DEBITI e PINELLE
(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
- 12° capitolo -
Piove, esce il sole e piove ancora:
quest’anno la stagione della caccia alle lucertole è andata a puttane. ATTILA è
triste e sconsolata, ORTICHINO è partito per un safari promettendo che sarebbe
tornato con il carniere pieno; sono dieci giorni che latita. In compenso
SCHIZZETTA si è nuovamente trasferita in Colonia; con il colore del suo
mantello e la proverbiale vista imperfetta di ORTICHINO non voleva finire
dentro al carniere.
Gatto che va, gatto che viene…
12
La sera stessa ricevo la visita, inaspettata,
di Catia con una notizia bomba.
- Margaret Hawtin-Stutton! - fa raggiante -
Ti dice nulla?
- No.
- I cognomi che mi hai detto ieri sera non mi
erano nuovi e ho fatto una piccola ricerca. Margaret è la figlia del sergente e
di Claire Stutton! - fa con il sorriso che le rende ancora più bello il viso.
- Chi te lo ha detto?
- Lei stessa!
Rimango paralizzato.
- La conosci?
- Sì. E’ una giocatrice di burraco e la
presidentessa del circolo “I Ceri Mezzani” di Gubbio. L’ho incontrata diverse
volte al tavolo, una buona giocatrice. L’ultima volta, a Firenze, abbiamo
cenato assieme e ci siamo scambiati i numeri di cellulare. Stamattina l’ho
chiamata.
- E cosa le hai raccontato? - l’espressione
del mio viso comincia a virare sull’incazzato mosso.
- Che un amico -giocatore pure lui- mi ha
raccontato che sta scrivendo un libro di storia su un fatto poco conosciuto
della seconda guerra mondiale e ha fatto il suo cognome. Praticamente l’ho
chiamata per sapere se lei fosse una parente e, nel caso, ti potesse aiutare in qualche modo.
- E?
- Ha detto che ci aspetta sabato prossimo a
Gubbio e ci ha invitati al torneo regionale che ha organizzato all’”Ikuvium
Park Hotel”. Ma non mi sembri particolarmente contento.
- Non lo sono. Avrei preferito saperlo prima
e che non ti fossi esposta in prima persona senza istruzioni da parte mia.
Stiamo svolgendo un’indagine su una cosa poco chiara che non sappiamo ancora
dove ci può portare. In poche parole hai corso un inutile pericolo e rischiato
di mandare a puttane tutto.
Il sorriso di Catia scompare e fa posto a un
motto di stizza non represso.
- A burraco sei tu che insegni e io ti seguo
- rincaro la dose, - nell’indagine è l’opposto. E l’indagine è più pericolosa
di un mazzo di carte.
- Parla l’uomo navigato - esclama.
- No. Parla l’uomo che ha beccato cinque
pallottole per aver sbagliato una valutazione in un’ indagine e ha rischiato la
vita anche tre anni fa per aver sottovalutato un’azione.
- Cos’è successo tre anni fa?
- Qualcosa per cui ora sto qua - dico senza
spiegare - Ora raccontami tutto di nuovo e -parola per parola- quello che vi
siete dette al telefono.
Come avevo pronosticato è comparsa una donna
e sono ricominciati a guai.
Il giorno successivo comincio a prepararmi
mentalmente l’incontro con la figlia del sergente. Non vorrei scoprire troppo
le carte, ma ho l’impressione che, oramai, Catia abbia già fatto la frittata.
Telefono pure a Serena, chiedendole asilo per
un paio di giorni a Carpaneta e informandola di essere tornato a fare indagini.
La sera prima della partenza ricevo la mail
che aspettavo da Ken.
“
Notizie fresche fresche dagli archivi del SOE,
mio
benefattore!
Eccoti
i 7 fascicoli in file zippati delle missioni
del
Sottufficiale Lionel Hawtin.
Gli ho
dato una sbirciata ma non ho trovato
nessuna
missione in Italia.
Era
quella che volevi, no?
Forse
l’ultima cartella è quella relativa.
Il problema
è che il file negli archivi riporta solamente
il
numero della missione e la dicitura
“Fascicolo
trasferito all’Archivio della Casa Reale, 10 maggio 1947”.
Buon
divertimento!
Ken”
Apro i file e li decomprimo. Inizio la loro
lettura.
Sono le missioni già menzionate nel libro,
solo con più riferimenti e dettagli.
L’ultimo file riporta quello che mi ha
scritto Ken.
missione
misteriosa…
Prima di addormentarmi faccio il punto della
situazione.
E’ quella la missione che mi interessa,
sicuramente contiene la famosa chiave che non trovo.
La mattina dopo, prima di passare a prendere
Catia, rileggo velocemente il capitolo del libro relativo alla missione del
monaco: ancora buio pesto. Metto il libro dentro il cassetto portaoggetti .
Puntuale alle 8,00 passo a prelevare Catia
sotto casa che si presenta con un borsone e due pesanti valige metalliche.
???
Infilo le valige nel bagagliaio della Range e
Catia fa ammirata - Però! Ce n’è di spazio nell’ambulanza!
Non reagisco alla provocazione anche perché
ho una piccola punta di preoccupazione per la Regina. Nelle ultime due
settimane il liquido del circuito di raffreddamento ha bollito due volte.
Michele, il meccanico di Marina, ha detto che
forse il giunto viscoso della ventola di raffreddamento è andato o, più pessimisticamente,
una delle due testate crepate.
Fatto sta che non sono per niente tranquillo
ad affrontare il viaggio e la prospettiva di finirlo su un carro-attrezzi pende
su di me come la spada di Damocle.
Come Catia sale a bordo fa - Ti devo
confessare una cosa. Mi sento a disagio a viaggiare su quest’auto.
- Perché? - faccio meravigliato.
- E’… come dire, troppo vistosa.
- Troppo vistosa? E il tuo cassonetto
catarifrangente, allora?
Si incazza immediatamente e mette il muso.
Fortuna che al chilometro 8,600 facciamo la prima tappa per comprare le
sigarette, quasi terminate. Per punirmi dell’offesa arrecata alla sua zucca a
quattro ruote Catia accende una Winston appena seduta sul sedile senza chiedere
il minimo permesso.
cominciamo
bene…
Poi, ripensandoci, al chilometro 22,160 si
ammorbidisce e mi regala un complimento - Però è comoda. Sembra di viaggiare su
una nuvola.
Le sospensioni pneumatiche apprezzano e, dopo
il solito gioco di lampeggiamenti dei led arancioni, si posizionano in modalità
autostradale.
- Cosa succede? - chiede Catia.
- L’auto ha capito di viaggiare in
superstrada e ha abbassato le sospensioni - rispondo con tono orgoglioso, come
se avessi un figlio genio che va a ritirare il premio Nobel.
Il viaggio scorre tranquillo fino a quando arriva
la domanda che rovina tutto.
- Cosa facevi in Sudamerica?
- Mi occupavo di piantagioni - regalandole la
classica mezza verità.
- Non sapevo che fossi un agronomo!
- Non lo sono. Sono laureato in psicologia,
in sociologia e in scienze comportamentali - Stavolta è la verità.
- Ah! - fa meravigliata - E cosa coltivavi in
Sudamerica, banane?
- Coca - rispondo serio - Erano coltivazioni
di piante di coca.
Sbarra gli occhi - Coltivavi cocaina?
- La cocaina è il prodotto che si estrae
dalle foglie della coca con un semplice procedimento chimico, non è una pianta
– preciso - Comunque non ero là a zappettare e concimare le piante ma a
proteggere gli interessi della famiglia mafiosa proprietaria delle
coltivazioni.
- Mafia? Sei un esponente mafioso? - Catia si
sposta sul sedile come a prendere le distanze da me.
- No. Ero lì solo perché mi dovevo
nascondere, loro mi nascondevano e io li aiutavo. Non ci ho guadagnato una
lira, se è questo che vuoi sapere.
- E perché ti nascondevi?
- Perché ero stato curioso e avevo fatto
troppe domande - chiudo il discorso, ma lo riapro prima che Catia metta il
broncio o torni all’attacco.
- Cosa ci sta in quelle valige metalliche?
- La mia attrezzatura medica – risponde -
Devo visitare alcuni gatti delle colonie di Serena.
- L’hai sentita?
- Certo! Ma non abbiamo parlato di te,
stavolta! Capirai… mica siamo delle curiose che facciamo troppe domande, noi!
La fortuna mi assiste al chilometro 101,330.
- Ho voglia di un caffè - fa Catia.
Dopo qualche minuto ci fermiamo ad una grande
stazione di servizio Agip. Catia va al bar mentre io faccio il pieno alla
Regina.
La raggiungo per mangiare una crostatina e
bere un cappuccino. Catia paga le consumazioni e, tirando fuori una banconota
da 20 Euro fa - Dividiamo la benzina?
- Lascia perdere - rispondo alzando la mano
sinistra.
- Dai! Quanto hai messo? - insiste.
- Cento Euro.
Cambia espressione in un baleno.
- Cento Euro? Per andare e tornare da
Perugia? Ma sei impazzito?
- Io, no. Neppure il benzinaio. E, forse,
nemmeno basteranno per tornare.
- Se vuoi un consiglio - fa con voce materna
rimettendo i 20 Euro nel portafoglio - cambiala. Con la mia, 100 Euro di metano
li spendo in un mese, se faccio parecchi chilometri.
- Ci penserò - Stavolta non le regalo neppure
la mezza verità.
Prima di risalire in auto mi chino a
raccogliere una moneta da 1 Euro che i miei occhi rapaci hanno scorto dietro lo
pneumatico di un’auto parcheggiata.
- E’ un vizio? - domanda Catia appena abbiamo
ripreso la superstrada.
- Cosa?
- Quello di raccogliere monetine a terra.
- Ah - faccio sollevato dalla domanda, già
pensavo che mi avesse steso di nuovo sul tavolo settorio.
- Una vecchia abitudine. Non sai quante
monetine perde la gente. A me piace raccattarle.
- Vecchia quanto? Più di tre anni?
La rivedo proprio sopra a me -nudo- lei col
camice bianco e il bisturi in mano.
- Sì - cambiando subito discorso - Parlami un
po’ della Marchesa Adalgisa Peruzzi.
- Una donna semplice, pratica, amichevole.
Non uno di quei monumenti ingioiellati e restaurati che ti mettono subito le
distanze per via del loro titolo nobiliare e dei loro soldi.
- Era ricca?
- Ricca proprio, non direi, ma benestante.
Campava con la pensione sociale e una rendita mensile ereditata dal padre.
- Il padre?
- Il Marchese non l’ho conosciuto. E’ morto
alla fine degli anni 80. La Marchesa Adalgisa ha ereditato il titolo e tutti i
possedimenti.
- E la rendita - preciso.
- Sì. L’amministratore mi ha detto che erano
20.000 sterline al mese.
- 20.000 sterline? Le arrivavano
dall’Inghilterra?
- Sì. Una qualche forma di pensione, credo.
L’amministratore è stato vago in merito.
- E ora?
- Ora non ci sono più. Morto Cristo, spenti i
lumi, si dice, altrimenti non avremmo problemi per tenerci pure la villa.
- 20.000 sterline al mese sono tante per una
donna semplice, anche se marchesa - rifletto ad alta voce - dovrebbe aver
lasciato un discreto patrimonio in banca.
- Invece no - ribatte Catia - Ho avuto
l’impressione che, durante gli anni, l’amministratore si sia ingrassato in modo
strano.
- Classico. Come mai aveva l’amministratore?
- Anche quello l’aveva ereditato da suo
padre. L’avvocato Farolfi, così si chiama, era pure l’amministratore del
Marchese.
- Non esistono altri eredi: sei sicura?
- Sicurissima, il notaio l’ha confermato.
Farolfi mi ha raccontato che Adalgisa era figlia unica, il Marchese vedovo da
molti anni e mai risposato. Il Marchese aveva una sorella ma è morta molto
prima di lui in America. Senza lasciare figli o mariti.
Siamo in prossimità di Perugia quando Catia
attacca una nuova discussione.
- Ho trovato il nome per i micetti.
Resto silenzioso in attesa del verdetto.
- Michelangelo, Raffaello, Leonardo e
Donatella - fa sorridendo.
- Guarda che sono gatti, mica tartarughe
mutanti. Bocciati.
Catia rimette il muso ma dura poco: siamo in
vista di Carpaneta.
- Ci sei mai stata a Carpaneta?
- No.
- Preparati a vedere qualcosa di unico.
- Conosci da molto Serena?
- Dieci anni circa.
- Come mai?
- Gatti. Non sapevo come sistemare i gatti di
mia zia che era morta - dico, mentre mi si accende una lampadina in testa.
Arriviamo al cancello superiore di Carpaneta.
Carpaneta è un borgo, costruito sulle
fondamenta di un antico castrum romano che prima era un luogo di culto etrusco.
E’ composto da 3 case, l’immancabile chiesetta rurale e una casa torre unite
tra di loro come un piccolo fortilizio, con uno spiazzo imbrecciato sul davanti
dove c’è un magnifico leccio secolare. E’ situato in cima a una collina (sui
700-800 metri di altitudine) e il panorama visto dal piazzale e dal tetto
terrazzato della casa torre è incantevole.
Carpaneta è chiamato il borgo, la collina
dove sorge e tutta la tenuta (vasta) che comprende pure una seconda collina,
meno elevata, e delle pozze di acque termali denominate “Le Piscine”.
Ora ci abita solo Serena, in compagnia di una
famiglia di domestici extracomunitari e della segretaria, che cambia spesso.
Serena ha ereditato la tenuta dal precedente proprietario: il suo amico e
amante Giorgio Gaddi, un quasi mio coetaneo morto alcuni anni fa per un infarto
e che è stato la causa scatenante di tutte le mie vicissitudini da 10 anni a
questa parte per una mia indagine nei suoi confronti.
Finalmente posso allentare la tensione per
l’autopsia e per il problema della Regina.
La lucertolina SCHIZZETTA teme per la sua incolumità |
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