sabato 28 febbraio 2015

STORIA DELLA COLONIA




MILLELIRE




Arrivò la primavera, come tutti gli anni e con lei arrivarono i primi abbandoni. Dapprima due simpatici gattini: una tartarugata e un batuffolo rosso tigrato. Il Capo li ingabbiò seduta stante e se li portò via, dove non fu lecito saperlo.
Fu il giorno di Pasquetta che arrivò il solito regalo, quello trovato dentro l’uovo di cioccolato, non gradito e scaricato il giorno dopo in Colonia. Ogni anno succedeva così, tanto da aver istituito la ricorrenza della Maledizione di Pasquetta. Qualsiasi giorno e mese capitasse Pasqua, il giorno dopo alla Colonia eravamo perlomeno uno in più.
Lo buttarono dentro al locale con le grate, senza troppi complimenti, tanto era già ferito e malconcio.
Un cucciolone di circa un anno di età, socializzato e impaurito.
Quando il Capo se ne accorse biascicò un: - Menomale, stavolta è uno solo e adulto!
Menomale un cazzo! si corresse poi, quando vide che era ferito al posteriore con perdita di sangue e urina e la coda ciondoloni. Era stato investito.
Ingabbiato fu portato a un altro studio veterinario che doveva un favore al Capo. Visitato, notate le ferite e l’addome un poco gonfio fu diagnosticata la peggiore delle malattie: FIP. Il tutto senza avergli fatto uno straccio di radiografia. Fu curato con antibiotici e cortisone mentre il Capo avanzava sospetti sul fatto che la coda del nuovo arrivato fosse inanimata.
- Sicuro non si tratti di un banale investimento?
- Ma che investimento e investimento! Ha l’addome gonfio, pregno di liquidi. Va aspirato, curato e fatte tutte le analisi del caso. Tra le varie analisi del caso si scoprì pure che MILLELIRE, questo il suo nuovo nome, era un FIV+.
- E’ un concentrato di disgrazie! – il commento del Capo, che continuava a nutrire dubbi sulla diagnosi.
Il Capo non è un veterinario anche se, a forza di stare in mezzo a gatti disastrati, qualcosa ha per forza imparato.
- Questa non è FIP – andava ripetendo ai veterinari, dopo che passato un mese MILLELIRE non era ancora schiattato.
- E’ FIP, sicuro al 100%! – la risposta degli stregoni.
La FIP (Peritonite Felina Infettiva) non è diagnosticabile con nessun tipo di test, con il gatto ancora in vita. Alla sua morte si possono fare esami necroscopici ma, di solito, è oramai tardi per intervenire sul paziente.
Rimane comunque la più grande ancora di salvezza per veterinari incapaci o alle prime armi.
Con la FIP sei a posto come diagnosi, nessuno ti può smentire, e se il gatto muore ha fatto solo il suo dovere.
Finisce che il Capo si incazza, prende MILLELIRE e lo porta dai veterinari di fiducia che, in poco meno di mezz’ora, diagnosticano uno slittamento delle vertebre sacrali con atrofia completa della coda e scarsa ritenzione delle feci, solide e liquide a causa di un trauma.
- Con un bombardamento di cortisone si poteva ripristinare la corretta funzionalità urinaria e defecatoria! – commentarono – Oramai è troppo tardi per intervenire, ma col tempo tutto si dovrebbe aggiustare.
Il Capo minacciò i precedenti inetti veterinari di provvedere al bombardamento del loro studio a base di tritolo.
MILLELIRE guarì e fu dimesso, dopo la sterilizzazione e l’amputazione della coda. Tornò in Colonia insieme agli altri randagi e fu motivo di una massiccia protesta popolare. Dopo mesi di gabbia e isolamento MILLELIRE era euforico per la ritrovata libertà; non stava fermo un minuto e la sua passione era visitare tutte le cucce dei dormitori per annusarle. Il problema era che per ogni cuccia lasciava un peto ricordo.
Il Capo fu informato e alla minaccia dello sciopero generale decise di prendere in carico alla Reggia il malconcio MILLELIRE. I divani e le poltrone della Reggia non furono più gli stessi e MILLELIRE venne relegato nel garage insieme ai poco sociali, scorreggioni e refrattari alle cassettine igieniche. Ma non si lamentò.
Aveva una ventina di nuovi gatti da martirizzare, altri divani ancora non battezzati dai suoi peti e la libertà di uscire e andare per il bosco quando voleva.
Col tempo la natura fece il suo corso e MILLELIRE tornò continente nei liquidi, mentre i solidi tendevano ad appiccicarsi al suo posteriore. Il suo arrivo veniva sempre annunciato da un inconfondibile puzza di m….
Visse alla Reggia, felice ed inseguito dal Capo per la pulizia del posteriore per tre anni. Una mattina stava poco bene, all’ora di pranzo era improvvisamente morto. Il Capo ancora lo ricorda con affetto e nostalgia del suo inconfondibile e pungente aroma.
MILLELIRE era un sommergibile italiano della seconda guerra mondiale, titolato a Domenico Millelire, pseudonimo di Domenico Leoni, ufficiale della Regia Marina Sarda e prima medaglia d’oro al valor militare delle Forze Armate Italiane.
La tradizione dei nostri nomi dedicati a sommergibili italiani della seconda guerra mondiale è tutt’ora in voga in Colonia e alla Reggia.


Il prode MILLELIRE alla Reggia - Luglio 2008

venerdì 27 febbraio 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO




NULLA E' COME SEMBRA...
di Umberto Dell'Eco

PRESENTAZIONE



Siamo tutti di nuovo riuniti sul solarium per la presentazione del secondo episodio con ancora protagonista Andrea Rossi.
Come premesso tempo fa l’autore del nuovo romanzo è lo stimatissimo Professore Umberto Dell’Eco, che ha curato in maniera pregevole la parte storica del lavoro. Con la massima umiltà il Professore, assente alla presentazione del suo capolavoro per una banale indisposizione, ci prega di ringraziare anche quell’illustre sconosciuto gattaro che ha curato alcune fondamentali parti del romanzo, dove lui stesso non riusciva ad esprimersi al meglio.
Lo ringraziamo pubblicamente, mentre PALLUCCHINO lancia occhiatacce al Capo, che sta fumando in disparte immerso nei suoi loschi pensieri.
Alcuni inviati delle televisioni d’oltreoceano ci pregano di fare un piccolo sunto del romanzo.
Li accontentiamo leggendo ad alta voce la sinossi.

Andrea Rossi, l’ex agente dei Servizi Informativi Governativi, torna a casa dopo tre anni di esilio nella Terra di Nessuno, in Sudamerica. Ha dei precisi progetti per il suo futuro: vuole sposare la sua donna, fare dei figli, dedicarsi al giardinaggio e godersi la sua meritata pensione.
Ma, nulla è come sembra…
In poche ore tutti i suoi progetti cadono come pere mature e, suo malgrado, si trova a fare la cosa più desiderata nella sua precedente vita.
 L’investigatore.
Tutta colpa di un solido.

Al prossimo appuntamento per la lettura del primo capitolo!

PRIMULA segue attentamente la lettura della sinossi

mercoledì 25 febbraio 2015

PERDITE E PROFITTI





LA CUCCIA DEL CAPO





No, non parliamo di contabilità aziendale a partita doppia ma solamente degli ultimi luttuosi giorni alla Reggia.
Consolidando la tradizione, anche quest’anno i primi mesi hanno portato nuovi abitanti al cimiterino degli animaletti. PERICLE, BITTER e SPINELLO; tutti erano abitanti della Reggia. D’altronde si sa; se un gatto ci abita è perché ha problemi, più o meno gravi. Non sorprende, quindi, che i deceduti ne vengano tutti da lì.
Per contro, il destino ha provveduto subito a rinfoltire le file.
Alla Reggia sono arrivati il malconcio GERONIMO, un randagio vagante che ha deciso, dopo alcuni mesi di studio, di stabilirsi insieme ai gatti del garage e MATILDE/A/CAMILLA arrivata per alleviare i suoi problemi al calduccio e sul comodo divano.
Ma anche in Colonia ci sono novità, fresche.
Da circa una settimana avevo avvistato da lontano un culo felino sconosciuto che si è ripresentato dopo un paio di giorni, stavolta fronte muso. Un micetto di un anno circa, bianco e con la coda e il muso grigi tigrati.
Ma… non mi sembrava proprio il gatto avvistato precedentemente. Molto simile, sì, ma non lo stesso.
La vecchiaia comincia a fare brutti scherzi! ho pensato tra me.
Invece niente vecchiaia e niente scherzi: i mici sono due. Oggi si è presentata una timida signorina tricolore sul modello del gatto precedente (forse sono fratelli).
Un poco più sveglia del fratello, come esige la natura felina, è riuscita a mangiare fuori dalla recinzione malgrado le molestie dei Coloni sempre preoccupati che un nuovo arrivo tolga loro qualche privilegio.
Sono pure riuscito a fotografarla. Ora devo farla inserire e socializzare un poco prima di procedere, presto, alla sua sterilizzazione.
Sempre che rimanga! Spero proprio di sì.
Benvenuta MIRAGE!


La prima foto di MIRAGE

martedì 24 febbraio 2015

ARRIVI & PARTENZE

Ancora!
Ebbene sì, non è un buon periodo alla Reggia, il rifugio dei malconci e dei vecchietti.
Può succedere quindi che uno di loro ci lasci, spegnendosi piano piano come un candela.
E' il caso del vecchio SPINELLO, che dopo 15 anni di permanenza ha deciso di ritirarsi spontaneamente nelle celesti praterie di Bast (o Bastet, ma preferisco la derivazione etrusca).
Stavolta eravamo preparati, ma il dispiacere nel perdere un vecchio amico è sempre immenso.


Ciao SPINO !

Alla Reggia - Marzo 2007

Il suo scatto più famoso

lunedì 23 febbraio 2015

ARRIVI & PARTENZE


Te ne sei andata ieri sera,
sapevamo sarebbe successo, 
ma non eravamo preparati.
Non si è mai preparati per quel momento.

Ciao piccola BITTER!

Alla Colonia Nuova - dicembre 2013

Alla reggia - gennaio 2015



domenica 22 febbraio 2015

ARRIVI & PARTENZE

E' arrivata il giorno di San Valentino, ma il regalo era per lei!
Una nuova casa per continuare la sua vita e curare gli acciacchi dell'età.
Ecco a voi MATILDE o MATILDA o CAMILLA 
(lo spoglio dei voti per la scelta del nome è tutt'ora in corso)

MATI-CAMI, benvenuta alla Reggia!



venerdì 20 febbraio 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
26a e ultima puntata




Finalmente siamo giunti all’ultimo, agognato capitolo di ‘Vuoto a Perdere’
Intorno alla recinzione della Colonia cominciano a spuntare ceri accesi in ringraziamento a Santa Gnacchera da Monte Malbe, protettrice dei felini analfabeti.
- Domani spegneteli! – osserva ORFEO – Ché arriva il secondo episodio della sega, pardon… saga!
Una bottiglia di cordiale appare tra le zampe di EMILIA che deve rianimare i colleghi svenuti per l’emozione, credo.
A voi l’ultimo capitolo!


31
  
Ci accoglie Serena.
- Andatevi a fare una doccia – dice – poi scendete, siete attesi.
Noto la porta del grande salone stranamente chiusa.
- Ok. Preparaci un caffè.
Doccia, caffè ed entriamo nel salone col passo dei vincitori. Oltre a Serena e le due mezze lesbiche ci sono altre due donne, troppo poche per le due berline parcheggiate nel piazzale; c’è altra gente ben nascosta. Forse per farci la pelle e chiudere la missione nel migliore dei modi.
Poi la sorpresa: riconosco il viso di un personaggio famoso: l’ avvocato Silvia Pisani, da qualche anno ritiratasi dalla professione per impegnarsi in un qualcosa di poco chiaro, dicono i giornali. Si è un poco appesantita e leggermente invecchiata, dalle foto che mi ricordo aver visto mentre studiavo il diario di Giorgio Gaddi, ma rimane comunque una splendida donna e approvo quello che proclamava il Giorgio riguardo alle sue decantate tette.
L’altra è una moretta, capello corto, viso interessante, ma severo: sembra un militare.
E’ Serena che fa le presentazioni:
- Andrea, la Dottoressa Silvia Pisani… - la omaggio con un elegante baciamano, che apprezza con un bellissimo sorriso.
La osservo quel tanto che basta per capire che potrei perdere la testa per una come lei.
- E il Colonnello Francesca Coletti – prosegue Serena.
Stavolta il baciamano non si ripete; rimango impietrito come uno stoccafisso, con la bocca aperta.
Ma Francesca mi regala lo stesso un caldo sorriso.
Mi ci vogliono alcuni secondi per realizzare che in quella stanza sono racchiuse tutte le donne, gli amori, gli intrighi e le storie di sesso del fu Giorgio Gaddi.
Riesco solo a domandare:
- Cosa significa questa bizzarra riunione?
- Nulla di particolare. – risponde Francesca – Affari, solo affari. Vi facciamo i nostri complimenti, avete terminato la missione con successo. Ora siamo qui a mantenere i patti.
- Non era necessario che venissimo – prosegue Silvia – ma eravamo curiose di conoscerti personalmente. Hai meritato il viaggio, bravo!
Mi gonfio come un pavone, anche se credo di essere diventato rosso in viso.
- Il piacere è tutto mio. – replico – Cosa succede ora?
- Succede che mi consegni una certa cosa, poi vi imbarcate su un jet privato – interviene Domiziana.
Faccio un cenno a Serena che apre un cassetto della scrivania, prende una busta gialla e me la porge.
- Tieni – le faccio – l’avevo preparata prima e la custodiva Serena. Te l’avrebbe comunque consegnata, anche nel caso della mia scomparsa. Anche io mantengo i patti. Buona caccia, il bastardo è tutto tuo!
Domiziana apre la busta ed estrae la foto con il primo piano dell’autista della missione speciale, scattata di nascosto da alcune fotocamere di sicurezza posizionate dentro la nostra ex sede di Ponte San Pietro.
- E’ lui? – mi chiede.
- Lui. – rispondo – SIG, SIM… cercalo da quelle parti.
Agata osserva la foto e annuisce: sa chi è.
Mi rivolgo a Serena: - Serena, ricordati di spedire l’altra busta ad Antonella, per favore!
Ho preparato una seconda busta, più grande per non insospettirle, con dentro una lettera di saluto e arrivederci (spero) per Antonella e la preghiera di spedire il plico che troverà dentro al commissario Carmen Mistretta. Il plico contiene la medesima foto e tutte le indicazioni necessarie per ritrovare il vigliacco.
Chi prima arriverà, avrà la sua testa.
Un lampo mi attraversa il cranio: Ken. Non ha mai parlato e neppure lo hanno ringraziato. Sarà rimasto in camera?
Invece è là, tranquillamente stravaccato su una poltrona a sorseggiare un fernet.
?
- Ora preparatevi – annuncia Silvia – tra un’ora il mio jet vi porterà a Ciampino e da là ripartirete per il Sudamerica con un volo cargo di una missione umanitaria.
- Sudamerica? Avevamo stabilito Africa, Kenia, per la precisione!
- C’è stata una piccola variazione, soldatino. – chiarisce Domiziana – Un amico è rimasto colpito dalla vostra professionalità e desidera avervi ospiti in una sua tenuta della Colombia.
- Un amico? Chi amico?
- Giovannino Palmisano – fa Serena – vi nasconderà a tutto e tutti fino a quando le acque si saranno calmate. In cambio lo potrete aiutare a dirimere certe questioni createsi con i suoi fornitori di coca.
- Non vado a fare il killer in Sudamerica – obietto.
- Niente killer. – stavolta è Silvia – Solo lavoro di intelligence e diplomazia, avrete anche una scorta personale.
- Oltre ad un nutrito harem – Agata – che in Kenia non sarebbe stato possibile avere, nella missione della Don Nello Benizzi Foundation.
- Beh… allora…   Si può fare? Che ne dici Ken?
- Si può fare. – risponde – Almeno scopi, ti sfoghi e smetti di rompere il cazzo in continuazione!
Rimango colpito dal suo piglio.
- Via! – Silvia – Andate! La Terra di Nessuno vi aspetta!
- A proposito – interviene Francesca – tenente Pancrazio, aspetto come al solito il suo rapporto scritto sulla missione compiuta.
Mi blocco davanti alla porta e, lentamente, mi giro.
- Tenente…  Tenente cosa?
- Tenente Pancrazio Celestino. Agli ordini, signor Andrea Rossi!
- Brutto stronzo testadicazzo figlio di puttana invertito pederasta che non sei altro!!!
Mi hai… Mi hai…
- Inculato, Andrea. Si dice inculato. – si alza e mi prende a braccetto – Andiamo a farci quattro sane scopate nella Terra di Nessuno, dai…
Voltandosi verso le altre fa ciao ciao con la manina e le saluta:
- So long, fanciulle! E’ stato un piacere lavorare con voi!

ORFEO è alquanto annoiato

mercoledì 18 febbraio 2015

LE NOSTRE FOTO (segnaletiche)

QUESTURA DI PERUGIA


NOME - SCINTILLA
SESSO - F (sterilizzata)
ETA' - A saperlo!
RESIDENZA - Reggia di Monte Malbe
PROFESSIONE - Matrona
MANTELLO - Tigrato tricolore
OCCHI - Due (verdi)
ZAMPE - Quattro
CODA - Sì (tigrata)
CARATTERE - Puttaneggia con gli umani maschi, intrattabile verso i suoi simili
INTERESSI - Gli umani maschi
SEGNI PARTICOLARI - Particolarmente obesa

domenica 15 febbraio 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO





VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
25a puntata




Questi sbalzi di temperatura tra la mattina e le ore centrali della giornata mi provocano un fastidioso mal di gola con raucedine ed abbassamento della voce.
EMILIA prescrive 10 giorni di riposo assoluto e il divieto di fumare qualsiasi cosa: dalle sigarette che rubo al Capo, ai toscani che CORNIOLA frega al contadino, ai siluri artigianali che spaccia INTREPIDO.
Una vita d’inferno! E neppure posso continuare la lettura del capolavoro letterario!
OFELIA mi chiede l’onore di poter leggere gli ultimi capitoli di ‘Vuoto a perdere’ in mia vece; glielo concedo in cambio di un pacchetto di Merit sgraffignato dentro un’auto in sosta.
La micia nera si schiarisce la voce e cominciala la lettura del 30° e penultimo capitolo.

30

Passo una settimana d’inferno. Sono incazzato col mondo intero; non ho finito il lavoro e so che ho un socio di cui non mi posso fidare, anzi. Maltratto il coglione, Serena, i gatti e pure i due somarelli, Gneo e Pompeo, che non c’entrano un cazzo. Ma non riesco a digerire il fatto di essere stato a un passo dal fallimento e dalla mia prematura dipartita.
Cominciano tutti a starmi alla larga, gatti compresi. Finché un pomeriggio arriva Domiziana avvisata da Serena del mio precario stato psichico.
- Cosa ti succede, soldatino?
- Mi sono rotto i coglioni di aspettare per venire ucciso. Voglio scopare!
- Quando?
- Ora!
- Con Antonella?
- Con chi ti pare! Voglio scopare! Ho bisogno di scopare! Anche con te.
- Mmm… Non mi sembra il caso, se lo viene a sapere Agata si incazza.
- Scopo pure lei!
- Zitto soldatino! Vestiti e prendi un cappello che ti copra il viso.
- Perché?
- Andiamo a scopare.
Faccio una doccia in 30 secondi e mi cambio in ancora meno tempo. Afferro un cappellino da baseball e sono pronto.
- Dove andiamo? – le chiedo.
- Ti porto a Perugia, una mia amica ha una casa di appuntamenti. L’ho già avvertita.
- Puttane?
- Puttane. Se un giorno ci sarà l’occasione ti gratificherò io.
- Ogni promessa è debito…
La vedo sorridere sorniona – Contaci, soldatino.
Arriviamo in auto alla periferia di Perugia e parcheggiamo nel garage sotterraneo di un grande condominio. In ascensore vedo Domiziana premere il pulsante per il quattordicesimo piano.
Usciamo dall’ascensore ed entriamo in un appartamento con una porta socchiusa che una splendida donna sulla cinquantina accosta prontamente.
- Ciao, sono Ivette! – mi dice stringendomi la mano e tenendosela per un po’ tra le sue.
- Cosa proponi al mio amico? – le fa Domiziana.
- Ho una giovane moldava molto carina, una rumena con due tette così – mimandole con le mani sul suo petto – Due brasiliane, mulatte, con o senza cazzo. Oppure io!
- Quale vuoi? – indaga Domiziana.
- Tutte. Anche te, Ivette!
- Tutte? Mi costerai una cifra!
- Frega una sega, sono troppi mesi che non trombo.
- Va bene. Ivette, allerta la truppa! Però, con quello che spendo, soldatino, voglio stare là a guardare.
- Così se mi avanzano, due botte le do pure a te!
- Vai soldatino.
Vado. Vengo. Non vinco un cazzo, ma al ritorno a Carpaneta sono un altro.
- Contento? – chiede Domiziana.
- Tu che dici?
- Sei andato mooolto bene! Rinnovo la promessa.
- Non farne parola con Antonella.
- Antonella? Antonella… chi?
Con l’anima, il cuore e il cazzo in pace trascorro quattro giorni sereni a Carpaneta prima della nuova visita di Domiziana e Agata.
- Ci siamo ragazzi! – l’esordio della slovena.
- Ecco il prossimo, e ultimo, bersaglio! – fa Agata porgendomi una busta.
- So già chi è – rispondo svogliato attirandomi addosso sguardi poco benevoli.
- Non sono mica stupido… - aggiungo – comunque credo sia un progetto irrealizzabile.
- Zitto soldatino – Domiziana – Il generale Minutoli ha la sua brava scorta, lo sai, ma anche i suoi punti deboli. Che noi conosciamo.
- Tutti abbiamo punti deboli – obietto – ma lui ha la scorta. O mi procurate tanto di quel tritolo che gli faccio superare il salto di Carrero Blanco o non se ne fa niente. Da solo contro quattro o cinque uomini armati non ci vado.
- In due – aggiunge Ken. – Siamo in due!
- Zitto, coglione.
- Ascoltami – fa Domiziana sedendosi sulle mie cosce e mostrando  un notevole stacco di gambe nude.
- Così è difficile stare ad ascoltarti – le appoggio una mano sulla coscia destra.
Si riprende e apre la busta mostrandomi le foto.
- Ecco com’è oggi il Generale Minutoli – porgendomi la foto. – Questa è la sua auto privata – foto di una Smart. – E questo è il suo punto debole – Una bellissima donna di circa cinquanta anni.
- Lo capisco…
- Lei – prosegue – è dei nostri ed è da tempo la sua amante. Si incontrano in una nostra casa isolata nella campagna poco fuori Roma. Lui è sempre sposato con la sorella di quel politico, e a lei deve la sua carriera. Lei pure è sposata, al marito non frega una sega di cosa faccia, ma sono mesi che ha costretto il generale a incontri nella massima segretezza e senza scorta.
- Allora? – domando.
- Il piano è semplice – interviene Agata. – Voi state a Roma e lei fissa un appuntamento col generale alla casa. Non si presenta ma lo avverte telefonicamente quando lui è arrivato, inventandosi una scusa. Lui è costretto a riprendere l’auto e tornare indietro. La strada che deve fare è stretta, due auto affiancate non ci passano. lo bloccate e lo riempite di piombo. Poi scappate.
- Sarebbe meglio aspettarlo alla casa – commento.
- No, dalla casa si scorge un pezzo della strada provinciale che sta dall’altra parte della collina. Non dovete correre rischi. Aspetterete in auto in uno slargo e vi avviseremo telefonicamente dell’arrivo del generale. Allora opererete. Lungo la strada che porta alla casa.
- No! – obietto – Ora non si può fare. Il generale sarà in massima allerta per quello che abbiamo già fatto. Non è stupido; sa che ora tocca a lui! Aspettiamo ancora qualche mese, che allenti le difese.
- No! – ancora Agata – E’ un coglione; anche ieri sera è andato a scopare con lei. Senza scorta.
- Ok – annuisco malvolentieri – voglio tutti i dettagli, compreso il numero di targa della Smart. Dopo quello che successo l’ultima volta la fiducia è calata.
Un’altra busta appare magicamente nelle mie mani.
Ci sono tutte le informazioni possibili, pure foto della strada nei suoi vari tratti.
- Non siamo sprovvedute – aggiunge Domiziana – Questo è il bersaglio che interessa a noi: non possiamo assolutamente fallire. L’ultimo bersaglio è mio, soldatino. Ricordi?
- Certamente.
Dedico due intere giornate a motivare il coglione.
Lo vedo troppo rilassato, lui ha terminato la ‘sua’ missione, anzi: gliel’ho terminata io. Non ha la minima percezione del pericolo. Sarei tentato di lasciarlo a casa e farmi accompagnare da Agata o Domiziana; sicuramente mi darebbero più garanzie.
Ma il coglione mi rassicura: - Facciamo l’ultimo colpo e leviamoci dai coglioni alla svelta. Sono stufo di tutto, non vedo l’ora di cominciare una nuova vita all’estero.
- A spalare merda di dromedario… - aggiungo – il massimo delle mie ambizioni. Ma vaffanculo!
- Ti vedo teso – continua.
- Sono teso. Devo essere teso. Non posso fidarmi di te. E non mi fido di loro.
- Tranquillo, fratello.
- Ma vaffanculo! Tu e tutto il tuo parentado.
Passiamo una settimana in attesa del via libera studiando e ripetendo alla nausea il piano per neutralizzare il generale. E’ semplicissimo: troppo semplicissimo. Non mi fido.
Il martedì mattina scatta l’ora X.
Ci imbarcano su una monovolume e ci fanno scorta Agata e Domiziana, forse neppure loro si fidano di noi.
Nel primissimo pomeriggio siamo in piena zona operativa.
Saliamo su un’utilitaria per fare la ricognizione di rito. La strada dove dovremo agire è proprio come la descrivono le foto: stretta, con diverse curve e molte buche. Non vedo traccia di altre auto o passanti, neppure telecamere di sorveglianza, anche se, credo, ce ne stiano, ma ben nascoste. Il generale non è un coglione, checché ne dicano. Uno che ha bruciato tutte le tappe ed è a capo dei Servizi Informativi Governativi, pur essendo un militare, ha i coglioni e i contro coglioni foderati di acciaio.
Non mi fido.
Per l’operazione utilizzeremo una vecchia Toyota Land Cruiser verde. Lenta, robusta e con il verricello elettrico applicato al paraurti anteriore.
Alle 16,06 ci comunicano che il generale è in viaggio, con la sua Smart bianca, e si trova a cinque chilometri dal bivio della strada dove opereremo.
Alle 16,13 lo vediamo. Mette la freccia e si arrampica sul nastro di asfalto dove rimarrà senza vita.
Ken mette in moto la Toyota e, dopo un minuto, gli faccio segno di avviarsi.
Parte e imbocca la strada lentamente ripetendo al alta voce le varie fasi del piano.
- No! – gli dico – C’è un cambiamento!
- Ma… - prova a ribattere.
- Silenzio! Si fa come dico io. Cento metri dopo il punto che loro hanno scelto c’è una breve diritta. Lo dobbiamo incrociare là.
- Ma la strada là si allarga! – protesta.
- Silenzio! Appena lo vedi dai tutto gas e ti vai a schiantare contro la Smart. Un frontale, voglio un frontale in piena regola! Non provare a toccare i freni!
Il coglione mi guarda perplesso, poi chiede: - Ma ci devo andare a cozzare contro?
- Esatto! Alla massima velocità possibile! Devi ridurre la sua auto ad un ammasso di lamiere contorte.
- E tu?
- Vedrai.
Arriva la comunicazione di Domiziana che ci informa che il generale è stato avvertito dell’imprevisto.
Da dietro a una curva aspettiamo di vedere la Smart che sta tornando indietro.
La vedo. Faccio cenno a Ken di andare.
- Pista, Dio bono! Pista sull’acceleratore! Più forte! Più forte!
Ken ride come uno scemo e affonda il piede sul pedale.
Vediamo la Smart alla fine delle diritta. Apro lo sportello una decina di centimetri e mi puntello con i piedi e la mano sinistra. Lo Uzi silenziato è tra le mie gambe, senza sicura.
- VAIIII!!! – grido a Ken – PASSAGLI SOPRA!!!
Prima dello schianto ho il tempo di vedere gli occhi pieni di terrore del generale alla guida.
L’impatto è violentissimo, la Smart si piega su se stessa e viene scaraventata e trascinata per una cinquantina di metri. Appena la Toyota si ferma scendo al volo con l’Uzi impugnato con la destra.
Del generale vedo solo un braccio semi staccato dal corpo che penzola da quello che era il finestrino.
In un minuto scarico tre caricatori tra le lamiere, poi impugno la Glock, la infilo vicino al braccio pendulo e scarico tutti i colpi cambiando di poco angolazione.
Un’ultima occhiata per controllare quella specie di Simmenthal contorta e risalgo sulla Toyota.
- Veloce! Vai indietro – ordino.
Ken è bianco come un foglio di carta. Ma, almeno stavolta, non vomita.
Abbandoniamo il fuoristrada su una piazzola a lato della strada principale dopo alcuni chilometri e si materializza subito il monovolume con le due mezze lesbiche; le ho rivalutate dopo la promessa di Domiziana.
- Tutto a posto? – chiede Domiziana, ignorando il cambio di programma.
- Tutto ok. Andiamo via prima che il coglione ci vomiti addosso.
Ho detto la parola magica: Agata ingrana la prima e sottovoce fa a Ken: - Se lo fai te lo faccio pulire con la lingua.
Arriviamo a Carpaneta che è già buio, ma riesco a scorgere alcune auto parcheggiate sul piazzale. Tutte berline di colore scuro. Do un colpetto col gomito a Ken e gli sussurro: - Queste sono qui per noi. Già è tanto che non sono carri funebri.
Il coglione sta dormendo.
Come cazzo farà…

OFELIA - La lettrice degli ultimi due capitoli