ROMEA E GLI ALTRI
Scusate l’assenza, ma tra ferie
non godute (che il Capo si rifiuta di pagare), cassa integrazione (quella la
paga lo Stato), permessi non retribuiti, assenza di connessione (quando il Capo
fa finta di scordarsi la bolletta) e missioni all’estero solo ora posso
riprendere a narrarvi la storia della nostra Colonia.
Che fine fecero tutti quei
gattini portati a crescere alla Nursery della Reggia?
Ovvio: tornarono in Colonia
appena il Capo lo ritenne opportuno, esclusi naturalmente OMBRA e ARADAM che
vennero adottati. La più disgraziata fu SARACCA, sbranata dopo un giorno di
Colonia dal solito cane col padrone stupido. La cosa non andò giù al Capo che
cominciò un servizio di pattugliamento continuo alla Colonia. Era infatti il
terzo gatto in poco tempo che finiva azzannato da un cane.
Dopo interminabili
appostamenti, rinunciando pure al suo sacro pisolo post-prandiano, il Capo
beccò il colpevole a quattro zampe (e qui devo omettere alcuni particolari per
non essere cacciato dalla Colonia) che se ne tornò dal suo padrone a due zampe
e mezza. Beccò pure l’idiota mandante (e anche qui sono costretto ad omettere
altri succosi particolari), ma la faccenda nel bene e nel male fu risolta: cane
e padrone cambiarono monte per le loro passeggiate dopo i validi consigli del
Capo.
Il Capo portò, a rate, i
piccoli su e… la Colonia divenne il luogo più inospitale del pianeta.
16 (leggasi sedici)
mostriciattoli dalle dieci alle sedici/diciotto settimane di vita che
assaporano per la prima volta la libertà tra il verde è qualcosa di
indimenticabile. Tutte le panchine al sole occupate, i locali dormitori
devastati dei microbi pelosi e ogni possibilità di farsi un pisolo preclusa. Il
momento del rancio trasformato dall’appuntamento più importante della giornata
in un incubo ad occhi aperti. I piccoli indisciplinati fanno saltare tutti gli
schemi e la gerarchia di distribuzione dei piatti con il cibo oramai
consolidata col Capo. Come vedono un nuovo piatto pieno venire appoggiato al
suo posto si fiondano in dieci e in tre secondi netti il piatto è ripulito, con
il reale destinatario che rimane immobile e, soprattutto, affamato. La scorta
delle crocchette di emergenza depositata nei locali dormitorio viene
saccheggiata dopo solo un quarto d’ora dalla sua posa.
ATTILA lancia la proposta di
prenderne uno a caso e inchiodarlo, a mo’ di monito sul tronco del tiglio più
visibile dal nostro giardinetto. In diversi adulti cominciano a raccogliere le
proprie poche cose e fare progetti per una migrazione di massa verso un’altra
colonia.
Il Capo capisce l’antifona e
comincia a dare pubblico sfoggio della sua arte venditrice: in una settimana ne
piazza quattro ad altrettanti adottanti. Tra questi fortunelli c’è ROMEA. La
piccola pelosissima tricolore aveva male assorbito la morte della sorellina
SARACCA e passava il giorno ad elemosinare un’adozione a chiunque,
puttaneggiando pubblicamente come poche gatte
adulte sanno fare. Le arrivò l’agognata adozione, un ragazzo di Rieti se
ne innamorò e il Capo gliela affidò, contento di essersi tolto dai piedi una
gattina che, sinceramente, era sprecata per la Colonia.
Ma dopo una settimana se la
ritrovò lì, in mezzo al piazzale, confusa e ancora elemosinante.
- Un clone? – mormorò il Capo.
Invece era lei, la successiva
telefonata del giovane chiarì la faccenda. Non poteva tenerla, erano
sopraggiunti altri problemi.
Il Capo si mosse a compassione
(purtroppo mancano prove fotografiche del suo stato di prostrazione) e decise
per l’unica cosa giusta da fare: toglierla da là e portarsela di nuovo a casa,
stavolta in pianta stabile.
Non vi dico i mormorii di
insoddisfazione, malcontento e invidia degli altri piccoli! Compresa la piccola
OSSOBUCO a cui il Capo aveva promesso una vita alla Reggia.
Comunque vada il Capo tornò a
casa col trasportino di servizio di nuovo pieno.
E qui successe l’imprevedibile,
come ci ha raccontato a suo tempo PAPERINO, uno dei micetti che il Capo aveva
trasferito anni prima alla Reggia in quanto malato.
ROMEA decise di ricompensare il
suo salvatore con la cosa meno felina che si possa immaginare: la fedeltà
assoluta, il Capo divenne il suo umano, suo e di nessun altro gatto.
Non la pensava così TEMPESTINA,
altro sacchetto di ossa e pulci raccattato alla Colonia, finora la sua micetta
preferita. Lo scontro aperto tra le due per la proprietà del Capo fu tragico:
solo una delle due sopravvisse (alla Reggia). Dopo poco tempo TEMPESTINA fu
costretta a fare le valige e trasferirsi dalla vicina, diventando la prima
profuga che abbandonò il nostro numeroso gruppo. Ancora oggi vive solitaria e indisturbata
a pochi metri di distanza godendosi una grande villa in mezzo a due ettari di
bosco e guardando i gatti della Reggia dall’alto in basso.
ROMEA è diventata la regina
incontrastata della Reggia, offuscando pure il potere di Micia (quella delle
padelle).
E’ l’unica gatta che sa
benissimo di avere il potere sul Capo e, sembra, che lo stesso si consulti con
lei prima di prendere una qualsiasi decisione, fosse il colore della Panda
nuova, il cosa mettere la mattina per andare al lavoro, quale tipo di cibo
comprare per gli altri gatti, come disporre i vasi di piante in giardino e chi
invitare o no a cena.
ROMEA è sistemata, e gli altri?
Al prossimo appuntamento…
Il Capo si consulta con ROMEA prima di acquistare un nuovo paio di scarpe |
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