DEBITI e PINELLE
(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
- 17° capitolo -
Che dire?
Ieri abbiamo avvistato un altro felino
sconosciuto affacciatosi in Colonia (probabile femmina, ma già adulta) che
alla vista del Capo è fuggito nel bosco. Non sappiamo se per paura o per le imprecazioni
del nostro umano. Non solo: i radar
uditivi del nostro umano hanno captato un miagolio sconosciuto e proprio mentre
cercava di individuare l’emittente è arrivata un’orda familiare a visitare la
Colonia. Una giovane coppia con 5 (cinque!) figli, tutti loro.
Dovrebbe essere allargato il concetto di
sterilizzazione…
17
Al mattino una gradita sorpresa mi accoglie: la
perturbazione è passata e il mare si è placato dopo la mareggiata del giorno
prima.
Ne approfitto per una salutare passeggiata
sulla spiaggia. Senza metal,
stavolta. Passeggiare in spiaggia dopo una mareggiata è un altro tipo di
ricerca piacevole. Il mare porta a terra di tutto -soprattutto spazzatura- di
ogni epoca.
E’ facile trovare vecchie e strane bottiglie
di vetro ancora integre, oggetti di tutti i tipi, ciottoli e piccoli legnetti
lavorati e levigati dalle correnti marine. Poi è un tipo di ricerca senza impegni:
puoi tranquillamente pensare ai cazzi tuoi mentre gli occhi mandano sguardi
sull’arenile come rasoiate, pronti a scorgere qualcosa di interessante. Questa
volta non sono solo, Misha mi ha seguito lungo tutto il sentiero che porta alla
spiaggia e cammina insieme a me ispezionando con l’odorato alcuni rottami
scaraventati dalle onde sul litorale.
Dopo un paio d’ore di lenta passeggiata, e
profonda meditazione, ho preso la solenne decisione: giocherò l’unica (preziosa) pinella in mano.
Torno alla mia capanna e tiro fuori un
telefonino, di tipo vecchio, quasi un reperto archeologico, con all’interno una
Sim Card intestata ad un prestanome.
Cerco nella rubrica del mio cellulare
ufficiale un numero telefonico e lo compongo con la reliquia.
- Pronto!
Non mi sembra di riconoscere la voce di chi
sto chiamando.
- Buongiorno. Sono Andrea Rossi. Ho chiamato
il Cardinale Benedetti?
- Sì. Sono il suo segretario. Sua Eminenza
ora è occupato. Se può riferire a me…
- Certamente! Dica a… Sua Eminenza che avrei bisogno
di un’informazione. Quando posso richiamare?
- Andrea Rossi ha detto? Appena possibile
riferisco a Sua Eminenza. Può chiamare nel pomeriggio.
- Grazie.
Invece, mentre sto scolando la pasta suona il
reperto. Rispondo.
- Pronti!
- Andrea, figliuolo, che piacere risentirti!
Come stai?
- Bene, Cardinale! O devo chiamarla Sua Eminenza?
- Chiamami come vuoi. Per gli amici sono
sempre il Cardinale Benedetti, per tutti gli altri sono il Segretario di Stato
di Sua Santità il Sommo Pontefice.
- Ha fatto carriera, eh?
- Succede… quando si hanno buone carte da
giocare. In cosa posso esserti utile?
- Una piccola informazione su un prete
benedettino.
- Monaco - mi corregge.
- Esatto, monaco. Si chiamava Michel Peruzzi,
poi gli era stato cambiato il nome d’arte in Miki Americano. Era italo-americano.
Alla fine del 1943 arrivò in Vaticano per trasferirsi, poi, all’Abbazia di
Montecassino.
- Un tempismo perfetto! - gli scappa la
battuta.
- Già. Dovrebbe essere morto non a
Montecassino, ma in un piccolo monastero in Umbria, nel giugno del 1944.
Desidererei avere tutte le informazioni possibili, pure il luogo della sua
sepoltura.
- Una richiesta strana. Cosa stai combinando?
- Una piccola indagine per un’amica.
- Ma non ti eri ritirato dal lavoro?
- Certo! Ora sono un misero pensionato.
- Già. Con una casetta al mare e che passa le
sue giornate a raccogliere monetine sulla spiaggia col metal detector.
mi
sorprende…
- La sento informato - dico.
- Che vuoi, figliuolo, anche io ho amici che
mi svolgono piccole indagini. Richiederò il fascicolo del monaco oggi stesso.
Ti farò sapere appena mi sarà possibile.
- Grazie, Sua Eminenza.
- Di nulla, figliuolo.
Il Cardinale Benedetti è un mio debitore. E
di un grosso debito. Ha avuto da me qualcosa che ha salvato il Vaticano e la
Curia romana da uno scandalo di proporzioni bibliche e, con quella cosa, è riuscito ad occupare la
poltrona più alta, dopo quella del Papa.
La pasta si è scotta, pazienza.
Mangio con poco gusto e, prima del doveroso
pisolo, sistemo le prede della mattinata sullo scaffale dedicato.
Due bottiglie, forse non molto vecchie ma
particolari, vanno a fare compagnia alle altre trovate dopo le mareggiate
subite da questa parte di litorale.
Poco prima delle 19 suona il reperto della
telefonia mobile.
- Pronti!
- Andrea, figliuolo, sono sempre io. Ho
quello che cerchi, ma…
- Ma?
- Vista la delicatezza dell’argomento,
proporrei di incontrarci personalmente per parlarne.
???
- Delicatezza?
- Non mi cadere dalle nuvole, sai benissimo
che è una storia particolare! Vorrei saperne pure io qualcosa in più.
- Devo venire in Vaticano?
- Non c’è bisogno, anzi, proporrei di
evitarlo. Domani mattina raggiungo la mia residenza a Sutri. Ti aspetto là, vieni a colazione.
- Ci sarò. Cardinale…
- Sì, figliuolo?
- Non mangio carne.
- Male. Ma non credo ci siano problemi.
Sono contento di fare questo piccolo viaggio
per tre motivi.
Il primo è vedere personalmente la residenza
dove abita il Cardinale, pardon: il Segretario di Stato di Sua Santità il Sommo
Pontefice.
Da quello che predicano i seguaci del
Vaticano, in fatto di uguaglianza e di dividere i propri beni con chi è più
sfortunato, dovrebbe vivere in una baracca o, al massimo, in un appartamento di
un condominio popolare.
La residenza di Sutri del Cardinale Benedetti
(scopro, poi, essere solo una delle cinque che possiede) è una villa
seicentesca su tre livelli con otto ettari di parco (curatissimo) dai numerosi
giardinieri al suo servizio, terme private, scuderie per i purosangue e un
salone per esporre la nutrita collezione di opere d’arte.
Il secondo motivo sarebbe di tornare, dopo
lungo tempo, a visitare la graziosa cittadina etrusca: purtroppo non ne avrò il
tempo necessario.
Ma la ragione più importante è quella di verificare lo stato di salute
della Regina dopo la cura del Dottor Michele.
Il viaggio di andata lo compio con un certo
timore; la prudenza non è mai troppa.
Verificato che i problemi di surriscaldamento
del liquido refrigerante sono scomparsi, al ritorno comincio a tirare il collo al motore.
(I risultati me li consegnerà, un mese dopo,
la postina: due autovelox per un totale
di 1.380 Euro, 16 punti in meno nella patente e il ritiro della stessa per 12
mesi. Affiderò i verbali ad Irene incaricandola di
saldare le mie pendenze con lo Stato Italiano; nulla è dovuto: ho sancito).
Di rivedere il Cardinale Benedetti,
sinceramente, non me ne frega una sega: è profittatore e arrivista come un
comune mortale in carriera. Una di quelle persone che fa bene conoscere per non
cercare di assomigliarle.
Quando ci sediamo a tavola noto (con
soddisfazione) che problemi con il cibo non ce ne sono: il cuoco personale del
Cardinale Benedetti ha sfornato antipasti e primi con e senza carne, nonché una
nutrita scelta di contorni a base di formaggi e verdure.
Dopo il pasto ci ritiriamo nello studio, per
il caffè. Il segretario ci segue. Appoggiata la preziosa tazzina di maiolica
decorata con fili d’oro zecchino, il Cardinale comincia a parlarmi.
- Caro Andrea, non è stato semplice come
credevo ottenere il fascicolo personale di Michel Peruzzi, alias Miki
Americano, ma ci sono riuscito e come pure ad ottenere informazioni -diciamo coperte da un certo riserbo-
dal mio collega che sovrintende
l’Intelligence dello Stato Vaticano. La faccenda è piuttosto complessa. Il
fascicolo non può uscire dalle mura vaticane, mi sono preso pochi appunti: solo
per le informazioni di dominio pubblico.
Lo ascolto con attenzione.
- Michel Peruzzi, nato a Baltimora (Stati
Uniti), il 6 aprile 1923 dalla Marchesa Elena Peruzzi de’ Medici e padre
ignoto. La giovane Marchesa era una donna spregiudicata, una poco di buono, per
dirla in termini attuali una che… la dava
a cani e porci - il Cardinale si interrompe per un breve sorriso.
Sorridiamo pure io e il segretario.
- Dicevo… Michel rimane orfano all’età di tre
anni e viene accolto in un orfanotrofio. All’età di sei anni viene trasferito
in un convitto dell’Ordine Benedettino. Il giovane Peruzzi è un ragazzo dal carattere forte e un
lavoratore: eccelle negli studi di teologia e lingue straniere. Oltre
all’inglese (la sua lingua madre), parla correntemente l’italiano e il tedesco,
nonché il latino, come da prassi comune. Prende i voti e chiede di poter
prestare la sua opera di monaco missionario in Italia al seguito delle truppe
alleate ma il suo protettore in Vaticano, quel volpone del Cardinale Antonello
Bernini, mette il veto. In Italia: sì, ma in un monastero. Il Cardinale Bernini
è un vecchio amico della famiglia Peruzzi de’ Medici e segue, dietro le quinte,
prima le scelleratezze della Marchesa Elena fuggita in America, poi si preoccupa
del figlio Michel.
Fa un attimo di pausa per prendere una
sigaretta. Compie il gesto di offrirmene una. Rifiuto. Il segretario gli porge
un pesante accendino d’oro e fa scoccare la scintilla che incendia il gas.
- Il Cardinale Bernini lo spedisce all’Abbazia
di Montecassino, luogo ritenuto sicurissimo, anche se il fronte di guerra è
proprio là sotto. E qui entra in giuoco il lavoro dell’Intelligence vaticana. Non
ci crederai, caro figliuolo, ma Michel Peruzzi fu la causa della distruzione
dell’Abbazia di Montecassino.
???
- Fonti dei servizi segreti militari
americani ce lo hanno confermato – prosegue - Il monastero non doveva essere
bombardato, il generale americano Clark si era espresso fermamente in tal senso
ma il generale inglese Alexander lo pressava per un’azione decisa che avrebbe
permesso lo sfondamento della Linea Gustav. Clark rimase della sua idea, poi
cedette alle insistenze del generale inglese ma solo per un’azione dimostrativa,
con pochi aerei, da effettuarsi il 14 febbraio. Michel doveva arrivare a
Montecassino la sera del 13 febbraio. Per un banale contrattempo durante il
viaggio il suo arrivo slittò di un giorno. Alexander sospese l’azione
dimostrativa, dicendo di aspettare una notizia importante. Ma era una balla.
Balla che vendette, poi, agli americani la sera stessa: all’interno del
monastero c’era in visita il feldmaresciallo Albert Kesselring, il comandante
delle truppe di occupazione tedesche in Italia. Alexander chiese un massiccio
bombardamento del monastero per la mattina stessa, l’Abbazia doveva essere rasa
al suolo! Perché tutto ciò? La sera del 14 febbraio era arrivato al monastero,
stanco e affamato, il monaco Michel Peruzzi e il generale Alexander era stato
puntualmente avvertito da qualcuno. Perché tutto questo interesse a un giovane
religioso italo-americano?
- Perché si chiamava Peruzzi de’ Medici ed era
l’ultimo erede maschio del Casato in grado di esigere la restituzione del debito
che la Casa Reale Inglese aveva contratto con i Peruzzi nel XIV secolo - lo
anticipo - La Casa Reale Inglese lo voleva morto. Anche se il fatto che sia
stato la causa della distruzione dell’Abbazia di Montecassino mi sembra assurdo.
- Ahh! - esclama il Cardinale - Ne sei
informato! In quale pasticcio ti sei cacciato questa volta?
- Nessun pasticcio, Eminenza. Devo solo
assolvere l’ultimo desiderio di una persona deceduta.
- Chi era?
- La Marchesa Adalgisa Peruzzi de’ Medici.
- Quella vecchia pazza! La conoscevi?
- Sì - mento.
- Va bene. Mi basta, sono affari tuoi. Allora…
la mattina del 15 febbraio 250 aerei americani, in vari attacchi, rasero al
suolo l’Abbazia. Tanti morti tra i civili rifugiati e i monaci ancora presenti.
Michel si salvò e venne condotto dai tedeschi al sicuro. Papa Pio XII chiese
immediatamente spiegazioni al presidente americano Roosevelt e, quando le ottenne,
gli fece fare la figura del peracottaro.
“Gli inglesi ti hanno preso per i fondelli,
caro mio zoppetto! Quel giorno Kesselring era a Roma!” gli avrà detto. Poi, una
fitta collaborazione tra i servizi segreti americani e vaticani per spiegare la
situazione. Gli americani si erano incazzati
- non poco: radere al suolo uno dei maggiori luoghi sacri della cristianità per
uccidere un loro connazionale! Poi, la figura di barbari distruttori fatta in
tutto il mondo! Decisero di far pagare il conto agli inglesi. Michel, intanto,
tornò a Roma e si incontrò con suo zio (il Marchese Ottaviano), e il suo
protettore (il Cardinale Bernini), che gli spiegarono i fatti e lo pregarono di
rimanere al sicuro, tra le mura vaticane. Ma Michel era un giovane di polso,
con un carattere fortissimo e rifiutò. Era venuto in Italia per fare il
missionario e non per stare dentro una stanza in Vaticano! Volle andare in un
altro convento. Il Cardinale Bernini lo avrebbe accontentato a patto di
accettare di cambiare il suo nome con quello di Miki Americano, acconsentire alla
destinazione nel piccolo monastero di San Romualdo sulle montagne umbre e
venire accompagnato da un altro giovane monaco, Antonio Misurata da Barletta,
che lo avrebbe dovuto proteggere.
- Antonio Misurata da Barletta? - chiedo.
- Sì. Un giovane sveglio e istruito dai
nostri servizi segreti. Altro capitolo e altra scena: il giorno stesso della
partenza da Roma dei due giovani monaci per la nuova destinazione, atterrò a
Foggia un bombardiere inglese che - disse il comandante pilota - aveva smarrito
la rotta al rientro da una missione sulla Germania. Dal bombardiere sbarcarono
tre militari che vennero subito imbarcati su auto civili e portati via da
uomini dei servizi segreti militari inglesi. Gli americani aguzzarono gli occhi
e presero informazioni. Vennero a sapere che quello era il commando inviato per
uccidere Michel Peruzzi - anzi Miki Americano - al suo arrivo al monastero
umbro. Raccolsero tutte le informazioni possibili e la notte in cui il commando
avrebbe dovuto agire mandarono un loro caccia ad intercettare l’aereo degli
inglesi e ad abbatterlo. Uno a uno: palla al centro!
Annuisco e faccio il sorriso sornione di chi
già conosce la storia.
- Ma gli inglesi non erano meno furbi degli
americani – continua - avevano preparato un piano di riserva nel caso che
l’azione notturna fosse fallita. La mattina dopo, da un aeroporto greco,
decollarono 3 bombardieri britannici con il compito di distruggere il piccolo
monastero umbro. E ci riuscirono provocando la morte di quasi tutti gli
occupanti. Ne uscirono vivi solo tre monaci: un anziano del monastero rimasto
invalido e rimbecillito, morto pochi anni dopo, e i due giovani Antonio e Michel.
Michel era ferito gravemente e morì durante il trasporto all’ospedale di
Gubbio. Il suo corpo venne preso in consegna dai monaci camaldolesi del
monastero di Fonte Avellana e lì tumulato.
- E Antonio Misurata?
- E’ sopravvissuto. Dopo anni di
pellegrinaggi e missioni ha scelto proprio Fonte Avellana per godersi la sua vecchiaia.
E’ sufficiente?
- Direi di sì. Michel Peruzzi è sepolto a
Fonte Avellana, allora!
- Sì, figliuolo. Naturalmente, ora, mi sento
sollevato dal pesante obbligo che avevo nei tuoi confronti.
- Sicuramente, Eminenza. Ma desidererei un
ultimo piccolo favore.
- Dimmi, se mi fosse possibile…
- Visitare la tomba di Michel Peruzzi a Fonte
Avellana.
- Per quale motivo?
- Vorrei lasciarvi il diario delle memorie di
suo zio Ottaviano.
- Giusto - commenta il Cardinale - questa
storia è oramai conclusa. Sarebbe bene non lasciare debiti in giro e restituire
ogni cosa a chi la desidera.
Assorbo il velato consiglio e annuisco.
Il Cardinale fa un gesto al segretario che si
allontana e torna dopo pochi minuti con una notizia.
- L’abate Antonio Misurata sarà lieto di
riceverla al monastero lunedì prossimo alle 11.
- Grazie.
Prima di andarmene stringo la mano al
Cardinale.
- Eminenza, mi ha reso un grosso favore, la
ringrazio.
- Ho solo saldato un debito, figliuolo. Non
sono mica inglese, io! – sorridendo.
Poi prosegue - Ricordati che tu ne hai ancora
uno grosso con Dio.
- E non è il solo, Eminenza - rispondo.
- Non mi dire altro. Fai buon viaggio.LASER, uno degli ultimi arrivi, mentre viene strangolato dal Capo |
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