perpendicolare. Sopra quel muro un campo, credo.
Il pianto viene proprio da là, ma è impossibile salire,
soprattutto con le scarpe dalla suola liscia e dopo un acquazzone.
Rischio la vita un paio di volte poi chiedo la
collaborazione del diretto interessato.
Lo chiamo sfoggiando il mio vasto repertorio di richiami
felini imparato negli anni.
Funziona!
Vedo un cazzettino nero con la coda che continua a
strillare.
Gli faccio capire che è lui che deve scendere. Capisce.
Ci incontriamo a metà strada (anzi, greppo) e lo agguanto.
Sotto la luce del parcheggio mi accorgo che non è solo nero,
ma anche marrone chiaro e scuro: una tartarugata.
Un mese circa.
Sotto i polpastrelli sento che ha delle palline attaccate al
pelo.
Controllo, sono tante e bianche: cazzo! se la stanno
mangiando le zecche!
Non ci penso due volte, la butto dentro al bagagliaio
(naturalmente ero uscito con l’auto non dotata di trasportino) e torno vicino
al luogo del delitto (rischiando ancora la vita attraversando la strada) per
verificare se fosse sola o, magari, dotata di mamma snaturata.
Il Signore ascolta le mie preghiere: è sola.
Finalmente posso proseguire con l’ ‘Operazione Patata’.
Le ordino, le friggono, le insacchettano e me ne torno a
casa (con patatine e una tartarughina di un mese).
Appena arrivo la nutro.
Casualmente ho sempre un paio di omogeneizzati a
disposizione per emergenze.
Ne sbrana letteralmente uno.
Poi comincia a
lavarsi mentre io cerco di togliere qualche zecca.
Fortunatamente non sono quelle bestiacce, ma delle innocue
palline spinose.
Veloce controllo per vedere se zoppica, ha la diarrea. i
vermi che fuoriescono, gli acari, la rinotracheite, la congiuntivite, il
pollice valgo e le gambe a X.
Tutto a posto.
Trova il divano da sola e dopo sei secondi russa stremata.
Finalmente!
A noi patata!
Stappo la birra, diventata oramai tiepida, e metto in bocca
un qualcosa che somiglia a silicone salato.
Bleah!
La patatine facevano schifo, ma PATATA è una splendida
micina!
(ma quanto è difficile farle una foto!)
PATATA ha conquistato il divano |
Tanto di cappello
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