VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
12a puntata
Ora il problema durante la lettura è un altro, ci sono un
sacco di rompicoglioni in giro per il bosco: chi a funghi, chi a castagne, chi
a farsi gli affari degli altri… non c’è un attimo di tranquillità.
Da quando l’Italia è in recessione (economica, morale e
spirituale) è sempre più la gente che non ha un cazzo da fare e viene a
devastare i boschi altrui.
Non solo: la maggior parte di loro non ha la minima idea di
cosa debba raccogliere e considera il bosco come una specie di pattumiera
all’aperto, lasciando a terra ogni genere di rifiuto.
Ma dico! Hai il cestino, la sporta di plastica, il marsupio,
lo zainetto tattico, le tasche dei pantaloni e infilaci quel cazzo di pacchetto
di sigarette che hai finito! E pure la lattina di Coca Cola! Se non ti ci entra
ficcatela nel…
“TAZZA!!!” il Capo mi richiama all’ordine “Ti ho già
ammonito a non utilizzare la parola culo”.
Riprendiamo la lettura di Favio Bolo.
CAPITOLO 16
Nella mattinata comincio i preparativi per il trasloco dalla
caotica e rumorosa città, il pomeriggio ritorno alla pace di Carpaneta.
-Ti disturbo se rimango nello studio? - chiede Serena. -Ho
qualche pratica da sistemare.
-No problem, - riprendo la lettura del diario.
Lunedì pomeriggio,
sincronizzata con la partenza di Silvia, chiama Paola.
-Possiamo venire nel
pomeriggio a vedere quella roba?-
-Possiamo… chi?- le
domando.
-Viene con me il
direttore del Museo Archeologico.-
-Va bene. Alle 6 (ora
di Carpaneta, in Italia sarebbero le 18).-
Sono puntuali. Paola
mi presenta il Professor Carlucci. Ci accomodiamo nello studio dove il
professore inizia un tour non guidato e non autorizzato degli oggetti esposti.
-Marte in assalto piceno, kore orientalizzante, devoto etrusco
tardoantico, offerente maschile ellenistico, Ercole in assalto sabellico,
alcuni zoomorfi: ci fa il presepe con questa roba?- continuando la sua visita tra i reperti
“proibiti” che ho tirato su in un decennio di ricerche col metal detector. -Questo
fermacarte sulla scrivania somiglia a un aes signatum; geniale l'idea della
teca con il corredo da gioco in piombo romano e molto eleganti quegli oscillum
appesi alla trave: intende costituirsi?-
-Non è qui per questo, lo sa-, e aprendo la cassetta metallica. -Questa
roba la portate via o devo trovare un mercante?-
Carlucci aggrotta le sopracciglia, indossa un paio di guanti di cotone e
si china sul contenitore. Prende in mano alcune monete e le osserva
attentamente. Dalla tasca della giacca estrae pure una lente di ingrandimento.
Va vicino alla scrivania, accende la lampada e comincia a studiarle.
-Si metta pure comodo, vado a preparare i caffè!-
Quando torno col vassoio e le tazzine vedo che anche Paola è seduta alla
scrivania e sta commentando una moneta con il direttore.
-E’ incredibile!- esclama Carlucci. –Questo uno dei migliori medaglieri
che abbia mai visto!-
-Se lo porti al museo, è gratis, come il caffè.-
-Perché tutta questa generosità?- indaga sospettoso.
-Non voglio quella roba in casa. Non so se sia frutto di una razzia
o per quale motivo sia stata nascosta.
So solo che dovrebbe avere un proprietario, e magari la sta ricercando. Passo
la patata a voi. Fate le vostre indagini,
se le restituite o ve le tenete a me non interessa.-
-Bene, sarà fatto. Non dovrebbe essere difficile risalire a una simile collezione.-
Carlucci beve il suo caffè poi domanda a bruciapelo: -C’era altro
insieme?-
Rimango sorpreso. Dalla domanda e, soprattutto, dal tono.
-Secondo lei cosa altro ci sarebbe entrato dentro quella cassetta?-
domando sgarbatamente indicandogliela.
-Dentro non so- risponde –ma forse non era sola.-
Lo guardo in modo poco benevolo, poi guardo pure Paola.
-Se le volete, prendetevel,; ora. Altrimenti domattina torneranno
sottoterra, senza sacco e cassetta. Allora dovrete aspettare altri 1000 anni
perché uno stronzo ve le riconsegni tutte rovinate dall’acidità del terreno, se
ve le riconsegnerà. Ora avrei da fare, se permettete… -
Depongono le monete in un grosso contenitore che Paola aveva in auto. Lo
caricano e se ne vanno.
-E’ la prima e l’ultima volta che faccio il cittadino modello-, dico tra
me. -La prossima volta torna tutto sottoterra e buonanotte ai suonatori.-
Poi osservo la cassetta portamunizioni. Quella me la sono tenuta.
Insieme a quella, per la verità, mi sono tenuto un altro suvenir souvenir: una medaglietta devozionale, in alluminio, che stava insieme
alle monete e non ne ho capito il motivo.
“RICORDO DELLA CHIESA DI SAN GIROLAMO – SAN GIROLAMO NUOVO 1947” sta
scritto al fronte della medaglietta. Al retro: “SAN FRANCESCO O.P.N.”
Anche se un poco opacizzata dagli anni si vede che è una medaglietta
nuova, fior di conio.
Rimane il mistero del motivo perché sia finita là dentro.
Ma sta il fatto - certo - che entrerà a far parte della mia collezione.
Passano alcuni noiosi giorni di vita quotidiana. Compresa la rituale
visita serale, al mercoledì, di Domiziana. Domi (la chiamano tutti così) è un
dono della natura, e soprattutto di Silvia. La mia fidanzata è sua assidua
cliente al centro massaggi che possiede e sono diventate grandi amiche. Amiche
al punto che, essendo il sottoscritto un maschietto nel fiore degli anni e
dell’attività sessuale, hanno pensato bene di cooperare per soddisfare le mie
esigenze ed alleviare i miei momenti di solitudine. Il tutto – sono sicuro – lo
hanno pianificato per evitare che disperda le mie preziose energie correndo
dietro ad altre fanciulle e, in modo particolare, ad una: Paola.
Così, quando Silvia è assente posso godere della comprensione di Domi.
Quando Silvia è presente ne godiamo insieme.
Domi è un notevole esemplare di fauna femminile con gusti poliedrici e
frequentazioni bizzarre.
Una sera mi ha trascinato in un locale che frequenta assiduamente, a
Perugia. La “Luna”: una specie di disco-bar-troiaio frequentato da finocchi,
lesbiche, travestiti, bisessuali e tutte le altre impensabili sfumature di
tendenze sessuali. Non mi ci sono trovato a mio agio e, da allora, l’ho sempre
evitato. Il fatto di non sapere con certezza quello che c’è tra le gambe di chi
sta cercando di circuirmi mi blocca.
-Sei limitato- il commento della dispensatrice di ogni tipo di sesso che
risponde al nome di Domiziana.
Insieme a questa sua caratteristica, Domi è una persona gradevole,
cinica e spietata nella vita pratica, ma estremamente generosa (non solo in
quel senso) nel rapporto di amicizia.
La novità arriva giovedì pomeriggio con una telefonata di Paola.
-Sciolto il mistero!- il suo esordio. -Se mi inviti a cena ti racconto
la storia di quelle monete.-
-Si può fare. A casa mia! Prima si mangia e si discute, poi si tromba.-
-Già sei in crisi di astinenza?-
-Mi sono rimaste un paio di cartucce nel fucile… -
-Sparatele da solo! Ma… la tua amante è in ferie?-
-A che ora vieni?- cambio discorso; oramai mezza Perugia è al corrente
della mia tresca con Domi e la considerano la mia amante senza scrupoli, vista
la sua amicizia con Silvia.
-Alle 19 sono da te. Carne?- domanda.
-Ci sono io, carne scelta!- risposta scontata alla solita richiesta.
-Ahahah!-
E’ puntuale, come sempre quando c’è da scroccare una cena.
Dopo il caffè comincia a raccontare.
-Carlucci ci aveva visto giusto, quella era la collezione di Alfano-.
-Chi è Alfano?-
-Era. Un gerarca fascista, federale di Perugia. Aveva una passione per
le antichità, nel ventennio aveva razziato a destra e manca e si era fatto un
museo personale nella sua villa. Le monete che hai trovato facevano parte del
“Medagliere Alfano” scomparso durante la disfatta del fascismo.-
-Interessante… continua.-
-Alfano fuggì da Perugia con la famiglia prima dell’arrivo degli inglesi
ma fu intercettato dai partigiani, catturato e fucilato.-
-La collezione del suo museo che fine ha fatto?-
-Recuperata. Molti pezzi sono esposti alla Pinacoteca di Perugia, ma
alcuni sono stati ritrovati negli Stati Uniti, arrivati per le solite vie
traverse.-
-Venduti dai familiari?-
-No. Alfano è stato fucilato insieme alla sua famiglia.-
-Mmmm-
-Ora ci sarebbe un aspetto da regolarizzare.-
-Cioè?-
-Per il ritrovamento… una formalità… che so, una tua dichiarazione.-
-Scordatelo.-
-Mi aiuterebbe con la stampa. Domani ufficializziamo il ritrovamento,
poi tutti i giornali vorranno dichiarazioni, oltre al consueto comunicato
stampa.-
-Scordatelo. In questa faccenda non esisto- poi riavvolgo il nastro.
-Ufficializziamo?-
-Sì, io e Carlucci. Il direttore ha deciso dare una spinta alla mia carriera.-
-Te le sei vendute bene… -
-Sei il solito stronzo! Tu pensi solo per te! Sei un egoista che ha
tutto e vivi in un mondo dorato. Non accetti che qualcuno provi a soddisfare le
sue ambizioni. Beh… d’altronde già sei fidanzato con l’avvocato famoso!-
Questa è una cosa che a Paola brucia. Silvia è famosa e compare spesso
alla televisione. Lei è una schiava del Soprintendente, sfruttata, sottopagata
e anonima.
Meglio lasciare perdere.
La serata si raddrizza, non come vorrebbe lei, ma neppure come vorrei
io.
Si fa pace, in senso platonico.
Prima che se ne vada ho una curiosità da togliermi.
-Scusami. Ma, oltre alla collezione di opere d’arte e le monete, cosa è
sparito nel nulla?-
-Niente… - risponde con un certo imbarazzo.
-Niente… cosa?-
-Si vagheggia. Una leggenda. Sai com’è in questi casi… -
-No, dimmi.-
-Dicono che Alfano portasse con se anche delle casse piene d’oro.-
-Oro? Che oro?-
-Oro sottratto agli italiani. Hai presente l’operazione “Oro alla
Patria” di Mussolini?-
-Sì. Gli italiani dovevano consegnare tutto l’oro che avevano per
rimpinguare le casse dello Stato.-
-Esatto. Alfano fu accusato anche di essersi tenuto parte dell’oro
consegnato dagli italiani, di quello requisito agli ebrei e, inoltre, aveva una
collezione di gioielli etruschi d’oro. Quelli, per certo, non sono stati
ritrovati.-
-Erano molti?-
-Dai registri in nostro possesso, un centinaio di pezzi. Pezzi unici, da
museo.-
-Bella storia… fosse vera!-
-Già! La prossima settimana, poi, mi accompagni a quegli scavi?-
-?-
-Te lo sei già dimenticato. Vado a fare un sopralluogo a quella villa
romana sopra a Torrestorta.-
-Ah. Volentieri. Aggiornami.-
Poco prima di mezzanotte se ne va. Quella sera ho scoperto alcune cose:
A) Paola soffriva di un complesso di inferiorità nei confronti di Silvia.
B) Era inutile perderci altro tempo. Le sue aspettative di vita erano
discordanti dalle mie.
C) Avevo un nuovo obiettivo obbiettivo: cercare dei monili d’oro etruschi.
Decisi che l’indomani mi sarei dedicato
interamente al punto meno importante: i gioielli etruschi.
-Ti va un caffè? - chiede
Serena notando una mia pausa per allungare le gambe.
-Volentieri.
-Te lo preparo subito. In
questi giorni ho concesso le ferie ai miei collaboratori, per evitare domande
sulla tua presenza, - spiega.
-Mi spiace.
-Non ti preoccupare.
Cominci ad aver inquadrato Giorgio?
-Non ancora. Sono solo
arrivato alla collezione del gerarca fascista.
Serena va in cucina. La
sento trafficare con le tazzine mentre penso a ciò che ho letto.
In effetti Giorgio
sembrerebbe una persona inoffensiva, ma non credo che tutto il casino sia nato
solo da una collezione di monete.
Bevo il caffè e fumo una
sigaretta mentre faccio quattro chiacchiere con Serena.
Parliamo del mio convento.
Mi dà alcuni consigli e suggerimenti su come ristrutturare e arredare gli
appartamenti.
Capisco che ci è stata
insieme ad Antonella.
Finita la sigaretta
riprendo la lettura.
La mattina non tengo fede ai miei impegni. E’
una splendida giornata, la sfrutto per fare un giro in montagna col metal e
Pogo. Porto con me l’ultimo regalo fattomi da Silvia: un GPS.
-Sempre in giro per boschi e montagne impervie
rischi di perderti e morire sbranato dai lupi
Oramai è una cosa indispensabile per la sopravvivenza- la sua
spiegazione.
Finora non mi sono mai perso e di lupi non ne ho
incontrati.
Porto con me questo nuovo ritrovato tecnologico
e scopro che è solo un impiccio in più. Ogni volta che gli domando dove mi
trovo mi segnala Piazza San Pietro a Roma.
Al pomeriggio si comincia a lavorare su questo
signor Alfano, dopo aver gettato l’inutile salvavita dentro ad un cassetto
della scrivania contenente un po’ di cianfrusaglie.
Chiedo aiuto a mister Google: mi propina una
miriade di linch link che parlano di
questo Alfano. Soprattutto della sua intensa e operosa attività politica
all’interno del Partito Nazionale Fascista, una serie di poemi che preferisco
evitare. Della sua morte pochi particolari, a parte quelli conosciuti da tutti.
Un link è un poco più dettagliato: parla della
Resistenza in Umbria dopo l’8 settembre 1943.
Riporto in breve:
“Catturato e
fucilato dai partigiani, insieme alla famiglia, il 15 giugno 1944 a
Sant'Ercolano, mentre tentava la fuga al nord. Portava con se la sua celebre
collezione di opere d'arte, stipata in tre camion, poi recuperata ed esposta al
Museo e alla Pinacoteca di Perugia. Lo
stesso giorno, in un agguato, una colonna di soldati tedeschi in ritirata
veniva sterminata. Fatto che scatenò la reazione delle SS con la strage e la
distruzione di San Gerolamo.”
-E già! Al fascista lo fucilavano e ai tedeschi gli dicevano: “No, voi
no! Lasciate le casse con le opere d’arte e passate pure! Buon Viaggio!” Ma che
cazzo di articolo.-
Poi il dubbio si insinua nella mia mente.
Prendo una cartina geografica dell’Umbria e la stendo sulla scrivania.
Alfano era stato catturato e fucilato a Sant’Ercolano. Cosa ci entrava
fare la rappresaglia a San Gerolamo? Ci saranno almeno sessanta chilometri di
distanza. A meno che… i partigiani che avevano ucciso i tedeschi e Alfano
fossero stati di San Gerolamo.
Chiedo a Google notizie della strage di San Gerolamo: poco o niente,
solo scarne notizie. La data, 17 giugno 1944 e i numeri della strage: 17
trucidati, tutti vecchi, donne e anche un bambino, più alcuni capi di bestiame
morti probabilmente dopo l’incendio appiccato dalle SS.
Le follie della guerra.
Continuo la ricerca sulle stragi nazi-fasciste in Italia. Trovo di
tutto, con numerosi dettagli. Il numero e i nomi dei morti, quale reparto e
comandato da chi era stato il colpevole.
A San Gerolamo il colpevole era stato un non meglio specificato reparto
delle SS, di cui non se conosceva – ovviamente - il comandante.
Mi sembrava troppo strano.
I ruderi di San Gerolamo li avevo visitati anche alcuni anni fa, col
metal detector. Pensavo fosse uno dei tanti paesi di alta collina abbandonati
nell’immediato dopoguerra e distrutti dall’incuria e dai terremoti. Ricordo
pure che la ricerca col metal fu quasi infruttuosa: un paio di monetine di VE3
(Vittorio Emanuele III), qualche bottone, l’onnipresente manciata di bossoli di
fucile da guerra e un paio di distintivi in cattive condizioni e non
identificati.
La busta con quelle schifezze la dovrei aver conservata da qualche
parte, più tardi la cercherò.
Pensando alla medaglietta in mezzo alle monete mi ricordo la scritta SAN
GIROLAMO NUOVO.
Cerco ancora con Google e scopro che San Girolamo Nuovo sarebbe il nuovo
paese, costruito più a valle.
Capisco la definizione “Nuovo”, ma perché cambiare pure una vocale al
Santo?
Sul sito della Pro-loco trovo alcune notizie storiche:
“San Girolamo Nuovo è stato rifondato nel 1947, dopo la distruzione del
vecchio paese ad opera dei nazisti. Sorge nella piana del torrente Niccone, a
quasi 4 chilometri dal vecchio centro abitato. Conta 619 abitanti e fa parte
del comune di Castel Niccone, nella provincia di Perugia. La chiesa dedicata a
San Gerolamo è stata costruita dal parroco Don Nello Benizzi e inaugurata nel
1947…”
Niente di nuovo e di interessante.
Do una scorsa ai giornali on-line e leggo del ritrovamento della
collezione numismatica del fu Alfano.
Dicono che dopo lunghe ricerche ed indagini meticolose, il direttore del
Museo Archeologico di Perugia, Prof. Attilio Carlucci, e la sua “insostituibile
e qualificatissima” assistente d.ssa Paola Melli hanno riportato alla luce le
monete nascoste in una vecchia cantina di un casolare in una zona non
specificata. Della collezione personale del gerarca Alfano solo i gioielli
etruschi non sono stati ancora ritrovati, si teme che siano stati venduti a
qualche ricco collezionista straniero.
Avrei tante cose da fare, ma mettermi alla caccia dei gioielli etruschi
del fucilato Alfano è una cosa che mi attizza.
Decido di tornare sul luogo del ritrovamento delle monete armato di
tutte le più buone intenzioni.
Ma le più buone intenzioni non bastano. Vicino ai ruderi di San Gerolamo
ci sono parcheggiate due auto di probabili cercatori di funghi.
-Già cominciano a rompere i coglioni per i boschi, questi?-
Rinuncio a salire alla radura; non vorrei che, nel bel mezzo di uno
scavo, mi si presenti un broccolo col cestino di vimini alla ricerca di
porcini.
Scendo al paese nuovo a fare qualche domanda sulla strage.
Inizio dal posto più ovvio: il bar del paese.
Ordino un caffè e comincio a fare il curioso.
Il caffè è ottimo, le risposte no.
Il proprietario è un ragazzo. Provo con alcuni vecchi seduti ai tavolini
ma ottengo solo borbottii e occhiatacce.
Credo di essere stato troppo impulsivo, forse non fa piacere rivivere quei momenti e, magari,
qualcuno ha perso dei cari nella strage.
Decido di andare a trovare chi potrebbe aiutarmi – anzi – ne sono
sicuro: don Nello Benizzi.
Scopro che don Nello Benizzi è morto nel 1975, in Vaticano.
Ha preso la scorciatoia per andare in paradiso, penso tra me.
Me lo riferisce la perpetua che, dall’aspetto, dovrebbe avere vissuto
pure le guerre puniche.
Quando le domando della strage le si rabbuia il volto incartapecorito e
mi congeda bruscamente.
Mi appoggio alla Land Rover per fumare una sigaretta e capire il motivo
di questi comportamenti omertosi.
Quando sto per risalire sul fuoristrada vengo bloccato da un prete.
-Buongiorno, sono don Francesco Boschi il parroco di San Girolamo Nuovo,
mi hanno riferito che vorrebbe qualche informazione sui fatti successi durante
la guerra.-
-Molto lieto, Giorgio Gaddi-, rispondo stringendogli la mano che ha la
consistenza della ricotta. La classica stretta di mano passiva, viscida, che
sembra data malvolentieri.
-Solo un paio di curiosità.-
-Dica, se posso… -
-Perché non è stato ricostruito il paese in collina?-
-Era scomodo, credo. Ci stava tutta questa piana a disposizione, hanno
sostituito i campi con le case. La seconda?-
-Perché è stata cambiata la consonante da Gerolamo a Girolamo?-
Vedo uno sguardo perplesso, poi un lampo di furbizia.
-Non saprei, sono arrivato a cose già fatte. Forse al Comune hanno fatto
un errore che si è trascinato nel tempo. Se ci fosse stato il povero don Nello
sicuramente le sapeva rispondere. Conosceva don Nello Benizzi?-
-No. Sapevo che era il parroco del vecchio paese.-
-Benissimo signor… -
-Gaddi. Giorgio Gaddi- ripeto ingenuamente.
-Lei non è di queste parti, vero?-
-Quasi. Abito a Carpaneta, sulle colline a una mezz’ora da qua.-
-Bene. Se non le dispiace tra poco devo dire messa, mentre porge la mano
moscia lo vedo osservare attentamente la targa del mio fuoristrada.
-Grazie lo stesso.-
Riparto con una sensazione strana nella mente. Quel prete non mi è
piaciuto, e io non sono piaciuto a lui, ne sono sicuro.
Appena duecento metri e blocco la Land Rover. Ai bordi della strada c’è
un gattino bianco e rosso, magro (quasi rachitico) e con gli occhi chiusi dalla
rinotracheite. Accosto e lo afferro con la mano, salvandolo dal diventare una
poltiglia sanguinolenta sull’asfalto.
Faccio un rapido controllo: è messo decisamente male.
Malgrado le sue condizioni è un bel gattino. Tutti i piccoli di animale
sono graziosi, tranne l’uomo.
Si avvicina una vecchia.
-Lo porti via, se può. Altrimenti farà la fine dei fratellini: tutti
morti investiti.-
-E’ malato. Non ci vede- rispondo. -Comunque lo prendo e lo porto da un mio
amico veterinario. Speriamo si salvi.-
-Lei è bravo! Non l’ho mai visto qua, è un forestiero?-
Decido di giocare l’ultima carta buona.
-Sì, signora. Ero venuto a visitare il vecchio paese per fare delle
foto, ma è tutto crollato. Cos’è stato? Il terremoto?-
-Ma che terremoto e terremoto! So stati li tedeschi! L’hanno bruciato e
ammazzato tutti.-
-Come mai?-
-Perché… - abbassa il tono della voce. Ora sembra quasi che mormori.
-Perché… qualcuno aveva fatto la spia.-
-Spia? Chi?-
-Non si può dire- ora la voce è quasi un soffio. –Ho promesso a mio
fratello di non dirlo a nessuno. Qui nessuno dirà quello che è successo.-
Me ne sono accorto da solo, grazie.
-Suo fratello è in casa?-
-No, è al camposanto… povero Rodolfo. E’ morto giovane, sa. Aveva
ventotto anni.-
-L’hanno ucciso i tedeschi?-
-No. E’ morto nel ’52. Qualcuno l’ha investito quando tornava dal lavoro
nei campi. A lui i tedeschi non piacevano. Raccontava che li aveva anche
ammazzati, durante la guerra.-
-Era un partigiano?-
-Bravo!-
-Bene, signora. Ora porto il gattino dal veterinario. Le farò sapere se
guarirà, ha il telefono?-
-Certo. Il numero non lo ricordo, ma sono sull’elenco: Giovannini
Giada.-
-Giovannini è suo marito?-
-No, non sono sposata.-
-A rivederci risentirci con buone notizie, spero.-
Salgo in auto, cerco subito un foglio di carta e
una penna. Sono latitanti, come sempre quando ti servono. Trovo un mozzicone di
matita e sul pacchetto di sigarette scrivo:
GIOVANNINI RODOLFO
1924 – 1952 PARTIGIANO
Porto il felino malconcio da Carlo, amico
veterinario, che lo visita, gli fa una pera di antibiotico, gli pulisce gli
occhi e li ricopre di pomata e lo ricovera.
-Tra una decina di giorni te lo torni a
prendere. Lui e il conto.-
-Se sopravvive al veterinario… -
Carlo è una brava persona, oltre che un valente
medico per bestie. Ha solo un paio di piccole debolezze: la fica e il gioco
d’azzardo, che gli richiedono un portafoglio ben fornito (ma non lo ha).
Si fa in quattro per curare le mie bestiole e i
gatti della colonia vicino al supermercato di Borgo San Lorenzo, e spesso ci
riesce!
Per contro non batto ciglio quando mi presenta
il conto o mi fa capire di navigare in acque cattive e, soprattutto,
pericolose.
Solo Serena approva questo mio comportamento,
non perché giustifichi i vizi di Carlo ma per l’aiuto che le do nelle spese di
gestione della colonia del supermercato, di cui si occupa personalmente.
Al ritorno decido di fare una sosta dalla
Gigetta. Niente viveri, ho la dispensa piena: voglio parlare con suo fratello
Sebastiano che ai tempi della guerra era un partigiano.
-Ciao Gigetta. Sebastiano come sta?-
-Cosa vuoi da lui?- la vecchia è furba e mi
conosce bene.
-Fare un paio di domande su quando era
partigiano.-
-BASTIANOO! SCENNE GIU’! TE VOLE IL SIGNORINO!-
Il Signorino sarei io. A Treggio tutti mi chiamano così; forse è un vecchio retaggio
medievale.
A Perugia, invece, mi chiamano Dottore: non ho
capito il perché e non riesco a spiegarmelo.
Sebastiano scende dalle ripide scale che portano
direttamente dal negozio all’appartamento al piano superiore con molta
attenzione.
-Signori’, che vole da me?-
-E’ vero che hai fatto il partigiano, durante la
guerra?-
-Sicuro, Brigata Grifo.-
-Conoscevi Rodolfo Giovannini?-
Il volto di Sebastiano assume un’ espressione
dura. Anche la Gigetta si blocca e mi guarda con fare poco benevolo.
-Eravate nella brigata insieme?-
-NO!- grida –Io con quello e quelli come lui non
c’ho mai spartito gnente!-
-Che significa?- domando perplesso.
-Che Bastiano era nella Grifo-, risponde
Gigetta, -e ha combattuto per liberarci dai fascisti. Quello – ben sottolineato
dal tono della voce – era nella Trasimeno e alla Trasimeno ci stavano solo i
ladri.-
-Non capisco, scusa.-
-E’ meglio così, Signori’! Me dia retta: lassi
perde ‘sti discorsi. So’ vecchi e portano sfortuna. Bastiano, torna di sopra
che qui è freddo. Vai!-
Sebastiano saluta con deferenza, come al solito,
e torna sopra borbottando qualcosa.
-Gigetta, scusa. Non sapevo di toccare un tasto
dolente.-
-E ‘nvece l’ha fatto. Paragonare il mio Bastiano
a quella merda del Giovannini. Ma ve’! L’Signore se l’è arcolto presto, per
fortuna.-
-Ho saputo: è stato investito, un incidente.-
-Ehhh… incidente… -
-Cosa vuoi dire?-
-Che n’enno morti troppi, in maniera strana, de
quelli della Trasimeno. N’ce armasto nessuno!-
Incamero il commento e cambio discorso.
Cambiando il discorso, Gigetta trova il modo di
rifilarmi una caciottina del pastore sardo di Greppobruciato, una sporta di
insalata appena colta dal suo orto, mezzo chilo di tagliatelle fatte in casa e
un fiasco di olio “bono”; non “quello se compra nti supermercati”.
Torno a Carpaneta carico come un Re Magio (Magio? boh). uno dei Re Magi.
Dopo l’immancabile pisolo pomeridiano interrogo
Google sulle brigate partigiane in Umbria.
Caciotta, insalata, tagliatelle… qui facciamo Natale
se non arriva al dunque!
Mi concedo un’altra sosta
ed esco nel piazzale a fumare la sigaretta di turno.
Mentre curioso dentro una
rimessa scopro un’auto coperta da un pesante telone.
E’ la Land Rover di
Giorgio. Ridotta male, quasi un rudere.
Chissà perché Serena non se n’è liberata…
ATTILA e ARCHIMEDE - Culo? Chi ha detto culo? - |
Nessun commento:
Posta un commento