VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
8a puntata
Finalmente è scoppiato il caldo, anche se quel menagramo di
ZORRO dice che, comunque, pioverà ancora. EMILIA mi chiede in prestito il
romanzo che stiamo leggendo; più precisamente un solo capitolo, non importa
quale. Al mio sguardo perplesso risponde spiegando che gli serve per
schiacciare le zanzare, che sono tornate a stormi, sulle pareti della nostra
casetta.
Ah, l’amore per la cultura!
CAPITOLO 12
Un pomeriggio passa a
prelevarmi Antonella, si va da questa famosa presidentessa dei gatti.
Superato Borgo San
Lorenzo le chiedo: -Ma dove sta questa gattara?
-In un posto
fantastico. Serena è un’ereditiera, ora si occupa solo dell’associazione
animalista che presiede.
Scorrono i chilometri,
finalmente ci inerpichiamo su una strada bianca che sale sulle colline.
-Fa pure l’eremita? -
domando.
-Vedrai…
Dopo altri
interminabili chilometri la strada termina davanti a un pesante cancello in
ferro battuto sorretto da due monumentali colonne con delle fioriere ai lati.
E’ un tripudio di rampicanti fioriti.
bello!
Il cancello si apre, lo
superiamo e continuiamo a la salita sterrata.
Ancora alcuni minuti e
la strada è interrotta da un secondo cancello, sempre in ferro battuto e
circondato da vecchi orci in terracotta con delle splendide piante dentro.
però!
-Perché due cancelli? -
domando.
-Il primo è l’ingresso
alla tenuta, l’altro all’abitazione.
-Tenuta?
-Sì.
Non fa in tempo a
spiegarmi altro. Arriviamo in un piazzale con un gruppo di vecchie case,
restaurate, davanti. Noto che c’è pure una chiesetta. Parcheggiamo l’auto sotto
un leccio secolare e, quando scendo, dirigo verso il muretto che delimita il
piazzale. Vedo un panorama fantastico.
-Ecco Serena, -
interrompe l’idillio Antonella.
Mi volto aspettando di
vedere la classica vecchia riccona rifatta e ingioiellata, firmata da capo a
piedi e circondata dai soliti odiosi barboncini.
Invece mi si presenta
una donna giovane: una piccola e graziosa biondina in jeans scoloriti e camicia
a scacchi, seguita da quattro mici con le code dritte come le antenne.
Mi stringe la mano,
dopo essersi tolta dei guanti da lavoro.
-Ciao. Sono Serena. Tu
sei l’uomo da redimere, immagino.
-Andrea, e non credo
alla redenzione, - metto subito le cose in chiaro.
-Vedremo… - aggiunge. -Ci facciamo un caffè e
poi una passeggiata?
-Con piacere! - risponde Antonella.
con piacere,
un cazzo! voglio chiudere subito la questione e tornarmene a casa
Giungiamo ad un posto chiamato "le
piscine". Delle pozze di acque termali di una bellezza inaudita.
-Quanto è grande la tenuta? - chiedo.
-Ottocento, mille, milleduecento ettari, non
ricordo bene, - risponde Serena.
ora prova a
dirmi che non hai spazio per prenderti quei gatti
Torniamo alla casa e Serena ci conduce alla
chiesetta, divenuta uno spazioso laboratorio, dove stava lavorando con
paglietta di ferro per ripulire delle persiane in legno.
-Vi faccio vedere una stanza segreta. Tanto
segreta che Giorgio neppure i gatti ci faceva entrare.
Scendiamo degli scalini di pietra sottoterra e
arriviamo in un ambiente chiuso con una porta blindata.
-E' l'antica cripta della chiesa, - illustra
Serena, -là dietro ci sono pure dei ruderi di un tempio etrusco.
La ascolto ma il mio sguardo è rapito da un
plastico ferroviario, enorme, incompleto, ma meraviglioso.
-E questo? - chiedo.
-Questo era il plastico dei trenini di Giorgio e
questa era la sua stanza dedicata, ecco perché era vietato l'ingresso pure ai
gatti. Io l'ho vista solo dopo che Giorgio era morto. Non ci ero mai entrata, e
non per mia scelta.
incredibile
-Là ci stanno i trenini. - Serena mi mostra una
libreria piena zeppa di scatole di trenini elettrici e vagoni.
Mi avvicino e controllo le scatole.
tutto materiale delle ferrovie svizzere
-Un plastico di ambientazione svizzera, - le dico.
-Non ce ne sono mica tanti in Italia!
-In una stanza della casa torre c'è esposta la
collezione di treni italiani che Giorgio ha ereditato da un suo, anzi nostro,
caro amico.
-Tutta una stanza?
-Diciamo quasi due.
-Qui dentro c'è un patrimonio. Lo sa?
-Certo! Mi hanno offerto cifre elevate per
portarsi via tutto. Ma a queste cose Giorgio teneva troppo. Sarebbe un vero
tradimento venderle.
-Che lavoro faceva Giorgio? - indago.
-Il pensionato. Meglio era vigile del fuoco, pensionato
per causa di servizio.
questa poi…
-Andiamo in casa a discutere delle nostre faccende,
- fa Serena.
Entriamo nel salone: è più vasto del mio
appartamento di Perugia.
Divani, tappeti persiani e alcuni mobili di
antiquariato.
E’ anche lo studio di Serena; si accomoda nella
poltrona dietro una massiccia scrivania di quercia.
Le pareti sono coperte da una libreria immensa,
anche questa in tavole di quercia, ma grezze. Sugli scaffali migliaia di
volumi. Mi sento intimidito.
Ci raggiunge una ragazza, bella è dir poco, alta,
mora coi capelli lunghi, occhi verdi e vispi e un fisico da urlo.
-Questa è Vanessa, la mia più preziosa
collaboratrice. Discuto con lei di tutti i problemi inerenti ai gatti. - Serena
ce la presenta.
-Prima di parlare dei gatti di Migiana le illustro
brevemente le nostre attività. - continua, -L'associazione "Progetto
Pogo" si occupa di prevenire e contenere il fenomeno del randagismo felino
in Umbria e anche in altre regioni limitrofe. Abbiamo una decina di strutture
di nostra proprietà, con una ventina di dipendenti tra operai, infermieri e
medici veterinari. Gestiamo direttamente quasi cento colonie di gatti randagi
con i nostri sessanta volontari, come Catia, per intenderci. Collaboriamo nella
gestione di altre 130 colonie gestite da privati amanti dei gatti. Per farla
breve, nutriamo e curiamo circa 5000 gatti.
-5000?- faccio stupito. - Vi ci vuole un
patrimonio!
-Esatto, - precisa, -alcuni fondi vengono dallo
Stato e dalle Regioni, quando arrivano, alcuni da offerte e donazioni di
privati cittadini e il grosso dalla nostra "Fondazione Progetto
Pogo".
-Progetto Pogo, perché questo nome?
-Pogo era il cane di Giorgio. Praticamente un
fratello. Quando è morto ha deciso di dedicare il suo tempo e le sue risorse ad
opere di bene.
-Visto che Pogo era un cane, perché non vi
occupate di cani randagi? - chiedo.
-Perché ai tempi già mi occupavo di gatti randagi
in una colonia. Si può dire che io lo abbia indirizzato nella scelta. Comunque
finanziamo iniziative a favore dei cani abbandonati, anche se non ce ne
occupiamo direttamente, nonché sosteniamo una missione per bambini sieropositivi
e abbandonati in Kenia.
-E… quando finirete i soldi? - chiedo
provocatoriamente con una punta di maleducazione.
-Finiranno sicuramente prima i gatti e i cani
randagi e l'Aids sarà solo un lontano ricordo. - Risponde sicura e con una
punta di orgoglio.
-Tutto quello che ha visto, - prosegue, -è di
proprietà della Fondazione, io ne usufruisco in qualità di presidente e
amministratrice. E, le assicuro, è solo una minima parte delle risorse. Veniamo
al dunque. Come mai vuole cacciare i gatti di sua zia?
-Perché non mi sono mai stati simpatici, - rispondo
sicuro.
-Mi scusi, Antonella mi ha raccontato un poco
della sua disavventura. Vorrebbe dirmi che tutto quello che ricorda del passato
recente è che non sopportava i gatti?
Rimango un attimo interdetto.
-Sono quasi due anni, - prosegue imperterrita, -che
ci occupiamo dei gatti di sua zia. Li abbiamo sterilizzati, curati e nutriti.
Ora lei li vuole cacciare via. Non mi sembra un modo corretto di ricordare sua
zia e di ringraziarci per quello che abbiamo fatto. In questi anni le abbiamo
anche, in un certo modo, controllato la proprietà. Poi … la sua richiesta è
immorale.
Sono travolto dal discorso e dalla crudezza delle
sue parole.
-Sono troppi, - preciso.
-Pochi, troppi, che differenza fa? - risponde. -Io
sono disposta a continuare la gestione della colonia senza nessun contributo da
parte sua. Potrei anche spostare i gatti in altre strutture. Ma significherebbe
sradicarli dall’ambiente dove sono nati e vissuti e disgregare nuclei
familiari, anche se il concetto di famiglia non fa parte del comportamento felino.
A lei piacerebbe venire deportato in un'altra città solo perché qua dà fastidio
a qualcuno?
-Certamente no! - rispondo. -Ma sarò pur libero di
disporre della mia proprietà.»ì
-Non tiri i ballo termini legali, per favore. Lei
ha accettato l'eredità di sua zia con annessi e connessi. Io sto parlando di
coscienza e moralità. Anche se in Italia sono vocaboli desueti.
desueti?
come cazzo parla?
-Faccia una cosa, - continua, -si consulti con
Antonella e ascolti la sua coscienza. Ci pensi un poco sopra e, tra qualche
giorno, ci vediamo a cena e riaffrontiamo il discorso.
Annuisco: ho bisogno di tempo per preparare un
nuovo piano di attacco.
Arriva un bel gatto, bianco e rosso, e salta sulla
scrivania di Serena.
-Topazio! Scendi giù! Lo sai che qui non si può.
-Topazio? - chiedo sgranando gli occhi.
-Sì. Uno dei gatti di Giorgio.
-Topazio … come la pietra preziosa? - domando
incuriosito.
-No! Come un sommergibile della seconda guerra
mondiale della Marina Italiana. Giorgio aveva cominciato a chiamare alcuni dei
suoi gatti coi nomi dei sommergibili italiani.
Rimango ebete a riflettere su quanto detto da Serena.
allora è un
male comune!
Lo squillo della suoneria del telefono interrompe
i miei pensieri.
Vanessa risponde e passa la comunicazione a
Serena, ci chiede di scusarla.
Ne approfitto per alzarmi dalla sedia e
sgranchirmi le gambe. Ammiro l' immensa libreria dello studio di legno grezzo
levigato e trattato. E' stracolma di libri. Di tutti i generi, ma un'intera
parete è dedicata a libri sulla storia e le tradizioni del perugino e
dell'Umbria. Proseguo la mia esplorazione mentre Serena ancora sta parlando al
telefono. Scorro una fila di ripiani pieni di testi di medicina veterinaria sui
gatti e arrivo ad un ripiano quasi vuoto. Ci stanno solo tre foto su
altrettante belle cornici di argento. Una ritrae Serena, in bikini, che esce
dalla vasca grande delle "piscine".
niente male
…
Quella più grande, al centro, ritrae il gruppo di
case del posto coperto da una incredibile nevicata. E' una foto suggestiva,
anche se non perfetta.
L'ultima foto ritrae un uomo, in pantaloni verdi
militari, anfibi infangati e giacchetto multitasche appoggiato ad un lercio
fuoristrada che sta parlando ad un cane seduto sul cassone posteriore. Un cane
dal pelo arancione, con gli occhi intelligenti, un misto tra un labrador e non
so cosa. Intuisco chi siano i soggetti della foto, mentre Serena ha terminato
la telefonata.
-Immagino che questo sia il famoso Pogo, - le
chiedo.
-Esatto. E quello a fianco è il fondatore della
nostra associazione, Giorgio Gaddi.
EMILIA non sopporta le zanzare |
Nessun commento:
Posta un commento