sabato 16 aprile 2016

IL SOLARIUM LETTERARIO






DEBITI e PINELLE

(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
di Autore Ignoto

- 4° capitolo -









- Ragazzi, questo è un romanzo profetico! – commento – Tra poco cominceranno frotte di abbandoni di cucciolate e gattini sciolti. Che casino sarà!
- Ci siamo passati l’anno scorso – replica LITTORINA – Due anni fa e tutti gli anni addietro e siamo sopravvissuti! Che vuoi che sia!
- Già… ogni anno la stessa solfa, turni di guardia per proteggere i piccoli e il supplizio di vederli mentre sbranano l’omogeneizzato. Via! Non pensiamo al prossimo futuro ma continuiamo la nostra lettura!


4

Erano le 12 del giorno seguente.
Stavo tornando dalle mie consuete due ore di immersione in acque basse quando, imboccando la sterrata che conduce a casa, trovai fermo davanti al pesante cancello, ad apertura manuale, che sbarra l’ingresso al viale un Fiat Fiorino Qubo colore arancio osceno.
cazzo vuole l’ANAS?
Diedi un leggero colpo di clacson per invitare lo stradino a togliersi dalle palle ma dal rospo fosforescente uscì una dea; non il classico operaio con il gilet catarifrangente e l’immancabile panino con porchetta in mano. Rimasi di sasso. Una moretta alta e magra, capello corto (come piace  a me), un bellissimo viso da trentacinquenne e una canotta sportiva attillata che lasciava poco spazio all’immaginazione.
- Sei Andrea Rossi? - mi chiese.
- Sì - risposi sorpreso.
è il Signore che me la manda
- Ciao! - mostrandomi uno spettacolare sorriso - Sono Catia Pucci -Catia con la C. Mi manda Serena per quel problema coi gatti.
- Ah - risposi.
- Dove sono i mici?
Le indicai il viale che porta alla mia capanna.
Mentre spostavo il cancello su rotaia sbirciai l’ovale del suo culo, paragonabile a quello perfetto del viso.
Parcheggiammo sul piccolo piazzale a lato della veranda e, appena scese dal suo mezzo, diede un’occhiata panoramica dicendo - Bello qua! Ci abiti da molto?
- Tre anni - le risposi e cominciai a scaricare dalla Range la muta da sub, la maschera con il lungo boccaglio e la cintura coi pesi di piombo.
Lei osservò attentamente la scena e chiese a bruciapelo - Fai pesca subacquea?
Feci cenno di no col capo e le mostrai il mio metal  subacqueo: un Mark II.
- Cos’è?
- Metal detector subacqueo; pesco le cose che la gente perde in acqua.
- Cioè? - sempre più incuriosita.
Dalla tasca laterale dei miei pantaloncini cachi tirai fuori una manciata di cose: una vecchia moneta da 100 lire, una da 1 euro e una da 20 centesimi, poi due pesi da pesca in piombo e un portachiavi con ancora le chiavi di una Fiat.
Catia osservò gli oggetti tra il perplesso e lo schifato.
- Giornata ricca! - esclamò sorridendo.
- Abbastanza - confermai, estraendo da un’altra tasca una scatolina di plastica ed entrando in cucina.
- 10,7 grammi! - dichiarai appena tornato.
Continuò a guardarmi interdetta. Allora le mostrai il contenuto della scatolina: un ciondolino e una fede d’oro.
- La collanina che teneva il ciondolino non sono riuscito a trovarla.
- Ma… è oro? - domandò stupita.
- Certo! - ribadii.
- E cosa ci fai?
- Vanno ad integrare il mio fondo pensionistico.
- Ne hai trovato tanto? - oramai era in preda all’entusiasmo. Fai vedere qualcosa d’oro ad una donna e quella ha subito un paio di orgasmi. Ignoro il perché.
- Una chilata e un po’, da quando ho cominciato.
Rimase a guardarmi senza parlare.
- Ti offro un caffè? - ruppi il silenzio che cominciava a diventare imbarazzante.
- Magari - fece tornando alla realtà - i gatti dove sono?
- E’ presto ancora; arrivano alle una, minuto più, minuto meno.
Mentre preparavo il caffè le raccontai delle visite di mamma gatta e dei gattini. La vidi guardare l’ora al suo orologio.
- Hai fretta? - le domandai - Se no potresti rimanere a mangiare un boccone con me e vedere la famigliola in azione.
- Resterei… ma sono vegetariana - mi informò.
- Nessun problema, anche io. Torciglioni al sugo di pomodoro fresco e insalata con scaglie di parmigiano. Va bene?
- Certo! - disse illuminandosi - Sei vegetariano da molto?
- Tre anni.
Presi il caffè, ancora bollente, facendo uno strappo alla regola: oramai non ne prendevo più di due al giorno e, appena notai che armeggiava dentro al marsupio legato in vita, venni colto dal panico.
Estrasse un pacchetto di Winston e un accendino da quattro soldi. Si accese una sigaretta e successe quello che temevo. Una dolorosa stilettata raggiunse il mio cervello e lo stomaco andò in subbuglio appena sentito l’odore del fumo.
 Lei se ne accorse.
- Ti da fastidio se fumo? - chiese quasi mortificata.
- Non lo so. E’ la prima sigaretta che mi accendono davanti da quando ho smesso di fumare. Una prova mai fatta, ancora.
Nascose la sigaretta dietro di se chiedendomi - E’ da molto che hai smesso?
- Tre anni. Ma credo di essere ancora a rischio di ricaduta.
- Tre anni… - mormorò tra se.
Appena portai in tavola la pasta fumante si materializzarono gatta e gattini.
       Fu Catia a scorgerli per prima.
- Micia… micia… micia… - cominciò a farle.
- Si chiama Misha -  la informai - Misha con la emme.
Catia (con la C) mi guardò di traverso e mormorò                - Misha… bene.
Poi domandò - E i micetti? Come si chiamano?
- Ancora non hanno un nome. Ci penserai tu quando traslocheranno.
- Traslocare? E dove? - rispose scurendosi in viso.
- Non li porti via?
- E tu vorresti dividere i cuccioli dalla madre? E dividerli tra loro quando li adotteranno? Se li adotteranno. Ma che uomo sei?
Rimasi in silenzio cominciando a temere il peggio.
- Qui - proseguì imperterrita - hanno una madre, un posto sicuro dove stare -senza pericoli- cibo, cure. E tu? Li vorresti sfrattare?
Ripensai automaticamente a Serena e a un suo discorso di tanti anni fa.
ma sono tutte così queste?
Presi i piatti col cibo per la famigliola e li depositai al solito posto.
Misha controllò la situazione, soprattutto la nuova presenza. I micetti si tuffarono sui piatti e mangiarono la loro dose di omogeneizzato. Anche Misha si mise a mangiare, capendo che Catia non costituiva un pericolo.
Mentre mangiavamo i torciglioni Catia mi parlò del rifugio per gatti randagi che gestiva poco fuori Grosseto. Mi raccontò dell’indifferenza delle istituzioni, dei problemi con alcuni cittadini che la volevano mandare via, della carenza di volontari volonterosi e di tante altre mancanze. Tutti discorsi già sentiti cento volte dalla bocca di Serena.
- Ma abbiamo buone prospettive per il futuro! - concluse.
La interrogai con lo sguardo mentre scorsi un paio di micetti che erano saliti sulla veranda e stavano giocando tra loro.
- Abbiamo ricevuto un importante lascito da una signora deceduta un paio di mesi fa. Ora stiamo valutando il da farsi per creare una struttura migliore senza avere più problemi - mi informò.
- Ritornando ai tuoi mici, non ti devi preoccupare per la verminazione, i vaccini, la sterilizzazione e le cure mediche. Considerala una partecipazione attiva all’adozione.
i miei mici?
- Un po’ come un’ adozione a distanza. Le facciamo al rifugio per chi non può tenere un gatto, per qualsiasi motivo. Ne adotta uno, lo viene a trovare e coccolare quando vuole e ci versa 100 Euro all’anno per il suo mantenimento.
bella! allora mi devi 500 Euro!
Dopo un altro caffè (con conseguente sofferenza causa sigaretta accesa) ci salutammo.
- Pensa a trovare dei nomi per i gattini! - mi raccomandò.
- Domani torno attrezzata e ti spiego la tattica da adottare.
Ripartì con il suo accecante calesse.


La piccola GIGIA appena abbandonata alla Colonia Nuova - Ottobre 2013

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