martedì 12 agosto 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
8a puntata




Finalmente è scoppiato il caldo, anche se quel menagramo di ZORRO dice che, comunque, pioverà ancora. EMILIA mi chiede in prestito il romanzo che stiamo leggendo; più precisamente un solo capitolo, non importa quale. Al mio sguardo perplesso risponde spiegando che gli serve per schiacciare le zanzare, che sono tornate a stormi, sulle pareti della nostra casetta.
Ah, l’amore per la cultura!

CAPITOLO 12

Un pomeriggio passa a prelevarmi Antonella, si va da questa famosa presidentessa dei gatti.
Superato Borgo San Lorenzo le chiedo: -Ma dove sta questa gattara?
-In un posto fantastico. Serena è un’ereditiera, ora si occupa solo dell’associazione animalista che presiede.
Scorrono i chilometri, finalmente ci inerpichiamo su una strada bianca che sale sulle colline.
-Fa pure l’eremita? - domando.
-Vedrai…
Dopo altri interminabili chilometri la strada termina davanti a un pesante cancello in ferro battuto sorretto da due monumentali colonne con delle fioriere ai lati. E’ un tripudio di rampicanti fioriti.
bello!
Il cancello si apre, lo superiamo e continuiamo a la salita sterrata.
Ancora alcuni minuti e la strada è interrotta da un secondo cancello, sempre in ferro battuto e circondato da vecchi orci in terracotta con delle splendide piante dentro.
però!
-Perché due cancelli? - domando.
-Il primo è l’ingresso alla tenuta, l’altro all’abitazione.
-Tenuta?
-Sì.
Non fa in tempo a spiegarmi altro. Arriviamo in un piazzale con un gruppo di vecchie case, restaurate, davanti. Noto che c’è pure una chiesetta. Parcheggiamo l’auto sotto un leccio secolare e, quando scendo, dirigo verso il muretto che delimita il piazzale. Vedo un panorama fantastico.
-Ecco Serena, - interrompe l’idillio Antonella.
Mi volto aspettando di vedere la classica vecchia riccona rifatta e ingioiellata, firmata da capo a piedi e circondata dai soliti odiosi barboncini.
Invece mi si presenta una donna giovane: una piccola e graziosa biondina in jeans scoloriti e camicia a scacchi, seguita da quattro mici con le code dritte come le antenne.
Mi stringe la mano, dopo essersi tolta dei guanti da lavoro.
-Ciao. Sono Serena. Tu sei l’uomo da redimere, immagino.
-Andrea, e non credo alla redenzione, - metto subito le cose in chiaro.
-Vedremo… - aggiunge. -Ci facciamo un caffè e poi una passeggiata?
-Con piacere! - risponde Antonella.
con piacere, un cazzo! voglio chiudere subito la questione e tornarmene a casa
Giungiamo ad un posto chiamato "le piscine". Delle pozze di acque termali di una bellezza inaudita.
-Quanto è grande la tenuta? - chiedo.
-Ottocento, mille, milleduecento ettari, non ricordo bene, - risponde Serena.
ora prova a dirmi che non hai spazio per prenderti quei gatti  
Torniamo alla casa e Serena ci conduce alla chiesetta, divenuta uno spazioso laboratorio, dove stava lavorando con paglietta di ferro per ripulire delle persiane in legno.
-Vi faccio vedere una stanza segreta. Tanto segreta che Giorgio neppure i gatti ci faceva entrare.
Scendiamo degli scalini di pietra sottoterra e arriviamo in un ambiente chiuso con una porta blindata.
-E' l'antica cripta della chiesa, - illustra Serena, -là dietro ci sono pure dei ruderi di un tempio etrusco.
La ascolto ma il mio sguardo è rapito da un plastico ferroviario, enorme, incompleto, ma meraviglioso.
-E questo? - chiedo.
-Questo era il plastico dei trenini di Giorgio e questa era la sua stanza dedicata, ecco perché era vietato l'ingresso pure ai gatti. Io l'ho vista solo dopo che Giorgio era morto. Non ci ero mai entrata, e non per mia scelta.
incredibile   
-Là ci stanno i trenini. - Serena mi mostra una libreria piena zeppa di scatole di trenini elettrici e vagoni.
Mi avvicino e controllo le scatole.
       tutto materiale  delle ferrovie svizzere
-Un plastico di ambientazione svizzera, - le dico. -Non ce ne sono mica tanti in Italia!
-In una stanza della casa torre c'è esposta la collezione di treni italiani che Giorgio ha ereditato da un suo, anzi nostro, caro amico.
-Tutta una stanza?
-Diciamo quasi due.
-Qui dentro c'è un patrimonio. Lo sa?
-Certo! Mi hanno offerto cifre elevate per portarsi via tutto. Ma a queste cose Giorgio teneva troppo. Sarebbe un vero tradimento venderle.
-Che lavoro faceva Giorgio? - indago.
-Il pensionato. Meglio era vigile del fuoco, pensionato per causa di servizio.
questa poi…  
-Andiamo in casa a discutere delle nostre faccende, - fa Serena.
Entriamo nel salone: è più vasto del mio appartamento di Perugia.
Divani, tappeti persiani e alcuni mobili di antiquariato.
E’ anche lo studio di Serena; si accomoda nella poltrona dietro una massiccia scrivania di quercia.
Le pareti sono coperte da una libreria immensa, anche questa in tavole di quercia, ma grezze. Sugli scaffali migliaia di volumi. Mi sento intimidito.
Ci raggiunge una ragazza, bella è dir poco, alta, mora coi capelli lunghi, occhi verdi e vispi e un fisico da urlo.
-Questa è Vanessa, la mia più preziosa collaboratrice. Discuto con lei di tutti i problemi inerenti ai gatti. - Serena ce la presenta.
-Prima di parlare dei gatti di Migiana le illustro brevemente le nostre attività. - continua, -L'associazione "Progetto Pogo" si occupa di prevenire e contenere il fenomeno del randagismo felino in Umbria e anche in altre regioni limitrofe. Abbiamo una decina di strutture di nostra proprietà, con una ventina di dipendenti tra operai, infermieri e medici veterinari. Gestiamo direttamente quasi cento colonie di gatti randagi con i nostri sessanta volontari, come Catia, per intenderci. Collaboriamo nella gestione di altre 130 colonie gestite da privati amanti dei gatti. Per farla breve, nutriamo e curiamo circa 5000 gatti.
-5000?- faccio stupito. - Vi ci vuole un patrimonio!
-Esatto, - precisa, -alcuni fondi vengono dallo Stato e dalle Regioni, quando arrivano, alcuni da offerte e donazioni di privati cittadini e il grosso dalla nostra "Fondazione Progetto Pogo".
-Progetto Pogo, perché questo nome?
-Pogo era il cane di Giorgio. Praticamente un fratello. Quando è morto ha deciso di dedicare il suo tempo e le sue risorse ad opere di bene.
-Visto che Pogo era un cane, perché non vi occupate di cani randagi? - chiedo.
-Perché ai tempi già mi occupavo di gatti randagi in una colonia. Si può dire che io lo abbia indirizzato nella scelta. Comunque finanziamo iniziative a favore dei cani abbandonati, anche se non ce ne occupiamo direttamente, nonché sosteniamo una missione per bambini sieropositivi e abbandonati in Kenia.
-E… quando finirete i soldi? - chiedo provocatoriamente con una punta di maleducazione.
-Finiranno sicuramente prima i gatti e i cani randagi e l'Aids sarà solo un lontano ricordo. - Risponde sicura e con una punta di orgoglio.
-Tutto quello che ha visto, - prosegue, -è di proprietà della Fondazione, io ne usufruisco in qualità di presidente e amministratrice. E, le assicuro, è solo una minima parte delle risorse. Veniamo al dunque. Come mai vuole cacciare i gatti di sua zia?
-Perché non mi sono mai stati simpatici, - rispondo sicuro.
-Mi scusi, Antonella mi ha raccontato un poco della sua disavventura. Vorrebbe dirmi che tutto quello che ricorda del passato recente è che non sopportava i gatti?
Rimango un attimo interdetto.
-Sono quasi due anni, - prosegue imperterrita, -che ci occupiamo dei gatti di sua zia. Li abbiamo sterilizzati, curati e nutriti. Ora lei li vuole cacciare via. Non mi sembra un modo corretto di ricordare sua zia e di ringraziarci per quello che abbiamo fatto. In questi anni le abbiamo anche, in un certo modo, controllato la proprietà. Poi … la sua richiesta è immorale.
Sono travolto dal discorso e dalla crudezza delle sue parole.
-Sono troppi, - preciso.
-Pochi, troppi, che differenza fa? - risponde. -Io sono disposta a continuare la gestione della colonia senza nessun contributo da parte sua. Potrei anche spostare i gatti in altre strutture. Ma significherebbe sradicarli dall’ambiente dove sono nati e vissuti e disgregare nuclei familiari, anche se il concetto di famiglia non fa parte del comportamento felino. A lei piacerebbe venire deportato in un'altra città solo perché qua dà fastidio a qualcuno?
-Certamente no! - rispondo. -Ma sarò pur libero di disporre della mia proprietà.»ì
-Non tiri i ballo termini legali, per favore. Lei ha accettato l'eredità di sua zia con annessi e connessi. Io sto parlando di coscienza e moralità. Anche se in Italia sono vocaboli desueti.
desueti? come cazzo parla? 
-Faccia una cosa, - continua, -si consulti con Antonella e ascolti la sua coscienza. Ci pensi un poco sopra e, tra qualche giorno, ci vediamo a cena e riaffrontiamo il discorso.
Annuisco: ho bisogno di tempo per preparare un nuovo piano di attacco.
Arriva un bel gatto, bianco e rosso, e salta sulla scrivania di Serena.
-Topazio! Scendi giù! Lo sai che qui non si può.
-Topazio? - chiedo sgranando gli occhi.
-Sì. Uno dei gatti di Giorgio.
-Topazio … come la pietra preziosa? - domando incuriosito.
-No! Come un sommergibile della seconda guerra mondiale della Marina Italiana. Giorgio aveva cominciato a chiamare alcuni dei suoi gatti coi nomi dei sommergibili italiani.
Rimango ebete a riflettere su quanto detto da Serena.
allora è un male comune!  
Lo squillo della suoneria del telefono interrompe i miei pensieri.
Vanessa risponde e passa la comunicazione a Serena, ci chiede di scusarla.
Ne approfitto per alzarmi dalla sedia e sgranchirmi le gambe. Ammiro l' immensa libreria dello studio di legno grezzo levigato e trattato. E' stracolma di libri. Di tutti i generi, ma un'intera parete è dedicata a libri sulla storia e le tradizioni del perugino e dell'Umbria. Proseguo la mia esplorazione mentre Serena ancora sta parlando al telefono. Scorro una fila di ripiani pieni di testi di medicina veterinaria sui gatti e arrivo ad un ripiano quasi vuoto. Ci stanno solo tre foto su altrettante belle cornici di argento. Una ritrae Serena, in bikini, che esce dalla vasca grande delle "piscine".
niente male …   
Quella più grande, al centro, ritrae il gruppo di case del posto coperto da una incredibile nevicata. E' una foto suggestiva, anche se non perfetta.
L'ultima foto ritrae un uomo, in pantaloni verdi militari, anfibi infangati e giacchetto multitasche appoggiato ad un lercio fuoristrada che sta parlando ad un cane seduto sul cassone posteriore. Un cane dal pelo arancione, con gli occhi intelligenti, un misto tra un labrador e non so cosa. Intuisco chi siano i soggetti della foto, mentre Serena ha terminato la telefonata.
-Immagino che questo sia il famoso Pogo, - le chiedo.
-Esatto. E quello a fianco è il fondatore della nostra associazione, Giorgio Gaddi.

EMILIA non sopporta le zanzare

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