LE MALEDETTE
di Catus Silvestris
2a puntata
Tumulti fomentati dai nuovi piccoli arrivati AMELIA, ARTU’ e
ASTERIX: si lamentano della lettura domenicale.
- Siamo venuti qui perché è una zona selvaggia ed
inospitale, senza scuole, letture e compiti! – proclama il portavoce ASTERIX.
- Bene! – replico – Allora, in quanto zona selvaggia ed
inospitale vi comunico che non esiste PlayStation, connessione ad Internet e
neppure il segnale radio per ascoltare la Hit Parade di Lelio Luttazzi!
- Baiocco – sussurra BARTOLOMEO – la Hit Parade saranno
duemila anni che non la fanno più!
- Benissimo! Vedete che ho ragione, come sempre, piccoli!
Ora salite sul Solarium e pensate che un giorno diventerete tutti come il Professore
PALLUCCHINO! Beh? Perché ora scappate nel bosco?
1)
Intasco le 150.000 lire, ringrazio
i due vecchietti e ripongo le banconote ordinatamente nel portafogli, tutte per
lo stesso verso; è una mia innocua mania.
- Alla prossima!
Sono più che soddisfatto, questa settimana ho già incassato mezzo
milione e sto aspettando pure il bonifico dalle Ferrovie. A rasserenare l’animo
c’è anche questa splendida giornata estiva. Un bellissimo sole che però non
scalda troppo. La temperatura ideale per lavorare col sorriso sulla bocca,
senza maledire il sudore che ti appiccica la camicia alla pelle.
Controllo l’orologio. Sono in ritardo, ma parcheggio davanti a un bar
per prendere il caffè. Fa schifo, è troppo lungo. Le prime due tirate di
sigaretta riportano l’armonia al mio palato. La assaporo prima di rimettermi in
viaggio, non ho fretta; so che mi aspetta l’ennesima rottura di palle che
vorrei schivare, ma non posso. Meglio prenderla con filosofia. Con calma arrivo
all’appuntamento. Mentre parcheggio davanti all’ingresso del convento si fa
incontro uno dei novizi.
- Salve Fosco! E’ in ritardo.
- Lo so.
- Sono tutti al parcheggio che l’aspettano.
Storco il naso presupponendo una scocciatura più grande di quello che mi
aspettassi. Scendo dal mio pickup, prendo una piccola accetta da sotto il
sedile e mi incammino.
Vedo il Priore discutere con un forestale che conosco.
- Finalmente, Fosco! – il suo saluto ansioso – Qui vogliono fare una
strage!
Osservo un altro forestale che nel bosco sta tacchettando le piante da
abbattere con una bomboletta di vernice arancione. Molti castagni secchi e
quasi tutti i pini e i cipressi sono segnati dalla vernice. E’ decisamente
peggio di quello che pensavo.
- Ciao Fosco! – fa il forestale con la bomboletta in mano – Scalda la
motosega!
Annuisco e salgo sulla piccola collina da ripulire a dare un’occhiata: è
arida, senza un ciuffo di erba che gli aghi dei pini non fanno crescere. Sembra
un paesaggio spettrale. E’ una vera strage quella da fare. Castagni, pini e
cipressi: tutta merda. Un mucchio di fatica, tempo e bestemmie per un lavoro
che renderà quasi nulla.
- Lei sarebbe il tagliaboschi? – fa una voce femminile alle mie spalle.
Mi volto e la osservo. Di femminile ha solo la voce. Infagottata dentro
la mimetica, se stesse zitta, neppure ti accorgeresti che è una donna. Solo un
paio di piccoli orecchini con un brillantino ai suoi lobi tradiscono un vezzo
femminile. Il viso è duro e spigoloso, il naso pronunciato, il collo lungo
sopra una figura esile ma di notevole altezza.
Annuisco e faccio una decina di metri per osservare una grande quercia
secolare visibilmente sofferente e fuori contesto. Chissà come avrà fatto a
crescere e sopravvivere là per tutto questo tempo. La indico e chiedo al
forestale con la bomboletta – Gino, perché non è segnata?
- E’ una quercia secolare, protetta. Se non se ne fosse accorto –
ribatte la bellezza in divisa.
- E’ marcia. Tra poco viene giù.
La batto con l’accetta dalla parte del martello e faccio ascoltare i
vari suoni di risposta del tronco.
- Dentro è cava, sta morendo – poi indico alcuni rami che hanno
cominciato a seccarsi.
Noto Gino aspettare un qualsiasi sguardo di risposta dalla collega.
Lei si avvicina e con la mano mi chiede l’accetta. Gliela porgo
tenendola per il ferro.
- Grazie – mormora e continua a battere il tronco. Riprova in un punto,
poi con alcuni colpi toglie la corteccia secca e rigonfia. Dà un paio di colpi
secchi con la lama e dal tronco cadono pezzi di fibra di legno asciutti. Ancora
altri pochi colpi e riesce ad aprire una piccola cavità.
- E sia – sentenzia – Ma facciamo delle foto dopo l’abbattimento, non
vorrei scatenare le solite polemiche delle associazioni ambientaliste . Quando
viene a tirarla giù? – mi chiede.
Non rispondo e osservo il Priore sperando si opponga a quella pulizia
etnica, crudele ma necessaria.
- Ci dovrai pensare tu, Fosco. Contiamo sulla tua disponibilità –
chiarisce invece Padre Giacinto, lavandosene le mani come tutte le persone di
chiesa.
- Per tutto il lavoro?
- Sì, naturalmente con i tuoi tempi e metodi.
- E quali sarebbero questi tempi e metodi? – domanda miss simpatia.
- Ora ho già troppo lavoro, ne riparliamo a fine mese.
- Va bene – conferma il Priore, visibilmente soddisfatto di aver passato
ad altri la patata bollente.
- E a chi devo intestare il permesso? – mentre mi restituisce l’accetta
in maniera scorretta.
- Emme centosedici – interviene Gino.
Lei ha un’espressione perplessa, non so se per il nome dell’intestazione
o perché mi rifiuto di riprenderle l’accetta che tiene in mano.
- Emme Centosedici srl – chiarisco – Gli utensili da taglio non si
porgono tenendoli dal manico.
- Scusi, ero distratta – ora me la porge correttamente e la prendo –
Comunque mi dovrà comunicare preventivamente il giorno di abbattimento di
questa quercia.
- 28 luglio. La mattina verso le 9,00.
Continua a guardarmi in maniera poco amichevole mentre ci incamminiamo
verso il convento.
- Fosco – fa il Priore preoccupato – l’1 e il 2 agosto abbiamo la Festa
del Perdono.
- Lo so, apposta vengo qualche giorno prima. Tirerò via solo i
pericolanti che possono creare problemi.
- Grazie – fa nuovamente sollevato.
- Prego.
- E’ nuova, Sorbo – quasi si scusa Antonio, l’altro forestale - …porta
pazienza.
Sorrido e faccio spallucce. Alzo una mano a mo’ di benedizione papale
per salutare tutti, salgo sul pickup e me ne torno, finalmente, a casa.
Appena apro il cancello automatico il botolo comincia a saltare e a
agitare la coda.
- Buono Picche! Lo sapevi che oggi non potevi venire, tanto erano solo
rotture di coglioni. Ora ti do un biscotto.
Appena scendo dal fuoristrada mi si fanno incontro anche Perla e
Zaffiro, i siamesi di zia Isolina.
- Ho qualcosa anche per voi, ma non fatela vedere a Picche! – gli apro e
verso nella loro ciotola una scatoletta di umido che avevo a bordo.
Picche si fionda sul regalo inaspettato ma viene bloccato da un
imperioso miagolio di avvertimento di Perla.
- Fosco, sei tu? – grida zia.
- No, è Babbo Natale!
- E’ pronto, sali!
- Arrivo – rispondo sottovoce.
-Cosa voleva il Priore? – domanda zia.
- La solita rottura di scatole; stavolta devo tirare giù un’intera
collina di castagni e pini.
- Bene!
- Bene un tubo! Che ci faccio con pino e castagno, i saldi di fine
stagione?
- Mischiala all’altra legna.
- Mmm… non è corretto.
- Altre novità?
- Una nuova forestale – mentre litigo con i piselli del sugo che non si
fanno acchiappare.
- Carina?
- Quasi come il Priore e simpatica come la diarrea.
Zia non reprime una risata, ma non perde occasione per riaprire un
argomento che le sta caro:
- Non fare sempre il difficile! E’
una dipendente statale, uno stipendio sicuro!
- Dovrei sposare lei o lo stipendio?
- So io cosa ti ci vorrebbe! – continua – Una bella scossa.
Finalmente si zittisce e posso continuare, in pace e silenzio, il mio
personale safari di palline verdi.
- Ha chiamato la Pizzeria del Carro, la prossima settimana vuole il
solito carico.
- Bene.
- E anche il Professore. Ha un paio di piante da tirare giù.
- Male, non mi è simpatico.
- Però paga subito.
- Giusto.
Dopo questa gratificazione inaspettata zia si alza a preparare il caffè.
Appena accendo la sigaretta sento che comincia la solita solfa sui danni
del fumo e lo spreco di denaro collegato. Prendo gli avanzi, mi alzo e li porto
a Picche.
La pennica pomeridiana mi viene stroncata dallo squillo del telefono. E’
di nuovo il Professore.
- Fosco, scusami ma avrei un piccolo problema.
- So tutto – rispondo scocciato – L’avrei chiamata più tardi.
- Quando potresti…
- Domani pomeriggio. Va bene?
- Perfetto. Scusami ancora.
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