mercoledì 29 giugno 2016

ANNUNCI & DEDICHE

DRILLO e RUCOLA

Siamo bellissimi, malgrado le foto del Capo! 
Bellissimi e simpaticissimi, pienamente socializzati, sappiamo utilizzare la lettiera e il Capo ci ha spulciati e sverminati, quindi siamo in ottima salute!
Abbiamo quasi 2 mesi e stiamo cercando una famiglia che ci accolga per tutta la vita, possibilmente in coppia. Desideriamo rimanere in Umbria o zone limitrofe e il Capo ci lascia andare solo dopo pre-affido, con l'obbligo di mantenere i contatti nel tempo e quello di venire sterilizzati a sei mesi di età.
Siamo un maschietto bianco e rosso a pelo semilungo (DRILLO) e una femminuccia tartarugata (RUCOLA).
Non chiediamo troppo, vero?
Se ci volete vedere in carne e pelo (ripetiamo: siamo molto meglio di queste orride foto del Capo) contattatelo al 338-6922685 o sulla sua pagina Facebook (Sergio A.S. Peruzzi),
non ve ne pentirete!

Ciao, a presto!

DRILLO

DRILLO

RUCOLA

RUCOLA

martedì 28 giugno 2016

ARRIVI & PARTENZE

GGNAZZIO

Mentre il Capo ancora in preda ai fumi dell'alcol per festeggiare la partenza della piccola LUNA ci apriva la razione supplementare di scatolette buone, come è consuetudine per festeggiare le sue rare adozioni, gridando ai castagni della Colonia e alle spaventatissime zanzare: 
- Una in meno! Se continuiamo di questo passo tra 25 anni sarò in pensione e con la Colonia svuotata! - con LITTORINA che si domandava cosa avrebbe fatto il Capo in pensione e senza gatti in Colonia... eccolo!
- Scusi, buonuomo! Avrebbe per caso un piattino di quella prelibatezza anche per me?
Il Capo lo ha puntato con quei suoi occhi spiritati, capendo in un attimo che il suo sogno (e la sua pensione) erano andati in frantumi, e gli ha allungato un piatto col Bundy ai gamberetti dell'Oceano Indiano masticando qualcosa di non riscrivibile tra i denti.
Nero, maschio, intero, cucciolone di meno di un anno, socializzato e denutrito,
abbastanza coglione (abbiamo scoperto poi),sì è presentato educatamente, come si conviene quando fai il tuo ingresso in una comunità.
Nelle meningi del Capo è scattata subito la ricerca del nome da affibbiargli, ma nulla gli veniva in mente.
Qualcuno ha suggerito "STECCO", "CELENTANO" per via che è dinoccolato, "CAZZO! UN ALTRO!" ma abbiamo poi scoperto essere la solita imprecazione di ZORRO e "VATTENE, SCHIFOSO NEGRO!" che invece era il benvenuto del Colosso OSCAR, sempre col suo fazzoletto verde brillante legato al possente collo.
- Silenzio! - ha ammonito il Capo - Nel dubbio che sia un gatto abbandonato, nel dubbio che qui si trovi a suo agio e resti, nel dubbio che OSCAR non lo faccia a pezzi stasera stessa, nel dubbio che... lo chiameremo DUBBIO!
Un incrocio di sguardi felini perplessi poi l'opposizione del nuovo arrivato:
- Scusi Signor Capo, preferirei un nome più armonico e di facile pronuncia.
- Chiamiamolo GGNAZZIO! - ha suggerito il piccolo ARTU' che ancora non riesce a miagolare bene le parole.
- GGNAZZIO? 
E... GGNAZZIO sia! 

P.S. Per protesta il nuovo felino nero ha passato la sua prima notte di Colonia in cima ad un pino. 


GGNAZZIO si presenta

e gradisce il Bundy ai gamberetti dell'Oceano Indiano

per passare la notte su un pino.

lunedì 27 giugno 2016

ARRIVI & PARTENZE

LUNA (ex PINOLO)

Volevo salutare i miei fratellini DRILLO e RUCOLA che sono rimasti alla Reggia e rassicurarli. Il viaggio è andato bene e nella nuova famiglia sono trattata come una regina. Certo, un poco mi mancate, soprattutto i morsi di DRILLO e le puzzette di RUCOLA. Non preoccupatevi per me e vediamo di scambiarci qualche foto ogni tanto! Ciao Capo, un salutino anche a te e a quella curiosona di NINNI che la notte ci lasciava sempre i suoi giochi fuori dalla porta della nostra cameretta e un ringraziamento a Roberta Carnassale per il suo impegno!
Ciao a tutti!!!


LUNA riposa dopo il viaggio

Dimostra subito di essere una gattina educata

sabato 25 giugno 2016

IL SOLARIUM LETTERARIO







DEBITI e PINELLE

(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
- 15° capitolo -









Uno va e uno viene; il normale turn-over della Colonia. Dopo l’abbandono dei tre piccoli alcune domeniche fa ieri è comparso un nuovo micio, per fortuna già quasi adulto e apparentemente in buona salute.
Un cucciolone maschio e non sterilizzato ma socializzato, quindi fino a ieri aveva una casa e una famiglia poi, come purtroppo spesso succede, il gatto impiccia e si trasloca da un’altra parte (leggi si abbandona), tanto è un gatto e se la cava benissimo da solo per sopravvivere! Già… la prossima volta abbandonatelo col vostro bancomat e il pin scritto sopra. Pezzenti incivili!


15

- Allora - l’esordio di Catia - abbiamo aperto, siamo arrivati al pozzo, lo abbiamo giocato e fatto il nostro burraco. Cosa ci manca? - fa un attimo di sospensione.
- La chiusura! - dicono insieme tre o quattro partecipanti.
- Esatto! Ma la chiusura non viene da se: va preparata. Prendere il pozzo, fare burraco e chiudere in un solo colpo è un evento episodico, di… puro culo, consentitemi la parola. Il 95% dei casi…  
Mi si chiudono gli occhi, non riesco a seguire la lezione. Ho faticato tutto il giorno a ripulire casa, dopo una mattinata in ammollo a cercare, e ora sono stanco. Non fosse stato per lo screzio del viaggio avrei dato forfait. Ma stasera dovevo -per forza- stare qua.
Finita la lezione, sembrata interminabile, e fatte alcune smazzate dove mi sono prodotto nelle peggiori castronerie della storia del burraco, porgo a Catia l’assist per il rappacificamento.
tanto ancora sta incazzata con me e rifiuta
- Ce l’andiamo a fare una birra? - butto là con le palpebre semichiuse.
- Volentieri!
Torniamo al “Be-Bop-A-Lula Pub” dove la solita band scassatimpani sta suonando qualcosa di difficile decifrazione.
- Scusa per ieri - dico con la massima umiltà; ma senza troppa convinzione.
- No! - ribatte Catia - Scusa tu per il mio comportamento. Sono un po’ assillante, quando mi ci metto.
un po’?
- Ma era dal pomeriggio di sabato che stavo incazzata con te. Per colpa di quelle due streghe rifatte: ti facevano il filo spudoratamente.
- Ma figurati!
Certo, sapesse che la strega più rifatta, con la scusa di fare un torneo insieme, mi ha passato il suo numero di cellulare dicendomi: - Di qualsiasi cosa tu avessi  bisogno… chiamami.
- Comunque – prosegue - mi è passata. Invece ti ho visto distratto e svogliato.
- Vero.
- Qualcosa che non va?
- Solo stanchezza. Poi è l’indagine che non va. Mi sono cacciato in un vicolo cieco. E’ rimasto un indizio da verificare ma credo sia ininfluente.
- Cioè?
- Sapere chi ha abbattuto l’aereo inglese. Lo stavano aspettando: un agguato in stile mafioso. Forse sapere chi sia stato ci potrebbe aiutare; ma non ne sono certo.
- Posso sentire un mio amico del 4° Stormo all’aeroporto. Forse sa a chi ci possiamo rivolgere.
- Magari - rispondo.
- I micetti come stanno?
Facciamo pace, e nel migliore dei modi. Vengo elargito, a bordo della Regina, di uno dei più pregevoli pompini della mia vita.
è bello litigare per poi fare pace!
La settimana prosegue lenta, con l’alta pressione che mi permette ancora qualche cercata in ammollo e una mail di Ken dove scrive di non aver trovato un cazzo di quello che vado cercando negli archivi della Casa Reale Inglese, ma continuerà a frugare.
Per contro, gli chiedo di fare un giro negli archivi della RAF per sapere qualcosa sul loro aereo abbattuto a Pascelupo.
Mi chiama Catia e mi avverte di una sua sortita, dopo cena, a casa mia.
almeno si scopa…
Arriva con un tipo strano, sulla cinquantina, basso, grassoccio e calvo; ma con un bel paio di baffoni neri.
- Ciao! Lui è Armando Luci, del 4° Stormo. Appassionato di storia aereonautica della seconda guerra mondiale. Ti può aiutare per quella curiosità.
Ci stringiamo la mano, ci accomodiamo nel salotto e faccio il caffè a tutti. Tiro fuori anche un paio di bottiglie e, chiacchierando, facciamo onore al Wild Turkey.
- La notte del 31 maggio 1944 è stato abbattuto un Avro Anson della RAF a Pascelupo, vicino Gubbio. Era in missione speciale. Vorrei sapere chi può averlo abbattuto.
- Niente di più facile – risponde - Escluderei l’ANR, rimane  la Luftwaffe.
- ANR?
- Aeronautica Nazionale Repubblicana, quella di Salò. Ma la escludo perché i due Messerschmitt 110 G-4 da caccia notturna che aveva erano di base ad Albenga servivano per contrastare le azioni dei bombardieri alleati sull’Italia settentrionale. Difficilmente ne avrebbero utilizzato uno nel centro Italia.
Riempio di nuovo i bicchieri.
- E’ più probabile sia stato abbattuto da un aereo tedesco, anche se mi sembra strano che li mandassero a caccia lontano da obiettivi militari. Comunque è semplice controllare, da bravi tedeschi hanno un ufficio, alla moderna Luftwaffe, con il ruolino di tutte le missioni compiute nella seconda guerra mondiale e gli abbattimenti effettuati, riconosciuti o no dal nemico, ma documentati dalle cineprese.
- Cineprese?
- Sì! Collegate alle mitragliatrici c’erano delle cineprese o macchine fotografiche per convalidare l’abbattimento o il danneggiamento degli aerei nemici. Dammi solo qualche giorno e ti farò sapere.
     Se ne vanno prima di mezzanotte. Avrei voglia di fare un salto a Grosseto a rimorchiare una battona per placare una certa necessità fisiologica ma la Regina ha fatto le bizze anche stamattina e non vorrei rimanere a piedi in piena notte.
La mattina successiva passo dal meccanico Michele.
- E’ il giunto viscoso! - sentenzio.
- Il ventolone! Bene! - fa lui.
bene una sega!
- Allora - prosegue mentre sta tirando giù un ammortizzatore da un’ Audi - con l’occasione, sostituiamo pure la pompa dell’acqua, il termostato, il bulbo della temperatura, il radiatore, la vaschetta d’espansione e tutti i manicotti. Così, con un’unica operazione, rifacciamo l’impianto di raffreddamento nuovo.
- Nient’altro? - chiedo preoccupato.
- Beh… ci sarebbe pure il colore da cambiare. Che so … un bel rosso pompieri ti piacerebbe?
- Rossa già l’ho avuta.
- Ma dai! Allora giallo taxi.
- Spiritoso!
- Dopo ordino i pezzi, ti chiamo appena arrivano e me la lasci per tutta la giornata.
- E io come torno a casa?
- Ti presto una bicicletta, bianca.
Farfuglio un invito ad andare in certo posto.
- Prepara il blocchetto degli assegni e scalda la penna! E la prossima volta comprati una giapponese!
Salgo in auto salutandolo con il dito medio alzato.
Quando torno a casa trovo una sorpresa.
Una fiammante Panda 4x4 del Corpo Forestale parcheggiata davanti alla veranda e, seduta sugli scalini, Irene che sta giocando con due gattini.
- Buongiorno! Li vuoi adottare? Ora c’è la promozione “Adotta 4 gattini: un giovane pensionato in omaggio”!
- Fammi un caffè - la risposta.
- E tu… cosa mi fai?
- Dopo te lo dico.
- Con la bocca piena non puoi.
Preparo due caffè, le porgo il suo e mi siedo accanto al mio angelo custode.
Irene lo beve d’un fiato e spara: - Cosa stai combinando?
- Nulla.
- Sicuro?
- Sì!
- Sicuro, sicuro?
- Smetti di giocare e dimmi.
- Ok. Come mai hai alle costole il MI-6?
- Non so, dimmelo tu.
- Stanno dietro anche alla tua bella, da qualche giorno. Cosa avete combinato nella vostra luna di miele?
- Prova ad indovinare.
- Di meno peccaminoso ma più pericoloso?
- Va bene, getto la spugna. Hai un’oretta di tempo?
- Anche due, ma corre voce che tu sia un tipo molto veloce, cinque minuti bastano e avanzano.
- Bugie.
Le racconto dell’indagine che sto svolgendo.
- La vecchiaia ti sta rincoglionendo – commenta - Cosa pensi di scoprire?
- Non ne ho la più pallida idea. E neppure sono certo di scoprire qualcosa ma - dopo quello che mi hai detto - sospetto di essere molto vicino a qualche verità.
- Forse una verità pericolosa.
- Boh.
- Dammi il libro.
- Col cazzo.
- Devo fare rapporto.
- Fallo.
- Consegnando anche il libro potrei rendere la cosa più credibile.
- Hai tutti gli elementi per renderla credibile, questa storia. Ora vedi di togliermeli di torno.
- Io non posso.
- Ti devo insegnare come si fa?
- Lo so da sola, grazie. Quanti giorni?
- Non lo so, ma non ora. Vediamo se si scoprono.
- Ok. Il caffè era buono. Stai attento… usa il preservativo.
- Ce ne ho un paio avanzati. Li vuoi vedere indossati?
- Ahahahaha! Sai che pena!
Finalmente si toglie dalle palle soddisfatta delle informazioni ricevute.
la faccenda si sta complicando
Ripercorro mentalmente tutto ciò che ho fatto nella trasferta umbra.
Margaret!
Sicuramente è stata lei ad avvisare i servizi segreti inglesi dell’indagine che sto svolgendo.
ma perché?
La missione italica di suo padre deve rimanere segreta: ho trovato il vero motivo del sequestro del libro.
Chi può aver contattato?
Me l’ha detto -logico- suo fratello. George è un addetto all’ambasciata di Singapore: classica copertura per un agente dei servizi segreti.
Scommetto che ora l’hanno distaccato all’ambasciata di Roma
Decido di non parlare dell’accaduto a Catia, ho paura che avvertendola, sia come far capire agli inglesi che so di essere sotto controllo.
vediamo se ci portano loro a pozzetto
Dopo tre giorni ricevo tre telefonate.
La prima di Michele: - Ricambi pronti, porta l’ambulanza e il blocchetto degli assegni!
La seconda di Armando: - E’ strano. La Luftwaffe non dichiara nessun abbattimento notturno in quella zona e data. Sei sicuro?
- Certamente.
- Allora mandami tutte le info disponibili che le passo ad un gruppo di appassionati di ricerche di aerei precipitati. Se possono andare a fare un sopralluogo forse qualcosa riescono a  scoprire.
Mi faccio dare la sua mail e mi metto al lavoro.
Cerco in Internet la cartina IGM della zona di Pascelupo, la scannerizzo e segno, col pennarello, la zona di atterraggio e la zona dove l’Anson è precipitato. Poi la integro con la scannerizzazione di una foto satellitare della zona in grossolana scala 1:25.000 e gli invio il tutto, informazioni comprese.
La terza è di Margaret.
- Salve Andrea! Purtroppo ti volevo avvisare che George non sa nulla riguardo agli appunti di nostro padre sulla guerra. Ma tra qualche giorno tornerà qui, a casa, e cercherà tra le cartelle nel suo studio. Ti farò sapere presto.
- Grazie Margaret.
- Di nulla. Spero di rincontrarti presto qua a Gubbio o in qualche torneo.
- Sicuro. Ciao.
George è stato distaccato
 Passano altri due lunghi giorni, conditi da ricerca in mare e in spiaggia e alcune gradevoli trombate. Finisce anche il corso di burraco, in teoria ora dovrei mettermi a fare qualche torneo. Ma non è che ne abbia molta voglia; con Catia sempre presente è poco igienico andare a pescare qualche interessante tardona ai tornei e il fascino delle carte non ha lo stesso richiamo. Poi non mi sento a mio agio: un misto di nervosismo e preoccupazione sapendo di essere controllato morde i miei pensieri.
Ma una notte, in pieno sonno, ho la folgorazione.
Mi sveglio e vado alla libreria nel salotto. Tiro giù un pesante volume: “Cento sommergibili non sono tornati” di Teucle Meneghini, un ricordo della mia vecchia zia, coinquilina del convento di Migiana di Corciano dove abitavo una vita fa.
Mi preparo un caffè, mi siedo sul divano e comincio a sfogliarlo. Prendo un foglio e una penna e inizio a segnare dei nomi di sommergibili. Ogni tanto ne cancello qualcuno.
Dopo due ore ho i fatidici quattro nomi.
- Perla la femminuccia, Zaffiro, Turchese e Millelire i tre maschietti! - esclamo soddisfatto.
si perpetua la tradizione di famiglia
Anche mia zia aveva messo ai suoi innumerevoli felini il nome di sommergibili italiani della seconda guerra mondiale.
Ripensandoci, poi, anche Giorgio Gaddi (l’ex proprietario di Carpaneta) aveva la stessa fissa.
certo di sommergibili italiani ne sono sopravvissuti pochi alla guerra, speriamo meglio per i micetti!
Ken mi comunica una notizia che già sospettavo: la RAF non ha denunciato nessuna perdita di aerei la notte del 31 maggio 1944 sopra Pascelupo.
Armando mi conferma il ritrovamento di alcuni rottami, identificati come quelli di un Avro Anson, recuperati a circa mezzo chilometro dal Campo Lungo da parte della squadra di cacciatori di aerei.
- Ma c’è una cosa strana – dice - Hanno ritrovato solo bossoli di 20 mm americani e niente di tedesco. E pure un pezzo di lamiera della fusoliera, hanno detto, con dei fori compatibili con proiettili sparati da cannoncini da 20 mm. Ho un dubbio.
- Cioè? - chiedo.
- Fuoco amico: un maledetto incidente.
- Spiegati meglio.
- Bossoli americani di cannoncino da 20mm e attacco notturno. Tutto mi fa pensare a un P-61 dell’USAAF a caccia libera che tira giù un altro aereo alleato. Anche se…
- Anche se?
- Anche se vale lo stesso discorso fatto per i tedeschi. Che c’era mai di importante a Pascelupo per giustificare il pattugliamento? O forse si tratta di una banale coincidenza. Sopra quel luogo -in altro momento- potrebbe essersi svolto un combattimento tra un aereo dell’USAAF e un altro non meglio identificato e i bossoli, ma solo quelli americani, sono caduti vicino ai rottami.
- mmmm
- Strano… eh?
Strano o non strano, comunque, non ho fatto un passo in avanti.
La buona notizia arriva il giorno dopo.
- La tua Regina è pronta! - fa Michele.
Vado a riprenderla e ingrasso il conto corrente del meccanico di 1.500 Euro. Anche la batteria era più di là che di qua: sostituita.
Assorbo il trauma molto lentamente e sprofondo in uno stato di quasi depressione.
Rifiuto pure l’invito di Catia per il torneo serale di burraco.
- Ti ho trovato una socia simpaticissima! - dice.
sai che rospo!
Declino adducendo una scusa poco plausibile. Infatti, alle 21, Catia bussa alla mia porta.
- Che ti succede? - chiede.
- Sono scoglionato.
- Qualcosa non va?
- Sì.
- Parliamone - accomodandosi al tavolo e lasciandomi la mano solo per permettermi di farle il caffè.
- Allora? - indaga.
- Sono un coglione; non ci ho capito un cazzo. Ho percorso un sentiero impraticabile e ora sono davanti ad una palude. Devo tornare indietro e cominciare tutto daccapo.
- Non capisco - fa preoccupata.
Prendo il libro scritto dal combattente inglese e lo appoggio sul tavolo, mentre Catia si accende una sigaretta che volentieri sbranerei. Lo apro sul capitolo della missione fallita e allontano il segnalibro.
- Ho riletto il capitolo tre volte nel pomeriggio e sono arrivato ad una conclusione: la peggiore. Sono partito col piede sbagliato. Ho indagato su un dettaglio che mi ha portato a spasso nel buio e ho tralasciato la vera cosa importante.
- Cosa?
- Già… cosa? Non lo so. Non ne vengo a capo. Eppure è tutto sbagliato. Non è la missione la cosa fondamentale.
- E cosa, allora?
- Non-lo-so! C’è qualcosa che non riesco a vedere, a cogliere. Qualcosa di nascosto.
Catia prende in mano il libro: - Ma c’è la chiave. Qui è nascosta la chiave.
Mi blocco, come paralizzato.
- Ripeti.
- La chiave sta qui - mostrandomi il volume.
- MA PORCA PUTTANA LURIDA E TROIA ZOZZA DI UNA ZOCCOLA MAIALA CHE NON E’ ALTRO! - esplodo.
- Non bestemmiare!
- Non bestemmio! Maremma maiala putrida e impestata! LA CHIAVE E’ QUI!!
Le strappo il volume dalle mani.
- Il libro è stato ricopertinato! L’edizione originale aveva la copertina di cartoncino morbido!
- Cosa? - fa perplessa.
Non le rispondo e corro nello stanzino dove tengo l’attrezzatura da ricerca. Torno con un pinpointer in mano.
- Cos’è? Un vibratore? - chiede.
- Sì! Preparati ad una notte di sesso selvaggio.
- Uaoo!
- E’un pinpointer, un metal detector in miniatura. Si usa nelle ricerche terrestri. Serve a localizzare l’oggetto nella buca per evitare di danneggiarlo durante lo scavo.
- E a noi serve per?
- Lo vedrai.
Prendo il libro, lo apro appoggiandolo sul tavolo con la copertina in pelle rivolta verso l’alto. Accendo il pinpointer e comincio ad esplorarla. Ma niente “bip”.
o cazzo!
Controllo che lo strumento funzioni sulla maniglia di ottone di una porta.
bip-bip-bip-bi-bi-bi
Riprovo sulla copertina. Silenzio.
Lo appoggio sopra al volume e guardo sconsolato Catia.
- Niente chiave all’interno – dico - Hai la possibilità di fargli una radiografia domattina?
- Certamente! Vado dal Matteo, ha il macchinario alla sua clinica veterinaria.
- Bene! - battendo la mano sul tavolo.
Il pinpointer comincia a rotolare dalla copertina del libro, scende sul piano del tavolo e si ferma appoggiandosi al segnalibro in pelle.
bip-bip-bi-bi-bib-bi-biiii
Volto di scatto la testa verso il segnale.
- E’ qua! - faccio afferrando il segnalibro.
Cerco nel cassetto della scrivania un taglierino, lo trovo e comincio a incidere le cuciture della pelle.
Dopo un paio di minuti metto a nudo un sottile righello di lamiera di alluminio, appuntito in basso e con un ovale in alto dove è inciso il numero 18.
- Che cazzo è? - mi chiedo ad alta voce.
- Lo so io - risponde Catia.

Il nuovo arrivo gradisce il buffet di benvenuto.

CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe

Aspettando Godot...
(ovvero che il Capo finisca il suo caffè e di fumarsi la sigaretta per
infine dedicarsi appassionatamente ai nostri fabbisogni alimentari)

mercoledì 22 giugno 2016

L'ALBUM DEI RICORDI

RINGA e DASH di guardia alla pentola della pasta dei colleghi della Colonia
Reggia - Dicembre 2014

martedì 21 giugno 2016

VECCHI INDIMENTICATI AMICI

PALLINA

Una capostipite dei Gatti di Monte Malbe. Nata alla Reggia da madre semiselvatica e vagabonda che vi si era stabilita già incinta nel 1990 (o giù di lì). Ha vissuto quasi perennemente sugli alberi, manco si credesse Tarzan, rifiutando qualsiasi contatto con gli umani residenti fino all'arrivo del microbo CANNIBALE che ha modificato completamente il suo comportamento. Sterilizzata ma mai vaccinata, ha avuto il suo secondo rapporto coi veterinari quando, nell'inverno 2008, è stata addormentata per le sue condizioni di vita oramai non più dignitose. La perfetta gatta-ombra; mai presente, ma che ti seguiva ovunque tu andassi nel bosco.


PALLINA controlla curiosa i movimenti del Capo - Reggia Novembre 2004 

sabato 18 giugno 2016

IL SOLARIUM LETTERARIO







DEBITI e PINELLE

(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
- 14° capitolo -








E’ tornato il sole, è tornato il Bundy… ma manca ancora ORTICHINO.
Chissà dove si sarà cacciato quel deficiente!
Già si è perso diversi capitoli…

14

La mattina parto per la scampagnata alle pendici del Monte Cucco, con una dettagliatissima cartina in mano.
stavolta non mi perdo
Arrivati all’ingresso di Gubbio prendo le indicazioni per Scheggia - Pascelupo  e percorro una strada asfaltata in leggera e costante ascesa. I cartelli turistici mi informano che sto attraversando la Gola del Bottaccione e, appena superata, la strada diventa un tormento di curve e tornanti in ripida salita. Con la lancetta dell’indicatore della temperatura pericolosamente in zona rossa sono costretto a fermarmi al Passo della Madonna della Cima. Apro il cofano della Regina lasciando il motore acceso, lo sollevo e controllo il funzionamento del giunto viscoso. Il ventolone gira, ma non produce il classico rumore di un turboelica al decollo.
mmmm… questo è andato
Aspetto che la temperatura scenda al livello standard, riparto e arrivo a Scheggia: un ridente paesino sulla Via Flaminia. Mi fermo ad un’edicola a chiedere indicazioni per arrivare a Pascelupo.
- A Pascelupo? - fa l’edicolante - E che ci va a fare?
cazzo te ne frega
Mi indica la strada che poco dopo si restringe e prosegue attaccata ad un monte. E’ un’incisione su una parete rocciosa. Cartelli dell’ANAS segnalano di suonare il clacson prima delle curve e vedo diverse piccole piazzole di sosta, cadenzate ogni 100 metri, sulla parte destra della carreggiata.
così i turisti possono fotografare la vallata
Ma non è così. Alla prima auto incontrata scopro che le piazzole servono per potersi incrociare: la strada è troppo stretta, la mia Range e una Smart non potrebbero passare insieme.
Incontro cinque auto e cinque volte sono costretto ad accostare alla piazzola. Finalmente dopo svariate curve (e innumerevoli madonne) giungo a Pascelupo. Un piccolo borgo medievale ben conservato.
La cartina dice di proseguire su un tratturo che parte dalla zona alta del paese. Mi fermo per sapere se sia transitabile con il fuoristrada e perché ho voglia -ma veramente voglia- di un buon caffè.
Scendo dalla Range e vedo una signora anziana, in tuta sportiva, con una capiente borsa per la spesa seguita da quattro o cinque gatti.
Si ferma vicino a una panchina, ci appoggia la borsa e comincia a tirare fuori scatolette di cibo per gatti e piatti di plastica. Rimango a guardare il rito della distribuzione del pasto. La signora se ne accorge e mi sorride, poi comincia a chiamare - Claretta! Claretta! - e arriva, trotterellando, una gatta nera a pelo lungo e arruffato seguita da due cucciolotti tigrati che si fiondano sul primo piatto di bocconcini.
Attendo che i gatti abbiano finito di mangiare e, mentre la gattara ritira i piatti oramai vuoti, mi avvicino porgendole 20 Euro.
- Mi piacerebbe contribuire. Apprezzo ciò che fa - le dico.
La signora rimane interdetta, ringrazia farfugliando qualcosa ma si vede che è rimasta sorpresa dal mio gesto. Per toglierla dall’imbarazzo la rassicuro - Anch’io amo i gatti, ne ho cinque.
Poi proseguo - Mi scusi, dove posso trovare un bar?
- Un bar? - fa ancora più sorpresa - Qui non ce ne sono. Se si accontenta, però, c’è il circoletto - mi indica un vicolo stretto dove spunta l’insegna “T” di una rivendita di tabacchi.
Ringrazio e mi avvio.
Apro la vecchia porta in legno e vetro e scendo due scalini, quasi precipitando sul pavimento.
alla faccia delle barriere architettoniche!
Una signora anziana, dietro un piccolo bancone con esposte caramelle, gomme americane e bustine di mentine, mi guarda accigliata.
- Buongiorno forestiero! Stia attento agli scalini.
e sì! dimmelo ora!
- Buongiorno! – rispondo - Vorrei un caffè.
La vecchia mi osserva attentamente, poi entra in una stanza dietro al retro banco senza proferire parola.
Nel piccolo e buio locale ci sono due anziani che giocano a carte a un tavolino. Uno sta fumando un sigaro puzzolente. Li osservo per qualche istante poi torno a guardare il retro banco dove sono esposte alcune stecche di sigarette aperte, una sfilza di bottiglie di amari, grappe e brandy e una catasta di mignon di Caffè Sport, Grappa Julia, Stock 84 e Amaro Montenegro.
Torna la vecchia con in mano tre bustine di cialde marca Kimbo per macchina espresso.
- Se si accontenta, può anche scegliere, Arabica - mostrandomi una bustina color oro – Classico - la bustina è rossa - o decaffeinato - bustina celeste - Manco all’ “Ikuvium Hotel…” - prosegue.
Scelgo l‘Arabica e le chiedo - Corto, per favore, poi… una domanda.
- Dica! - esclama l’anziano col sigaro in bocca e le carte in mano.
Mi avvicino. Lo vedo estrarre dalle sue tre carte l’asso di coppe e, senza farlo vedere all’avversario, dice – Ruspo - raccogliendo tutte le carte in tavola.
- Vedo - replica l’altro.
- Pollo! - il fumatore fa vedere l’asso e si segna una scopa sul mazzo di carte raccolte.
- Che gioco è? - chiedo mentre la vecchia mi porta il caffè in un piccolo bicchiere di vetro con un cucchiaino e la zuccheriera nell’altra mano.
- Amaro, grazie.
- Ruspa - risponde il fumatore - bazzica e scopa a fidarsi.
- Arabo per me - rispondo.
- Non gioca a carte?
- A burraco.
- Debiti e pinelle - dice sorridendo.
- Come?
- Le pinelle sono come i debiti, se ne hai troppe sono solo problemi.
questa la devo ripetere a Catia
- La domanda – ripete - due punti! - segnandosi altre due scope.
- Vedo.
Il fumatore scopre le sue carte, mostra il 5 di denari, il 2 di bastoni e l’asso di spade e ripete - Pollo!
- Dove trovo la strada per arrivare alle rovine del monastero di San Romualdo?
- Non ci stanno più pietre -  la risposta del pollo.
- Cioè?
- Se le sono portate via prima dell’ultimo terremoto, quando c’era ancora la strada - commenta il fumatore - Scopa! - segnando una scopa sul suo mazzo.
- Vedo!
- Pollo!
- Per fare cosa? - domando.
- Per ristrutturare quei due casali che ha passato venendo qua.
- E ora?
- Ora c’è solo un cumulo di pietre non buone, rovi e vipere, ma solo d’estate. A piedi ci vogliono due ore da qua e tra poco piove.
- Piove? - faccio meravigliato.
- Pioverà - sentenzia il fumatore.
- Sono un giornalista – chiarisco - Vorrei scrivere un articolo sul bombardamento del monastero. Sono a caccia di notizie.
- Un bel pastrocchio - precisa la vecchia - Prima ci hanno raccontato che si sono sbagliati. Gli aerei stavano tornando indietro con le bombe e le hanno buttate a casaccio per poter, poi, atterrare.
- A casaccio un cazzo! Non ne hanno sprecata una! - interviene il pollo.
- Poi - prosegue la vecchia - dicono che lo hanno bombardato perché ci stavano i tedeschi.
- Menchina, ‘ste cazzate solo a te le potevano raccontare! - stavolta è il fumatore.
- Forse c’entra il fatto dell’aereo inglese abbattuto la notte prima - comincio a calare le mie pinelle.
- Quella è un’altra storia, la sa bene Baldino - ancora il fumatore.
- Chi è? - chiedo speranzoso.
Il fumatore guarda l’orologio e mi dice - Se aspetta cinque minuti arriva. Il Baldino… Ubaldo Minelli faceva il partigiano nel ’44 e quella sera era giù al campo. Quando arriva gli offra da bere che per farlo stare zitto, poi, bisogna sparargli.
Detto fatto: si apre la porta del circoletto ed entra un vecchietto segaligno, con una tuta da lavoro e la coppola in testa che, quasi, inciampa mentre scende gli scalini.
- Ma porca marò! L’terremoto s’è tirato giù tutto meno ‘sti cazzo de scalini! Bongiorno ta tutti!
- Baldino, ‘sto forestiero vole parlà con te! - fa Menchina.
- E che cazzo vole? - chiede sospettoso.
- De quanno eri partigiano - precisa il pollo.
- Alora cambia… che bevemo? - dice guardandomi.
- Io sono a posto, lei si serva pure. Offro io.
- Menchina, ‘l solito fernet. Doppio.
E, rivolgendosi a me - Che vole sapé?
- Della notte che hanno abbattuto l’aereo inglese.
- Alora… - sedendosi mentre Menchina gli porta il fernet.
- Giù tal Campo Lungo c’eravamo io, ‘l Biancarelli e ‘l Tosti. ‘Spettavamo l’aero dei ‘nglesi. ‘L Biancarelli li doveva porta’ tal convento, ‘l Tosti doveva fa’ la guardia e io aiuta’ a fa’ ‘l pieno ta l’aero - beve un sorso di veleno - Ale una eravamo già to là, n’tel campo, col bidone de benzina e le torce per segnà la pista. L’aero doveva ‘nì ale tre, più o meno, e ‘nvece, verso le du sentimo ‘l rumore de ‘n aero e me toccò corre a mette le torce per terra. Ma ‘l rumore non s’avicinava, l’aero era sopra de no e girava ‘n tondo, stava cinque minuti pu spariva, pu artornava e girava ‘n tondo ‘n’antra volta, pu arispariva. Ho pensato: “Ma che cazzo st’a fa’? Scenne o non scenne?”
Doverosa pausa per un altro sorso di veleno seguito dall’accensione di un mezzo toscano.
- Ale tre i rumori de motori ereno due… nun ce capivamo più una sega… ‘do cazzo li ficcavamo du aeri?
Gli altri presenti seguono sorridendo il racconto di Baldino.
- Pu sentimo che ‘n aero comincia  a scenne e appena ha aceso i lumi quel’altro glia’ scaricato tanti de quei confetti che manco ve l’immaginate. Du volte! Du volte glia’ sparato! L’ha tirà ggiù come ‘n piccione! Bum! N’tel bosco. Semo corsi a vede’ d’arcoglie qualche pezzo de quei pori cristi e uno n’emo arcolto che ‘ncora era vivo. Era aciaccato come ‘l somaro de Bistecca, ma ‘ncora era vivo. L’emo portato a casa del dottore de Isola, che era ‘na persona tanto per bene e stava dala nostra parte, anche se eva studiato e c’eva i soldi, e l’en fatto curà. Po’ se l’ènno arpreso l’inglesi quanno è passato ‘l fronte.
- Chi era? - domando.
- E che cazzo ne so! ‘N soldato, c’eva ‘l mitra!
- E… perché erano venuti, quella notte?
- A nnel’so. L’sapeva ‘l Biancarelli che ce comannava, ma ‘n c’ha mai detto ‘n cazzo.
- Sono stati i tedeschi ad abbattere l’aereo?
- E che ne so! Mica ho preso la targa de quel’altro aero!
- E perché, il giorno dopo, gli inglesi hanno bombardato il convento?
- Boh?! Chi c’acapisce è bravo.
Finisce la doppia dose di veleno.
- Ma…» prosegue - Diteme ‘na cosa. Chi cazzo è che sta male? - rivolgendosi ai suoi amici.
- Nessuno. Perché? - interviene il fumatore.
- C’è ‘n’ambulanza ferma n’to la piazza!
Menchina si precipita fuori a controllare.
- Baldino! Quella è la macchina del Signorino!
Signorino?
- Ah! - esclama Baldino, e rivolgendosi a me - I colori normali l’evono finiti?
Lo guardo perplesso, ma incalzo - E i morti? Dove stanno ora?
- Boh? - fa Baldino - Quelli de l’aero l’honno seppelliti l’ giorno doppo n’tel Campo Lungo po’, quando ènno arivati l’inglesi,  l’honno arcacciati fori e se l’ènno arpresi. M’honno arcontato che mentre stevono a scava’ le fosse ènno arivati gli aeri che honno bombardato ‘l convento. E giù! Altri morti!
- Anche quelli hanno seppellito al Campo Lungo? - domando.
- No! Honno chiamato i frati de Font’Avellana che li son venuti a prenne. Anche quei tre armasti vivi. Solo l’Giorgino è al cimitero nostro.
- Chi era il Giorgino?
- Era l’omo de fatica del convento, uno del paese, poraccio… n’cia ‘vuto culo quel giorno.
- E i frati vivi?
- Uno è morto mentre lo portavano all’ospedale di Gubbio, gli altri due, non saprei - risponde il fumatore.
Pago le consumazioni, ringrazio la compagnia e me ne torno alla piazzetta.
Prima di salire sulla Regina la osservo con occhio critico, stavolta “l’ambulanza” non era sarcasmo.
Ma a terra scorgo e raccolgo una ramatina da 5 centesimi, mi rincuoro, guardo l’ora e mi precipito verso Carpaneta: se arrivo tardi Catia si incazza che oggi c’è la tortura del torneo di burraco.
Appena parto comincia a scendere una fitta pioggerellina.
A Carpaneta ho il tempo di una rinfrescata, un boccone e via! Di nuovo in auto verso Gubbio.
Sto per cominciare a raccontare della mattinata a Catia che mi anticipa.
- Hai capito, allora, come devi giocare?
Annuisco, ma il peggio arriva comunque.
- Ricordati di aprire forte solo se…  e se mi vedi calare un otto rosso significa che vorrei tu calassi… se l’avversario alla tua sinistra scarta una carta che potrebbe benissimo appoggiare tu devi assolutamente…
La tortura va avanti fino a quando mi accorgo che la Regina sta per entrare in riserva. Mi fermo al primo distributore e chiedo il pieno al benzinaio, a cui si illuminano gli occhi.
- 115 Euro? - fa scandalizzata Catia - Ma come fai a mantenere una simile sanguisuga?
- Te l’ho detto! Con gli spicci della spiaggia. Poi, mica ogni giorno faccio tutti questi chilometri!
- Che fai? Rinfacci?
- No. Ma con 100 Euro, di solito, faccio quasi un mese.
- La prossima volta prenderemo la mia - chiude il discorso.
aspetta e spera! per la tua auto e per la prossima volta
All’ “Ikuvium Park Hotel” c’è una marea di gente nella sala del torneo. Margaret ci accoglie calorosamente e mi sussurra - Domani parlerò con George.
- Ah, sì! Chi è?
- Mio fratello! - fa stizzita, poi si placa e mi presenta le eminenze del burraco eugubino: quasi tutte donne.
Diverse matrone, un nutrito gruppo di giovincelle di cui rimango sorpreso e un paio di tardoncelle ingioiellate e ben restaurate dal chirurgo plastico che cominciano a troieggiare alla grande. Fino a quando arriva Catia e mi strappa da loro per un ultimo veloce ripasso.
ora la strangolo…
- Offrimi un caffè! - ordina, sancendo un diritto di proprietà sul sottoscritto. E, portandomi al bar, incenerisce con lo sguardo le due zoccole.
- Desidera? - domanda il cameriere.
- Un caffè normale per la signora e uno con miscela arabica per me.
Vedo lo sgomento stamparsi sui suoi occhi - Sono desolato, signore. La miscela arabica l’abbiamo terminata. Se gradisce, abbiamo un’ ottima miscela colombiana.
- Colombia? - Stavolta sono io che mi irrigidisco - Per carità di Dio! Me lo faccia normale.
Ho passato più di due anni in Colombia, di cui uno fuggiasco nella foresta amazzonica; il solo sentirla nominare mi fa rizzare anche i peli dentro al naso.
Finalmente al tavolo e, dopo il “Buon gioco!” del direttore di gara, inizio a soffrire le pene d’inferno sulla sedia.
Alla seconda smazzata la svolta.
Mi vedo servire una “mano” quasi perfetta.
Comincio a sudare freddo.
Catia è prima di mano, non raccoglie la prima carta, appoggia un tris a terra e scarta il 3 di cuori.
L’avversaria che mi precede, una vecchia antipatica e arcigna, non raccoglie, pesca e scarta il 4 di picche.
Non credo ai miei occhi e raccolgo.
Con il movimento sciolto di un bradipo in letargo, dopo che l’altro avversario, il marito dell’odiosa (odioso pure lui) mi pressa - Su! Deve scartare una carta, mica scegliere moglie! - calo tutte le carte che ho in mano.
Vado in diretta!
L’odioso impallidisce mentre mi approprio del pozzetto.
Dopo un’altra pensata interminabile -ma doverosa- completo un burraco a quadri e, ricordandomi delle raccomandazioni dell’insegnante calo tutto quello che posso.
Vedo Catia sorridere.
Quando è il suo turno completa un altro burraco, appoggia due carte, un tris e chiude.
Concludiamo i primi 3 incontri Mitchell al 33° posto, a causa di piccole incomprensioni e di grosse cazzate del sottoscritto; ma Catia è soddisfatta.
- Non male come esordio! Ora vediamo di picchiare ai Danesi.
perché devo picchiare i Danesi?
Ricordo, poi, che il Danese è un turno di gioco con un movimento differente dal Mitchell. Ora si gioca contro la coppia che ci precede o segue in classifica generale. Al Mitchell si gioca, invece… non c’ho capito un cazzo.
Ai Danesi picchiamo sul serio: complici le pinelle arrivate sempre al momento giusto, per quello che mi riguarda.
Vinciamo tutti e due gli incontri 15 a 5 e veniamo premiati col premio tecnico, che ignoro cosa significhi, ma consiste nel rimborso della quota d’iscrizione al torneo.
A notte fonda, euforici per la vittoria, torniamo a Carpaneta.
Alle prime luci dell’alba, tramortiti dalla stanchezza, smettiamo di scopare sul comodo letto della matrimoniale della casa torre.
Subito dopo il pranzo salutiamo Serena e torniamo verso le sponde tirreniche.
Sto per raccontare delle scoperte fatte a Pascelupo ma vengo, un’altra volta, anticipato da Catia.
- Certo che a Serena hai dato bei soldoni! Anche al tuo amico e alla missione! Non ne avevi proprio bisogno?
- No. Erano soldi sporchi e non li volevo.
- Non capisco - prosegue, - se tu sei scemo o un inguaribile idealista o un benestante.
- Sono uno scemo inguaribile idealista benestante.
- E la casa? Serena mi ha detto che gliel’hai ceduta.
- Esatto. Non volevo che, vendendola, finisse in mani sbagliate. Comunque non l’ho ceduta gratis, mi paga l’affitto.
- Ah! Questo non me l’ha detto! E… quanto?
- 250 Euro al mese.
- 250 Euro al mese? Ma non è mezzo convento?
- Sì. L’altra metà Serena l’ha acquistata già anni fa. Ora è tutto nelle sue mani.
- Non ti capisco.
- Non importa - mormoro.
- Ma – prosegue - tornando a quei soldi, come li avevi avuti?
- Uno scambio mai avvenuto. Soldi contro qualcosa di compromettente.
- Un ricatto?
- Più o meno.
- Chi ricattavi?
- Ero io la vittima del ricatto.
- Perché?
- Ero stato troppo curioso.
- Cioè?
- Avevo fatto troppe domande sbagliate. Come le stai facendo tu, ora.
Non so quale miracolo sia avvenuto ma, da quel momento, Catia si è zittita e non ha voluto fare neppure una sosta per il caffè. La scarico sottocasa e sibilando un incomprensibile saluto mi ricorda: - Ti aspetto domani sera al corso.
Sarà una minaccia o un timido tentativo di rappacificamento?
… non me ne frega una sega
Finalmente a casa!
Misha e i micetti hanno colonizzato il tavolo di legno sulla veranda, ci si sono stesi sopra ma Misha mi si avvicina appena scendo dall’auto.
- Mi siete mancati! - faccio loro.
E’ vero: neppure tre giorni di assenza e già avevo nostalgia di casa. E dei miei gatti, giuro. Sono stato contento di rivedere Serena e Carpaneta e di essere andato a trovare Ughetto; ma sono felice di essere tornato nel mio mondo.
- Questa è casa mia! – grido - Cosa ha di differente da Carpaneta?
La doccia.
Quando sono sotto il getto dell’acqua mi rendo conto che la cipolla della mia getta piscio, in confronto all’enorme erogatore della cabina-doccia nella matrimoniale della casa torre.
dovrò decidermi a rifare questo bagno…
E’ proprio vero che viaggiare fa bene: allarga gli orizzonti e la conoscenza.
Se non fossi andato a Carpaneta la mia doccia mi sarebbe sembrata il massimo fino a quando non si fosse intasata.

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