Periscopio da camino Modello PERICLE |
La storia de I Gatti di Monte Malbe, due bande di felini semirandagi che hanno adottato un umano in cambio della loro sussistenza giornaliera. (Vai a Presentazione)
domenica 30 novembre 2014
venerdì 28 novembre 2014
ARRIVI & PARTENZE
UN PO' DI CONFUSIONE
giovedì 27 novembre 2014
IL SOLARIUM LETTERARIO
VUOTO A PERDERE di Favio Bolo
16a puntata
Abbiamo un altro nuovo lettore: un enorme gatto maschio
intero, con l’espressione perennemente incazzata e la coda gonfia. Se ne sta
nascosto dietro un ceppo di castagno ad ascoltare la lettura.
Per non intimidirlo facciamo finta di niente ma non
riusciamo a capire se sia effettivamente interessato alla lettura o stia ad
osservare un branco di gatti pazzi che ascoltano un’immane porcheria.
L’unanimità vota la seconda opzione.
Allora, per farlo contento, non ci rimane che continuare la
lettura dell’obbrobrio di Favio Bolo.
20
Suono al citofono dell’ingresso della villa del Maestro.
-Chi è?- risponde una voce femminile.
-Sono Giorgio Gaddi. Vorrei parlare con il Maestro.-
-Il Maestro non sta bene, oggi. Non può riceverla.-
-Volevo solo consegnargli una foto di suo padre. Potrei lasciarla
a lei.-
-Un attimo, prego.-
Dopo un paio di minuti il cancello elettrico comincia ad aprirsi.
La stessa voce femminile mi invita dal citofono.
-Prego, si accomodi.-
Attraverso il viale che porta all’ingresso della casa. Nel prato
rasato e ben curato ci sono diverse sculture su piedistalli. Non commento,
neppure tra me.
La porta di casa viene aperta da una giovane signora, in tenuta
para ospedaliera.
?
-Prego, si accomodi. Il Maestro non può alzarsi, ma la aspetta
nella stanza da letto. Non lo faccia stancare. Oggi non sta proprio bene.-
-Devo tornare in un altro momento?-
-Venga-, mi accompagna fino all’entrata della camera.
Vedo una persona distesa sul letto, di età indefinibile e pessimo
aspetto. Attaccata al suo braccio destro c’è una flebo.
Questo non sta poco bene… sta decisamente male.
-Chi è lei?- domanda con un filo di voce.
-Sono Giorgio Gaddi, di Carpaneta. Non ci conosciamo, Maestro.-
-Lei crede?-
Rimango interdetto dalla domanda.
-Le ho portato una vecchia foto di suo padre.-
Gliela porgo, la prende con la mano sinistra e la osserva
attentamente sotto la luce artificiale di una abat-ju
lampada sul comodino.
-La riconosco- dice. –L’ho smarrita tanti anni fa. Come mai ce
l’ha lei?-
-L’ho presa a una persona che la custodiva. Ma è una storia
lunga…-
-Lunga… dal 1944?-
-Esatto.-
-E cosa vorrebbe, lei?-
-Sapere la verità su quello che è successo nel giugno 1944 a San
Gerolamo.-
-Perché?-
-Curiosità personale.-
-Mmm… magari sta cercando dell’oro. Tanto oro.-
-No. Quello, se mai fosse esistito, sarà già finito da qualche
parte, ben custodito. Io voglio sapere solo quello che è successo.-
-Se lo faccia spiegare dal suo amico Mario.-
-Mario? Intende Fausto Ardenzi? L’ex carabiniere con la zoppia
alla gamba destra?-
-Esatto. Ma non sapevo che si chiamasse Fausto Ardenzi.-
-Come fa a conoscerlo?-
-E’ venuto qua alcuni giorni fa. A minacciarmi. Lo stupido: di
cosa vuoi minacciare un malato terminale?-
-Perché l’ha minacciata?-
-Per lo stesso motivo per cui lei, ora, è qua: l’oro.-
-A me l’oro non interessa, sul serio. Questa foto l’aveva proprio
l’Ardenzi, o Mario, come meglio vuole chiamarlo.-
-E perché gliel’ha data?-
-Non me l’ha data. Me la sono presa. Minacciava pure me, Mario.-
-Dovrei crederci? Cos’ha di tanto importante per subire le
minacce di quell’uomo?-
-Ho trovato le monete della collezione Alfano.-
-Sui giornali c’è scritto che il ritrovamento è opera della
Soprintendenza.-
-Già. Ma non c’è scritto che stavano un metro sottoterra, vicino
al passo dove suo padre ha subito l’agguato dei partigiani della Brigata
Trasimeno. Dentro una cassetta portamunizioni insieme a una medaglietta
devozionale dell’inaugurazione della nuova chiesa di San Girolamo Nuovo.-
-No. Non c’era scritto così. Cosa vuol sapere da me?-
-Com’è andata la faccenda. La verità. Ci pensi. Tornerò quando mi
farà chiamare. Le lascio il mio numero di telefono.-
-Forse sarà troppo tardi, allora. Domani ho un nuovo ricovero
all’ospedale di Perugia. Spero sia l’ultimo.-
Segue un momento di imbarazzato silenzio. Non so più come
comportarmi.
-C’erano degli accordi tra i partigiani e le SS- comincia a raccontare. –Alfano e la sua
famiglia contro la sua collezione di opere d’arte, le monete e i gioielli.
Dell’oro non si era parlato. Ma i tedeschi sapevano che era nascosto dentro le
casse insieme alle opere d’arte. Due percorsi, il veloce per mettere in salvo
il gerarca e la sua famiglia, il lungo, ma privo di pericoli, per portare al
sicuro, in Germania, l’oro e tutto il resto. Ma, qualcuno tra i tedeschi,
tradì. Anche la colonna dei camion con la collezione Alfano fu attaccata al
passo sopra San Gerolamo. Una strage, due soli superstiti. Mio padre e un suo
camerata che fu poi catturato dai russi prima della fine della guerra. Questo è
quanto mi raccontò mio padre dell’episodio. Finita la guerra mio padre conobbe
le conseguenze di essere stato soldato tra i perdenti. E non solo: soldato
delle SS. Fu costretto a rifugiarsi in Svizzera e a cambiare il suo cognome con
quello di sua madre. Nel 1970 tornò da queste parti per compiere la sua
vendetta. Ma si fidò delle persone sbagliate e fu trovato morto in un bosco. Lo
uccisero.-
-Chi?-
-Quelli che non c’erano riusciti nel 1944. Era pur sempre uno
scomodo testimone e la sete di vendetta per quello che i tedeschi avevano poi
fatto a San Gerolamo non si era placata. Dopo alcuni anni sono arrivato io,
ingenuamente, per far luce su quanto accaduto. A differenza di mio padre sono
stato fortunato. Ho trovato chi mi ha protetto in cambio della promessa di
chiudere le ostilità e far cessare la faida.-
-Chi è?-
-Era. Don Nello Benizzi, il parroco di San Girolamo Nuovo.-
-Ah, sì! Quello morto in Vaticano.-
-Ucciso in Vaticano, per la precisione.-
Aggrotto le sopracciglia.
-Perché?-
-Perché quell’oro faceva gola a tutti. Tutti erano diventati
della belve per spartirsi la fetta più grossa. Anche lo IOR, la banca vaticana,
aveva messo in pista dei detective per ritrovarlo. Ma scoprirono una cosa.
Dell’oro se ne era appropriato la persona meno sospettabile: Don Nello
Benizzi.-
-E… cosa ne ha fatto?-
Il Maestro mi indica col capo un quadretto appeso alla parete
alle mie spalle.
Lo osservo, è la foto di un moderno ospedale in terra africana.
-Don Nello Benizzi Foundation! Ma come ha fatto ha mandarlo in
Africa?-
-Le vie del Signore sono infinite…-
-Prima o poi finiscono anche quelle- rispondo.
-Ci ha creato una rete di missioni e di opere utili alla vita di
quei poveracci nei villaggi sperduti della savana. In Kenia, in Uganda, in
Namibia e in Botswana. In Vaticano non hanno gradito, e hanno chiuso i conti.-
-Mi hanno riferito di un infarto.-
-Mmm… menzogne. I gioielli della famiglia Alfano sono serviti per
la ricostruzione di San Girolamo. Delle monete se ne è disfatto personalmente.
Non mi aveva detto di averle sotterrate.-
-Ma ha voluto, comunque, lasciare una traccia: la medaglietta
devozionale. Oro, gioielli e monete erano nel quarto camion? Quello bruciato?-
-Sì.-
-Perfetto. Ora so tutto. Maestro… la ringrazio e le auguro un…-
-Nulla. Non mi auguri altro se non di morire presto e
serenamente. La sa una cosa?-
Lo interrogo con lo sguardo.
-Noi ci conosciamo. Anni fa sono venuto alla colonia felina di
Borgo San Lorenzo a fare delle foto ai gatti. Lei era là a dar loro da
mangiare.-
-Ancora me ne occupo, anche se saltuariamente. Ora ci pensa una
mia conoscente.-
-Aspetti un momento. Le ho lasciato in eredità la storia dell’
“Affare Alfano”, ma non è completa. Apra il secondo cassetto di quel mobile.
C’è una piccola scatola verde. La prenda, così l’eredità è totale. E’ un regalo
che mi ha fatto Don Nello Benizzi.-
Prendo la scatolina e la apro. Ne tiro fuori un anello d’oro.
Pesante e antico; non è l’oro di oggi, legato al 25% con altri metalli, è oro
puro. Al 100%. Lo riconosco, ha quel colore giallo pesante, tendente quasi
all’arancio.
-L’anello etrusco!-
-Sì. Gli altri gioielli etruschi sono serviti per la costruzione
della chiesa. Lo conservi: tra 1000 anni sarà il solo testimone di quel
giugno.-
-La ringrazio.-
Sto per uscire dalla stanza ma il Maestro mi blocca ancora.
-Deve ancora farmi l’ultima domanda. Non vorrebbe, ma i suoi
occhi la tradiscono.-
-Quanto?- sparo.
-2560 chili.-
-Alla prossima, Maestro!-
-Addio.-
Con il pensiero di 2560 chili di oro nella mente torno a
Carpaneta. Rinuncio a trasformarli in lire: troppo complicato. Sono comunque un
mucchio di soldi. Troppi, per tutti.
Ma… a me non interessano.
Non mi interessa più nulla di questa storia.
Ho raggiunto il mio obbiettivo: il gioiello etrusco.
Farà una figurona dentro la teca sotto al tavolinetto del salone.
Me ne rallegro, anche se la visione del Maestro moribondo e la
storia che mi ha raccontato mi lasciano l’amaro in bocca.
Tocco la scatolina verde appoggiata sulle mie gambe, mentre
guido.
Tutti questi morti per poche tonnellate d’oro…
Comunque sono arrivato alla fine della storia, anche se non
doveva interessarmi più.
Sorrido soddisfatto.
Ma
cazzo! mi avrebbero sparato per dell’oro che è finito in Africa?
Non sono per niente convinto di quello che
ho letto. Certo, ancora mancano diverse pagine del diario e sono tutte scritte.
Controllo l’orologio: è ora di andare.
Saluto Serena e le auguro la buona cena
confermandole la mia presenza per l’indomani pomeriggio.
-Sono rimaste un paio di ore di lettura.
-Bene! - replica. -Però, domani, rimani a
cena. Sicuramente vorrai alcune spiegazioni.
-Accetto. Solo?
-Meglio di sì, - consiglia Serena.
Ci si prepara alla nuova sessione di lettura |
mercoledì 26 novembre 2014
CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe
martedì 25 novembre 2014
I TRUCCHI DEL MESTIERE (UNO)
LA CUCCIA DEL CAPO
Giorni fa, parlando con delle gattare, è emerso un problema
quasi comune: la cattura degli imprendibili per la sterilizzazione.
Sono rimasto perplesso e silenzioso ad ascoltare le varie vicende
delle colonie feline rappresentate e credo di avere individuato la falla che
rende quasi impossibili tali catture: la fretta.
Il mio modesto, ma suffragato da almeno un 150/200 catture
per la sterilizzazione nella carriera di cui almeno una 40ina di imprendibili,
consiglio.
Per effettuare la cattura della vittima designata occorrono
tre fondamentali cose: una gabbia da cattura, pazienza e adeguarsi al
comportamento felino.
Il gatto non ha mai fretta –logico- non ha un cazzo da fare
tutto il giorno, se non aspettare l’umano dispensatore di cibo.
Il gattaro non deve avere fretta di catturare, si deve
necessariamente adeguare ai ritmi felini.
Personalmente ho eliminato il meccanismo della basculante
della gabbia che regola la chiusura; preferisco la vecchia maniera: bastoncino
con cordicella lunga, molto lunga, che aziona la porta a ghigliottina quando la
vittima è entrata. Unica accortezza: la cordicella non deve fare giri viziosi,
ma essere ben tesa a terra e il capo nelle mani o a pronta disposizione.
Sul fondo della gabbia ho piazzato una lastra di polistirolo
compresso da edilizia (si usa come isolante termico) che i gatti non possono
graffiare ed è facilmente lavabile e sterilizzabile.
Il meccanismo basculante lo utilizzo solamente in caso di
catture notturne, quando non ho nessuna intenzione di passare la notte ad
aspettare la vittima. il problema è che catturi quasi sempre i soliti gatti
ritardati, o estremamente furbi che sanno che il loro turno è già passato. Ma è
un utilizzo estremamente raro.
Il classico tentativo di cattura lo faccio alla
distribuzione del cibo, piazzando la gabbia nelle vicinanze del luogo dove il
gatto da catturare solitamente mangia.
E’ importante conoscere le abitudini dei nostri pulciosi,
ognuno ha delle preferenze, anche sul posto dove consumare il pasto, e questo è
un punto debole da sfruttare.
Il piatto con il cibo che preferisce lo inserisco quasi
all’ultimo, dopo aver controllato e fatto si che la vittima non si sia
avvicinata ad altri piatti.
Poi comincia la fase di attesa. Devi continuare a svolgere
il tuo solito lavoro, evitando di avvicinarti alla gabbia, per non insospettire
il catturando. Spesso entrano a mangiare dei gatti che non interessano. Basta
lasciarli stare e rimettere un nuovo piatto appena ne sono usciti. La vittima
si tranquillizza: se non è successo nulla con il gatto A e con quello B, non
succederà nulla neppure con me.
Prima o poi entra, è solo una questione di tempo e fame, e
allora devi tirare la cordicella senza indugi.
Se il gatto è uno di quelli tosti, stile latitante da
Aspromonte, e sospettosissimo esiste un
altro metodo, quello che preferisco.
Per adottarlo occorrono settimane di preparazione, ma è un
rimedio che si può utilizzare anche per somministrare medicine in compresse
senza sprecarle e senza che le
ingurgitino altri gatti che non ne hanno bisogno. Bisogna avere solo
l’accortezza di cambiare il tipo di bocconcino con un pezzetto di pollo arrosto
o una striscetta di prosciutto crudo che avvolgono e nascondono meglio la
compressa.
Il metodo lo chiamo ‘BOCCONCINOOO!!!’
Sì, gridato e comprensibile a tutti i gatti interessati
(circa il 100%).
I gatti assimilano il linguaggio umano, come pure il nostro
tono di voce. Riconoscono quando li chiami con il loro nome (ed è una cosa
importantissima per l’operazione) e il nome del cibo preferito.
Provateci se non ci credete!
Al richiamo ‘BOCCONCINO!!!’ i gatti sanno già cosa li
aspetta: cubetti di mortadella o prosciutto cotto, uno per ogni gatto,
scandendo bene il suo nome e facendogli capire che quel premio è per lui, e non
per altri.
C’è quello che te lo prende direttamente dalle dita, quello
che è meglio appoggiarglielo a terra, altrimenti ti sbrana le dita, quello che
preferisce che glielo lanci e lo vuole catturare con posa plastica, stile
portiere di calcio, e l’imprendibile, a cui lo devi necessariamente lanciare.
Se giorno dopo giorno fai il lancio all’imprendibile sempre
allo stesso punto quello si abitua e al grido ‘BOCCONCINO!!!’ si posiziona
subito là, dove sa che glielo tirerai.
Un bel giorno lì vicino ci piazzi la gabbia da cattura con
il bastoncino e la cordicella. Metti il piatto con il solito cibo e lasci che
chi vuole entrare a mangiare entri, senza problemi.
L’ora X è al momento del bocconcino.
Dopo il richiamo cominci la distribuzione, quasi ignorando
la vittima ma conservando in mano 3 o 4 bocconcini extra per lui.
Quando fai finta di accorgerti di lui lanci il bocconcino
sopra la gabbia, quasi in fondo, (deve
essere un cubetto che passi agevolmente tra le maglie) il bocconcino cade
dentro la gabbia, ma la vittima è disorientata.
Non si fida, e fa bene. Ma il richiamo è irresistibile e
comincia a la sua lentissima marcia di avvicinamento.
Allora lo chiami ancora e quasi ti scusi per aver sbagliato
grossolanamente la mira. Gli lanci un secondo bocconcino proprio all’ingresso
della gabbia da cattura. Con la zampa lo artiglia e se lo porta alla bocca.
Altra chiamata nominale per la vittima e altro bocconcino che cade sempre
all’imbocco della gabbia.
L’ultimo bocconcino deve cadere a metà strada tra la
chiusura della gabbia e il primo bocconcino lanciato.
Aspetti, magari accendendo una sigaretta.
il prescelto si disorienta di nuovo ma tenta la sorte; entra
e arraffa l’ultimo bocconcino tirato e prima di uscire completamente dalla
gabbia tenta la sorte con il bocconcino che lo condannerà. E’ dentro: tiri la
cordicella e zacchete!
Un latitante in meno.
Al primo tentativo non entra? Pazienza; si ripete anche il
giorno successivo e gli altri dopo fino ad ottenere la sua fiducia nei
confronti del mostro metallico che cerca di mangiarsi i SUOI bocconcini.
Sono procedure lente e lunghe, lo so!
Ma con i gatti ci vuole estrema pazienza; come noi cerchiamo
di umanizzarli dobbiamo cedere anche noi una nostra parte e felinizzarci.
Comunque, quando avete appuntamento per la sterilizzazione
di un micio è sempre bene avere una ruota di scorta. Se non acchiappate la
vittima prescelta tenetevi a portata di mano un sostituto più docile che deve,
anche lui, finire sotto i ferri del veterinario. Perlomeno io faccio così.
Risultati personali: catture al momento deciso, circa il
70%.
Interminabili partite a scacchi con SAETTA (alla Colonia
Vecchia) sterilizzato dopo 3 anni e con la CICI (alla Reggia) beccata con
gabbia in versione notturna dopo 70 giorni di tentativi e 69 inutili catture.
QUARK, il prossimo della lista 'Catturandi' |
lunedì 24 novembre 2014
sabato 22 novembre 2014
VECCHI, INDIMENTICATI AMICI
CARMEN (La Gonfiona)
CARMEN, detta anche ‘LA GONFIONA’, splendida micia adulta a
pelo lungo abbandonata con i suoi tre piccoli alla Colonia Vecchia nel luglio
2009. Di uno dei suoi piccoli, ACHILLE, abbiamo già parlato, purtroppo, in
questa rubrica. Del secondo, TORPEDO, ancora un purtroppo, parleremo
prossimamente, sempre qua. Della terza, PIERINA, la più socievole del gruppo
invece non parleremo affatto; uno dei tanti piccoli presi da mani ignote,
speriamo per una buona adozione, e scomparsi nel nulla.
Il Capo li aveva lasciati in Colonia insieme alla mamma,
convinto che ci avrebbe pensato lei a tirarli su e insegnargli tutti i trucchi
del mestiere. Ma esisteva un problema: CARMEN era una gatta casalinga e non
conosceva la vita da randagia. Legò subito col Capo, forse perché l’aveva
associato all’unica fonte di cibo disponibile, e la simpatia fu reciproca. In
Colonia scattò la scommessa che appena i piccoli fossero cresciuti e diventati
autonomi il Capo se la sarebbe portata a casa. Era un peccato vederla sempre
col pelo arruffato e intrecciato, decisamente non era nata per la vita nel
bosco. Poi CARMEN soffriva anche di problemi alle vie respiratorie e spesso
rimediava il raffreddore.
Inspiegabilmente perdemmo la scommessa e ancora qualcuno si
domanda perché il Capo l’abbia lasciata a tribolare in Colonia. Insondabili
misteri del comportamento umano.
Scampò, insieme ai due cuccioli superstiti, alla crociata
antifelini indetta dagli abitanti del convento e tutti insieme si trasferirono
alla Colonia Nuova, convinti che oramai la guerra fosse finita.
Ma nel marzo 2011 un problema diverso e peggiore della
guerra colpì tutti I Gatti di Monte Malbe, Reggia compresa. Un misterioso e
fulmineo morbo alle vie respiratorie che fece strage dei gatti più giovani e di
quelli debilitati decimando le nostre fila.
Tra i caduti anche LA GONFIONA; a nulla valsero le immediate
cure e il ricovero, come tanti altri colleghi ci salutò in un paio di giorni,
lasciando due orfani.
Al Capo ancora la coscienza manda segnali che, sicuramente,
qualcosa di meglio avrebbe potuto fare, come in altre occasioni.
Ma ‘errare humanum
est’ dice un vecchio detto e, comunque (ma questa è solo una mia
riflessione spicciola), quella infornata di abbandoni era veramente
disgraziata.
Ciao GONFIONA!
CARMEN alla Colonia Vecchia, pochi giorni dopo l'abbandono |
venerdì 21 novembre 2014
giovedì 20 novembre 2014
ARRIVI & PARTENZE
Stavolta la missione è riuscita!
I due nuovi arrivi sono stati fagocitati dalla Colonia Nuova, almeno per il pasto.
La tattica del Capo è semplice:
'Io sono il cibo; se volete sopravvivere i pasti si consumano alla casetta, poi liberi di andare dove vi pare'.
Infatti i due cucciolotti preferiscono ancora dormire nella vecchia tana di istrice sul greppo davanti ai locali della Vecchia Colonia. Ma appena arriverà il freddo, quello vero, sicuramente preferiranno il tepore della casetta.
Per il momento un benvenuto ai nuovi disgraziati:
FLORA, la femmina bianca e nera e
LAPIS, il fratello nero e bianco!
I due nuovi arrivi sono stati fagocitati dalla Colonia Nuova, almeno per il pasto.
La tattica del Capo è semplice:
'Io sono il cibo; se volete sopravvivere i pasti si consumano alla casetta, poi liberi di andare dove vi pare'.
Infatti i due cucciolotti preferiscono ancora dormire nella vecchia tana di istrice sul greppo davanti ai locali della Vecchia Colonia. Ma appena arriverà il freddo, quello vero, sicuramente preferiranno il tepore della casetta.
Per il momento un benvenuto ai nuovi disgraziati:
FLORA, la femmina bianca e nera e
LAPIS, il fratello nero e bianco!
FLORA e LAPIS predano il piatto della sconsolata FRITTELLA |
mercoledì 19 novembre 2014
LA CATTURANDI
DIARIO DI BORDO
Era qualche anno che la famigerata e segretissima Squadra
Speciale Catturandi non era stata più vista in azione a Monte Malbe, tantoché
avevamo ipotizzato il suo scioglimento o reimpiego in altre azioni speciali.
Invece oggi pomeriggio abbiamo visto il Capo scaricare dalla
Panda la vecchia gabbia da cattura, con nuova cordicella e bastoncino, e lo
stesso si è infilato il passamontagna nero per non farsi riconoscere, come ha
visto fare alla tv dai NOCS.
Ma la presenza della sigaretta accesa tradiva la sua
identità.
L’ha piazzata dentro la Colonia verso la recinzione lato
nord, ha sistemato il bastoncino alla porta a ghigliottina e srotolato la lunga
cordicella verde, fino a piazzarla alla sua postazione di preparazione piatti
da distribuire.
Ha cominciato, come al solito, la distribuzione in maniera
casuale ma evitando di piazzare piatti vicino alla gabbia.
Intanto BARTOLOMEO raccoglieva scommesse su quale fosse la
vittima designata (che tutti sospettavamo) e se il Capo ce la facesse a
catturarla.
Negli ultimi anni, tribolando non poco con due o tre
latitanti pulciosi, era diventato più scaltro e veniva dato 1 a 3.
Anche stavolta aveva cambiato tattica: il piattino con i
bocconcini dentro alla gabbia lo aveva posizionato a metà distribuzione del
pasto.
Subito si è formato un crocicchio di curiosi, soprattutto i
più giovani ed inesperti, a controllare ed annusare la novità. La vittima
designata più probabile, addirittura, ci è salita sopra osservando con molto
interesse il piatto dentro la gabbia.
Altri due possibili bersagli si sono avvicinati all’apertura
e uno di questi, QUARK, ci è pure entrato quasi interamente, ma non in maniera
sufficiente. Comunque il Capo aveva già stretto la mano sulla cordicella.
BARTOLOMEO, impallidito, già calcolava le sue possibili
perdite; QUARK era dato 1 a 15 e diversi ci avevano puntato.
Ma QUARK ha rinunciato al piatto di bocconcini, spostandosi
su un altro piatto incustodito. SCHIZZETTA, altra outsider, continuava a girare
intorno alla gabbia per cercare di capire dove stesse la fregatura.
Ad un cenno di BARTOLOMEO, BAIOCCO, da poco suo socio in
affari, si è infilato dentro la gabbia e ha cominciato a divorare i bocconcini
con aria estatica.
Ne ha lasciati la metà sul piatto e, uscendo elegantemente
dalla trappola ha fatto il suo ruttino di gradimento.
Quanto bastava per far rompere gli indugi a ORTICA e
spingerla verso l’inganno.
Un attimo e zac! il Capo ha tirato la cordicella e il
fragore metallico della chiusura è sembrato un boato da temporale.
Molti gatti sono scappati mentre ORTICA faceva il diavolo a
quattro dentro la gabbia, cercando un’inesistente via di uscita.
BARTOLOMEO cominciava a pagare le rare ricevute vincenti e
si intascava un bel malloppo aiutando pure il Capo a togliersi il
passamontagna.
Riposta gatta e gabbia nella Panda mi sono sentito in dovere
di andarmi a congratulare col Capo per il successo della fulminea azione.
Appena chiuso il portellone posteriore mi ha sussurrato in
un orecchio: - Se martedì prossimo mi dai una mano con QUARK ti porto Gourmet
Gold per una settimana – e l’ho visto consegnare una scatoletta della
prelibatezza a BAIOCCO e tre a BARTOLOMEO.
La Catturandi ha adottato la vecchia italica tecnica della
corruzione.
PS: Malgrado il successo dell’azione, solo a sterilizzazione
avvenuta, si è saputo che ORTICA non è una femminuccia. – Quisquilie e pinzillacchere – il commento
del Capo.
La CICI, l'ultima pericolosa latitante catturata anni fa |
martedì 18 novembre 2014
lunedì 17 novembre 2014
BUONA FESTA DEL GATTO NERO!
LA TERRA VISTA DA MARTE
DIARIO DI BORDO
L’idea è scaturita da quel geniaccio di PALLUCCHINO.
Venerdì sera è esploso con: - E’ inaudito! C’è un vuoto di
cultura da colmare!
Lo abbiamo guardato perplessi e un poco preoccupati mentre i
piccoli e i cuccioli si davano alla fuga nel bosco convinti di subire
un’ulteriore assegnazione di compiti scolastici per il fine settimana.
Ma la cosa non li riguardava, almeno da quel punto di vista.
- Vedete - scaricando sulla panchina una decina di volumi e
riviste varie – questi sono tutti tomi e trattati sull’interazione tra gattari
e gattare con i gatti di colonia.
- Allora? – l’impaziente TARANTOLA.
- Sono tutti scritti da umani: gattari, gattare, veterinari,
studiosi, etologi, ricercatori. Nessuno è scritto da un gatto di colonia!
Inconcepibile! – cominciando ad incazzarsi ben bene – Appena avrò tempo, questa
estate, ci penserò io a mettere in ridicolo tutti questi scribacchini!
Ma l’estate è ancora lontana, di tempo ne ho di avanzo,
quindi ho deciso di cimentarmi, in qualità di Capocolonia, nell’ardua impresa di analizzare la figura
del gattaro mentre interagisce con i gatti di una colonia (numerosa e in mezzo
a un bosco). Sarà un po’ come descrivere la Terra vista da Marte.
Il gattaro è un umano strano, praticamente anomalo, che ha
scelto una missione nella sua vita e costi quel che costi la vuole portare a
termine.
Quale sia precisamente questa missione tutti lo ignorano, ma
a noi sta bene.
Si riconosce dalle scarpe perennemente infangate, i pantaloni
kaki o mimetici con numerose tasche laterali, il pile o la maglietta ricoperta
di multicolori peli di gatto e immancabilmente bucata.
Le mani sono sempre impegnate a reggere capienti borse o
secchi di plastica con chiusura ermetica, forse per nascondere l’antiestetico
callo che ha tra le ultime due falangi del dito indice della mano destra,
sagomato a mo' di linguetta a strappo di lattina.
E’ una persona apprensiva e ansiosa e la cosa si manifesta
quando si accorge che uno dei numerosi gatti non mangia o ha mangiato un poco
di meno o, addirittura, è assente al pasto quotidiano; neppure la mamma, quando
eri piccolo, ti rompeva i coglioni come il gattaro che comincia a palparti,
sollevarti le palpebre, toccarti la punta delle orecchie, alzarti la coda per verificare
cosa ci sia sotto e chiederti continuamente cos’hai e come ti senti, come mai
sei inappetente e perché ieri non c’eri.
E’ pure di animo estremamente sensibile: quando deve dare
brutte notizie, che solitamente riguardano un collega ricoverato dai veterinari
o a casa sua, la prende larga, molto larga, fino a quando i suoi occhi
diventano lucidi e rossi, poi scendono delle lacrime. Ma noi, che siamo
intelligenti, abbiamo già capito.
Per contrapposizione le buone notizie trasformano il suo
stato d’animo e traspare una certa contentezza, quasi euforia. Il segno
lampante è l’espressione, sempre ebete, di quando fuma la sigaretta a fine
distribuzione pasto, con un sorriso stampato sulla bocca.
Ama elargire rimproveri, consigli e gratificazioni, manco fosse
lui il Capocolonia!
Si arrende solo contro l’esuberanza indisciplinata, ma
simpatica, del solito gatto casinaro che alberga in qualsiasi colonia si
rispetti. Nel nostro caso, CREMINO.
E’un accumulatore. Maledice il mondo (e spesso il suo
creatore) per ogni nuovo abbandono, ma in fondo è contento che il disgraziato
(o disgraziati) di turno siano stati gettati là anziché in un cassonetto.
Facendosi scudo del suo motto ‘Dove c’è da mangiare per 40
ce n’è anche per 41… 42… 43… etc’ ogni tanto è lui stesso che provvede ad
arricchire la popolazione della colonia raccattando chissà dove gatti malconci.
- Non riesco a chiudere gli occhi o voltarmi dall’altra
parte… - è un’altra delle sue patetiche scuse.
Si incazza in maniera visibile (e pericolosa) solo con gli
umani della specie ‘Ho un cane e gli faccio fare quello gli pare’ oppure,
peggio ancora, ‘Ma il mio cane coi gatti si diverte solamente!’
La sua immancabile risposta è sempre che lui si diverte a
prendere a schiaffi i padroni dei cani che
si divertono coi gatti concludendo con la classica domanda: - Allora,
giochiamo?
Pretende pure di dare il corso alle cose feline seguendo le
abitudini umane.
La distribuzione del pasto avviene immancabilmente sempre alla stessa ora, con piccole
variazioni dettate dalle condizioni di luce e meteo. Ma a noi non costa nulla
assecondarlo.
Altro discorso, invece, quando decide di pianificare le
sterilizzazioni. Con i gatti socievoli non ci sono problemi, sappiamo di questa
sua piccola perversione e cerchiamo di facilitargli il compito. I gatti non
socievoli, quelli da catturare, difficilmente si prestano al suo gioco.
Qui entra in opera la mia azione mediatrice coadiuvata dagli
altri anziani della Colonia. Convincere i restii ad entrare nella gabbia da
cattura facendo finta di aver abboccato all’inganno teso dall’umano è una
trattativa dura ed estenuante. Con SAETTA abbiamo impiegato ben 3 anni prima di
convincerlo ad entrare in quella gabbia. Però abbiamo reso felice per un lungo
periodo il nostro umano.
Certe volte dobbiamo ricorrere a dure azioni di protesta nei
suoi confronti, soprattutto quando i bocconcini premio latitano da tempo o
decide di propinarci scatolette di dubbia qualità. Scatta la disobbedienza
felina; i piatti con il cibo incriminato vengono ignorati o, peggio, ricoperti
di terriccio a mo' di spregio. La somministrazione dell’antipulci viene
boicottata e così pure quella dei medicinali agli aventi necessità. I
contenitori a disposizione con le solite dozzinali crocchette vengono spostati
in luogo non riparato sperando che la pioggia faccia il suo sporco dovere.
Al secondo contenitore, e relative crocchette, da buttare si
apre solitamente la trattativa con l’umano facendogli capire, con molto tatto,
quali siano gli errori che sta compiendo.
Non c’è bisogno di manifestazioni o scioperi generali, il
gattaro accetta sempre la mediazione temendo l’abbandono di massa e la perdita
di consenso del ‘suo’ popolo felino.
Eccolo! Puntuale come una cambiale, con il solito secchio
bianco e le due maxi borse a tracolla: oggi è previsto pure il primo a base di
fusilli al makarel, che ci avrebbero pure nauseato un poco, ma a lui fa tanto
piacere versali sul piatto di ognuno prima di passare al secondo!
Qualche piccola soddisfazione bisognerà pur dargliela!
SAETTA, ancora intero, non cede alla richiesta di collaborazione Colonia Vecchia - Novembre 2006 |
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