DEBITI e PINELLE
(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
- 14° capitolo -
E’ tornato il sole, è tornato il Bundy… ma
manca ancora ORTICHINO.
Chissà dove si sarà cacciato quel deficiente!
Già si è perso diversi capitoli…
14
La mattina parto per la scampagnata alle
pendici del Monte Cucco, con una dettagliatissima cartina in mano.
stavolta
non mi perdo
Arrivati all’ingresso di Gubbio prendo le
indicazioni per Scheggia - Pascelupo e
percorro una strada asfaltata in leggera e costante ascesa. I cartelli
turistici mi informano che sto attraversando la Gola del Bottaccione e, appena
superata, la strada diventa un tormento di curve e tornanti in ripida salita.
Con la lancetta dell’indicatore della temperatura pericolosamente in zona rossa
sono costretto a fermarmi al Passo della Madonna della Cima. Apro il cofano
della Regina lasciando il motore acceso, lo sollevo e controllo il
funzionamento del giunto viscoso. Il ventolone gira, ma non produce il classico
rumore di un turboelica al decollo.
mmmm…
questo è andato
Aspetto che la temperatura scenda al livello
standard, riparto e arrivo a Scheggia: un ridente paesino sulla Via Flaminia.
Mi fermo ad un’edicola a chiedere indicazioni per arrivare a Pascelupo.
- A Pascelupo? - fa l’edicolante - E che ci
va a fare?
cazzo
te ne frega
Mi indica la strada che poco dopo si
restringe e prosegue attaccata ad un monte. E’ un’incisione su una parete
rocciosa. Cartelli dell’ANAS segnalano di suonare il clacson prima delle curve
e vedo diverse piccole piazzole di sosta, cadenzate ogni 100 metri, sulla parte
destra della carreggiata.
così i
turisti possono fotografare la vallata
Ma non è così. Alla prima auto incontrata
scopro che le piazzole servono per potersi incrociare: la strada è troppo
stretta, la mia Range e una Smart non potrebbero passare insieme.
Incontro cinque auto e cinque volte sono
costretto ad accostare alla piazzola. Finalmente dopo svariate curve (e
innumerevoli madonne) giungo a Pascelupo. Un piccolo borgo medievale ben
conservato.
La cartina dice di proseguire su un tratturo
che parte dalla zona alta del paese. Mi fermo per sapere se sia transitabile
con il fuoristrada e perché ho voglia -ma veramente voglia- di un buon caffè.
Scendo dalla Range e vedo una signora
anziana, in tuta sportiva, con una capiente borsa per la spesa seguita da
quattro o cinque gatti.
Si ferma vicino a una panchina, ci appoggia
la borsa e comincia a tirare fuori scatolette di cibo per gatti e piatti di
plastica. Rimango a guardare il rito della distribuzione del pasto. La signora se
ne accorge e mi sorride, poi comincia a chiamare - Claretta! Claretta! - e
arriva, trotterellando, una gatta nera a pelo lungo e arruffato seguita da due
cucciolotti tigrati che si fiondano sul primo piatto di bocconcini.
Attendo che i gatti abbiano finito di
mangiare e, mentre la gattara ritira i piatti oramai vuoti, mi avvicino
porgendole 20 Euro.
- Mi piacerebbe contribuire. Apprezzo ciò che
fa - le dico.
La signora rimane interdetta, ringrazia
farfugliando qualcosa ma si vede che è rimasta sorpresa dal mio gesto. Per
toglierla dall’imbarazzo la rassicuro - Anch’io amo i gatti, ne ho cinque.
Poi proseguo - Mi scusi, dove posso trovare
un bar?
- Un bar? - fa ancora più sorpresa - Qui non
ce ne sono. Se si accontenta, però, c’è il circoletto - mi indica un vicolo
stretto dove spunta l’insegna “T” di una rivendita di tabacchi.
Ringrazio e mi avvio.
Apro la vecchia porta in legno e vetro e
scendo due scalini, quasi precipitando sul pavimento.
alla
faccia delle barriere architettoniche!
Una signora anziana, dietro un piccolo
bancone con esposte caramelle, gomme americane e bustine di mentine, mi guarda
accigliata.
- Buongiorno forestiero! Stia attento agli
scalini.
e sì!
dimmelo ora!
- Buongiorno! – rispondo - Vorrei un caffè.
La vecchia mi osserva attentamente, poi entra
in una stanza dietro al retro banco senza proferire parola.
Nel piccolo e buio locale ci sono due anziani
che giocano a carte a un tavolino. Uno sta fumando un sigaro puzzolente. Li
osservo per qualche istante poi torno a guardare il retro banco dove sono
esposte alcune stecche di sigarette aperte, una sfilza di bottiglie di amari,
grappe e brandy e una catasta di mignon di Caffè Sport, Grappa Julia, Stock 84
e Amaro Montenegro.
Torna la vecchia con in mano tre bustine di
cialde marca Kimbo per macchina espresso.
- Se si accontenta, può anche scegliere,
Arabica - mostrandomi una bustina color oro – Classico - la bustina è rossa - o
decaffeinato - bustina celeste - Manco all’ “Ikuvium Hotel…” - prosegue.
Scelgo l‘Arabica e le chiedo - Corto, per
favore, poi… una domanda.
- Dica! - esclama l’anziano col sigaro in
bocca e le carte in mano.
Mi avvicino. Lo vedo estrarre dalle sue tre
carte l’asso di coppe e, senza farlo vedere all’avversario, dice – Ruspo -
raccogliendo tutte le carte in tavola.
- Vedo - replica l’altro.
- Pollo! - il fumatore fa vedere l’asso e si
segna una scopa sul mazzo di carte raccolte.
- Che gioco è? - chiedo mentre la vecchia mi
porta il caffè in un piccolo bicchiere di vetro con un cucchiaino e la
zuccheriera nell’altra mano.
- Amaro, grazie.
- Ruspa - risponde il fumatore - bazzica e
scopa a fidarsi.
- Arabo per me - rispondo.
- Non gioca a carte?
- A burraco.
- Debiti e pinelle - dice sorridendo.
- Come?
- Le pinelle sono come i debiti, se ne hai
troppe sono solo problemi.
questa
la devo ripetere a Catia
- La domanda – ripete - due punti! -
segnandosi altre due scope.
- Vedo.
Il fumatore scopre le sue carte, mostra il 5
di denari, il 2 di bastoni e l’asso di spade e ripete - Pollo!
- Dove trovo la strada per arrivare alle
rovine del monastero di San Romualdo?
- Non ci stanno più pietre - la risposta del pollo.
- Cioè?
- Se le sono portate via prima dell’ultimo
terremoto, quando c’era ancora la strada - commenta il fumatore - Scopa! -
segnando una scopa sul suo mazzo.
- Vedo!
- Pollo!
- Per fare cosa? - domando.
- Per ristrutturare quei due casali che ha
passato venendo qua.
- E ora?
- Ora c’è solo un cumulo di pietre non buone,
rovi e vipere, ma solo d’estate. A piedi ci vogliono due ore da qua e tra poco
piove.
- Piove? - faccio meravigliato.
- Pioverà - sentenzia il fumatore.
- Sono un giornalista – chiarisco - Vorrei
scrivere un articolo sul bombardamento del monastero. Sono a caccia di notizie.
- Un bel pastrocchio - precisa la vecchia -
Prima ci hanno raccontato che si sono sbagliati. Gli aerei stavano tornando
indietro con le bombe e le hanno buttate a casaccio per poter, poi, atterrare.
- A casaccio un cazzo! Non ne hanno sprecata
una! - interviene il pollo.
- Poi - prosegue la vecchia - dicono che lo
hanno bombardato perché ci stavano i tedeschi.
- Menchina, ‘ste cazzate solo a te le
potevano raccontare! - stavolta è il fumatore.
- Forse c’entra il fatto dell’aereo inglese
abbattuto la notte prima - comincio a calare le mie pinelle.
- Quella è un’altra storia, la sa bene
Baldino - ancora il fumatore.
- Chi è? - chiedo speranzoso.
Il fumatore guarda l’orologio e mi dice - Se
aspetta cinque minuti arriva. Il Baldino… Ubaldo Minelli faceva il partigiano
nel ’44 e quella sera era giù al campo. Quando arriva gli offra da bere che per
farlo stare zitto, poi, bisogna sparargli.
Detto fatto: si apre la porta del circoletto
ed entra un vecchietto segaligno, con una tuta da lavoro e la coppola in testa
che, quasi, inciampa mentre scende gli scalini.
- Ma porca marò! L’terremoto s’è tirato giù
tutto meno ‘sti cazzo de scalini! Bongiorno ta tutti!
- Baldino, ‘sto forestiero vole parlà con te!
- fa Menchina.
- E che cazzo vole? - chiede sospettoso.
- De quanno eri partigiano - precisa il
pollo.
- Alora cambia… che bevemo? - dice
guardandomi.
- Io sono a posto, lei si serva pure. Offro
io.
- Menchina, ‘l solito fernet. Doppio.
E, rivolgendosi a me - Che vole sapé?
- Della notte che hanno abbattuto l’aereo
inglese.
- Alora… - sedendosi mentre Menchina gli
porta il fernet.
- Giù tal Campo Lungo c’eravamo io, ‘l
Biancarelli e ‘l Tosti. ‘Spettavamo l’aero dei ‘nglesi. ‘L Biancarelli li
doveva porta’ tal convento, ‘l Tosti doveva fa’ la guardia e io aiuta’ a fa’ ‘l
pieno ta l’aero - beve un sorso di veleno - Ale una eravamo già to là, n’tel
campo, col bidone de benzina e le torce per segnà la pista. L’aero doveva ‘nì
ale tre, più o meno, e ‘nvece, verso le du sentimo ‘l rumore de ‘n aero e me
toccò corre a mette le torce per terra. Ma ‘l rumore non s’avicinava, l’aero
era sopra de no e girava ‘n tondo, stava cinque minuti pu spariva, pu artornava
e girava ‘n tondo ‘n’antra volta, pu arispariva. Ho pensato: “Ma che cazzo st’a
fa’? Scenne o non scenne?”
Doverosa pausa per un altro sorso di veleno
seguito dall’accensione di un mezzo toscano.
- Ale tre i rumori de motori ereno due… nun
ce capivamo più una sega… ‘do cazzo li ficcavamo du aeri?
Gli altri presenti seguono sorridendo il
racconto di Baldino.
- Pu sentimo che ‘n aero comincia a scenne e appena ha aceso i lumi quel’altro
glia’ scaricato tanti de quei confetti che manco ve l’immaginate. Du volte! Du
volte glia’ sparato! L’ha tirà ggiù come ‘n piccione! Bum! N’tel bosco. Semo
corsi a vede’ d’arcoglie qualche pezzo de quei pori cristi e uno n’emo arcolto
che ‘ncora era vivo. Era aciaccato come ‘l somaro de Bistecca, ma ‘ncora era
vivo. L’emo portato a casa del dottore de Isola, che era ‘na persona tanto per
bene e stava dala nostra parte, anche se eva studiato e c’eva i soldi, e l’en
fatto curà. Po’ se l’ènno arpreso l’inglesi quanno è passato ‘l fronte.
- Chi era? - domando.
- E che cazzo ne so! ‘N soldato, c’eva ‘l
mitra!
- E… perché erano venuti, quella notte?
- A nnel’so. L’sapeva ‘l Biancarelli che ce
comannava, ma ‘n c’ha mai detto ‘n cazzo.
- Sono stati i tedeschi ad abbattere l’aereo?
- E che ne so! Mica ho preso la targa de
quel’altro aero!
- E perché, il giorno dopo, gli inglesi hanno
bombardato il convento?
- Boh?! Chi c’acapisce è bravo.
Finisce la doppia dose di veleno.
- Ma…» prosegue - Diteme ‘na cosa. Chi cazzo
è che sta male? - rivolgendosi ai suoi amici.
- Nessuno. Perché? - interviene il fumatore.
- C’è ‘n’ambulanza ferma n’to la piazza!
Menchina si precipita fuori a controllare.
- Baldino! Quella è la macchina del
Signorino!
Signorino?
- Ah! - esclama Baldino, e rivolgendosi a me
- I colori normali l’evono finiti?
Lo guardo perplesso, ma incalzo - E i morti?
Dove stanno ora?
- Boh? - fa Baldino - Quelli de l’aero
l’honno seppelliti l’ giorno doppo n’tel Campo Lungo po’, quando ènno arivati
l’inglesi, l’honno arcacciati fori e se
l’ènno arpresi. M’honno arcontato che mentre stevono a scava’ le fosse ènno
arivati gli aeri che honno bombardato ‘l convento. E giù! Altri morti!
- Anche quelli hanno seppellito al Campo
Lungo? - domando.
- No! Honno chiamato i frati de Font’Avellana
che li son venuti a prenne. Anche quei tre armasti vivi. Solo l’Giorgino è al
cimitero nostro.
- Chi era il Giorgino?
- Era l’omo de fatica del convento, uno del
paese, poraccio… n’cia ‘vuto culo quel giorno.
- E i frati vivi?
- Uno è morto mentre lo portavano
all’ospedale di Gubbio, gli altri due, non saprei - risponde il fumatore.
Pago le consumazioni, ringrazio la compagnia
e me ne torno alla piazzetta.
Prima di salire sulla Regina la osservo con
occhio critico, stavolta “l’ambulanza” non era sarcasmo.
Ma a terra scorgo e raccolgo una ramatina da 5 centesimi, mi rincuoro,
guardo l’ora e mi precipito verso Carpaneta: se arrivo tardi Catia si incazza
che oggi c’è la tortura del torneo di burraco.
Appena parto comincia a scendere una fitta
pioggerellina.
A Carpaneta ho il tempo di una rinfrescata,
un boccone e via! Di nuovo in auto verso Gubbio.
Sto per cominciare a raccontare della
mattinata a Catia che mi anticipa.
- Hai capito, allora, come devi giocare?
Annuisco, ma il peggio arriva comunque.
- Ricordati di aprire forte solo se… e se mi vedi calare un otto rosso significa
che vorrei tu calassi… se l’avversario alla tua sinistra scarta una carta che
potrebbe benissimo appoggiare tu devi assolutamente…
La tortura va avanti fino a quando mi accorgo
che la Regina sta per entrare in riserva. Mi fermo al primo distributore e
chiedo il pieno al benzinaio, a cui si illuminano gli occhi.
- 115 Euro? - fa scandalizzata Catia - Ma
come fai a mantenere una simile sanguisuga?
- Te l’ho detto! Con gli spicci della
spiaggia. Poi, mica ogni giorno faccio tutti questi chilometri!
- Che fai? Rinfacci?
- No. Ma con 100 Euro, di solito, faccio
quasi un mese.
- La prossima volta prenderemo la mia -
chiude il discorso.
aspetta
e spera! per la tua auto e per la prossima volta
All’ “Ikuvium Park Hotel” c’è una marea di
gente nella sala del torneo. Margaret ci accoglie calorosamente e mi sussurra -
Domani parlerò con George.
- Ah, sì! Chi è?
- Mio fratello! - fa stizzita, poi si placa e
mi presenta le eminenze del burraco eugubino: quasi tutte donne.
Diverse matrone, un nutrito gruppo di
giovincelle di cui rimango sorpreso e un paio di tardoncelle ingioiellate e ben
restaurate dal chirurgo plastico che cominciano a troieggiare alla grande. Fino
a quando arriva Catia e mi strappa da loro per un ultimo veloce ripasso.
ora la
strangolo…
- Offrimi un caffè! - ordina, sancendo un
diritto di proprietà sul sottoscritto. E, portandomi al bar, incenerisce con lo
sguardo le due zoccole.
- Desidera? - domanda il cameriere.
- Un caffè normale per la signora e uno con
miscela arabica per me.
Vedo lo sgomento stamparsi sui suoi occhi -
Sono desolato, signore. La miscela arabica l’abbiamo terminata. Se gradisce,
abbiamo un’ ottima miscela colombiana.
- Colombia? - Stavolta sono io che mi
irrigidisco - Per carità di Dio! Me lo faccia normale.
Ho passato più di due anni in Colombia, di
cui uno fuggiasco nella foresta amazzonica; il solo sentirla nominare mi fa
rizzare anche i peli dentro al naso.
Finalmente al tavolo e, dopo il “Buon gioco!”
del direttore di gara, inizio a soffrire le pene d’inferno sulla sedia.
Alla seconda smazzata la svolta.
Mi vedo servire una “mano” quasi perfetta.
Comincio a sudare freddo.
Catia è prima di mano, non raccoglie la prima
carta, appoggia un tris a terra e scarta il 3 di cuori.
L’avversaria che mi precede, una vecchia
antipatica e arcigna, non raccoglie, pesca e scarta il 4 di picche.
Non credo ai miei occhi e raccolgo.
Con il movimento sciolto di un bradipo in
letargo, dopo che l’altro avversario, il marito dell’odiosa (odioso pure lui)
mi pressa - Su! Deve scartare una carta, mica scegliere moglie! - calo tutte le
carte che ho in mano.
Vado in diretta!
L’odioso impallidisce mentre mi approprio del
pozzetto.
Dopo un’altra pensata interminabile -ma doverosa-
completo un burraco a quadri e, ricordandomi delle raccomandazioni
dell’insegnante calo tutto quello che posso.
Vedo Catia sorridere.
Quando è il suo turno completa un altro
burraco, appoggia due carte, un tris e chiude.
Concludiamo i primi 3 incontri Mitchell al
33° posto, a causa di piccole incomprensioni e di grosse cazzate del
sottoscritto; ma Catia è soddisfatta.
- Non male come esordio! Ora vediamo di
picchiare ai Danesi.
perché
devo picchiare i Danesi?
Ricordo, poi, che il Danese è un turno di
gioco con un movimento differente dal Mitchell. Ora si gioca contro la coppia
che ci precede o segue in classifica generale. Al Mitchell si gioca, invece…
non c’ho capito un cazzo.
Ai Danesi picchiamo sul serio: complici le
pinelle arrivate sempre al momento giusto, per quello che mi riguarda.
Vinciamo tutti e due gli incontri 15 a 5 e
veniamo premiati col premio tecnico, che ignoro cosa significhi, ma consiste
nel rimborso della quota d’iscrizione al torneo.
A notte fonda, euforici per la vittoria,
torniamo a Carpaneta.
Alle prime luci dell’alba, tramortiti dalla
stanchezza, smettiamo di scopare sul comodo letto della matrimoniale della casa
torre.
Subito dopo il pranzo salutiamo Serena e
torniamo verso le sponde tirreniche.
Sto per raccontare delle scoperte fatte a
Pascelupo ma vengo, un’altra volta, anticipato da Catia.
- Certo che a Serena hai dato bei soldoni!
Anche al tuo amico e alla missione! Non ne avevi proprio bisogno?
- No. Erano soldi sporchi e non li volevo.
- Non capisco - prosegue, - se tu sei scemo o
un inguaribile idealista o un benestante.
- Sono uno scemo inguaribile idealista
benestante.
- E la casa? Serena mi ha detto che gliel’hai
ceduta.
- Esatto. Non volevo che, vendendola, finisse
in mani sbagliate. Comunque non l’ho ceduta gratis, mi paga l’affitto.
- Ah! Questo non me l’ha detto! E… quanto?
- 250 Euro al mese.
- 250 Euro al mese? Ma non è mezzo convento?
- Sì. L’altra metà Serena l’ha acquistata già
anni fa. Ora è tutto nelle sue mani.
- Non ti capisco.
- Non importa - mormoro.
- Ma – prosegue - tornando a quei soldi, come
li avevi avuti?
- Uno scambio mai avvenuto. Soldi contro
qualcosa di compromettente.
- Un ricatto?
- Più o meno.
- Chi ricattavi?
- Ero io la vittima del ricatto.
- Perché?
- Ero stato troppo curioso.
- Cioè?
- Avevo fatto troppe domande sbagliate. Come
le stai facendo tu, ora.
Non so quale miracolo sia avvenuto ma, da
quel momento, Catia si è zittita e non ha voluto fare neppure una sosta per il
caffè. La scarico sottocasa e sibilando un incomprensibile saluto mi ricorda: -
Ti aspetto domani sera al corso.
Sarà una minaccia o un timido tentativo di
rappacificamento?
… non
me ne frega una sega
Finalmente a casa!
Misha e i micetti hanno colonizzato il tavolo
di legno sulla veranda, ci si sono stesi sopra ma Misha mi si avvicina appena
scendo dall’auto.
- Mi siete mancati! - faccio loro.
E’ vero: neppure tre giorni di assenza e già
avevo nostalgia di casa. E dei miei gatti, giuro. Sono stato contento di
rivedere Serena e Carpaneta e di essere andato a trovare Ughetto; ma sono
felice di essere tornato nel mio mondo.
- Questa è casa mia! – grido - Cosa ha di
differente da Carpaneta?
La doccia.
Quando sono sotto il getto dell’acqua mi
rendo conto che la cipolla della mia getta piscio, in confronto all’enorme
erogatore della cabina-doccia nella matrimoniale della casa torre.
dovrò
decidermi a rifare questo bagno…
E’ proprio vero che viaggiare fa bene:
allarga gli orizzonti e la conoscenza.
Se non fossi andato a Carpaneta la mia doccia
mi sarebbe sembrata il massimo fino a quando non si fosse intasata.
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Missing ORTICHINO |