sabato 28 novembre 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
3a puntata





- ‘Mazza che freddo! – commenta il nuovo arrivato ARTU’.
- Dai che tra qualche minuto saliamo tutti sul Solarium a scaldarci con “Le Maledette”! – lo rincuora quella fetente di CERES.
PERONI si alza dalla cuccia calda, si stira, tira un sospiro (non si capisce se di sollievo o estrema sofferenza) ed esce a respirare il freddo mattutino.
Lo sentiamo armeggiare con le numerose foglie secche di castagno cadute nello spiazzo della Colonia.
- Fa le pulizie di Pasqua a novembre, lo Scemo? – domanda ARCHIMEDE, sempre benevolo col prossimo.
Poi lo Scemo ci chiama tutti fuori per farci ammirare la catasta di foglie e legnetti secchi che ha preparato.
- Tutto pronto! – dice – Datemi il capitolo di oggi, un accendino e qualcuno vada a fregare una bottiglia di grappa al convento!
Chiamalo Scemo!...

3

In settimana vado a Città per una consegna. Ne approfitto per passare al famoso negozio di libri usati. Parcheggiare il mio vecchio Unimog in Piazza della Resistenza è un’impresa, ma un vigile, stranamente cortese, mi indica il posteggio per il carico e scarico delle merci.
Il negozio è in realtà un buio scantinato in un vicolo che puzza di piscio ed è pieno di cacate di piccione. Puzza anche lui, ma di muffa e fumo di sigaretta stantio. Seduto ad un tavolo c’è un vecchio laido col mozzicone di toscano spento in bocca. Gli porgo la lista del Professore.
- Che mi dà, la ricetta? Mica siamo in farmacia! - osserva scocciato.
- Vorrei qualcuno di questi libri.
Prende il foglio e scorre i titoli – Roba buona – commenta – Qualcosa ho. Edizione economica o di lusso?
- Dipende.
- E’ giovane, ancora ha la vista buona. Edizione economica, spende un cazzo e le do pure il resto.
Si alza e rovista tra gli scaffali. Dopo qualche minuto mi porge tre piccoli libri.
- Per il momento ho questi, ma se mi lascia la lista rimedio pure gli altri e le faccio un colpo di telefono.
- Non c’è bisogno, grazie. E’ solo una prova.
- Auguri, vedrà le piaceranno. Sono cinquemila e le faccio un omaggio.
Mi porge un piccolo libro, questo, però, è nuovo.
- Mi diletto a scrivere, questo l’ho partorito diversi anni fa. Non ho venduto un cazzo e le copie avanzate le regalo a chi mi è simpatico.
- Grazie.
- Prego. Parla di uno scambio di identità tra cadaveri. Un noir di quando ancora si potevano scrivere frasi con più di otto parole.
Non capisco l’affermazione ma sorrido lo stesso.
Porgo le cinquemila, il vecchio ripiega la lista dei consigli per l’acquisto e la inserisce tra le pagine della sua opera.
- Alla prossima! – mi saluta.
Poi venne il giorno del giudizio.
Alle 8 sono già accanto al condannato con Picche. Accendo la motosega e, per scaldarla, tolgo un paio di rami secchi bassi. Poi la spengo e comincio lo scambio telepatico con la vecchia quercia. La accarezzo, rimetto in moto l’arma letale e mi posiziono. Tacca di direzione, taglio di abbattimento e viene giù dopo aver inserito e martellato a fondo tre cunei di ferro. Cadendo molti rami secchi e fradici si spezzano volando tutt’intorno. Comincio a toglierle via i rami ancora buoni, li metro e li accatasto da una parte. Divido il grosso tronco in quattro pezzi che allineo affiancandoli. Mentre sto segando il pedone del tronco arriva la Bellona armata di macchina fotografica.
- Buongiorno!
E’ Picche il primo a rispondere al saluto con il suo solito ‘Uof!’ Ci tiene a far vedere che è un cane educato.
- Salve. Il cadavere è già sezionato e pronto per le foto ricordo.
- Vedo. E vedo pure che aveva ragione. Era marcia. Bel cane! E’ suo?
- Sì, si chiama Picche. Alla quercia abbiamo risparmiato diversi anni di agonia e sofferenze.
- Lei crede che le piante soffrano?
- Come ogni essere vivente.
Comincia a fotografare il tronco sezionato a terra con Picche che le gira intorno e la annusa curioso e mi avvicino alla seconda vittima della giornata: un pino poco inclinato ma con la zolla di terra rialzata intorno al tronco.
Lo osservo attentamente e capisco dove lui vorrebbe cadere. Non sono dello parere. Lo accarezzo in silenzio mentre faccio un rapido calcolo geometrico.
- Qua – gli mormoro indicando un punto del parcheggio.
- Ma ci parla? – interviene la Bellona.
- Certo. Lo rassicuro che sarà una faccenda breve e quasi indolore e cerco di convincerlo a cadere dove vorrei.
Accendo la motosega e faccio dei piccoli segni sulla corteccia. Poi ricontrollo l’inclinazione della pianta. Correggo un segno e faccio una piccola tacca di direzione. Ricontrollo ancora l’inclinazione e allargo leggermente la tacca già fatta. Prendo una larga fettuccia di corda e la arrotolo sul tronco poco sopra al taglio, fermandola con un tirante. Poi passo al taglio spingendo la lama lentamente e quando sento il pino irrigidirsi aumento al massimo della potenza. Cade fragorosamente, ma senza scosciare, un paio di metri dal punto che avevo stabilito.
- Bravo!
- Mica tanto. Doveva cadere due metri più a destra, ma avevo paura che scosciasse o si avvitasse su se stesso.
Comincio a sfrondarlo con la Bellona che continua a fotografare la quercia a terra. Quando ho finito anche lei ha terminato il reportage.
- Io sono a posto. La saluto. Ciao, Picche!
Rispondo con un cenno del capo, Picche con uno ‘Uof!’,e passo a pezzare il tronco del pino a terra.
La sera inizio la lettura di uno dei libri consigliati. Dopo qualche pagina mi si confondono le righe e chiudono gli occhi. Lo appoggio sul comodino ripiegando un angolo dell’ultima pagina letta, spengo la luce e passo a sognare gli angioletti.


ARTU' si consola con un bel piatto di pasta

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