VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
15a puntata
Prima di riprendere la lettura sul solarium, sfruttando in
pieno queste giornate primaverili, ci dobbiamo sorbire un reclamo dagli ultimi
arrivi.
- Vogliamo leggere le puntate precedenti, altrimenti non ci
capiamo una mazza! – proclama QUARK eletto portavoce dagli altri.
- Non è possibile fare una rilettura - sono costretto a ribattere – il nostro
pubblico è già abbastanza nauseato dalla lettura estemporanea, se ci mettiamo
anche le repliche chiudiamo bottega.
E’ BAIOCCO che ha un’idea geniale; convoca PALLUCCHINO e lo
incarica di rileggere i capitoli passati ai nuovi arrivi.
PALLUCCHINO ha presentato subito un certificato medico con
prognosi di 60 giorni.
19
S’è fatto tardi, ma sono curioso di conoscere il
seguito. Sento Serena che sta trafficando in cucina.
-Rimani a cena? - chiede.
-No, Serena. Dopo devo uscire con Antonella.
Finisco queste due pagine e me ne vado.
Alle 9,30 (ora di Carpaneta) sono appostato in Via dei Barutoli. Seduto
su un lercio scalino, fumo e il mio viso è coperto dal cappuccio di una felpa.
Sembro uno dei tanti tossici che appestano il centro storico di Perugia. Ho uno
zainetto e lo sguardo iniettato di sangue. Mentre fumo controllo l’ingresso del
civico 322. Un portoncino al piano stradale dello stretto e ripido vicolo.
Dalle persiane della finestra a fianco del portoncino si intravede
l’illuminazione della stanza. Dopo un’ora la luce si spenge e viene accesa una
luce che filtra dal vetro sopra al portoncino. Mi alzo con lo zainetto in mano
e mi piazzo davanti alla porta del monolocale. Non c’è anima viva.
La porta si apre verso l’interno e appena sbuca una figura umana faccio:
-Cucù!- e gli assesto una micidiale testata alla radice del naso.
La figura emette un grido strozzato, barcolla all’indietro e cade sul
pavimento in un lago di sangue.
Gli ho spaccato il naso e, credo, anche l’osso frontale.
La fronte mi pulsa dal dolore. Cazzo! che botta gli ho dato!
Speriamo sia lui…
Chiudo rapido il portoncino e vedo il verme a terra semi incosciente e
sanguinante.
Salto i saluti e tiro fuori dallo zainetto un rotolo di nastro adesivo
americano. Gli nastro i polsi insieme, gli tappo la bocca ma sento che comincia
a rantolare. Non riesce più a respirare con il naso. Gli tolgo il nastro con
uno strappo e dico: - Se provi a gridare ti ammazzo.-
-CHE CAZZ…-
Non fa in tempo a finire la frase. Gli assesto un calcio nei denti. Ne
sputa 4 o 5. Ora, però, parla sottovoce.
-Cosa vuoi?-
-Indovina! Dov’è quella roba?-
Non risponde.
Lo metto a sedere su una sedia e gli lego le caviglie. Poi rimetto il
nastro alla sua bocca.
Si divincola e diventa paonazzo.
-Respiri?- chiedo.
Fa cenno di no col capo.
-Perfetto!-
Ora ascoltami bene: -Prima trovo quella roba e prima tornerai a
respirare. Hai 5 minuti di tempo prima di morire soffocato dal tuo sangue.-
Col capo mi indica la scrivania, un rudere di modernariato anni ’50. In
uno dei cassetti trovo una ventina di buste gialle, come quella ricevuta,
indirizzate a mezza Italia. Ne apro una: c’è un dvd. Anche nella seconda e
nella terza.
-Dove sono le altre?-
Cerca di dirmi che sono tutte lì, ma non gli credo.
Rovisto nei cassetti. Trovo una pistola, carica, che mi metto in tasca,
un’agenda e un grande quaderno. Metto tutto dentro lo zainetto. Poi al piano
della scrivania. Ci sono quattro cd. Li prendo. Intasco pure il suo portatile e
un aggeggio che dovrebbe servire a duplicare i dvd. Faccio una rapida
perquisizione del miniappartamento mentre Ardenzi tace: è svenuto. Lo sento
respirare affannosamente col naso. Gli tolgo il nastro dalla bocca. Lo guardo:
il suo viso è una maschera di sangue.
Finisco la perquisizione. Trovo le chiavi della sua auto: una Fiat senza
telecomando per le portiere ma non mi interessano. Dallo zainetto estraggo una
bottiglia di plastica vuota, quella delle minerali da un litro e mezzo e la
riempio di acqua dal rubinetto della cucina, se così vogliamo definire due
metri lineari di lavabo e piano cottura. Ardenzi mi osserva in silenzio.
-Spiegami cosa vai cercando. L’oro?- gli chiedo.
Riesce a biascicare: -No.-
-I gioielli? Cosa?-
-La verità. Prima degli altri.-
-Che verità? Chi sono gli altri?-
-Sei un morto che cammina, oramai. Ti saranno addosso subito.-
-Chi? E perché?-
Riesce ad abbozzare un sorriso.
-Lasciami libero e, forse, potrò difenderti.-
Capisco che sta bluffando. Richiudo lo zainetto e prendo la sua pistola
che mi ero intascato. Ha la matricola abrasa, puzza. Meglio utilizzarla per
l’ultima volta e lasciarla là. Con gli occhi pieni di terrore me la vede
armare. Sta per gridare ma lo anticipo tappandogli la bocca con un pannospugna
sporco. Altro giro di nastro alla sua bocca.
Ora ha il viso del colorito dei cadaveri.
-Faccio subito, non preoccuparti. Metodo IRA, rapido ed efficace.-
Appoggio la canna della pistola al collo della bottiglia e la bottiglia
alla sua rotula sinistra.
Sparo e vengo investito da schizzi di acqua insanguinata e brandelli di
pantalone e rotula, mischiati tra loro. Ma nessun rumore, solo un tonfo.
Che schifo!
Ardenzi si accascia sulla sedia. E’ svenuto di nuovo.
Gli libero la bocca dal nastro e dal pannospugna e, dopo aver accertato
che il vicolo è deserto, esco e richiudo bene il portoncino. Dopo 10 minuti
sono alla Land, nel parcheggio dietro all’Università.
Parto e dopo un paio di chilometri mi fermo ad una cabina telefonica
sulla strada.
-Carabinieri? Ho sentito uno sparo in via dei Barutoli. Al numero 322.
Non importa chi sono, vi ho solo avvertiti. Buon lavoro.-
La mattina mi metto al lavoro di buon’ora. Devo verificare la refurtiva.
I dvd nelle buste gialle sono delle copie, come quella che ho ricevuto. Nel
computer portatile non riesco ad entrare: è protetto da passvor password. Nell’agenda trovo appunti, date, commenti e numeri
telefonici personali di varie personalità, cardinali e politici compresi. Non
ho voglia di esaminarla a fondo, la archivio nella libreria, nascosta tra i
libri. Sul quaderno trovo delle porzioni di cartine IGM incollati. Alcuni
toponimi sono evidenziati con un pennarello giallo, pure Carpaneta. Ci sono
pure dei ritagli di articoli di vecchi giornali, una foto di due militari
tedeschi, un’altra di 4 militari, credo sempre tedeschi, ma con una didascalia
in italiano (?), la foto di un prete, foto di un camion giù per un dirupo,
foto, più recente, di uno strano tipo, opuscolo pubblicitario della “Don Nello
Benizzi Foundation”. C’è anche il ritaglio della foto aerea di Carpaneta,
apparso su un giornale scandalistico mesi fa. Archivio pure il quaderno. Un
caffè e una sigaretta prima dell’ultimo controllo: quello dei cd. 5 sono
vergini, il sesto no.
Contiene in ordine:
- foto di San Gerolamo prima della strage e dell’incendio
- foto di San Gerolamo dopo la rappresaglia, con tanto di cadaveri dei
fucilati a terra
- foto di 3 camion tedeschi circondati dai partigiani festanti
- foto di un altro camion tedesco, simile ai precedenti, in un dirupo,
bruciato e con la vegetazione che se ne sta appropriando
- foto di un prete
- articoli di giornale che parlano di incidenti mortali nella zona tra
San Lorenzo, Treggio e San Girolamo Nuovo
- foto del gerarca Alfano con la famiglia
- foto del gerarca Alfano e della sua famiglia giustiziati (riconosco
anche il posto, il cancello di ingresso di una villa padronale a Sant’Ercolano)
- foto di 2 soldati tedeschi, delle SS;
portano al petto lo stesso distintivo che ho trovato al passo. Sono autografate
Kurt Wies… (e qualcos’altro) e Hans Müller
- certificato di morte
di Kurt Wiesermannst, del 1975
- articolo di giornale
dell’agosto 1970 che riporta il ritrovamento del cadavere del turista tedesco
Hans D. Strosser nei boschi vicino a Sant’Ercolano
- foto di 4 soldati con
l’uniforme tedesca ma con dedica tipicamente italiana: “Saetta, Nembo, Ardito e
Folgore alla Divisione”
- foto di un distinto
signore, sulla sessantina, che scende da una berlina di rappresentanza con
l’autista che tiene aperta la portiera
- foto di un groviglio
di bronzo e altro metallo su un piedistallo, su un prato: tipico esempio di
pregevole opera di arte moderna
- foto di un uomo,
sulla quarantina, vestito in maniera stravagante
- foto di una
costruzione, con la bandiera della Croce Rossa che sventola sul tetto, in
contesto tipicamente africano (considerando che ci sono 2 negretti seduti)
- inventario della
collezione Alfano. E’ tutto spuntato ad esclusione delle monete e di 3 gioielli
etruschi: un bracciale, una collana e un anello
- opuscolo
pubblicitario “San Girolamo ONLUS Don Nello Benizzi Foundation Nairobi – Kenia
E’ tutto arabo per me,
ma sono i pezzi del puzzle che bisogna unire per avere il disegno, senza sapere
quale sia, però!
Solo una cosa mi è
chiara: l’oro esiste! O meglio: esisteva!
Bisogna solo portare
pazienza ed incastrare i tasselli al posto giusto e, forse, si arriverà ai 3
gioielli etruschi mancanti.
Stampo 3 file: quello
del certificato di morte di Kurt Comesichiama, la foto della immensa porcata di
bronzo e metallo e quello dell’uomo eclettico che, credo, sia la mente perversa
che l’ha creata.
So chi mi può aiutare.
Ma prima devo compiere
una delicata operazione. Prendo un bidone metallico vuoto, conteneva 180 Kg di
olio motore, e ci getto dentro i dvd e il duplicatore, i cd vergini e il pc.
Con una mazza da 15 Kg frantumo ben bene il tutto, cospargo con abbondante
benzina e aggiungo uno straccio imbevuto della stessa appena sfiorato da un
fiammifero acceso.
Un denso fumo nero si
sviluppa dal bidone, segno che qualche milione di lire in moderna tecnologia
sta andando in fumo.
Faccio e prendo un
caffè e vado a caccia di informazioni.
Prima tappa: Tigre.
-Vedi se puoi avere
qualche notizia dai tuoi contatti tedeschi su quest’uomo.-
Prende la stampa in
mano.
-E’ morto nel ’75. A
cosa ti serve?-
-Curiosità personale-,
mentre gli rovescio sulla scrivania una trentina di proiettili integri del
Moschetto.
-Voglio il distintivo.-
-Dopo. Forse te ne do
anche un altro. Ora lavora e taci.-
-Fatti vedere tra 2
giorni.-
Seconda tappa: Domi.
-Con chi vuoi parlare
in privato, stavolta?- mi chiede quando mi presento nel suo ufficio.
-Personalmente con te.-
Estraggo dalla tasca la
stampata con la foto della bronzea porcheria e gliela porgo.
-Immagino sia arte
moderna-, chiedo timidamente. Ho sempre paura di dire qualche cazzata con Domi.
-Strosser!- esclama
subito Domi.
-E questo-, estraggo la
stampata con la foto del tipo strano, -immagino ne sia l’autore.-
-Strosser da giovane-,
conferma. –Il Maestro.-
-Maestro?-
-Certo! Lo chiamano
tutti così. E’ uno dei maggior artisti nel suo campo. Vedi…- comincia una
tirata sulla magnificenza delle sue opere. –E’ uno svizzero. Ti vuoi dare
all’arte, cow-boy?-
-No. Era solo una
curiosità?-
-Beh, la prossima volta
vedi di portarmi una voto decente invece di questa miserabile fotocopia.-
-Già. Ora faccio un
salto in Svizzera a fotografare questo ammasso di lamiere rugginose. Come si
chiama “l’opera”: incidente in autostrada?-
-Sei proprio un gretto
e ignorante montanaro. Incidente in autostrada… questa è “L’Alba”. Fai un salto
a Sant’Ercolano e valla a vedere di persona, poi ne riparliamo.-
-Ce l’ha il robivecchi
di Sant’Ercolano?-
-Idiota! Strosser abita
là. Ha una villa con tante sue sculture nel parco. Prenotati per un tur tour guidato. Ogni tanto ne
organizzano qualcuno.-
-A Sant’Ercolano?-
-Esatto.-
-Perché abita là se è
svizzero?-
-E tu: perché stai qui
a rompermi i coglioni se abiti a Carpaneta?-
Il colloquio è finito.
-Dove trovo la villa?-
-A Sant’Ercolano. Ci
sono pure le indicazioni stradali. Vattene.-
mi blocca prima di
uscire dall’ufficio.
-Giorgio… prima Ardenzi
che ieri sera non era alla “Luna”. Ora il Maestro Strosser. Cosa stai
combinando?-
-Nulla!-
-E Silvia lo sa di
questo nulla?-
-Solo se glielo dici
tu.-
-Vattene.-
Torno, bastonato come
un cane entrato per sbaglio in chiesa (poi… perché deve venire bastonato?), a
casa. Mi ripropongo di fare un salto dal “Maestro” appena capirò qualcosa di
questa storia.
Poi ho la classica
illuminazione cerebrale.
Strosser! Dove cazzo
l’ho già sentito questo cognome?
Chiedo a Google. Parla
quasi solo ed esclusivamente del “Maestro”.
E’ la mattina dopo che
i due residui neuroni del mio cervello incrociano le loro orbite e si scambiano
preziose informazioni.
L’articolo del giornale!
Riesumo il quaderno e
leggo quel ritaglio di quotidiano.
Parla di un certo Hans
D. Strosser, trovato cadavere nei boschi vicino a Sant’Ercolano nell’agosto
1970. Un solitario turista persosi durante un’escursione alcuni giorni prima. Il
titolare della pensione dove alloggiava ne aveva comunicato alla Polizia la
scomparsa. I resti erano stati devastati dagli animali selvatici ma era stato
possibile effettuare l’identificazione grazie a un particolare non meglio
specificato.
?
Questo è uno Strosser tedesco.
L’altro svizzero.
Torno su Google e
comincio a leggermi la vita del “Maestro”.
Fredrich Strosser.
Nato a Altdorf, nel
cantone Uri, il 23 novembre 1946…
fino ad arrivare alla
scoperta: Strosser è il cognome della madre, emigrata dalla Germania dopo la
fine della seconda guerra mondiale.
Hans D. Strosser non è altro che Hans D. Müller. Molto
probabilmente il padre.
Inaspettatamente arriva la telefonata del Tigre.
-Fatti vedere; ho quelle notizie.-
-Di già?-
-I tedeschi mica sono italiani!- ribatte.
-Aspettami che arrivo.-
-Kurt Wiesermannst, caporale del II Reggimento SS Polizei,
catturato dai russi nel 1945 al confine con la Polonia. Internato in un campo
di prigionia russo e mai più tornato a casa, come tanti altri camerati. Questo
è un certificato di morte presunta. Ora dammi i distintivi.-
-No, Tigre. Ancora no. Un giorno, forse ti racconterò una storia,
forse una brutta storia…-
-Le storie non mi interessano; i distintivi, sì!-
-Porta pazienza.-
Altra tappa. si attraversa mezza Umbria con una foto che ho
prudentemente infilato in tasca.
Sarà il mio passpartot
passaporto.
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