DEBITI e PINELLE
(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
- 13° capitolo -
- Non ti puoi distrarre un attimo che…
zacchete! – smadonna ORFEO incazzato come un riccio.
Si riferisce a domenica scorsa, mentre
eravamo sul solarium a leggere qualcuno è penetrato furtivamente in colonia
appoggiando dentro la cuccia esterna di BARTOLOMEO tre batuffoli di peli
somiglianti a piccoli felini.
Solo PIUMA se n’è accorta ma, invece di
fotografarli e prendere il numero di targa dell’auto, si è messa di guardia
alla cuccia per evitare che i piccoli venissero disturbati.
Il problema è sorto nel pomeriggio,
all’arrivo del Capo. Durante il consueto controllo cucce per vedere se ci fosse
il cadavere di qualche bestia o un clandestino nascosto si è pietrificato alla
vista dei tre microbi. Li ha messi in sicurezza senza proferire parola poi, il
giorno successivo, sono cominciati gli interrogatori e i cazziatoni.
- Sarebbe meglio che controllaste il
territorio invece di fare gli intellettuali in cima alla casetta! – il solenne
rimprovero. La punizione è giunta sabato: - Il Bundy è terminato – ha detto – Se
avete fame mangiate quello che c’è, altrimenti continuate a nutrirvi di
cultura! Oziosi e incapaci che non siete altro!
Ma dalla Reggia è arrivata la mail
dell’Avvocato SERPOTTO:
- Emergenza! Bundy terminato, allertare
INTREPIDO e i suoi scagnozzi per una razzia alla VBB stanotte. Al camion per il
trasporto ci pensiamo noi alla Reggia.
Pronta è arrivata la risposta via web: -
INTREPIDO attualmente in ferie (a Rebibbia). Non si potrebbe mandare il Capo
col suo passamontagna nero?
13
Serena ci accoglie sul piazzale davanti al
borgo. E’ bella e sorridente come sempre. Forse, in questi tre anni, ha messo
su qualche chiletto; ma non le sta male.
Baci, abbracci, sorrisi e risate mentre i
colori dell’autunno di Carpaneta ci avvolgono. Anche Catia rimane estasiata nel
vedere le macchie di vegetazione gialla, arancione, vinaccia e marrone chiaro
tra il verde prepotente delle chiome dei lecci. La ciliegina sulla torta è
messa dai frutti rossi dei lellaroni (corbezzoli in italiano), ma a Carpaneta
si chiamano così.
L’esterno delle case è sempre impeccabile,
pulito e ordinato, di un ordine che non sa di artificialità.
- Vi ho lasciato la matrimoniale nella casa
torre - dice Serena sorridendo.
- Corrono le voci, vedo - mormoro.
Arrivati in camera porto Catia sul tetto
terrazzato della casa torre ad ammirare il panorama. Si scorge, tra un po’ di
foschia, una bella fetta di Umbria.
- E’ meraviglioso! - fa Catia - Vedo che
conosci bene la casa.
- Ci ho abitato per più di due anni in tre
momenti distinti.
- Abitavi con Serena? Vuoi dire che tu e lei…
- No. Ognuno per affari suoi. Serena mi ha
ospitato perché dovevo nascondermi e perché la mia casa era rimasta danneggiata
dal terremoto.
- Avevi una casa qua?
- No, a Migiana. Un paesino poco distante.
- E ora? La casa?
- L’ho ceduta a Serena.
Catia mi guarda perplessa e dubbiosa, ma
stavolta le ho detto la verità.
- Allora vorrai farci un salto per rivederla!
- Non lo so. Forse no - Altra verità.
Scendiamo a pranzo nella grande cucina
dell’appartamento di Serena. Finito di mangiare, tra chiacchiere, tartufo nero
e vino rosso, la padrona di casa ci versa il caffè. Lo bevo tutto di un fiato.
Catia si accende l’immancabile Winston. Serena ci passa due portacenere, il mio
lo allontano e la informo - Ho smesso.
- Bravo! – esclama - Finalmente ce l’hai
fatta!
- Forse…
Mi alzo da tavola - Scusa Serena, faccio un
salto alla collinetta - mi allontano.
La mia mente già immagina cosa sarà
l’argomento principe di conversazione durante la mia assenza:
«Cos’è
la collinetta?» chiederà Catia a Serena.
«Il
cimitero degli animaletti di Carpaneta. C’è sepolto pure Ughetto».
Si
alzeranno da tavola, andando nel grande salone dove Catia scorgerà il ripiano
delle fotografie incorniciate dove ne sono presenti due che mi ritraggono: una
con Ken, mentre gli sto dando del coglione e la famosa foto con Ughetto in
braccio.
«Com’è
morto Ughetto?» domanderà.
«L’hanno
ucciso», risponderà piano Serena.
«Un’auto?»
«No».
Catia
chiederà chiarimenti.
«Te ne
parlerà Andrea, se e quando vorrà».
«E
questo?» farà Catia indicando Ken. «Chi è?»
«Ken.
Il suo compagno d’avventure. Ora vive in Amazzonia. Anche questo è un argomento
troppo delicato: aspetta che te ne parli Andrea».
«Qual è
il mistero che avvolge Andrea?»
«Nessun
mistero», risponderà Serena. «Andrea ha avuto molte avventure e disavventure.
Per non crearti inutili pregiudizi è bene che sia lui a parlarti di se stesso».
«Di
questo passo dovrei campare altri cento anni».
«Porta
pazienza».
Sulla collinetta sosto una decina di minuti
davanti alla tomba del povero Ughetto, Serena ha voluto che lo seppellissi
accanto a Pogo: il cane di Giorgio Gaddi, più di un cane un fratello direi, da
quello che so.
Non riesco a trattenere delle lacrime,
salate, che mi solcano il viso e si fermano agli angoli della bocca.
Avrei tanto bisogno di una sigaretta. Anzi!
Vorrei rimanere qua tutto il giorno con un pacchetto di sigarette in tasca.
Appoggio sulla tomba di Ughetto un ciottolo
rosso raccolto in spiaggia e conservato perché mi ricordava il colore del suo
pelo e con lo stomaco in subbuglio ritorno verso la casa.
Penso un attimo a Misha e ai suoi micetti:
non vorrei soffrire per la loro perdita come è stato per Ughetto.
Cerco di cancellare le tracce del pianto e mi
ripresento alle due fanciulle ma dalla loro espressione capisco di non avere
cancellato abbastanza bene.
- Se siete d’accordo, poi vi accompagno alla
nuova struttura sanitaria di “Progetto Pogo” - dice Serena.
“Progetto Pogo” è il nome dell’associazione
animalista che presiede, voluta e fondata da Giorgio Gaddi in memoria del suo
fratello-cane.
- Non posso – rispondo - più tardi ho un
appuntamento dalle parti di Gubbio per quella famosa indagine.
- Pazienza - ancora Serena - Ti volevo far
vedere come ho utilizzato quei soldi.
E, rivolgendosi a Catia - Porta gli strumenti
che mi dai una controllatina a quei tre gatti.
Dopo un quarto d’ora sono in marcia verso
Gubbio. Ho tutte le indicazioni necessarie per raggiungere la casa
dell’inglese. Infatti , mi perdo due volte.
maledette
indicazioni stradali!
Dopo la grande cava di pozzolana a lato della
SS. 452 giro a destra imboccando la vecchia strada della Contessa: quella non
asfaltata che supera tutte le colline in un continuo saliscendi con strappi
anche impegnativi. La Regina comincia ad accusare il colpo e vedo l’indicatore
della temperatura del liquido di raffreddamento salire in maniera preoccupante.
Spengo subito il climatizzatore e la lancetta torna verso il basso.
Finalmente, dopo il valico di due colline,
intravedo la casa in cima ad un poggio.
casa un
cazzo!
Un villone fine ottocento con un lungo viale
di cipressi che parte dalla strada e arriva a cento metri dalla reggia.
Suono il campanello a fianco del pesante
cancello di ferro battuto. Dopo alcuni istanti, con lentezza, si apre. Arrivo
sul piazzale davanti alla casa e dalla scalinata che porta all’ingresso scende
una signora, sulla sessantina abbondante e una mole non indifferente, vestita
con eleganza. Mi accoglie cordialmente.
- Margaret Hawtin-Sutton, piacere!
- Andrea Rossi, il piacere è tutto mio.
Ci accomodiamo in un vasto salone e
l’ingombrante signora fa un gesto ad una cameriera che ci porta un vassoio di
argento con due tazze di porcellana e una teiera abbinata.
C’è anche un piccolo piatto con dei
pasticcini.
- Latte o limone? - chiede la matrona.
- Limone, grazie.
Lei, invece, si versa del latte e, finito il
rito delle cinque del pomeriggio, comincia ad indagare - Non l’ho mai visto a
tornei di burraco.
- E’ poco che gioco e non mi piace viaggiare.
- Giocare insieme a Catia è una grande
responsabilità.
dimmelo
pure! tanto sto poco in ambascia!
- Non le piace viaggiare – continua - però
ora è qua. Gioco, amore o qualcos’altro?
- Qualcos’altro - appoggiando sul tavolino il
volume rilegato in pelle.
- Posso? - fa.
Annuisco. Lei lo prende tra le mani, legge il
titolo, lo apre scansando il segnalibro sul tavolo e scorre rapida delle
pagine.
- Incredibile! - mormora.
- Cosa?
- Non credevo ne esistessero altre copie in
circolazione. Questa poi…
- Poi?
- E’ rilegata.
- Cosa?
- Il libro è stato ricopertinato e rilegato
in pelle. Mi scusi un istante.
Si alza ed esce dal salone.
Dopo un paio di minuti torna con un volume in
mano.
- Ecco! - dice porgendomelo - Questo è il
libro in edizione originale.
Lo apro e leggo le prime pagine.
- Littorina Editrice – Firenze – Prima
edizione 1951 –Stampato presso Tipografia Giannelli – Città di Castello –
ottobre 1951 (come il mio). Questa è una delle poche copie scampate al
sequestro? - domando restituendoglielo.
- La vedo informato - sottolinea.
- Sono qui proprio per questo. Desidererei
sapere perché il libro è stato sequestrato prima in Inghilterra e poi in
Italia.
- Come mai?
- Sto svolgendo un’indagine su alcuni fatti
poco noti successi in Italia nella seconda guerra mondiale. Tra questi lo
strano bombardamento di un piccolo monastero benedettino qua vicino. Suo padre
ne parla nel libro e lo collega -almeno lo fa intendere- ad una sua missione
fallita, l’ultima.
- Fonti ufficiali dicono che l’ultima
missione di mio padre è stata in Francia durante lo sbarco alleato - precisa.
- Lo so. Negli archivi del SOE non c’è
traccia di questa missione in terra italiana.
- E’ arrivato addirittura là? - fa
meravigliata.
- Non ci vuole tanto – bluffo - ora
l’archivio è di libero accesso.
- Non saprei cosa dirle.
- E’ possibile che suo padre si sia inventata
la missione fallita in Italia?
- Lo ignoro, ho conosciuto poco mio padre.
Ero ancora piccola quando è morto.
- E sua madre? Qualcosa le avrà raccontato!
- No. Dopo il ritiro dei libri dal commercio
non ha più voluto parlare della vita militare di mio padre. Anche lei,
comunque, lo aveva conosciuto a guerra finita.
- Sua madre ha lasciato degli appunti o un
diario che possa aiutarmi?
- Non credo, ma posso informarmi con mio
fratello. George è il primogenito, è lui che ha curato tutti gli interessi dopo
la morte di nostra madre.
- Dove lo posso trovare?
- Attualmente a Singapore, un po’ fuori mano.
E’ un addetto all’ambasciata inglese.
- Allora, se mi potesse fare la cortesia,
quando ne avrà l’occasione…
- Certamente! Ma vorrei chiederle un favore.
- Dica.
- Quando avrà finito la sua indagine, può
cedermi questo libro? Così rilegato è veramente bello e ne vorrei conservare
una seconda copia da regalare a mio fratello.
- Non glielo prometto, ma vedrò di fare il
possibile. Un’ultima domanda. Perché -secondo lei- sono stati ritirati i libri?
- Perché c’erano nomi e riferimenti a persone
ancora in servizio presso lo MI-6, così ci hanno detto.
- Ok. Grazie per la disponibilità.
- Di nulla. L’aspetto domani pomeriggio per
il torneo.
Dajee!
Prendo il libro in mano e faccio per
andarmene ma la matrona mi blocca - Aspetti! Ha dimenticato questo - Mi porge
il segnalibro che era rimasto appoggiato sul tavolino.
- Grazie - rispondo e lo infilo di nuovo tra
le pagine del volume.
- Potrei avere un suo biglietto da visita? -
chiede.
La accontento. Apro il portafoglio ed
estraggo un vecchio ed ingiallito cartoncino da visita; sono tre anni che non
ne uso più.
- OSI – Oleg Scotti Investigazioni - legge ad
alta voce - Perugia.
- Non è esatto – correggo - Quello è un
vecchio biglietto, quelli nuovi li ho terminati. Ora abito a Marina di
Grosseto, non più a Perugia, ma ho sempre lo stesso numero di cellulare.
- Mi sembrava strano. Comunque la contatterò
appena avrò parlato con mio fratello. Lei si ricordi del libro, mi farebbe
veramente piacere avere anche quella copia.
Annuisco e, con pigrizia, me ne torno senza
un cazzo tra le mani, tranne l’impressione che l’inglese non mi abbia
raccontato tutto, a Carpaneta.
La sera, durante la cena, Catia comincia a
giocare all’attacco.
- Ho saputo da Serena che hai fatto
un’importante donazione alla sua associazione.
- Sì. 100.000 Euro e 100.000 a Ken per realizzare
il suo progetto e altri 50.000 alle missioni di Don Nello Benizzi in Africa.
- Tanti soldi, come mai?
- Erano sporchi di sangue, non li volevo per
me, così si saranno ripuliti - troncando un discorso che non mi va di
affrontare.
Catia capisce e quando, dopo il caffè, si
accende la sua Winston, passo nel salone a curiosare tra i libri esposti sui
grezzi scaffali di quercia invecchiata.
Mi fermo alla vista di un titolo: Giovanni
Arcamone “Silenziosi sentieri”.
quello
della citazione su Internet!
Lo prendo, mi siedo in poltrona e comincio a
scorrere le pagine fino a quando trovo ciò che mi interessa: la visita alle
rovine del monastero di San Romualdo.
C’è tutta la descrizione dei sentieri da
percorrere per arrivarci e un breve cenno della sua storia fino al fatidico
giorno del bombardamento: il 1° giugno 1944. Arcamone descrive pure il
paesaggio vicino alle rovine e, in un passo, riesco ad immaginarmi il campo su
cui doveva atterrare l’aereo inglese.
- Cosa fai? - chiede Catia.
- Mi documento per la scampagnata di domani
mattina.
- Non vieni con noi alla struttura sanitaria?
- domanda Serena.
- A veder operare felini? No, grazie, voglio
togliermi una curiosità. Ce l’hai una cartina dettagliata della zona di
Pascelupo?
- Basta chiedere - risponde Serena e comincia
a trafficare dentro il cassetto di un mobile - Qui ci sono tutte le cartine che
Giorgio utilizzava per andare a cercare col metal detector. Ci fosse stato lui
ti avrebbe accompagnato senza bisogno di nessuna cartina. Gualdo Tadino,
Gubbio, Scheggia… Pascelupo e Isola Fossara! Eccola qua!
E’ una vecchia cartina del CAI di Gubbio in
scala 1:25.000, come le carte IGM. E’ logora e bucata agli angoli di alcune
piegature, segno che è stata utilizzata molto.
Ringrazio e riprendo la lettura del libro, ma
vengo interrotto da Catia.
- Ho chiamato Stefania. Misha e i micetti
stanno bene. Mangiano come lupi. I micetti è ora di sverminarli.
- Mangiano i vermi?
- Idiota… - il commento all’unisono di Catia
e Serena.
In quel momento entrano nel salone una splendida
gatta a pelo nero con un gattone tigrato ancora più bello.
- Scirè! Paperino! Bentornati! - li accoglie
Serena.
I due mici miagolano qualcosa poi cominciano
a strofinarsi le teste tra loro e il tigrato lecca il muso alla nera.
- Sono marito e moglie? - domando sarcastico.
- No - risponde Serena - mamma e figlio.
PIUMA sempre vigile! |
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