sabato 19 aprile 2014

UN ALTRO CADUTO





DIARIO DI BORDO





"Eppur si muove!" aveva sentenziato l'altroieri il Capo, citando un certo Galileo Galilei e attirandosi gli strali della intellighenzia ecclesiastica di Monte Malbe.
E si è mossa; e come si è mossa!
"Porco cane! Ma proprio sul sentiero doveva cadere 'sta cazzo di quercia?" ha commentato ieri pomeriggio quando è venuto coi viveri in Colonia.
La quercia all'angolo del cancello della Colonia è precipitata al suolo, seguendo l'esempio dei suoi numerosi colleghi vegetali che, dalla bufera di novembre ad oggi, sono precipitati al suolo in vari punti del bosco e del piazzale del convento.
Il bosco esterno al convento è un bosco in agonia; mai curato e diradato negli anni, oggi conta un buon 75% di alberi secchi, storti e pericolanti che, alla prima occasione, cadono giù senza mai colpire, purtroppo, chi ci auguriamo.
I frati dicono da circa un anno che deve venire un impresa specializzata a fare un abbattimento mirato delle piante segnate dalla forestale come morte o pericolose.
Ne fosse caduta una di quelle segnate!
Si sono schiantati pini, cipressi, ippocastani, querce e castagni ritenuti in salute dagli esperti forestali e non tacchettati.
Poi, vista l'estrema perizia della squadra di presunti boscaioli ingaggiati dal convento per rimuovere le piante cadute durante la bufera novembrina (l'Armata Brancaleone al confronto era un orologio svizzero), il Capo si era timidamente proposto per effettuare il lavoro (naturalmente coi suoi tempi e metodi). 
Il piccolo, inutile e stronzo fraticello del convento gli ha intimato di non sfiorare un albero neppure con un tagliaunghie.
Peccato.
Noi già ce lo immaginavamo, col suo amico SSSAP (Sadico Sterminatore Seriale di Alberi Pericolanti), che per brevità chiameremo col suo nome di battesimo, GianDomenico Battista Massimiliano PierFrancesco Daniele, a tirare giù i vecchi, decrepiti e rinseccoliti castagni litigando sulla direzione di caduta da dargli. Poi discutere se fosse meglio lasciarne uno solo per ceppara, insieme ai polloni, oppure tre (di cui uno secco, tanto per fare numero dispari) e concordare (su questo sarebbero stati in piena sintonia) la pulizia etnica di tutti i pini presenti: diritti, storti, sani e malati.
Certo, pensare poi di passare un inverno su quella collina, con la tramontana che tira e senza più il misero riparo di quelle quattro piante morte, ci metteva in apprensione.
Ma il nostro Capo e il suo amico 'Mo te taglio', come lo abbiamo soprannominato, non effettueranno il diradamento del bosco.
Come la volpe e l'uva il Capo ha commentato: "Tanto sono castagni, pini, cipressi... a parte qualche roverella solo legnaccia che manco vale la pena di bruciare."
Ma a lui brucerà vedere una squadra di lanzichenecchi tirare giù il nostro bosco.
Sempreché, quando e se arriveranno, ci sarà rimasto ancora un albero in piedi.

Fate attenzione se venite a trovarci in Colonia!


Eppur si muove!



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