martedì 14 ottobre 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
13a puntata




Oltre ai rompicoglioni che invadono il bosco abbiamo un altro problema: i cani dei rompicoglioni.
Il rompicoglioni doc viaggia sempre con cane al seguito, più due o tre mostriciattoli bipedi schiamazzanti, e crede che il bosco di Monte Malbe sia un’estensione del suo giardino. Quindi il cane è senza guinzaglio e libero di inseguire tutto ciò che vede muoversi.  Naturalmente noi siamo il bersaglio preferito.
Noi adulti di solito non abbiamo problemi (anche se sono tre giorni che TOPAZIO è assente e il Capo comincia ad essere giustamente preoccupato) ma, ora, con i piccolini ancora non preparati alle insidie della vita nel verde temiamo per la loro incolumità.
Ecco perché il Capo, quando può, viene a fare dei blitz di controllo e se becca qualcuno con il cane sciolto che ci insegue sono dolori!
Ma oggi è tutto tranquillo, possiamo riprendere la lettura di Favio Bolo.

17

Google mi trova addirittura un sito dedicato alle attività partigiane in Umbria. Ci sono le Brigate, il loro organigramma, nomi, foto storiche, l’elenco delle azioni compiute e le foto dei caduti durante le attività. Della Brigata Trasimeno poco si parla. Sporadiche azioni, nessun caduto in combattimento e una foto che ritrae alcuni componenti. La foto è rovinata dal tempo, e nella didascalia non vengono descritte le persone raffigurate.
Una brigata fantasma. Forse quella che doveva fare il lavoro sporco.
Poi leggo una notizia interessante: la cattura di Alfano e la sua fucilazione sono opera della Brigata Leone, tra le più attive e rappresentative nel territorio perugino.
Decido che per saperne di più mi rivolgerò ad un esperto. Vittorio, il marito della farmacista di Borgo San Lorenzo: Elena.
Elena è una bella donna, ha superato abbondantemente la cinquantina e ho sempre avuto un debole per lei. Lei lo ha capito e sta al gioco. Spesso facciamo finta di fare gli amanti segreti e la cosa ha dato adito a voci pettegole e infondate nel paese. Fortuna che Vittorio è veramente un amico, ci ride sopra pure lui. E’ in pensione da tempo. Ha avuto un paio di infarti e l’azienda per cui lavorava (l’INPS) l’ha messo a riposo. E’ appassionato di storia locale. dalla scoperta del fuoco ai giorni nostri. Ha una biblioteca con testi specializzati su tutto quello che riguarda la storia dell’Umbria che gli invidio. Spesso è lui, dopo accurati studi, a guidarmi verso antichi siti scomparsi da tempo per fare una ricerca col metal detector. Abbiamo un’altra passione in comune: i trenini elettrici. Ma, in questo caso, litighiamo come cane e gatto: a me piacciono le ferrovie svizzere degli anni ’50-’60, a lui le italiane fino agli anni ’80. Non si trova un accordo, si litiga solo per stabilire quale modellino di locomotore è più bello e fedele all’originale.
Il mese scorso abbiamo fatto una scommessa: ho vinto. Una confezione di Viagra, di cui lui è un assiduo consumatore, malgrado il problema che si ritrova.
-Se non la trombo io, me la tromba qualcun altro!- dice sempre, riferendosi ad Elena.
Gli chiedo informazioni sulla strage di San Gerolamo.
-Mmm-, risponde, -qualcosa dovrei avere, ma non tanto. E’ un episodio di cui si è parlato e scritto poco. Forse, però, ci dovrebbero essere gli atti del processo che hanno fatto negli anni sessanta. Casomai provo a vedere all’Archivio di Stato.-
La ricerca bibliografica è infruttuosa: nulla di nuovo da quello che già sapevo.
All’Archivio di Stato la risposta è che i fascicoli degli atti processuali erano andati persi durante un trasloco, e mai più ritrovati. Ma, sicuramente, agli archivi generali di Roma ne custodivano una copia.
-Purtroppo all’archivio di Roma non conosco nessuno-, confida Vittorio. –Non saprei come aiutarti.-
-Non ti preoccupare!- gli rispondo. –Ho la persona che può farlo.-
La sera chiamo Silvia e le chiedo il favore di avere una copia degli atti processuali.
-Stanno agli archivi generali di Roma-, chiarisco. –Strage di San Gerolamo, 17 giugno 1944. Ne vorrei sapere qualcosa per una ricerca sul campo.-
-Ti metti pure a raccogliere il ferraccio, ora?- domanda perplessa.
-Non è per me; per un amico.-
-Bene. Quando torno a Carpaneta ti porterò una copia in carta semplice. Ti basta?-
-Perfetto!-
Ma, almeno, una ricerca ha dato esito positivo. Ho ritrovato la busta con i bossoli, il bottone e i distintivi recuperati a San Gerolamo anni fa.
Vado dal mio perito di fiducia. Il Tigre. Il Tigre è un pazzo filo-fascista, nazista, simpatizzante del KKK e appassionato di militaria, soprattutto quella tedesca della seconda guerra mondiale. Siamo usciti a cercare insieme una volta: la prima e l’ultima. Non siamo compatibili neppure all’aria aperta e col metal detector in mano: non sa distinguere una fibula romana da un apribottiglie.
Controlla attentamente quelle quattro cianfrusaie cianfrusaglie.
-Due bossoli K98 delle SS, un Carcano, bottone da divisa SS e… questo è il pezzo forte!- mostrandomi il distintivo malconcio.
Domando lumi con un cenno del capo.
-Distintivo SS italiane. Messo maluccio, ma è sempre un pezzo raro. Abbiamo trovato l’Eldorado?-
-Poi ti spiego. SS italiane?-
-Certo! C’erano reparti di SS italiani, francesi, greci e persino americani!-
-Il mondo è pieno di pazzi!- il mio commento, seguito da un’occhiataccia del Tigre.
-Lasciami ‘sta roba- fa.
-La prossima volta, ora mi serve.-
-Per?-
-Una specie di ricerca. Poi ti porterò pure all’Eldorado.-
-Ci conto.-
Dopo quattro giorni, nel pomeriggio, ricevo la telefonata di Silvia. E’ strano: di pomeriggio non chiama mai.
-Mi sono informata per quella “TUA” cosa.-
-Bene! Hai le copie?-
-No. Ho un cazziatone da farti la prossima volta che scendo a Carpaneta.-
-Perché?-
-Poi ti spiego. Anzi… sei tu che dovrai spiegarmi alcune cose.-
Rimango interdetto e pensieroso. Cazzo ho fatto mai?
Finalmente si arriva al dunque.
Ma il pensiero del cazziatone non mi tormenta. Stasera viene a casa Domi. Devo prepararmi spiritualmente a un paio d’ore di sesso selvaggio.
Invece arriva un suo sms.
Scusa giorgio ma stasera nn posso  facciamo domani sera  porto una sorpresa  forse due
??? vaffanculo…
Domani ho pure l’uscita rupestre con Paola a quel famoso scavo.
Non ho finito di mandare Domi a quel paese per la buca serale che squilla ancora l’odiato telefonino.
E’ Vittorio.
-Ciao Giorgio! Mi sono ricordato che qualcosa di quello che volevi sapere è scritto in un libro che ho in biblioteca. Vieni a bere un bicchiere, stasera, e ti faccio la traduzione e una fotocopia.-
-Traduzione?-
-Sì, è scritto in inglese.-
Ora so come tappare la serata buca.
Vittorio mi porge le fotocopie di una paio di pagine del libro con la traduzione a lato.
-L’ha scritto una neozelandese, la moglie di un soldato che ha partecipato alla battaglia per lo sfondamento della Linea del Trasimeno. E’ venuta qua in Italia a raccogliere notizie e testimonianze. Queste due pagine dovrebbero interessarti.-
Le prendo e finiamo la serata a parlare di treni e a litigare, come sempre.
Paola arriva di primo mattino, per lei, sono le 8,30. Io sono già in piedi da un paio d’ore per nutrire le bestiole, nutrire me stesso ed espellere i residui delle mie vecchie nutrizioni. Quando vede che intendo portare con noi pure Pogo si blocca.
-Non vorrai portare pure lui?- chiede.
-Certo! Capisce più lui di cose antiche che molti archeologi. Se hai paura che ti sporchi quella lavatrice che chiami auto prendiamo la mia.-
-E la tua sarebbe definibile automobile?-
Pogo ha capito che si va a fare una scampagnata tutti insieme. E’ eccitato e per mostrare il suo entusiasmo fa la cacca proprio in mezzo al piazzale.
-Pogo!- faccio con tono di rimprovero.
-Visto! E’ un maiale quel cane.-
Per punirla dell’offesa arrecata faccio entrare Pogo nell’abitacolo con noi. Si sta stretti stretti e si respirano i suoi fetidi miasmi.
Dopo un’ ora di lento viaggio, la Land non riesce a superare gli 80 orari, arriviamo a destinazione.
Paola fa da cicerone e mi illustra gli scavi e la sua evoluzione dalla scoperta dei resti della villa romana.
Io sono piuttosto interessato ad una giovane studentessa in archeologia che, mentre col pennello pulisce una porzione di mosaico, ondeggia le notevoli tette a destra e sinistra.
Paola se ne accorge e sta per cazziarmi quando la sorprendo.
-Guarda quella piccola collina lassù- le dico. –Perché non ci date un’occhiata approfondita?-
-Ce l’abbiamo già data- risponde con sguardo severo. -Ma qualcuno gliel’ha data prima di noi.-
-Trovato?-
-Solo cocci e i resti di un tempio pagano. La stipe votiva era vuota. Per caso: ne sai qualcosa?-
-No. Ho visto che Pogo la guardava con insistenza: è infallibile su queste cose.-
Le sorrido. Ha capito benissimo che se vuole vedere il contenuto della stipe deve farsi un tour nei miei ambienti segreti.
-Anche qui avevano scavato prima di noi. Solo piccole buche; niente tombaroli. Potrebbe essere stato uno di quei vandali che girano col metal detector- lo dice con tono grave.
Finalmente, dopo aver ascoltato una matassa di cazzate, si torna a casa.
-La prossima volta- le dico -fammi vedere qualcosa di nuovo.-
Si incazza, come era prevedibile.
Non parla fino a Carpaneta.
Arrivati a destinazione, appena sceso dalla Land, mi fermo e osservo la cacata di Pogo. E’ stata pestata.
-Stai ferma qua- intimo a Paola.
Mi avvicino ad un vaso di coccio vicino a un cespuglio, estraggo la pianta morta che ci risiede e dal fondo della testaccia tiro fuori una busta di cellofan cellophane. Ne estraggo una pistola col caricatore inserito. La armo. Paola si spaventa.
-Cosa fai con quella?-
La zittisco e mi incammino verso casa. La porta è chiusa, come al solito. La apro e comincio a controllare gli ambienti. Nessuno.
Faccio un secondo, più accurato controllo: nulla.
Paola mi raggiunge.
-Che cazzo fai con una pistola? Sei pazzo?-
-Mi era sembrato di aver visto un’ombra dentro casa. Falso allarme. Mi spiace di averti spaventata.-
-La pistola?-
-E’ mia. Regolare. Denunciata. Preferisco tenerla là. Dentro ho già il fucile da caccia.-
Paola se ne va, ancora sconvolta.
Mi dispiace di averla spaventata, ma qualcuno è entrato in casa durante la mia assenza. Ne sono sicuro. Ha pulito la suola sporca della merda di Pogo sulla ghiaia del piazzale, ma ha lasciato una strisciata marrone nel salone. Sempre impugnando la pistola carica faccio un altro controllo. Stavolta vado anche nel laboratorio e nel bunker. Il bunker è la vecchia cripta della chiesa, ci tengo il plastico del trenino. Sotto al grande plastico c’è una botola che scende nell’ossario. Da lì parte un cunicolo che porta a delle stanze segrete. Una di queste è stata murata: dentro ci sono i resti di un tempio etrusco. Così verrà preservato nel tempo. Il laboratorio e il bunker sono in ordine. Apro la botola e scendo alle stanze. Tutto a posto. Il mio museo personale è intatto e pure la mia scorta di contante, nascosta… (dove mi pare).
Tolgo il proiettile inserito e ripongo la pistola al solito posto.
Sulla pistola ho detto una cazzata a Paola. Non è vero che l’abbia denunciata. L’ho trovata dentro… dove nascondo i miei risparmi e me la sono tenuta, senza dire niente a nessuno. Neppure Silvia ne è a conoscenza.
Nel salone comincio a fare un rapido inventario delle cose. Non manca nulla.
La cosa è strana: qualcuno è entrato ma non ha rubato niente.
Con ancora un po’ di apprensione vado a fare il pisolo. Comunque dormo lo stesso e preparo le mie membra (soprattutto uno)  all’incontro serale con Domi.
Il pomeriggio metto mano alle fotocopie che mi ha passato Vittorio.
E’ l’intervista fatta ad un ex partigiano, tale Benito Zoppo, che ha partecipato al recupero delle opere d’arte del gerarca Alfano.
“Aspettavamo la colonna dei camion vicino al passo, come d’accordo. Quando arrivarono scattò l’agguato. Riuscì a fuggire solo la staffetta in moto, tutte le altre SS furono uccise. Ripulimmo la zona portando via i camion. Io fui incaricato di scortare il quarto camion al vecchio mulino sulla piana del Niccone. Tornato al paese seppi che la Brigata Leone aveva catturato e fucilato Alfano a Sant’Ercolano. Il Comitato era soddisfatto delle azioni. Ma dopo due giorni arrivarono le SS a San Gerolamo e chi non riuscì a fuggire fu trucidato. Il Comitato non aveva voluto o saputo difenderci.”
Con la sigaretta accesa rifletto su quanto ho letto. Qualcosa non mi quadra. Prendo la cartina e controllo la topografia di Sant’Ercolano. Non mi sono sbagliato: Sant’Ercolano è sulle rive del lago, non ci sono passi nelle vicinanze. Torno a consultare i link sulla cattura di Alfano.
Portava con se la sua celebre collezione di opere d'arte, stipata in tre camion, poi recuperata ed esposta al Museo e alla Pinacoteca di Perugia.  Lo stesso giorno, in un agguato, una colonna di soldati tedeschi in ritirata veniva sterminata.” è scritto.
E’ una versione di comodo, credo.  Ipotizzo che Alfano e la sua collezione viaggiavano separati. Alfano scelse la comoda via del lago e i camion con la collezione la via del passo. Perché separarsi? Lo Zoppo dice che erano d’accordo. Si saranno mica comprati Alfano in cambio della sua collezione? Se fosse così perché, allora, non mantenere i patti e rischiare quello che poi è successo?
Indago ancora sulla cattura di Alfano e scopro che la sua scorta era composta da giovani repubblichini, fascisti che combattevano per la Repubblica di Salò, anche loro fucilati dai partigiani della Brigata Leone.
Due colonne: i repubblichini con Alfano, le SS col tesoro di Alfano. I tedeschi avevano venduto Alfano in cambio delle opere d’arte al Comitato. Ma qualcuno ha voluto capra e cavoli ottenendo una strage per quattro quadri e qualche statua.
Ma… perché sotterrare le monete?
Rinuncio: si è fatto tardi.
Domi arriva puntuale alle 9 (ora di Carpaneta, in Italia alle 21). Non è sola. La seguono due stangone di un paio di metri, di notevole aspetto fisico e abbigliggio mozzafiato. Come avrà fatto a stiparle nella sua inutile auto, solo lei lo sa. Domi ha un Mercedes SLK, orrendamente nero, che si scoperchia quando il tempo è bello. Dentro ci entra, a malapena, il guidatore e un pacchetto di sigarette.
Abbigliaggio, scoperchia, guidatore… ma come cazzo scrive!
-Ciao bello!- il suo esordio. –Stasera ti farò sentire come Cristoforo Colombo.-
-Sì! Nina, Pinta e Santa Maria… le tre grazie.-
-Scoprirai un nuovo mondo…-
La Santa Maria già la conoscevo. La Nina e la Pinta non erano come credevo.
-Molla gli ormeggi, capitano- mi ha sussurrato la Pinta dopo il terzo giro di alcolici.
Li ho mollati per scoprire che la Nina e la Pinta non erano caravelle, ma brigantini camuffati.
Abilmente camuffati. Troppo camuffati. Ma la voglia di navigare era tanta e… ho scoperto le Indie, la Papuasia, la Tasmania e il… Kazakistan in un unico viaggio.
Quando se ne sono andate/i, a notte fonda, Domi mi ha fatto l’occhiolino da complice.
Io non avevo più la forza neppure di muovere la palpebra.
La mattina ho abortito la ricerca che mi ero prefissato, sui monti di Gubbio. Ero a pezzi: uno straccio da pavimento vecchio, strizzato e sfibrato.
Non sono neppure riuscito a far manovra con la Land nel piazzale. L’ho maledetta per non avere il servosterzo.
Mi è venuto in soccorso Claudio, il mio unico vicino, che si farebbe in quattro per aiutare chi ha bisogno. E’ il proprietario dell’Agriturismo dell’Acqua Calda che sta a 5 kil chilometri da Carpaneta, proprio sotto. Insieme al pane fresco mi ha portato le sue marmellate biologiche, fatte in casa, i suoi sottoli, il suo olio e un fiasco del suo vino. Il filone di pane me l’ha regalato. Per il resto ha voluto 70 mila lire. Ma Claudio è fatto così. Se faccio il conto dei caffè che gli ho scroccato sono sempre in debito. Non solo: possiede una rivendita abusiva di tabacchi per i suoi clienti, visto che il tabaccaio più vicino è la Gigetta e vende solo le marche di sigarette che le stanno simpatiche. Scordatevi di trovare le Malboro Marlboro o le Winston a Treggio. per simili prelibatezze bisogna arrivare a Borgo San Lorenzo.
buono a sapersi…
Inoltre da Claudio ho conosciuto Silvia. Era sua cliente e si annoiava. Mi propose di portarla a fare il bagno alle “Piscine”. Nacque una simpatia, solo quella. Lei era forestiera, ancora non avevo scoperto i vantaggi nascosti della lontananza. Quando tornò, mesi dopo, nacque la nostra storia. Non tornò di sua spontanea volontà. La invitai a Carpaneta per una consulenza.
Una domenica una squadra di cacciatori al cinghiale aveva aperto un varco nella recinzione della mia proprietà per entrare a cacciare. Li fermai a fucilate. Tre, per la precisione. Nacque una lite e mi denunciarono per tentato omicidio e per aver interrotto con la recinzione un sentiero che, secondo loro, era una strada pubblica. Silvia assunse la mia difesa, facendo attendere un bancarottiere di lungo corso e un noto politico invischiato con la mafia. Quei disgraziati e delinquenti (i cinghialari) non immaginavano cosa stava per capitargli. Silvia rovesciò le accuse. Il minacciato ero io, da solo contro 20, e avevo sparato in aria per legittima difesa. Veramente avevo sparato in aria per timore di colpire involontariamente qualche cane innocente, ma questo è un dettaglio insignificante. Il giudice ritirò a tutti la licenza di caccia e il porto d’armi, e li condannò a risarcire il sottoscritto della spesa della riparazione del danno materiale e di quello morale. Nonché gli addebitò le spese processuali e per la difesa. La parcella di Silvia fu 6 volte superiore al mio indennizzo (con cui rinnovai l’intera recinzione della tenuta). Quei criminali dovettero accendere un mutuo collettivo. Un risarcimento supplementare lo ebbi qualche giorno dopo. Si presentò sul piazzale uno dei cani dei cacciatori. Un cucciolo, misto di un centinaio di razze, che un cinghiale avrebbe ucciso con uno sputo. Era magro, sporco, affamato e pieno di pulci. Fu curato, rifocillato e battezzato: Pogo.
Faccio la consueta sosta per la sigaretta. Guardo l’ora: è tardi, meglio sospendere.
Serena se ne accorge e mi chiede di rimanere a cena.
-Mi farebbe piacere. Non amo mangiare da sola. Unica avvertenza: niente carne. in questa casa si è sempre e solo mangiato vegetariano.
-Anche Giorgio?
-E’ lui che mi ha convertita.
Un’altra piccola scoperta.

TOPAZIO sul solarium durante la scorsa lettura

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