mercoledì 16 luglio 2014

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
6a puntata




Gli dei mi hanno voluto accontentare troppo: sono quindici giorni che piove!
Gli altri colleghi sono tutti incazzati neri, come le nubi in cielo, perché sono costretti all’inattività.
Li sollazzo con la lettura di un altro capitolo della pregevole opera d’arte di Favio Bolo.

CAPITOLO 10
Ogni giorno ricevo la visita di mia moglie, quella donna bionda. Si chiama Antonella, ho scoperto. Mi ha raccontato diverse cose su me e la mia vita passata senza, però, entrare troppo nello specifico. Forse i dottori l’hanno istruita su quello che può dirmi.
Un pomeriggio viene a trovarmi un’altra donna. Questa è più anziana e meno attraente.
-Sono il commissario Carmen Mistretta: è giunta l’ora di fare due chiacchiere.
-Su cosa?
Va subito al sodo: -Sa perché le hanno sparato?
-No, credo sia stato un errore.
-Non penso proprio.
?
-Ha idea, - prosegue, -su cosa stava lavorando?
Non mi piace il suo tono e come ha sottolineato il “lavorando”.
-Non ricordo nulla, mi spiace. Non so neppure che lavoro facessi.
-Cazzate! Ma non pensi di cavarsela con dei “Non so. Non ricordo”.
-E’ la verità.
-Cazzate. E… le hanno detto qual è il suo lavoro, ora?
-No. Cosa devo fare?
-Nulla. E’ un pensionato; l’hanno scaricato.
-Chi?
-Faccia uno sforzo di memoria e ci arriverà da solo. Ci rivedremo presto, ne stia sicuro.
Se ne va, per fortuna.
?
Il giorno successivo provo a chiedere qualche spiegazione a mia moglie, ma non ne vuol parlare.
-E’ finito tutto, non ci pensare.
finito cosa?
Finalmente, dopo diversi giorni vengo dimesso dall’ospedale per entrare in una clinica per la riabilitazione, forse della memoria.
E’ qui, un pomeriggio mentre sto passeggiando per i viali del parco, che ricevo un’altra visita del commissario Mistretta.
-La trovo bene, dottor Rossi! - il suo esordio. -Ha voglia di fare quelle famose due chiacchiere?
-Certamente! Ma, prima, mi spieghi cosa mi è successo e perché.
-Semplice: le hanno sparato. Un agguato in pieno stile. Non si sono sbagliati: il bersaglio era proprio lei. Hanno solo lasciato il lavoro a metà.
-Chi?
-Non ho prove certe, ma credo che i suoi ex colleghi ne sappiano qualcosa.
-Ex colleghi? Chi sarebbero?
-Lei è proprio suonato. Oppure mi sta prendendo per il culo. Ma… stia attento! Sulla sua testa pende ancora l’accusa per omicidio. L’indagine è mia e sarò io a dire quando sarà il momento di arrestarlo e sbatterlo in carcere.
-Omicidio? Ecco perché quel poliziotto fuori dalla porta; voleva impedirmi la fuga.
-E come sarebbe scappato? Neppure si reggeva in piedi! Il poliziotto era per proteggerlo.
-Da chi?
-Da chi non ha portato a termine il lavoro, quasi due anni fa. I suoi ex colleghi.
-Ora il poliziotto non c’è più, significa che non sono più a rischio?
-E’ a rischio come e più di prima. Il poliziotto l’ho fatto ritirare io. Se collabora, lo riavrà.
-Cosa vuole sapere? Io non ricordo nulla, sul serio.
-Comincio ad esserne convinta, sa. E’ una settimana che sta senza protezione. Se ricordasse quello che immagino l’avrebbe richiesta subito.
Ci sediamo su una panchina, sotto un grande quercia.
-Le spiego quello che è successo. Lei trarrà le sue conclusioni, le uniremo alle mie ipotesi e vedremo quello che ne uscirà fuori.
Annuisco, mi accendo una sigaretta.
-Torniamo a quel 17 febbraio 2002, - comincia. -Alle 8,30 di mattino hanno tentato di ucciderla. Pochi minuti prima viene trovato il cadavere di una donna, tale Ursula Episcopi, 53 anni, assassinata al Parco Verde. Tre colpi al petto e uno alla nuca: una perfetta esecuzione. Ancora pochi minuti e ci segnalano la presenza di un altro cadavere. Si tratta di Aurelio Frateschi, 30 anni, meglio noto col nome d’arte di Marta.
-Marta?
-Era un transessuale. Gestiva una ricca rete di prostituzione e aveva un lussuoso appartamento al centro di Perugia. Lo, o la, conosceva?
-No. Non credo.
-Bene, - prosegue. -Giustiziato anche lui con due colpi al petto e uno alla nuca. Presumibilmente tra le una e le due di notte. A me è toccato il primo omicidio scoperto: Ursula Episcopi. La sera stessa il caso mi è stato tolto per passarlo a uno specialista arrivato da Roma e mi hanno rifilato il trans. Per me un omicidio vale l’altro, ma la cosa mi ha disturbato. E mi hanno disturbato ulteriormente delle pressioni da Roma per chiudere il caso Marta. Un travestito in più o in meno non ha mai fatto differenza: cosa c’era di tanto importante da trovare subito il colpevole?
-Non ne ho idea.
-Lei. Lei si era salvato e costituiva un pericolo per qualcuno, giù a Roma. Una bella accusa per omicidio e sarebbe stato neutralizzato.
?
-Non faccia quell’espressione! La notte tra il 16 e il 17 febbraio 2002 lei era stato in compagnia di Marta. Non discuto i suoi gusti sessuali, per carità! Ci sono arrivata quasi subito a dare l’identità di chi aveva passato la serata con la vittima. Prima di tutto il telefonino del trans. Aveva il suo numero in memoria e lei lo aveva chiamato nel pomeriggio. Ho avuto anche la registrazione della telefonata.
-Sicura?
-Ci sono testimoni che sostengono di averla vista, verso le due di notte, in un pub a bere birra. Dicono pure che fosse in stato confusionale.
-Io?
-Lei. E siamo a due indizi. Il terzo sono le prove biologiche.
-Che prove biologiche?
-Sperma. Suo e del trans. Avete scopato di brutto quella sera! Due volte: sul divano e nella doccia.
La osservo con gli occhi sgranati. Accendo subito un’altra sigaretta.
-Stranamente lei subisce un attentato la mattina successiva. Tra i reperti raccolti sul luogo c’erano dei suoi denti, con ancora della gengiva attaccata. Ho fatto fare le analisi del DNA e ho avuto la conferma che lo sperma fosse veramente il suo.
-Per carità… non lo dica a mia moglie!
-Moglie? - ora è lei a sgranare gli occhi.
-Non sono sposato?
-Non mi risulta. Chi sarebbe sua moglie?
-Antonella, quella donna bionda.
-Ah!... la giornalista! No. Ancora non siete sposati, forse avevate il progetto del matrimonio. Comunque, per il momento, conti sulla mia riservatezza.
-Grazie.
-Per il momento, ho detto. Allora l’indagine è conclusa: lei è l’omicida. Per tutti; ma non per me.
-Perché?
-Perché le hanno sparato per ucciderlo? Perché è tutto così semplice? E, soprattutto, perché non è stato ritrovato il suo cellulare e neppure quello di Ursula Episcopi? Perché i suoi due appartamenti sono stati perquisiti la mattina stessa da ignoti? Possono inventarsi tutto, ma non mi fregano. Ho allargato il campo delle indagini e ho scoperto che lei aveva avuto contatti telefonici con la vittima del Parco Verde. Vi eravate chiamati – anzi – eravate in stretto contatto.
-Perché? - domando.
-Ursula era il suo capo, lavoravate insieme nei Servizi Informativi Governativi. L’assassinio di Ursula è stato archiviato come omicidio a scopo di rapina per opera di ignoti: i suoi colleghi hanno ripulito bene. Il suo attentato è stato seppellito come un errore per scambio di persona. Rimane in piedi l’omicidio del trans dove lei è - senza dubbio - il colpevole.
-E mi deve arrestare?
-Non necessariamente. Ancora da Roma non ho avuto pressioni. E sa perché?
-No.
-Se rimane smemorato tutta la vita non costituirà un problema. Se la memoria le tornasse, ecco pronta l’accusa per omicidio. E, con un’accusa del genere, qualsiasi cosa racconterebbe non verrebbe creduto. Poi… ci sono i presunti danni al suo cervello: chi ascolterebbe un assassino impazzito? Hanno ricamato bene la cosa, i suoi colleghi. Ma io vado controcorrente, non credo all’ovvio prefabbricato.
-E cosa crede?
-Credo che lei sì! abbia scopato di brutto col trans - affari suoi - ma non che l’abbia ucciso. Sarebbe troppo stupido. Ho una mia teoria.
-Dica.
-Lei e il suo capo stavate facendo qualcosa di troppo pericoloso per qualcuno che ha molta influenza nei palazzi del potere. Oppure sapevate qualcosa di estremamente pericoloso per loro. Vi hanno tappato la bocca.
-E il trans che c’entra?
-Forse qualcosa c’entra, visto che hanno ucciso pure lui. Ho avuto una segnalazione, anonima - come si usa in questi casi - di qualcuno che ha visto uscire dal portone del palazzo dove abitava Marta un uomo, basso e tarchiato, con un cappello che ne nascondeva il volto, verso le due di notte. Sicuramente dopo che lei se ne era già andato.
-Cosa devo fare, ora? - la mia richiesta è quasi un’implorazione.
-Un consiglio: continui a fare lo smemorato, le riesce anche bene. Ma, appena si ricorda di qualcosa – qualsiasi cosa – inerente ai fatti me lo venga a raccontare. Io voglio solo l’assassino – quello vero – del travestito. Tutte le altre cose sono faccende vostre.
Si alza dalla panchina e si incammina, senza salutare. Poi si blocca di colpo e torna indietro.
-Solo una cosa, - dice guardandomi fissa negli occhi. -Ho un altro mistero da svelare su di lei.
?
-Come mai, - prosegue, -aveva le chiavi dell’auto di un pregiudicato ricercato dall’Interpool?
-Chiavi? Auto?
-Sì! Una vecchia Toyota, che con un incredibile colpo di fortuna, siamo riusciti a ricondurre a Celestino Pancrazio, incriminato per pirateria e truffa informatica. Un anarcoinsurrezionalista  latitante.
-Ana… cosa?
-Anarcoinsurrezionalista. Un termine molto in voga ora: ci bollano tutti quelli che hanno idee differenti dai politici italiani. Comunque uno che ha combinato diversi casini.
-Non lo conosco.
-Immaginavo. Un’altra domanda: come mai la sua Jaguar è stata utilizzata per una rapina in Albania? Lei non ne ha denunciato il furto.
-La mia Jaguar? Ho una Jaguar?
-L’aveva. Ora è sotto sequestro giudiziario al di là dell’Adriatico. Forse qualcuno verrà a chiederle notizie in merito. Stia attento a quello che dice.
Stavolta se ne va, per davvero, lasciandomi solo e pensieroso.
L’ultimo giorno della mia convalescenza alla clinica ricevo un’altra visita: quella preannunciata dal commissario Mistretta.
E’ un signore distinto, sulla cinquantina abbondante.
-Dottor Rossi, buongiorno! Sono Carlo Farinelli dei SIG, un suo ex collega, - si presenta.
-Buongiorno. Ex collega? Pure lei in pensione? - replico.
-No, io sono ancora in servizio. Apposta mi sono definito ex collega. Sono qui per spiegarle alcuni risvolti della sua disavventura. Ho letto i referti medici e avuto conferma del persistere della sua amnesia. Peccato, ci sarebbe stato utile avere qualche informazione sulla sua indagine non autorizzata.
-Indagine non autorizzata?
-Esatto. Nessuno sapeva che stava indagando su un sovversivo. Un anarchico piuttosto pericoloso e già ricercato in mezzo mondo: Celestino Pancrazio.
-Chi è?
-Gliel’ho appena detto: un cosiddetto rivoluzionario condannato per frode e truffe informatiche e altri reati contro il patrimonio pubblico e privato. Lei era arrivato vicino alla sua preda ma, purtroppo per noi, non ha condiviso con nessuno le sue informazioni. Ergo, se non ricorda nulla, siamo al punto di partenza.
-Non so di chi stia parlando.
-Già. Le riepilogo la nostra ricostruzione dei fatti.
-Vostra?
-Dei SIG. Lei stava braccando il Pancrazio ed era sul punto di catturarlo. Ma la sua preda è diventata un predatore e le ha teso un agguato, proprio sotto casa sua. Ha usato la sua auto, un vecchio fuoristrada, come esca. Quando lei se l’è vista nel parcheggio del suo condominio è rimasto stupito e si è messo a curiosare attraverso i vetri dei finestrini. Era quello che il Pancrazio voleva: le sue spalle. Le ha sparato addosso un intero caricatore. Ma il Pancrazio, pur essendo un delinquente, non è un killer. L’ha colpita cinque volte ma non è riuscito ad ucciderla, buon per lei.
-E ora?
-Ora deve prometterci due cose. La prima: se le dovesse tornare a mente qualche particolare della sua indagine – non autorizzata – non esiti a contattarci. Quell’uomo ci interessa, non poco. La seconda: stia in campana, Pancrazio è ancora libero e non sappiamo dove si trovi; potrebbe volere chiudere definitivamente il conto per stare tranquillo.
-La ringrazio per il consiglio. Per quanto riguarda la mia indagine, l’unica cosa che posso fare è controllare se abbia lasciato appunti a casa. Nel tal caso…
-Non si scomodi a cercarli. Ci siamo già presi la libertà di frugare nei suoi appartamenti per cercare qualcosa di utile, ci scuserà per la violazione. Non abbiamo trovato nulla. Lei è un vero professionista: niente carte né appunti. Tutto nella propria testa. Purtroppo è successo quello che è successo.
-Mmm…
-Solo una cosa non siamo riusciti a controllare: la sua auto. E’ sparita nel nulla. Sembra sia stata ritrovata in Albania. Qualcuno l’ha utilizzata per rapinare un furgone portavalori, poi l’ha incendiata. Questa è una brutta notizia per lei e per noi, ma qualcuno doveva pur dargliela.
-Incendiata…
-Esatto. La saluto, - se ne va lasciandomi un suo biglietto da visita con evidenziato un numero di cellulare. -Per ogni evenienza, - dice.
Finalmente mi dimettono.

PINELLA e TAZZA scoglionati dopo l'ennesimo temporale

Nessun commento:

Posta un commento