VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
11a puntata
C’è stata una recrudescenza di abbandoni di piccoli in
Colonia. Il Capo nota che i nuovi arrivi sono spaventati da tutto il trambusto
degli operatori televisivi e prende una solenne decisione: caccia a calci nel
culo i network.
Torniamo ad essere i soliti quattro gatti (più gli ospiti e
i nuovi abbandonati) a godere in pace della lettura del romanzo di Favio Bolo.
CAPITOLO 15
Spengo la cicca in una
fioriera e torno alla lettura.
Dopo il pisolo sono fresco e riposato. Mi concedo un buon
caffè amaro e una sigaretta prima di scendere nel laboratorio a vedere se lo
Svitol ha abbia fatto il suo dovere.
L’ha fatto: il coperchio si apre senza che i ganci o le
cerniere si rompano. Il contenuto della cassa è coperto da uno straccio bianco
con grosse righe marroni, come la stoffa che una volta ricopriva i materassi.
Il bianco è ingiallito e ci sono diverse macchie di muffa. Puzza pure. Vado per
toglierlo ma resiste. Avvolge tutto il contenuto. Strano. Controllo meglio e
quando vedo dei bottoni bianchi (erano bianchi) su un bordo capisco che è una
federa da cuscino di tanti anni fa. La sollevo dal bordo con i bottoni e la
alzo sopra la cassa. Ma il tessuto infradiciato dall’umidità cede e il
contenuto dell’improvvisato sacco cade a terra.
Una montagna di monete e monetine si sparpagliano sul
pavimento e sopra il tavolo.
“Oh cazzo! Un ripostiglio!”
Prendo una moneta e la esamino: è un sesterzio di Marco
Aurelio con Marte sul retro. In condizioni spettacolari!
Altra moneta: un bronzetto di Teodosio I con la vittoria
sul retro. Anche questo in condizioni superbe.
Poi dei denarini d’argento, Assi, Dupondi, Nummi e
svariate monete d’oro. Tutte monete romane di epoca imperiale. Tutte perfette.
Mi siedo su uno sgabello, accendo una sigaretta e, con un
dupondio di Germanico in mano, penso a questa stranezza. Una ventina di chili
di monete romane dentro una federa di cuscino di mezzo secolo fa dentro a una
cassetta portamunizioni, credo italiana.
Non è un ripostiglio, neppure un tesoretto: qualcuno ha
nascosto queste monete.
perché?
Perché? Non sono un
tesoretto trovato da qualcuno che poi se ne è sbarazzato (poi, perché
sbarazzarsene?). Le monete non sono coeve, abbracciano tutto il periodo
dell’impero romano. Da Augusto a Domiziano, da Marco Aurelio a Teodosio. Tutte
sono in condizioni eccezzionali, sembra
una collezione.
Una collezione! E’ una
collezione!
ma di chi?
Ma di chi? Non posso
tenerle. E’ troppo anche per il mio istinto predatorio. Paola mi deve aiutare.
chi è Paola?
Chi è Paola? Paola è
la mia spina nel fianco. Un’amica che vorrei elevare di livello, stendendola
sul mio letto, ma lei non è d’accordo. Ci provo in tutte le maniere possibili e
immaginabili. Ma nulla: non me la sgancia. Sì! Lo so! Sono già fidanzato,
meglio: diciamo che ho una relazione, quasi stabile. Ma la cosa è una faccenda
esclusivamente mia.
Paola è un’archeologa
che lavora alla Soprintendenza dei Beni Archeologici dell’Umbria. E’ una
profittatrice nata e, sapendo del mio debole per lei, mi sfrutta e provoca in
continuazione. Ma prima o poi ci arrivo alla meta.
La chiamo al
cellulare: -Ciao zoccolona! Vieni a cena da me, stasera, Ti faccio godere…-
-Ahahaha!- la sua
risposta.
-… di una visione in
anteprima.-
-Hai noleggiato di
nuovo un film porno?-
-Meglio. Vieni e sarai
soddisfatta.-
Messa così ogni donna si
precipiterebbe al mio capezzale, ma lei è titubante. Vuole tirare la corda.
-Forse ho da fare.
Cosa c’è per cena?-
-Alla cena ha già
pensato la Gigetta, non ti preoccupare.-
-Carne?- domanda.
-Ci sono io… carne
freschissima da macello per le tue turpi voglie sessuali-.
-Allora lasciamo
perdere, và!-
-Oggi sono andato in
“cerca” e… - stuzzico la sua fantasia.
- E?-
-Vieni alle otto e
sarai soddisfatta-.
-Contaci. Cosa devo
portare?-
-Il solito completino
intimo di pizzo nero-.
-Ok.-
Mi considera un vandalo.
Un profanatore di tombe e distruttore della storia solo perché vado a spasso
col metal detector.
Abbiamo fatto litigate
bibliche in merito alla mia passione.
Lei è rimasta
intransigente ma è sempre curiosa di sapere cosa trovo dopo ogni uscita.
Non mi costa nulla
accontentarla, anzi spesso mi aiuta a datare i ritrovamenti.
di questa Paola non sapevo
nulla
Arriva, puntuale. E,
puntualmente, provoca il povero pensionato (che sarei io).
-Ta-Ta!- fa
slacciandosi un paio di bottoni della camicetta per far intravedere il pizzo
nero del suo reggiseno.
-Buonasera alla mia
troia preferita!- la accolgo.
???
-Vedo che sei in tiro.
Poi ti ribalto un po’ sul divano.-
-Piano beby baby! Devi pagarmi prima, lo sai!-
-Ecco l’acconto-, le lancio una moneta d’oro che tenevo in
tasca.
La afferra e spalanca
i suoi occhioni marroni.
-Cazzo! Ma questo è un
aureo! Di Nerone! Dove l’hai trovato? Era solo o era un tesoretto? E’ un sito
già conosciuto?-
-Ssss- la zittisco-
prima si mangia, poi ti racconto.-
Mangiamo in silenzio.
Un pesante silenzio con Paola che si rigira tra le mani e ammira la moneta
d’oro. Lo vedo, non sta più nella pelle di sapere dove l’ho trovata.
Caffè, sigaretta per
tutti e due e la rossa procace parte all’attacco: -Allora? Racconta tutto.-
-Sì, comincia a spogliarti
– la voglio far soffrire.
-Idiota! Parla.-
Le racconto un po’ di
palle, a cui non sembra credere, ma di spiegarle dove ho trovato il mucchio di
monete neppure se ne parla. E’ un segreto che morirà con me.
La porto nel salone
dicendole: -Ora chiudi gli occhi.-
-Sì, e apro la bocca!
Smetti di fare il deficiente.-
-Sta tranquilla,
tienila pure chiusa la bocca. Il Prode Anselmo deve riposare: domani arriva
Silvia.-
-Ah… fine settimana di
sesso?-
-Estremo.-
Ho toccato il suo
punto debole: Silvia. Sa che siamo fidanzati famosi e la cosa la disturba. Quei fine settimana
che la nana (così chiamano Silvia tutti i miei amici) viene a Carpaneta sa di
perdere ogni vantaggio su di me. E’ gelosa e invidiosa di Silvia. E Silvia
ricambia con malcelato astio. Mai farle incontrare o parlare dell’una all’altra
che ti crei solo problemi. L’ho imparato sulla mia pelle. Ma ora ho un grande
vantaggio.
-Chiudi gli occhi- le
ripeto.
La conduco nel salone
guidandola con la mano destra appoggiata sul suo culo (i vantaggi vanno
sfruttati), la piazzo davanti al tavolo dove ho apparecchiato, in bella mostra,
tutte le monete e gli le dico di
riaprirli.
-Madonna Santissima!-
esclama –Un tesoretto! Dove l’hai trovato?-
-No, no…- replico.
-Non fare lo stronzo,
dai.-
-No tesoretto, volevo
dire. Guarda meglio le monete.-
-Comincia a prenderle
in mano e osservarle. Una, due, tre… Strano- dice -sono di epoche diverse e
anche lontane tra loro. Poi sono…-
-Troppo perfette-
completo la frase.
-Sì Sembrano false,
oppure…-
-Una collezione.-
Si volta e mi guarda
negli occhi, sospettosa.
-Erano là dentro-
faccio, indicando la cassetta portamunizioni.
-Lì?-
-Lì. Sottoterra.
Qualcuno ha occultato questa collezione. Chi?-
-Chi?- ripete.
-E questo che devi
scoprire. Poi questa roba non la voglio in casa mia: troppo pericoloso.
Portatela al Museo: omaggio della ditta.-
-Davvero?- non crede
alle mie parole.
Annuisco per
confermare, prendo la scatola che conteneva gli anfibi comprati il mese scorso
e comincio a buttarci dentro le monete.
-Una scatola sola non
basterà- le dico.
-Aspetta un attimo.
Non posso arrivare domani in museo con tutta questa roba. Cerchiamo di rendere
il ritrovamento legale. Fammi consultare il direttore.-
-Le monete?-
-Custodiscile. Lunedì
ti dirò cosa fare.-
La mattina dopo faccio
appena in tempo a far sparire tutto. Arriva Silvia, quella che definiscono nana
e fidanzata del sottoscritto. Scende da Genova a Carpaneta una volta al mese,
per un fine settimana lungo. Lei dice di venire per rilassarsi ma passiamo
tutti i tre giorni a scopare, quando se ne va il Prode Anselmo (sarebbe il mio
socio di maggioranza che alberga tra le mie gambe) ha bisogno almeno di una
settimana di letargo. Silvia è ricca e famosa: uno degli avvocati più in gamba
dello Stivale, dicono i giornali e i TG. Ha solo un difetto, professionalmente
parlando, difende esclusivamente chi ha soldi e torto marcio. Sguazza così tra
politici corrotti, mafiosi di ogni genere, industriali e finanzieri senza
scrupoli. Mai che una volta avesse prestato aiuto a un povero disgraziato.
Personalmente ha molti pregi: è comprensiva (anche troppo, spesso complice)
delle scappatelle del sottoscritto, ha due tette che ti ci perdi dentro e
neppure i cani da valanga ti ritrovano e, soprattutto, abita a Genova, cioè a
400 chilometri di distanza. Ma non è quella giusta per me. L’ho sempre saputo.
Perché continuo a starci insieme? Forse per comodità e perché mi permette di
avere ampi spazi di libertà.
Nascondo le monete e
non le dico niente per evitare di litigare subito. Lei mai penserebbe di
renderle allo Stato. E fa l’avvocato…
Passiamo il fine
settimana come sempre: sul letto, sul divano, sotto la doccia e con Domiziana
(sempre sul letto, sul divano e sotto la doccia).
Ah,ah! Non mi ero
sbagliato: menage a trois…
Penso un attimo a Serena. Forse già si conoscevano eppure lui si
comportava così, senza pudore né riservatezza. Anzi, sbandiera al pubblico il
suo intreccio sessuale.
Sento che le fanciulle sono tornate in casa.
Appoggio il diario con un segnalibro in mezzo e le vado a
salutare.
Poco dopo è pronta la cena. E’ Serena a rompere gli indugi: -A
che punto della lettura sei arrivato?
-Sono a un terzo del diario. Procedo lentamente; è faticoso
leggere la calligrafia di Giorgio.
-Sì, non aveva una bella scrittura. Ti sei fatto un’idea?
-L’unica è che Giorgio non avrebbe mai potuto fare lo scrittore.
-Concordo anche in quello. Benché leggesse molto, non amava
scrivere. E quando lo faceva era come se parlasse direttamente. Considera,
però, che Giorgio aveva finito a stento le superiori. Studiare non lo
entusiasmava. A 19 anni era già nei Vigili del Fuoco, contro il parere e le
aspettative di suo padre.
-Che rapporto aveva con suo padre? - le domando.
-Pessimo. Non andavano d’accordo su nulla. Giorgio fece la
scelta di rimanere nei pompieri proprio per evitare di dover condividere la
vita con suo padre.
-Conoscevi bene suo padre?
-Come no! Era il mio datore di lavoro; un tiranno, ma molto
gentile e protettivo nei miei confronti. Forse aveva già capito come sarebbe
finita.
-Spiegati, - stavolta è Antonella. Sentendosi esclusa dal
discorso ha trovato il punto giusto per inserirsi: la storia tra Giorgio e
Serena.
A Serena si apre un orizzonte, si vedeva che aveva voglia di
parlarne. Antonella è il pubblico perfetto. Mi accendo una sigaretta e ascolto.
Forse ne potrò trarre qualche indizio utile.
-Con la famiglia abitavo a Borgo San Lorenzo. Allora era un
piccolo paese, il supermercato del padre di Giorgio era l’attività più in
vista. Ancora frequentavo le scuole medie, a Perugia. In paese avevo visto
qualche volta Giorgio, e lui aveva notato me. Ma era più grande di cinque anni,
un abisso per quei tempi. Poi non faceva la vita di paese, era sempre a
Perugia, dove studiava. Ci incrociammo qualche volta, al Borgo, e fu uno scambio
di sguardi curiosi e promettenti. Avete presente quando una persona vi rimane
simpatica dall’aspetto e, pur non conoscendosi, si instaura quel gioco di
sguardi? Fu così. Ma io ero troppo ingenua e lui troppo timido. Più in là dello
sguardo di curiosità non si andò. Finite le scuole medie decisi di mettermi
subito a lavorare per non pesare sui miei genitori. Al supermercato il padre di
Giorgio assumeva nuove commesse: mi presentai, con i miei genitori. Fu la mia
fortuna, quel giorno, al supermercato c’era anche Giorgio. Già era nei Vigili
del Fuoco, passava solo a fare un saluto al padre. Vedendo tutto quel viavai di
ragazze si fermò. Giorgio era già un donnaiolo. Quello che vi sto raccontando,
Andrea, lo troverai scritto nel diario. Da lì ho saputo la verità. Fatto sta
che mi presento al padre di Giorgio con i miei, per quel posto di lavoro.
Parliamo qualche minuto e il padre di Giorgio mi dice che mi farà sapere, la
classica frase diplomatica per liquidarti. Poi vedo che Giorgio lo chiama e gli
dice qualcosa sottovoce. Suo padre rimane pensieroso e mi ferma mentre lo sto
salutando.
“Vai su in ufficio a lasciare i tuoi dati,” mi disse. “Lunedì
mattina alle sette e mezza qua. Puntuale.”
Riuscii a trattenere le lacrime non so come: ero assunta!
Scambiai un veloce sguardo con Giorgio che stava assistendo alla scena. Lo
ricambiò con un sorriso.
-Cosa era successo? - domanda Antonella.
-L’ho scoperto nel diario. Giorgio disse una semplice frase a
suo padre: “Assumila, è l’unica venuta coi genitori invece che con la
minigonna: è una ragazza seria. Pensate com’è la vita: se Giorgio quel giorno
non fosse stato là, oggi io non sarei qua.
-Il classico “essere nel posto giusto al momento giusto”, -
aggiunge Antonella.
verificheremo anche questo…
-Poi… tra te e Giorgio? - Antonella è curiosa.
-Giorgio ha aspettato qualche mese poi ha cominciato a
corteggiarmi, in maniera spietata. Siamo stati insieme per un po’ di tempo.
Bene, anche se ricordo l’imbarazzo che provavo con suo padre e con i miei
colleghi. Poi… ci siamo lasciati.
-Perché? - stavolta sono
io ad indagare.
-Un motivo vero non c’era; forse eravamo solo troppo giovani. Ci
siamo lasciati in maniera pacifica, sembrava che tutti e due non consideravamo
la storia chiusa in maniera definitiva. Siamo rimasti amici, quasi confidenti
una dell’altro, infine ci siamo ritrovati. Non per merito mio. Io ho solo
aspettato che lui si decidesse.
-Tra te e Silvia? - domando ancora.
-No. Tra me e le altre, -
chiarisce. -Intendi bene, ci siamo lasciati ancora e, poi, ritrovati. Sembra
quasi che le nostre vite fossero avvolte in una spirale e ogni tanto si
incrociassero.
-Perché ti ha lasciato tutto questo? - la mia domanda
provocatoria.
-Non lo so. Me lo sono chiesta pure io, senza darmi una
spiegazione scientifica. Ho un’ipotesi, per quanto possa valere. Forse Giorgio
mi considerava una specie di alter ego. Un Giorgio che pensava al femminile e
che riusciva a realizzare quelle cose che lui avrebbe voluto fare ma che da
solo non sarebbe riuscito a compiere. Al di fuori di ogni sentimentalismo penso
che Giorgio mi considerasse un socio paritario della sua vita. Forse è
eccessivo, ma altre spiegazioni non ne trovo. Il fatto che mi avesse lasciato
tutto, diario e segreto compresi, ha sorpreso pure me. Fino a ieri mi sentivo
in colpa per non averli bruciati, come lui aveva ordinato. Ora sono contenta di
non averlo fatto. Quel diario servirà a modificare il tuo giudizio su Giorgio.
vedremo…
Ci accomiatiamo dandoci appuntamento per il pomeriggio
successivo. Solo; Antonella ha un impegno.
In auto Antonella comincia a fare domande, troppe domande.
Rispondo con mezze parole e tanti forse. Ho già deciso che il segreto che
custodiva Giorgio deve rimanere una faccenda personale: è costato tanto sangue,
meglio essere prudenti.
I due nuovi piccoli POLVERE e AGOSTINO si estraniano dalla lettura - Non ha senso cominciare un libro al 15° capitolo! - |
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