sabato 11 aprile 2015

IL SOLARIUM LETTERARIO




NULLA E' COME SEMBRA...
di Umberto Dell'Eco
(e l'anonimo gattaro)
7a puntata



Classico appuntamento domenicale con la lettura. Ma… alle 6 di mattina!
TAZZA è come il Capo: dorme un cazzo ma, in compenso, lo rompe assai!
“Silenzio, schiavi!”

7)
Rimango solo con Serena.
Mentre spicciamo la tavola le faccio un’insinuante  domanda a tradimento.
- Per quale altra faccenda ti sei rivista con Gabriella?
- Ah… niente di che… Gabriella è venuta a prendere informazioni su un volontario di ‘Progetto Pogo’ - risponde tranquilla.
- Come mai?
- E’ scomparso, volatilizzato. Improvvisamente. Non se ne è saputo più nulla. Una faccenda misteriosa - taglia corto.
Troppo corto, per me.
- Sarà stato mica il frate? - le butto là.
Si fa una risata, poi mi racconta un po’, veramente poco.
- Ma, vedi, all’inizio mi sono preoccupata anche io, poi, sono venuta a sapere che da tempo aveva un’amante e i rapporti con la moglie si erano rovinati. Probabilmente sarà scappato via. Per fortuna non avevano figli.
- Anche la Polizia dice che è scappato con l’amante?
- No. La Polizia non dice nulla, lo sai. Gabriella è andata a fare pure un sopralluogo a casa tua.
- Perché?
- Uno degli ultimi incarichi che il volontario aveva svolto era stato quello di sgombrare la colonia felina da casa tua.
Ci salutiamo e ognuno torna a casa propria… magari!
Sono rimasto perplesso dalla facilità con cui Serena ha liquidato la faccenda della scomparsa del volontario. Aveva pure un’amante, poi! Qualsiasi donna si sarebbe pericolata nelle peggiori ipotesi possibili, facendoti sentire in colpa perché sei pure tu un viscido e schifoso maschio che pensa solo a trombare, invece…
Serena è troppo diversa e riservata dalla solare Serena che ho conosciuto tre anni fa. Vorrei scavare un po’ e capire cosa è successo durante la mia assenza ma, meglio farsi i cazzi propri e vivere tranquillo.
Prima di coricarmi accendo il pc e mando una mail a Ken, informandolo sugli ultimi avvenimenti.
La mattina parto per Roma. Unica tappa l’Autogrill dopo Fiano per un caffè e la classica pisciata. Mentre risalgo in auto, a terra scorgo un centesimino, un piccolo centesimo di Euro. Lo raccolgo per compassione, è la moneta più inutile della storia dell’umanità. Non ci puoi comprare nulla con 1 centesimo, eppure continuano a coniarlo anche se il costo per la sua produzione è di 17 centesimi di Euro. Che spreco!
Finalmente arrivo a destinazione. Una segretaria mi accompagna da Francesco.
Una giornata di scazzi e risate, escluso il momento in cui Francesco mi dice quanto costa la confezione del MaCriz 6.6.
- 180 Euro?  Ma sei pazzo?
- Dillo alla multinazionale che lo produce. Ma, visto che ancora ne devi comprare altre 5 confezioni, ti posso fare lo sconto del 10% a patto che…
 - …a patto che? - indago.
- A patto che ogni mattina, appena ti alzi, reciti 5 Ave Maria e 5 Paternoster e, che con i 100 Euro che ti faccio risparmiare ci andiamo a divertire stasera.
- Aggiudicato!
Ci prendiamo un aperitivo prima di andare a cena a casa sua.
- Dei vecchi compagni di scuola - spiega - non sono riuscito a raccattare nessuno. Chi ha l’influenza, chi il bambino piccolo, chi ha il turno serale, chi si sta separando… so’ tutti scoppiati! A proposito… mi è giunta voce che te e Antonella… di nuovo…
- Lascia perdere, ti prego.
- Problemi? -  chiede.
- E’ incinta - lo informo.
- Complimenti! Stasera si stappa un Dom Perignon! - dandomi una pacca sulla spalla.
- …di un altro - completo l’informazione.
Rimane un attimo silenzioso.
- Che zoccola! – l’ unico commento.
Ceniamo a casa sua, in compagnia del padre Antemio, ex dirigente dei Musei Vaticani, ora in pensione. Mi racconta che ora lavora più di prima. E’ un grande esperto di monetazione romana imperiale, soprattutto del periodo… non ricordo. Tra perizie, stime, consulenze per collezioni e articoli su riviste di numismatica non ha un attimo libero. E’ in pensione, ma iperattivo, un po’ lo invidio.
La notte, oltre ai 100 Euro risparmiati sulla carta, Francesco trova il modo di farmene spendere altri 100 portandomi in un locale di quelli che lui solitamente frequenta e dove non è difficile rimorchiare con delle banconote da 50 Euro in mano.
Una russa, moldava, ucraina, estone, non ricordo bene, ricordo solo che… mi ci voleva proprio!
Il giorno dopo me ne torno a Carpaneta.
La sera altra cena ‘sociale’, stavolta è il turno di due vecchie amiche; Domiziana e Agata. Le trovo bene, in formissima, occupatissime col lavoro, mi dicono che, oramai, alla ‘Luna’ non ci vanno quasi più. Peccato, speravo in loro per fare qualche aggancio e rimorchiare quello che serve per la sopravvivenza.
Mi consolo al pc navigando tra la posta elettronica, Ken mi ha risposto, e gli ho inviato un’altra mail, e qualche link di siti porno. Fortuna che la connessione funziona egregiamente!
La mattina dopo è una splendida giornata, ne approfitto per fare un salto a Perugia a comprarmi qualche capo di abbigliamento e cominciare a fare un giro per concessionarie di auto. Mentre vado da un concessionario a Corciano ho una folgorazione. Decido di fare un salto alla mia ex casa per vederne le reali condizioni.
Il portone esterno è ben chiuso, anche troppo. Appesa c’è una copia dell’ordinanza di inagibilità dello stabile a cura del Comune di Corciano. Non me ne frega un cazzo. Ho la mia chiave, apro, entro e vedo l’Apocalisse. Il giardino è una foresta di spine, arbusti ed erba alta. Le siepi e i fiori sono scomparsi. C’è una totale aria di abbandono.
Mi siedo su un muretto del chiostro e mi accendo una sigaretta, avrei voglia di piangere. Da un nascondiglio prendo le chiavi di riserva degli appartamenti. Entro nel mio.
Una montagna di polvere a terra e sui mobili, insieme a calcinacci dell’intonaco.
Macchie di muffa sugli angoli del soffitto. Premo l’interruttore della luce della sala, ma non c’è l’energia elettrica.
 dovrò tornare con una torcia…
Passo all’altro appartamento, quello che era di mia zia. Qui la situazione è peggiore.
E’ crollato parte del tetto, entra un po’ di luce esterna filtrata dai teloni di plastica trasparente stesi sul tetto per coprire il buco. Faccio una rapida perlustrazione, poi ritorno all’esterno. Do un’occhiata anche al locale dove erano sistemate le cucce dei gatti. Anche qui un mucchio di macerie, oltre che il tetto è crollato pure un fondello che chiudeva un secondo, piccolo, locale di cui non mi ero accorto prima. Qui non c’è più nulla, i volontari di ‘Progetto Pogo’ hanno portato via tutto. Faccio un giro nel chiostro e mi avvicino al punto dove è crollato il muro di sostegno. Il crollo si è portato via anche qualche metro cubo di terra del giardino. Vedo la terra umida, impregnata di acqua e qualche rivoletto che scende, lento, lungo la parete di muro superstite. Mi avvicino al pozzo, sollevo una parte della pesante copertura a protezione dell’imbocco e getto l’occhio dentro.
Insieme all’occhio ci getto qualcos’altro. Mi ci cadono gli occhiali da sole che tenevo sopra la testa.
puttana miseria! ma è proprio sfiga, questa!
Guardo dentro per vedere dove sono caduti, ma poco si vede. Tolgo anche l’altra parte di copertura e osservo meglio, aiutato dalla maggiore quantità di luce solare che entra. Il pozzo è asciutto. Asciutto e profondo. Non lo avevo mai visto così, c’era stata sempre l’acqua dentro. Intravedo gli occhiali sul fondo, sembrerebbero ancora interi.
Getto una rapida occhiata intorno al chiostro e scorgo quello che mi serve. Un rotolo di robusta corda appoggiato in un angolo, al coperto. Oltre che robusta è pure abbastanza lunga. Ne annodo un capo a una delle colonne del porticato, do qualche forte strattone per vedere se il nodo regga e la getto dentro al pozzo. Tocca il fondo, è lunga a sufficienza.
Con un po’ di sforzo mi calo all’interno del pozzo e ne raggiungo il fondo. E’ un cumulo di piccoli sassi e detriti, completamente asciutti. Raccolgo gli occhiali da sole e me li infilo in tasca. Poi comincio a curiosare con lo sguardo tra i detriti. C’è anche della spazzatura. Alcune bottiglie di vetro, dei barattoli di latta completamente arrugginiti, un piatto di ceramica rotto, una sfera di pietra che identifico come una vecchia boccia e prendo in mano uno strano oggetto metallico, che riconosco immediatamente.
cazzo ci fa una pistola qua dentro?
La intasco e continuo la perlustrazione. Quando alzo gli occhi ad altezza d’uomo mi accorgo che nella parete del pozzo c’è un cunicolo, semicircolare, stretto, buio e con molte incrostazioni di calcare al bordo inferiore.
ecco da dove arrivava l’acqua
Ci infilo un braccio dentro e comincio a tastare le pareti interne con la mano.
Sento con i polpastrelli uno strano cordino, quasi una catenella metallica. La afferro e la tiro fuori. E’ una piccola catena metallica a cui è appeso un dischetto circolare con alcune lettere incise.
un piastrino di riconoscimento?
E’ incrostato, non si riescono a leggere le lettere stampate. Intasco pure quello e continuo ad osservare il buio cunicolo. E’ stretto ma non abbastanza per permettere ad un uomo di infilarsi dentro. Afferro la corda e torno alla luce del sole.
A pranzo racconto della visita alla mia casa a Serena.
- Ma sei pazzo? - risponde quasi gridando - E’ pericoloso! Potevi rischiare la vita!
- Serena… - replico calmo - dopo quello che mi è successo in Sudamerica, questo è il rischio minore.
- Non ci tornare più! - continua - Almeno finché l’avranno messa in sicurezza!
Non le racconto altro. Non mi è piaciuto il tono e le motivazioni con cui mi ha aggredito. Fino a prova contraria la casa è ancora mia, e ci vado quando mi pare e piace.
In serata mando un’altra mail a Ken per aggiornarlo sulla situazione. Gli esprimo anche i miei dubbi sul comportamento di Serena in questi giorni.
Ho un ricco programma per la nuova giornata e la inizio con la consueta visita all’Agriturismo dell’Acqua Calda per il caffè, le sigarette e un’informazione che voglio da Claudio.
- E’ ancora a Perugia il Tigre? Quell’amico di Giorgio che si interessa di militaria? - chiedo - Avrei bisogno di una consulenza.
- Certo! - risponde - Ma a quest’ora ancora dorme. Te lo chiamo più tardi e ti ci fisso un appuntamento. Non ti conosce, se lo chiami tu, si insospettisce. E’ sempre più paranoico.
Altro giro da concessionarie di auto usate per cercare un nuovo fuoristrada, quasi quasi un’altra Range Rover come quella che avevo. Ricevo la telefonata di Claudio, posso passare dal Tigre nel tardo pomeriggio.
A pranzo Serena mi domanda a bruciapelo.
- Non l’hai ancora chiamata Gabriella?
- Perché?
- Nulla… ti facevo più sveglio.
- Sono sveglio. Apposta che non la chiamo.
- Non ti piace?
- E’ molto carina, anzi, decisamente bella, ma… è il cognome che non mi piace. Ho avuto a che fare con sua zia, chi si scotta con l’acqua calda, poi, ha paura anche di quella fredda.
- Sei stato l’amante di sua zia?
- Macché! Sua zia mi voleva arrestare, credeva che avessi ucciso un trans, invece erano stati i Servizi per cui lavoravo. Un terribile equivoco.
- E già! Tu ci sguazzi in mezzo agli equivoci… - la battuta di Serena - Allora, non la chiami neppure per l’auto?
- Vedremo - taglio corto.
Comincio a sentirmi a disagio con Serena. Non le sta bene nulla di quello che faccio e non capisco il perché. Ho, poi, la sensazione che mi stia come controllando.
Nel pomeriggio faccio un salto dal Tigre. Mi presento e mi squadra da capo a piedi.
- Sei uno sbirro? - chiede.
- No. Tranquillo.
- Eri un amico di Giorgio?
- Neppure. Giorgio non l’ho mai conosciuto.
Mi guarda ancora più sospettoso.
- Eppure Claudio mi ha detto che eri amico di Giorgio.
- Si è sbagliato. Sono amico di Serena.
- Amico… oppure?  indaga curioso.
- Solo amico.
- Ma abiti con lei a Carpaneta.
- Esatto - rispondo - Vedo che hai preso qualche informazione.
- Serena non mi ha detto nulla.
- Serena non sa che sono qua e… non lo deve sapere.
- Perché? - ricompare lo sguardo sospettoso.
Gli appoggio sulla scrivania la pistola. - Per questo motivo. »-
La afferra prontamente e comincia ad osservarla con interesse.
- Revolver Enfield N. 2. Inglese. Gran bella pistola. Che fine ha fatto il calcio in legno?
- Credo sia marcito. Era in fondo ad un pozzo.
- Fai ricerche con il magnete? - domanda con occhi meravigliati.
- Cosa? No, l’ho trovata per caso. il pozzo ora è asciutto.
- C’era altra roba? - chiede con molto interesse, oramai si è sciolto, ha superato ogni diffidenza.
- Questo - porgendogli il piastrino ancora sporco delle incrostazioni.
Lo prende e gli fa una rapida radiografia con gli occhi.
- Niente magnete. Il piastrino è una dog tag inglese in fibra, la catenella è d’argento.
Il magnete non te l’avrebbe tirata su. Hai usato un metal detector? Hai trovato il corpo di un soldato inglese?
- Niente metal detector e niente cadavere - preciso - Queste sono le uniche cose che ho trovato dentro al pozzo.
- Guardaci meglio, ci sarà altra roba. Cosa vuoi?
- Vorrei capire che roba è e come mai erano nel mio pozzo.
- Quello che sono te l’ho detto. Se vuoi posso ripulire bene il piastrino e risalire al vecchio proprietario. Se è in vita glielo possiamo restituire, magari ci spiega pure cosa ci faceva la pistola là.
- Magari! Ma io non sono pratico di queste cose.
- Ci penso io, non ti preoccupare. Il piastrino lo restituiamo e la pistola me la tengo io.
- La pistola è tua - confermo e lo vedo sorridere di soddisfazione  - Ma me ne devi procurare un’altra.
Lo sguardo è tornato sospettoso.
- Non vendo armi - precisa.
- Lo so. Ma mi puoi procurare una pistola. Una SIG, una Beretta… vedi tu. Anche usata… con la matricola abrasa… vedi tu. Hai piena facoltà di scelta. Arrivo a spendere fino a 400 Euro.
- Cosa ci vuoi fare? Una rapina? Un omicidio?
- Niente di tutto ciò. L’ho portata per tutta la vita, ora non l’ho più, mi sento nudo… non so se capisci.
- Sei uno sbirro? - la sua risposta.
- Va bene - riprendo il revolver e il piastrino e me li infilo nella tasca - Scusa per il disturbo.
Faccio per andarmene, ma mi blocca.
- 400 Euro non bastano. Qualcosa ci devo guadagnare pure io.
- Ci guadagni l’Enfield. E quello che ancora potrei trovare.
- 700 e ti rimedio una SIG.
- 450.
- 600.
- 500.
- Vada per 500.
- Una P.210 calibro 9?
- Ex ordinanza. Probabilmente matricola abrasa.
- Non mi interessa - puntualizzo.
- Chiamerò Claudio appena so qualcosa - e capisco che la conversazione si è conclusa.
Altra mail notturna a Ken, con il biglietto da visita di Gabriella Mistretta in mano.
Ciao vecchia ciabatta.
Qua è la solita noia, purtroppo nulla di nuovo, comincio a rimpiangere la vita selvaggia della jungla amazzonica.
Ma, avrei bisogno di un piccolo favore.
Riesci a dare un’occhiata dentro al computer di questa fanciulla?
La sua mail lavorativa è
avrei bisogno di sapere che collegamento ha con Serena (sì! lei!)
C’è stato qualcosa di cui Serena è reticente, ne vorrei sapere di più perché la cosa, indirettamente, interessa anche me.
Già che sei, dammi anche una valutazione della persona che ti ho indicato, solo per una mia curiosità.
Come vedi qui le cose non sono molto chiare ma
nulla è come sembra…
Un abbraccio
Gatto

CINQUINA è sempre più perplessa

3 commenti:

  1. E siamo perplessi anche noi: l'editing di questo romanzo è veramente pessimo! Ma l'autore non lo sa che gli indirizzi mail hanno solo lettere minuscole?

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  2. Ma non rompete i coglioni che leggete gratis!

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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