sabato 21 novembre 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
2a puntata




Non piove! Un’ottima notizia per i colleghi che ancora stanno dormendo dentro la casetta; possiamo proseguire la lettura de “Le Maledette” sul Solarium, anche se oggi, in realtà, di sole poco ce ne sta.
AMELIA è la più disciplinata del gruppo dei nuovi cuccioli, già è sul Solarium che invita gli altri; la premio con qualche crocchetta Fit 32 datemi di contrabbando dal Capo.
Quanto è duro mantenere l’ordine in Colonia!

2)

Il Professore, che si dichiara uno scrittore, è un tipo schivo e solitario. Non si incontra quasi mai, solo qualche rara volta all’alimentari a Paese, ma non certo al banco del macellaio: non mangia carne per sua scelta. Non ha una donna che le va a fare le pulizie ed è praticamente autosufficiente per le incombenze domestiche. E’ comparso dal nulla circa sei anni fa, dice di essere sceso dal nord a cercare pace, tranquillità e solitudine per il suo lavoro, ben fornito di soldi comprando, per un tozzo di pane, la casa dove abita. Una bella casa rurale, acquistata precedentemente da una famiglia inglese e rimessa a posto a suon di sterline. Gli stranieri poi scoprirono che stava troppo in culo al mondo, praticamente è l’altra casa, oltre la mia, che popola Cima, un’alta collina sopra Borgo. Ha una strada che d’inverno ci vuole comunque un quattroperquattro per scendere alla civiltà. Ma a lui piace, ci passa la sua vita e non ha nessuna inopportuna noia. Credo di essere uno dei pochi che, saltuariamente e solo per lavoro, lo vada a trovare. Il lavoro da svolgere è meno impegnativo, quindi meno remunerativo, di quanto mi aspettassi.
- Sono solo un paio da tirare giù. Glieli spezzetto pure ma li bruci tra un paio di anni e mischiati ad altra legna.
- Perché?
- Il cipresso è resinoso, va fatto asciugare bene e al coperto, e bruciato mischiato a legna più nobile.
- Capito. A proposito, prima dell’inverno avrei bisogno dei soliti 30, 35 quintali.
- Non c’è problema.
Finito il lavoro mi fa accomodare nel suo studio per pagarmi. Un grande salone con due tavoli messi a elle, uno è lo scrittoio, sull’altro ci sono dei monitor di computer. Lungo due pareti una monumentale libreria stracolma di libri impilati in maniera disordinata.
- Non ho capito che genere di libri scrive – faccio osservando uno dei ripiani con un centinaio di volumi sopra.
- Romanzi, in genere, e tutto quello che gli editori vogliono che scriva.
- Nel senso che scrive su ordinazione?
- Esatto. Lì ci sono quasi cinquemila libri – indicando la libreria – Alcuni, pochi, ne ho scritti io. Ma non troverà mai il mio nome come autore.
- Usa uno… pseudonimo?
- No. Io scrivo su ordinazione romanzi che saranno pubblicati da altri. Sono quello che si chiama uno scrittore fantasma, un ghostwriter.
- Non capisco.
- Beh, non è semplice spiegarlo, ma ci proverò. Un personaggio famoso ha possibilità di vendere centinaia di migliaia di copie rispetto a uno sconosciuto, anche se il famoso è semianalfabeta e lo sconosciuto fosse un vero talento della letteratura. Agli editori interessa più vendere copie che scoprire eventuali talenti, quindi fanno un contratto al Pinco Pallino famoso e mi chiedono di scrivergli un romanzo. Lo stesso per lo scrittore famoso che deve sfruttare il momento buono o ha il classico blocco. L’editore mi chiama, spesso mi propone pure la trama del romanzo e sta a me scriverlo in maniera tale che il lettore creda che sia stato scritto dall’autore famoso. Raramente gli editori mi passano qualche scritto valido di un esordiente, quindi devo sezionarlo, eliminare quello che non va, migliorare lo stile di scrittura e consegnare un lavoro nuovo di pacca. E l’esordiente diventa uno scrittore, forse anche famoso.
- Una specie di truffa.
- Una semplice e innocua mistificazione. Tu leggi, Fosco?
- Ci ho provato un paio di volte. Ho abbandonato dopo poche pagine.
- Male. Comunque avrai sicuramente scelto dei testi non consoni a te. Non è mia abitudine prestare volumi quindi, se ti facesse piacere, potrei segnalarti alcuni titoli che sapresti apprezzare.
Prende un foglio di carta bianca e comincia a fare un elenco. Ogni tanto si ferma, pensa, ed inserisce un altro titolo.
- Tieni, sono una decina. Non è che li devi prendere tutti. Se capitassi a Città, in una traversa di Piazza della Resistenza c’è un piccolo negozio di libri usati. Sicuramente ha alcuni di questi testi. Spendi poco o niente e provi l’ebbrezza della lettura. Tra parentesi uno di questi titoli l’ho scritto io, ma non te lo rivelerei neppure sotto tortura.
- Grazie – prendendo il foglio – Ci proverò.
- Ti aspetto per la legna e per sapere se sono riuscito nella conversione.
Lo saluto con un sorriso.
A casa ho appena il tempo di una doccia, un cambio d’abito con qualcosa di più civile e, come tutti i venerdì, vado a passare la serata al Covo. Il Covo dei Briganti è una trattoria pizzeria lungo la statale che collega Paese a Città. Durante la settimana svolge la sua funzione di ristorazione, il venerdì sera, dalle 10 in poi, si trasforma. Sbaracca la sala da pranzo che diventa una pista da ballo con qualche complesso locale che suona liscio e le immancabili puttanate degli anni ’60. Io non ballo: ceno e poi rimango al mio tavolo in attesa di qualche preda. Il Covo è diventato un punto di riferimento per donne single, separate, divorziate e appariscenti tardone per fare l’acchiappo per una scopata senza pensieri né coinvolgimenti. Ogni tanto becco qualcosa. Certo, a volte sono brutte, vecchie, sguaiate o peggio ancora grasse, ma per quello che ci devo fare non vale la pena andare per il sottile. Se poi ho l’urgenza e non ho rimediato nulla nel parcheggio trovo sempre due checche che si divertono a vestirsi da donna e fanno pompini con estrema dedizione.
E’ il mio unico svago settimanale. Dal lunedì alla domenica nella macchia o nel capannone a tirare giù piante, accatastare stanghe, spezzettare, insaccare o affardellare e consegnare al cliente. Sicuro che morirò per il contagio da qualche malattia delle querce o dei lecci.
A tavola mi siedo con Antonio, il forestale, ed onoriamo le pappardelle al cinghiale della casa annaffiate con un robusto rosso.
- Dove l’avete pescata quella? – gli chiedo.
- Ce l’hanno spedita dal nord. Era in Friuli. Ora ha preso il comando della nostra piccola stazione, a Paese.
- Auguri! Sembra una cagacazzo.
- Lo è. E’ qui per punizione – precisa.
- Cosa ha combinato?
- Storie di sesso, mi ha raccontato un amico collega di Udine.
- Si scopava chi non avrebbe dovuto?
- Esatto, Sorbo – chiudendo il discorso.
La giovane cameriera ci porta salsicce e patate arrosto e un’altra bottiglia di rosso.
- Certo – proseguo – che sei proprio una testadicazzo. Lanci l’esca e poi ritrai la lenza. Chi non si sarebbe dovuta scopare?
- La moglie del comandante provinciale – dice sorridendo e facendo notare che non vedeva l’ora di raccontarmelo.
- Azzo! Pende a manca la stangona!
- Anche a dritta, dicono – continua Antonio – ma non ci sono riscontri certi. Invece è appurato che faceva coppia fissa con una poliziotta di Udine, pure quella sul lesbico andante, anche se raccontano di un suo fidanzato. Ma nessuno l’ha mai visto né conosciuto.
- Che covo di serpi!
- Scommetto che, ora, la saraccona sia più appetibile ai tuoi occhi e al tuo uccello.
- Mmm…
- Hai mai scopato una lesbica?
- Che ne so! – replico con una patata in bocca – Ultimamente neppure il nome mi dicono. Quattro pompate, due strilletti e arrivederci e grazie!
- Ti invidio – confessa l’amico Antonio.
- Comunque trombare una che se la fa anche con le donne mi attizza. Quanti anni ha la ‘bella’?
- Quaranta suonati. Troppo grande per te.
- ‘Sti cazzi! Tre settimane fa qui mi ha rimorchiato una col doppio dei miei anni. E forse si era fatta pure lo sconto.
- 56 anni?
- Sì, ma se li portava bene e aveva un bel paio di tette.
Dopo il caffè e la sigaretta ci fanno segno di sloggiare che devono allestire la sala.
Ne approfittiamo per una breve passeggiata, con relativa pisciata al bordo strada, e un’altra sigaretta. Quella della passeggiata con la pisciata è oramai una tradizione consolidata dalle innumerevoli cene del venerdì consumate al Covo.
- Il 28 vieni tu a fare le foto? – gli chiedo.
- Sono in ferie da lunedì, torno giù dai miei e mi faccio quattro giorni di mare.
- Allora viene la Bellona!
- Sicuro. Cambiati le mutande per l’occasione.
Rientriamo al Covo che già sono arrivate le prime auto di disperate. E’ periodo di ferie, c’è poco assortimento e di bassa qualità. Alle una me ne torno a casa senza aver combinato un cazzo.

AMELIA in attesa sul Solarium


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