giovedì 13 novembre 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
15a puntata




Prima di riprendere la lettura sul solarium, sfruttando in pieno queste giornate primaverili, ci dobbiamo sorbire un reclamo dagli ultimi arrivi.
- Vogliamo leggere le puntate precedenti, altrimenti non ci capiamo una mazza! – proclama QUARK eletto portavoce dagli altri.
- Non è possibile fare una rilettura -  sono costretto a ribattere – il nostro pubblico è già abbastanza nauseato dalla lettura estemporanea, se ci mettiamo anche le repliche chiudiamo bottega.
E’ BAIOCCO che ha un’idea geniale; convoca PALLUCCHINO e lo incarica di rileggere i capitoli passati ai nuovi arrivi.
PALLUCCHINO ha presentato subito un certificato medico con prognosi di 60 giorni.

19

S’è fatto tardi, ma sono curioso di conoscere il seguito. Sento Serena che sta trafficando in cucina.
-Rimani a cena? - chiede.
-No, Serena. Dopo devo uscire con Antonella. Finisco queste due pagine e me ne vado.
Alle 9,30 (ora di Carpaneta) sono appostato in Via dei Barutoli. Seduto su un lercio scalino, fumo e il mio viso è coperto dal cappuccio di una felpa. Sembro uno dei tanti tossici che appestano il centro storico di Perugia. Ho uno zainetto e lo sguardo iniettato di sangue. Mentre fumo controllo l’ingresso del civico 322. Un portoncino al piano stradale dello stretto e ripido vicolo. Dalle persiane della finestra a fianco del portoncino si intravede l’illuminazione della stanza. Dopo un’ora la luce si spenge e viene accesa una luce che filtra dal vetro sopra al portoncino. Mi alzo con lo zainetto in mano e mi piazzo davanti alla porta del monolocale. Non c’è anima viva.
La porta si apre verso l’interno e appena sbuca una figura umana faccio: -Cucù!- e gli assesto una micidiale testata alla radice del naso.
La figura emette un grido strozzato, barcolla all’indietro e cade sul pavimento in un lago di sangue.
Gli ho spaccato il naso e, credo, anche l’osso frontale.
La fronte mi pulsa dal dolore. Cazzo! che botta gli ho dato!
Speriamo sia lui…
Chiudo rapido il portoncino e vedo il verme a terra semi incosciente e sanguinante.
Salto i saluti e tiro fuori dallo zainetto un rotolo di nastro adesivo americano. Gli nastro i polsi insieme, gli tappo la bocca ma sento che comincia a rantolare. Non riesce più a respirare con il naso. Gli tolgo il nastro con uno strappo e dico: - Se provi a gridare ti ammazzo.-
-CHE CAZZ…-
Non fa in tempo a finire la frase. Gli assesto un calcio nei denti. Ne sputa 4 o 5. Ora, però, parla sottovoce.
-Cosa vuoi?-
-Indovina! Dov’è quella roba?-
Non risponde.
Lo metto a sedere su una sedia e gli lego le caviglie. Poi rimetto il nastro alla sua bocca.
Si divincola e diventa paonazzo.
-Respiri?- chiedo.
Fa cenno di no col capo.
-Perfetto!-
Ora ascoltami bene: -Prima trovo quella roba e prima tornerai a respirare. Hai 5 minuti di tempo prima di morire soffocato dal tuo sangue.-
Col capo mi indica la scrivania, un rudere di modernariato anni ’50. In uno dei cassetti trovo una ventina di buste gialle, come quella ricevuta, indirizzate a mezza Italia. Ne apro una: c’è un dvd. Anche nella seconda e nella terza.
-Dove sono le altre?-
Cerca di dirmi che sono tutte lì, ma non gli credo.
Rovisto nei cassetti. Trovo una pistola, carica, che mi metto in tasca, un’agenda e un grande quaderno. Metto tutto dentro lo zainetto. Poi al piano della scrivania. Ci sono quattro cd. Li prendo. Intasco pure il suo portatile e un aggeggio che dovrebbe servire a duplicare i dvd. Faccio una rapida perquisizione del miniappartamento mentre Ardenzi tace: è svenuto. Lo sento respirare affannosamente col naso. Gli tolgo il nastro dalla bocca. Lo guardo: il suo viso è una maschera di sangue.
Finisco la perquisizione. Trovo le chiavi della sua auto: una Fiat senza telecomando per le portiere ma non mi interessano. Dallo zainetto estraggo una bottiglia di plastica vuota, quella delle minerali da un litro e mezzo e la riempio di acqua dal rubinetto della cucina, se così vogliamo definire due metri lineari di lavabo e piano cottura. Ardenzi mi osserva in silenzio.
-Spiegami cosa vai cercando. L’oro?- gli chiedo.
Riesce a biascicare: -No.-
-I gioielli? Cosa?-
-La verità. Prima degli altri.-
-Che verità? Chi sono gli altri?-
-Sei un morto che cammina, oramai. Ti saranno addosso subito.-
-Chi? E perché?-
Riesce ad abbozzare un sorriso.
-Lasciami libero e, forse, potrò difenderti.-
Capisco che sta bluffando. Richiudo lo zainetto e prendo la sua pistola che mi ero intascato. Ha la matricola abrasa, puzza. Meglio utilizzarla per l’ultima volta e lasciarla là. Con gli occhi pieni di terrore me la vede armare. Sta per gridare ma lo anticipo tappandogli la bocca con un pannospugna sporco. Altro giro di nastro alla sua bocca.
Ora ha il viso del colorito dei cadaveri.
-Faccio subito, non preoccuparti. Metodo IRA, rapido ed efficace.-
Appoggio la canna della pistola al collo della bottiglia e la bottiglia alla sua rotula sinistra.
Sparo e vengo investito da schizzi di acqua insanguinata e brandelli di pantalone e rotula, mischiati tra loro. Ma nessun rumore, solo un tonfo.
Che schifo!
Ardenzi si accascia sulla sedia. E’ svenuto di nuovo.
Gli libero la bocca dal nastro e dal pannospugna e, dopo aver accertato che il vicolo è deserto, esco e richiudo bene il portoncino. Dopo 10 minuti sono alla Land, nel parcheggio dietro all’Università.
Parto e dopo un paio di chilometri mi fermo ad una cabina telefonica sulla strada.
-Carabinieri? Ho sentito uno sparo in via dei Barutoli. Al numero 322. Non importa chi sono, vi ho solo avvertiti. Buon lavoro.-
La mattina mi metto al lavoro di buon’ora. Devo verificare la refurtiva. I dvd nelle buste gialle sono delle copie, come quella che ho ricevuto. Nel computer portatile non riesco ad entrare: è protetto da passvor password. Nell’agenda trovo appunti, date, commenti e numeri telefonici personali di varie personalità, cardinali e politici compresi. Non ho voglia di esaminarla a fondo, la archivio nella libreria, nascosta tra i libri. Sul quaderno trovo delle porzioni di cartine IGM incollati. Alcuni toponimi sono evidenziati con un pennarello giallo, pure Carpaneta. Ci sono pure dei ritagli di articoli di vecchi giornali, una foto di due militari tedeschi, un’altra di 4 militari, credo sempre tedeschi, ma con una didascalia in italiano (?), la foto di un prete, foto di un camion giù per un dirupo, foto, più recente, di uno strano tipo, opuscolo pubblicitario della “Don Nello Benizzi Foundation”. C’è anche il ritaglio della foto aerea di Carpaneta, apparso su un giornale scandalistico mesi fa. Archivio pure il quaderno. Un caffè e una sigaretta prima dell’ultimo controllo: quello dei cd. 5 sono vergini, il sesto no.
Contiene in ordine:
- foto di San Gerolamo prima della strage e dell’incendio
- foto di San Gerolamo dopo la rappresaglia, con tanto di cadaveri dei fucilati a terra
- foto di 3 camion tedeschi circondati dai partigiani festanti
- foto di un altro camion tedesco, simile ai precedenti, in un dirupo, bruciato e con la vegetazione che se ne sta appropriando
- foto di un prete
- articoli di giornale che parlano di incidenti mortali nella zona tra San Lorenzo, Treggio e San Girolamo Nuovo
- foto del gerarca Alfano con la famiglia
- foto del gerarca Alfano e della sua famiglia giustiziati (riconosco anche il posto, il cancello di ingresso di una villa padronale a Sant’Ercolano)
       - foto di 2 soldati tedeschi, delle SS; portano al petto lo stesso distintivo che ho trovato al passo. Sono autografate Kurt Wies… (e qualcos’altro) e Hans Müller
- certificato di morte di Kurt Wiesermannst, del 1975
- articolo di giornale dell’agosto 1970 che riporta il ritrovamento del cadavere del turista tedesco Hans D. Strosser nei boschi vicino a Sant’Ercolano
- foto di 4 soldati con l’uniforme tedesca ma con dedica tipicamente italiana: “Saetta, Nembo, Ardito e Folgore alla Divisione”
- foto di un distinto signore, sulla sessantina, che scende da una berlina di rappresentanza con l’autista che tiene aperta la portiera
- foto di un groviglio di bronzo e altro metallo su un piedistallo, su un prato: tipico esempio di pregevole opera di arte moderna
- foto di un uomo, sulla quarantina, vestito in maniera stravagante
- foto di una costruzione, con la bandiera della Croce Rossa che sventola sul tetto, in contesto tipicamente africano (considerando che ci sono 2 negretti seduti)
- inventario della collezione Alfano. E’ tutto spuntato ad esclusione delle monete e di 3 gioielli etruschi: un bracciale, una collana e un anello
- opuscolo pubblicitario “San Girolamo ONLUS Don Nello Benizzi Foundation Nairobi – Kenia
E’ tutto arabo per me, ma sono i pezzi del puzzle che bisogna unire per avere il disegno, senza sapere quale sia, però!
Solo una cosa mi è chiara: l’oro esiste! O meglio: esisteva!
Bisogna solo portare pazienza ed incastrare i tasselli al posto giusto e, forse, si arriverà ai 3 gioielli etruschi mancanti.
Stampo 3 file: quello del certificato di morte di Kurt Comesichiama, la foto della immensa porcata di bronzo e metallo e quello dell’uomo eclettico che, credo, sia la mente perversa che l’ha creata.
So chi mi può aiutare.
Ma prima devo compiere una delicata operazione. Prendo un bidone metallico vuoto, conteneva 180 Kg di olio motore, e ci getto dentro i dvd e il duplicatore, i cd vergini e il pc. Con una mazza da 15 Kg frantumo ben bene il tutto, cospargo con abbondante benzina e aggiungo uno straccio imbevuto della stessa appena sfiorato da un fiammifero acceso.
Un denso fumo nero si sviluppa dal bidone, segno che qualche milione di lire in moderna tecnologia sta andando in fumo.
Faccio e prendo un caffè e vado a caccia di informazioni.
Prima tappa: Tigre.
-Vedi se puoi avere qualche notizia dai tuoi contatti tedeschi su quest’uomo.-
Prende la stampa in mano.
-E’ morto nel ’75. A cosa ti serve?-
-Curiosità personale-, mentre gli rovescio sulla scrivania una trentina di proiettili integri del Moschetto.
-Voglio il distintivo.-
-Dopo. Forse te ne do anche un altro. Ora lavora e taci.-
-Fatti vedere tra 2 giorni.-
Seconda tappa: Domi.
-Con chi vuoi parlare in privato, stavolta?- mi chiede quando mi presento nel suo ufficio.
-Personalmente con te.-
Estraggo dalla tasca la stampata con la foto della bronzea porcheria e gliela porgo.
-Immagino sia arte moderna-, chiedo timidamente. Ho sempre paura di dire qualche cazzata con Domi.
-Strosser!- esclama subito Domi.
-E questo-, estraggo la stampata con la foto del tipo strano, -immagino ne sia l’autore.-
-Strosser da giovane-, conferma. –Il Maestro.-
-Maestro?-
-Certo! Lo chiamano tutti così. E’ uno dei maggior artisti nel suo campo. Vedi…- comincia una tirata sulla magnificenza delle sue opere. –E’ uno svizzero. Ti vuoi dare all’arte, cow-boy?-
-No. Era solo una curiosità?-
-Beh, la prossima volta vedi di portarmi una voto decente invece di questa miserabile fotocopia.-
-Già. Ora faccio un salto in Svizzera a fotografare questo ammasso di lamiere rugginose. Come si chiama “l’opera”: incidente in autostrada?-
-Sei proprio un gretto e ignorante montanaro. Incidente in autostrada… questa è “L’Alba”. Fai un salto a Sant’Ercolano e valla a vedere di persona, poi ne riparliamo.-
-Ce l’ha il robivecchi di Sant’Ercolano?-
-Idiota! Strosser abita là. Ha una villa con tante sue sculture nel parco. Prenotati per un tur tour guidato. Ogni tanto ne organizzano qualcuno.-
-A Sant’Ercolano?-
-Esatto.-
-Perché abita là se è svizzero?-
-E tu: perché stai qui a rompermi i coglioni se abiti a Carpaneta?-
Il colloquio è finito.
-Dove trovo la villa?-
-A Sant’Ercolano. Ci sono pure le indicazioni stradali. Vattene.-
mi blocca prima di uscire dall’ufficio.
-Giorgio… prima Ardenzi che ieri sera non era alla “Luna”. Ora il Maestro Strosser. Cosa stai combinando?-
-Nulla!-
-E Silvia lo sa di questo nulla?-
-Solo se glielo dici tu.-
-Vattene.-
Torno, bastonato come un cane entrato per sbaglio in chiesa (poi… perché deve venire bastonato?), a casa. Mi ripropongo di fare un salto dal “Maestro” appena capirò qualcosa di questa storia.
Poi ho la classica illuminazione cerebrale.
Strosser! Dove cazzo l’ho già sentito questo cognome?
Chiedo a Google. Parla quasi solo ed esclusivamente del “Maestro”.
E’ la mattina dopo che i due residui neuroni del mio cervello incrociano le loro orbite e si scambiano preziose informazioni.
L’articolo del giornale!
Riesumo il quaderno e leggo quel ritaglio di quotidiano.
Parla di un certo Hans D. Strosser, trovato cadavere nei boschi vicino a Sant’Ercolano nell’agosto 1970. Un solitario turista persosi durante un’escursione alcuni giorni prima. Il titolare della pensione dove alloggiava ne aveva comunicato alla Polizia la scomparsa. I resti erano stati devastati dagli animali selvatici ma era stato possibile effettuare l’identificazione grazie a un particolare non meglio specificato.
?
Questo è uno Strosser tedesco. L’altro svizzero.
Torno su Google e comincio a leggermi la vita del “Maestro”.
Fredrich Strosser.
Nato a Altdorf, nel cantone Uri, il 23 novembre 1946…
fino ad arrivare alla scoperta: Strosser è il cognome della madre, emigrata dalla Germania dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Hans D. Strosser non è altro che Hans D. Müller. Molto probabilmente il padre.
Inaspettatamente arriva la telefonata del Tigre.
-Fatti vedere; ho quelle notizie.-
-Di già?-
-I tedeschi mica sono italiani!- ribatte.
-Aspettami che arrivo.-
-Kurt Wiesermannst, caporale del II Reggimento SS Polizei, catturato dai russi nel 1945 al confine con la Polonia. Internato in un campo di prigionia russo e mai più tornato a casa, come tanti altri camerati. Questo è un certificato di morte presunta. Ora dammi i distintivi.-
-No, Tigre. Ancora no. Un giorno, forse ti racconterò una storia, forse una brutta storia…-
-Le storie non mi interessano; i distintivi, sì!-
-Porta pazienza.-
Altra tappa. si attraversa mezza Umbria con una foto che ho prudentemente infilato in tasca.
Sarà il mio passpartot passaporto.
QUARK emula TAZZA

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