LE MALEDETTE
di Catus Silvestris
3a puntata
- ‘Mazza che freddo! – commenta il nuovo arrivato ARTU’.
- Dai che tra qualche minuto saliamo tutti sul Solarium a
scaldarci con “Le Maledette”! – lo rincuora quella fetente di CERES.
PERONI si alza dalla cuccia calda, si stira, tira un sospiro
(non si capisce se di sollievo o estrema sofferenza) ed esce a respirare il
freddo mattutino.
Lo sentiamo armeggiare con le numerose foglie secche di
castagno cadute nello spiazzo della Colonia.
- Fa le pulizie di Pasqua a novembre, lo Scemo? – domanda ARCHIMEDE,
sempre benevolo col prossimo.
Poi lo Scemo ci chiama tutti fuori per farci ammirare la
catasta di foglie e legnetti secchi che ha preparato.
- Tutto pronto! – dice – Datemi il capitolo di oggi, un
accendino e qualcuno vada a fregare una bottiglia di grappa al convento!
Chiamalo Scemo!...
3
In settimana vado a Città per una consegna. Ne approfitto per passare al
famoso negozio di libri usati. Parcheggiare il mio vecchio Unimog in Piazza
della Resistenza è un’impresa, ma un vigile, stranamente cortese, mi indica il
posteggio per il carico e scarico delle merci.
Il negozio è in realtà un buio scantinato in un vicolo che puzza di
piscio ed è pieno di cacate di piccione. Puzza anche lui, ma di muffa e fumo di
sigaretta stantio. Seduto ad un tavolo c’è un vecchio laido col mozzicone di
toscano spento in bocca. Gli porgo la lista del Professore.
- Che mi dà, la ricetta? Mica siamo in farmacia! - osserva scocciato.
- Vorrei qualcuno di questi libri.
Prende il foglio e scorre i titoli – Roba buona – commenta – Qualcosa
ho. Edizione economica o di lusso?
- Dipende.
- E’ giovane, ancora ha la vista buona. Edizione economica, spende un
cazzo e le do pure il resto.
Si alza e rovista tra gli scaffali. Dopo qualche minuto mi porge tre
piccoli libri.
- Per il momento ho questi, ma se mi lascia la lista rimedio pure gli
altri e le faccio un colpo di telefono.
- Non c’è bisogno, grazie. E’ solo una prova.
- Auguri, vedrà le piaceranno. Sono cinquemila e le faccio un omaggio.
Mi porge un piccolo libro, questo, però, è nuovo.
- Mi diletto a scrivere, questo l’ho partorito diversi anni fa. Non ho
venduto un cazzo e le copie avanzate le regalo a chi mi è simpatico.
- Grazie.
- Prego. Parla di uno scambio di identità tra cadaveri. Un noir di
quando ancora si potevano scrivere frasi con più di otto parole.
Non capisco l’affermazione ma sorrido lo stesso.
Porgo le cinquemila, il vecchio ripiega la lista dei consigli per
l’acquisto e la inserisce tra le pagine della sua opera.
- Alla prossima! – mi saluta.
Poi venne il giorno del giudizio.
Alle 8 sono già accanto al condannato con Picche. Accendo la motosega e,
per scaldarla, tolgo un paio di rami secchi bassi. Poi la spengo e comincio lo
scambio telepatico con la vecchia quercia. La accarezzo, rimetto in moto l’arma
letale e mi posiziono. Tacca di direzione, taglio di abbattimento e viene giù
dopo aver inserito e martellato a fondo tre cunei di ferro. Cadendo molti rami
secchi e fradici si spezzano volando tutt’intorno. Comincio a toglierle via i
rami ancora buoni, li metro e li accatasto da una parte. Divido il grosso
tronco in quattro pezzi che allineo affiancandoli. Mentre sto segando il pedone
del tronco arriva la Bellona armata di macchina fotografica.
- Buongiorno!
E’ Picche il primo a rispondere al saluto con il suo solito ‘Uof!’ Ci
tiene a far vedere che è un cane educato.
- Salve. Il cadavere è già sezionato e pronto per le foto ricordo.
- Vedo. E vedo pure che aveva ragione. Era marcia. Bel cane! E’ suo?
- Sì, si chiama Picche. Alla quercia abbiamo risparmiato diversi anni di
agonia e sofferenze.
- Lei crede che le piante soffrano?
- Come ogni essere vivente.
Comincia a fotografare il tronco sezionato a terra con Picche che le
gira intorno e la annusa curioso e mi avvicino alla seconda vittima della
giornata: un pino poco inclinato ma con la zolla di terra rialzata intorno al
tronco.
Lo osservo attentamente e capisco dove lui vorrebbe cadere. Non sono
dello parere. Lo accarezzo in silenzio mentre faccio un rapido calcolo
geometrico.
- Qua – gli mormoro indicando un punto del parcheggio.
- Ma ci parla? – interviene la Bellona.
- Certo. Lo rassicuro che sarà una faccenda breve e quasi indolore e
cerco di convincerlo a cadere dove vorrei.
Accendo la motosega e faccio dei piccoli segni sulla corteccia. Poi
ricontrollo l’inclinazione della pianta. Correggo un segno e faccio una piccola
tacca di direzione. Ricontrollo ancora l’inclinazione e allargo leggermente la
tacca già fatta. Prendo una larga fettuccia di corda e la arrotolo sul tronco
poco sopra al taglio, fermandola con un tirante. Poi passo al taglio spingendo
la lama lentamente e quando sento il pino irrigidirsi aumento al massimo della
potenza. Cade fragorosamente, ma senza scosciare, un paio di metri dal punto
che avevo stabilito.
- Bravo!
- Mica tanto. Doveva cadere due metri più a destra, ma avevo paura che
scosciasse o si avvitasse su se stesso.
Comincio a sfrondarlo con la Bellona che continua a fotografare la
quercia a terra. Quando ho finito anche lei ha terminato il reportage.
- Io sono a posto. La saluto. Ciao, Picche!
Rispondo con un cenno del capo, Picche con uno ‘Uof!’,e passo a pezzare
il tronco del pino a terra.
La sera inizio la lettura di uno dei libri consigliati. Dopo qualche
pagina mi si confondono le righe e chiudono gli occhi. Lo appoggio sul comodino
ripiegando un angolo dell’ultima pagina letta, spengo la luce e passo a sognare
gli angioletti.
ARTU' si consola con un bel piatto di pasta |
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